Il nostro futuro secondo la sindaca di Siderno, Maria Teresa Fragomeni

di ARISTIDE BAVASenza adeguati finanziamenti per la nostra terra il divario con il Nord si allargherà sempre di più. La sindaca Maria Teresa Fragomeni è fortemente preoccupata del futuro della nostra Regione, e quindi, della nostra città. 

«Il 2023 rischia di essere – scrive in una sua nota – un anno di recessione per la nostra Regione. Gli effetti della guerra in Ucraina e della congiuntura economica (inflazione e crisi energetica) impatteranno sul già fragile tessuto economico della Calabria, caratterizzato da bassi redditi e sottoccupazione. Secondo la Svimez avremo un meno 0,9% che allargherà il divario con il resto del Paese Italia che, secondo le proiezioni regionali, sarà ancora più divisa con un Mezzogiorno generalmente interessato da dati recessivi».

Le considerazioni vanno, poi, a quelli che definisce “i nuovi poveri” affermando che «è evidente che il numero di nuovi poveri è destinato a crescere. Su questo, la politica, le parti sociali e le Istituzioni devono agire in maniera netta prima che sia troppo tardi. Quindi ricorda un suo recente intervento al Convegno di Napoli sul Sud e l’ Europa ricordando dio aver sottolineato come sia «necessaria e non più rinviabile  una forte crescita di investimenti pubblici nel Mezzogiorno».

«Occorre – afferma – una ottimizzazione della progettazione e della spesa, delle risorse previste dalle politiche di coesione e dal Pnrr. La debolezza delle pubbliche amministrazioni del Sud, prive delle risorse umane qualificate e specializzate sta determinando il concreto pericolo di una mancata occasione per la parte più svantaggiata dell’Italia. Le procedure di assunzione, necessarie, hanno tempi non compatibili con l’obiettivo di progettare sul Pnrr. Del resto tra il 2010 ed il 2019 gli occupati nei Comuni del Mezzogiorno sono calati del 15%!!! La proposta di una alleanza progettuale ed attuativa per supportare le progettazioni, lanciata da Bianchi, per coinvolgere Università, ordini professionali in uno sforzo, va subito praticata per evitare la perdita di Risorse Economiche decisive se si vuole invertire la rotta, non solo al Sud: è infatti ormai chiaro che se non cresce il Mezzogiorno non cresce l’Italia».

Quindi interviene sulla “bozza Calderoli e la cosiddetta Autonomia Differenziata”, evidenziando che «urge ragionare di una realtà che sfata il luogo comune sulla spesa pubblica dello Stato superiore di ben 4 mila euro pro capite nelle regioni del Nord. È il tempo – dice – di abbandonare una semplice posizione di rifiuto del disegno leghista, che rischia di essere di retroguardia: della proposta Calderoli  e che non si può nemmeno discutere».

Nella chiosa finale l’affermazione che «servono politiche pubbliche di investimenti rilevanti nel Mezzogiorno, coordinate dentro una visione strategica di sviluppo. O si affronta la principale frattura economica e sociale del nostro Paese, o si sceglie di non occuparsi della più grande disuguaglianza del nostro tempo. Questo l’orizzonte cui lavorare per la Calabria e per l’Italia». (ab)

 

Versace (Metrocity RC): Legge Finanziaria non fornisce risposte, il sud ancora dimenticato

Il sindaco f.f. della Città Metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace, ha evidenziato come «il Governo nazionale purtroppo dimostra di non essere all’altezza delle sfide che attendono il Paese».

«La legge finanziaria – ha continuato – dimostra tutti i limiti di questa maggioranza parlamentare. Avevano annunciato fuochi d’artificio e nulla, ciò che hanno concepito è semplicemente una sommatoria di mancette elettorali. E quel che è peggio è che il Sud e la Calabria sono completamente fuori dall’agenda di questo Governo. Il Governo dimostra di non saper investire sul futuro del Paese. Non un provvedimento che riguardi il Mezzogiorno o la nostra Regione, a cominciare da temi fondanti come quello della sanità, delle infrastrutture e del sostegno ai giovani, sui quali avevamo peraltro avanzato dei suggerimenti».

«Ed inoltre – ha continuato – sul tema dell’autonomia differenziata il Governo dimostra quella sua trazione nordista, tesa ad avvantaggiare i territori più ricchi, che non farà bene al Paese e che noi fronteggeremo con vigore. Oggettivamente pare proprio che la montagna abbia partorito il topolino. Purtroppo si tratta dell’ennesima occasione persa per dare un impulso decisivo allo sviluppo del Mezzogiorno. Noi continueremo a fare la nostra parte, come sempre, ma pare che il Governo, stando alla somma dei provvedimenti approvati in finanziaria, sia totalmente orientato in altre direzioni». (rrc)

Carfagna (Azione): Fondi al Sud grazie a opposizioni, pessima prova governo

La deputata e presidente di Azione, Mara Carfagna, ha evidenziato come «alla fine grazie alla levata di scudi di opposizioni e imprenditori il Sud ha trovato spazio in legge di bilancio, dopo essere stato del tutto ignorato dal governo nella prima versione del testo, quella approvata in Consiglio dei ministri».

«La proroga anche per il 2023 dei crediti di imposta per chi investe nel Mezzogiorno – ha detto – per chi investe nelle Zes e per le imprese del Sud che investono in ricerca, sviluppo e innovazione è ossigeno per quel mondo imprenditoriale meridionale che ha voglia di fare e chiede solo opportunità. Si tratta di misure che hanno avuto un impatto molto positivo per lo sviluppo del Mezzogiorno, eppure il governo se n’era dimenticato, salvo rimediare copiando le proposte delle opposizioni. Che dire: ottimo il risultato, pessima la prova». (rmm)

Versace (Metrocity RC): Battaglie del lavoro e del Sud cruciali

C’è una forte necessità di realizzare battaglie per i diritti del lavoro e per le questioni essenziali del Meridione partendo proprio da Sud. Lo ha detto il sindaco f.f. della Città Metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace, nel corso del suo intervento al congresso nazionale della Filcams – Federazione italiana lavoratori commercio, albergo, mensa e servizi.

I lavori si sono svolti in presenza del Segretario nazionale Gianni Dalò, di quello generale della Calabria Giuseppe Valentino nonché di Gregorio Pititto per la Cgil Reggio Calabria – Locri.

Intervenendo di fronte alla platea sindacale Versace ha sottolineato che «se le cose non ce le andiamo a difendere noi a Roma nessuno farà qualcosa in più per questa terra. Paradossale il fatto che l’unico intervento relativo alla sanità calabrese sia stato fatto da una parlamentare emiliana e non da calabresi».

Anche rispetto alla finanziaria del Governo ed alle proteste sindacali che ne sono scaturite ha espresso un chiaro giudizio politico-amministrativo

«Ho prodotto degli emendamenti, verosimilmente gli unici da parte di amministratori nel mio ruolo, di carattere generale – ha precisato – ma comunque in linea con indirizzi e bisogni non solo del territorio metropolitano ma anche di quello dell’area metropolitana dello Stretto. Sono stati tutti trascurati e questo deve farci pensare molto».

Si è infine rinnovata la vicinanza alle istanze ed ai diritti del mondo del lavoro con una fattiva sinergia già in atto proprio con la delegata metropolitana di Filcams Samantha Caridi(rrc)

Bevacqua (PD): Con legge di Bilancio Calderoli cerca di far passare in silenzio l’autonomia differenziata

Il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Mimmo Bevacqua, ha denunciato come «con l’art. 143 della legge di bilancio, il ministro Calderoli cerca di far passare in silenzio l’autonomia differenziata, tagliando fuori dal dibattito il Parlamento e sottraendosi al confronto democratico».

«Sarebbe un colpo definitivo per il Sud e il trionfo dell’autonomia», ha denunciato Bevacqua, ribadendo che «i Lep sono i livelli di prestazione essenziali che corrispondono, dunque, a diritti civili e sociali che dovrebbero essere garantiti su tutto il territorio nazionale e che, vista la divaricazione attuale tra le diverse aree del Paese, devono essere sottoposte a una preliminare perequazione. Qualcuno sta cercando di giocare con il fuoco, silenziando il dibattito sull’autonomia differenziata per poi approvarla con la legge di bilancio».

«Conosciamo bene – ha concluso – le capacità e la dimestichezza con la macchina legislativa del ministro Calderoli, ma sui diritti sociali e civili degli italiani non si scherza. Per questo come gruppo Pd organizzeremo un incontro pubblico al quale inviteremo oltre ai parlamentari del nostro partito, i sindacati, il presidente del Consiglio regionale Mancuso e il governatore Occhiuto per tenere alta la tensione oltre a dimostrare quella compattezza fin qui registrata a tutela dell’intero territorio che siamo chiamati a rappresentare». (rrc)

L’OPINIONE / Santo Biondo: Nella Legge di Bilancio si cela l’ultimo danno a discapito del Sud

di SANTO BIONDO – Nella parole si nasconde la fregatura. Questo il legislatore lo sa bene e, spesso, soprattutto su materie controverse, con le parole ci gioca pro domo sua, per celare l’ennesimo inganno. È questo il caso dell’ultima Legge di bilancio licenziata dal Consiglio dei ministri lo scorso 21 novembre che, in uno dei suoi articoli, recita: “Determinazione dei Lep ai fini dell’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.

L’approvazione di questo articolo in legge di Bilancio, non deve passare in silenzio. Esso nasconde l’ansia da prestazione di una forza politica, ritornata al governo del Paese lo scorso settembre, che vuole portare a casa una riforma identitaria.

Ma non solo, la norma cela un inganno per tutte le regioni del Mezzogiorno. Se, infatti, fosse approvata la manovra dal Parlamento senza essere emendata sul punto, la norma in questione prevede che i Lep, (gli ormai famigerati Livelli essenziali delle prestazioni), verranno definiti da una Cabina di regia, istituita sulla base della stessa previsione normativa, in funzione non dei reali fabbisogni dei territori, del Sud in particolare, ma in rapporto alle risorse disponibili da parte dello Stato e “a legislazione vigente”.

Questo tema, infine, fondamentale per le prospettive del Mezzogiorno, unito alla scarsa attenzione che la legge di Bilancio pone su materie quali: lavoro, stato sociale e fisco, basta per chiamare alla mobilitazione le piazze ed i territori.

Il legislatore cosi facendo, quindi, manderà in soffitta la Perequazione, rispetto alla quale la Costituzione prevede l’istituzione di un fondo statale, utile a garantire una omogeneità nella distribuzione della spesa pubblica da parte del tanto delicato e complesso meccanismo del Regionalismo asimmetrico.

L’articolo in questione, poi, si spinge addirittura fino al punto di prevedere che, laddove la Cabina di regia non dovesse definire i Lep, entro un anno dall’entrata in vigore della legge di Bilancio, sarà un Commissario a portare avanti e completare il lavoro propedeutico all’attuazione del Regionalismo differenziato.

Dunque, rimanendo così le cose, l’attuazione di un capitolo della Costituzione, così complesso e delicato come quello dell’Autonomia differenziata, piuttosto che essere definito attraverso il circuito democratico della discussione in Parlamento, aprendo la stessa alle parti sociali e alla cittadinanza attiva, sarà affidata all’operato di un organo monocratico, quale è un Commissario nominato da un governo che, tra le altre cose, sul tema è un esecutivo oggettivamente di parte.

Il futuro del Mezzogiorno, pertanto, sarà  determinato da un “monarca” che deciderà per noi e per le future generazioni.

E tutto questo mentre lo Svimez, non più tardi di 48 ore addietro, ci ha ricordato che il Sud sta vendendo accentuarsi, rispetto al Nord della Nazione, i divari di cittadinanza.

Far passare in sordina questa norma sarebbe l’ennesimo errore, dopo quello commesso sulla legge 42/09, quella che ha introdotto il concetto di federalismo fiscale, sulla quale in passato si è consumata una colpevole distrazione da parte della classe dirigente meridionale. Un errore macroscopico che, oggi, è reso evidente a tutti anche dagli atti sottoscritti, negli anni, dalle commissioni parlamentari competenti in materia..

Distarsi adesso per una seconda volta non è ammissibile. Se sbagliare può essere considerato umano, anche se a certi livelli di responsabilità non è consentito, perseverare può trasformarsi in diabolico per l’Unità Nazionale, per la Coesione sociale del Paese e in particolare per il futuro del Mezzogiorno.

Su questo non ci si può dividere, anzi occorre una forte azione unitaria che si sforzi di aprire il confronto con chi amministra la cosa pubblica, per evitare l’ennesima beffa per le regioni del Sud Italia, ma non si preoccupi di richiamare la piazza laddove fosse necessario. (sb)

Orsini (Confindustria): Al Sud mancano investimenti e risorse nuove per le Zes

Il vicepresidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha evidenziato come «l’interlocuzione con il Governo è in atto» ma che «in merito al Sud riteniamo che manchino investimenti mirati e non ci sono nuove risorse per le Zes».

Orsini, intervenendo all’Assemblea di Confindustria Cosenza, ha evidenziato la necessità di riattivare «le moratorie per chi ha necessità di supporto e riattivare gli aiuti per generare nuovi finanziamenti alle imprese, incrementando il plafond da cinque a dieci milioni di euro».

Fortunato Amarelli, presidente di Confindustria Cosenza, nel suo intervento ha dichiarato che «dobbiamo avere la capacità di reagire, perché senza crescita non si va da nessuna parte».

«La crescita è una responsabilità collettiva – ha continuato Fortunato Amarelli – perché le aziende creano lavoro e il lavoro sostiene la crescita. È fondamentale non perdere nessuna impresa e nessuno stipendio. Abbiamo bisogno di agevolazioni concrete perché non cessa il ritmo con il quale cresce l’inflazione e la capacità di acquisto si è ridotta del venti per cento. Una situazione che richiede una reazione di insieme».

Per il presidente Aldo Ferrara di Unindustria Calabria «il Pnrr legato al Por Calabria ed al Fondo di sviluppo e Coesione potrebbe garantire una crescita di medio lungo periodo». 

«Il Mediterraneo – ha spiegato – diventa strategico per inaugurare una nuova stagione geopolitica che possa incidere sull’economia del Paese e dei nostri territori».

Sui cambiamenti connessi ai processi di transizione ecologica, digitale, sociale ed economica, si sono confrontati, moderato dal Direttore di Confindustria Cosenza Rosario Branda –  il sindaco di Cosenza Franz Caruso che ha sottolineato come l’occasione sia stata utile a rafforzare il dialogo per contribuire ad agire nell’interesse della comunità, il docente Luiss School of Government Massimiliano Panarari, il presidente di Assafrica e Mediterraneo Massimiliano Dal Checco, il vice Presidente Ance e presidente Comitato Mezzogiorno e Isole Giovan Battista Perciaccante, il vicepresidente di Confindustria Emanuele Orsini e l’Assessore regionale allo Sviluppo Economico Rosario Varì.

Nei processi di sviluppo hanno sempre un ruolo fondamentale le infrastrutture, perché esse servono a ridurre l’impatto ambientale e favorire le interconnessioni. 

«Dal punto di vista economico – ha detto il presidente Giovan Battista Perciaccante – l’edilizia si conferma come uno dei principali motori dell’economia, tanto per le ricadute sulla filiera quanto per l’occupazione che genera». 

«Le opere previste dal Pnrr – ha aggiunto – vanno messe in cantiere da subito e in tutto questo occorrerà che i lavori prevedano il coinvolgimento delle imprese locali perché da un lato così si aiutano le imprese a crescere, dall’altro migliora l’occupazione».

«Le transazioni – ha affermato il docente Massimiliano Panarari –   caratterizzano i processi economici e sociali, l’importante è contribuire alla loro pianificazione». 

«Si può partire – ha proseguito – da una nuova narrazione del Sud, che potremmo definire ‘neomeridionalista’ ma che incrocia tutta una serie di questioni nazionali». 

«Serve costruire un’idea di cultura positiva del produrre e del fare – ha evidenziato – non ‘antindustriale’ che sia in grado di cogliere le opportunità, che rifiuti le tentazioni troppo assistenzialistiche perché quello di cui abbiamo veramente bisogno è una società basata sulla formazione continua e sulla dignità del lavoro».

Nel corso dell’Assemblea spazio ai temi di respiro internazionale, con particolare interesse ai paesi in crescita. «In una situazione geopolitica come quella attuale – ha dichiarato il presidente di Assafrica e Mediterraneo Massimiliano Dal Checco – l’Africa avrà un ruolo sempre più importante sia dal punto di vista delle forniture di gas e di petrolio che di grano e altri cerali, in sostituzione di quello che importavamo dai paesi russofoni. Su questi territori arriverà nuovo sviluppo economico con impatti positivi anche per l’Europa e l’Italia».

La giornata ha fatto registrare la consegna di riconoscimenti alle imprese aderenti a Confindustria Cosenza da 50 e da 25 anni: Azzinnari Eugenio Eredi snc di Santa Sofia d’Epiro, Cinema Teatro San Marco di Rossano, Mastrosimone Costruzioni srl di Montalto Uffugo, Parise Fratelli snc di Castrolibero, Ca.dis srl di San Marco Argentano, La Molazza sas di Corigliano Rossano, Edil s.d di Castrolibero, Calabra Maceri e Servizi spa di Rende, Italbacolor srl di Fuscaldo. (rcs)

L’OPINIONE / Pietro Massimo Busetta: Il discorso pieno di buone intenzioni e di dubbi della presidente Meloni

di PIETRO MASSIMO BUSETTAUnderdog: una perdente poteva essere la nostra Presidente del Consiglio, ma é riuscita a cambiare il suo destino. Possiamo dire che anche il Mezzogiorno è un underdog, per definizione, ma come il Presidente ha la voglia e l’orgoglio di essere  vincente, non solo per se stesso ma per tutto il Paese. 

Settanta minuti di intervento alla Camera per un progetto di Paese, quello di Giorgia Meloni, che guarda alle nuove generazioni, in un riequilibrio tra giovani  ed adulti. Il pensiero dominante, come afferma durante il suo intervento, è quello di stravolgere i pronostici ed in questo la Presidente é accomunata al destino che sembra avere questo Sud, in genere trascurato. 

Certo il limite che ogni Presidente del Consiglio ha sempre avuto rimane. Cioè quello di considerare il Paese come fosse uno. In realtà i Paesi sono due ed una ricetta unica per entrambi non funziona. Come sempre é stato, se guardiamo alla locomotiva 1 trascureremo quella che dovrebbe essere la locomotiva 2, che per partire ha bisogno di cose diverse rispetto alla prima. 

Ritorna il leitmotiv del Mezzogiorno batteria del Paese, “paradiso delle rinnovabili”  lo ha definito, sottovalutando il fatto che il servizio che la realtà meridionale dovrebbe rendere  sarebbe opportuno avesse un contraltare in investimenti produttivi, ad alta intensità di manodopera nel manifatturiero. In realtà, in linea con quello che è accaduto spesso nelle dichiarazioni dei Governi precedenti, in questo discorso iniziale di Meloni per la fiducia alla Camera, il Mezzogiorno è molto presente:

«Sono convinta che questa svolta sia anche l’occasione migliore per tornare a porre al centro dell’agenda Italia la questione meridionale. Il Sud non più visto come un problema ma come un’occasione di sviluppo per tutta la Nazione. Lavoreremo sodo per colmare un divario infrastrutturale inaccettabile, eliminare le disparità, creare occupazione, garantire la sicurezza sociale e migliorare la qualità della vita. Dobbiamo riuscire a porre fine a quella beffa per cui il Sud esporta manodopera, intelligenze e capitali». 

Cosa si poteva chiedere di più? Con la valorizzazione della sua posizione geografica, come piattaforma logistica per attrarre merci dai traffici internazionali che passano da Suez, e con l’esigenza  simmetrica di essere adeguatamente infrastrutturato per consentire che Augusta, Gioia Tauro e tutti i porti del Sud abbiano e completino la loro vocazione commerciale. Non cita il ponte sullo stretto di Messina. Evidentemente permangono ancora alcune timidezze malgrado il ponte é all’interno del programma di Governo 

 Timidezza che invece non ha avuto quando ha  parlato  delle autonomie differenziate, per le quali c’è stato un impegno a portarle avanti, non avendo forse completamente chiaro che tale attuazione non può che portare alla spaccatura del Paese, anche se parlando“ di un processo virtuoso in un quadro di coesione nazionale“, si trova in una contraddizione in termini. 

Come i due concetti di autonomia, quello di Meloni e di Zaia, possano essere compatibili è un mistero che presto saremo in condizioni di svelare, considerato che la Lega preme sull’acceleratore,  senza alcun possibilità di frenata e certamente non pensa ad un quadro di coesione nazionale. Anzi l’obiettivo è proprio quello di passare da i diritti individuali uguali per tutti a territori che trattengano la maggior parte delle risorse che producono.

Il riferimento poi  a “Sua Santità Papa Francesco“, che sostiene che la vera dignità si acquisisce non essendo assistiti dallo Stato ma con un lavoro, necessità di una chiosa sul fatto che  queste possibilità nel nostro Sud non esistono, e che il problema non è l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, considerato che non esiste offerta mentre la domanda riguarda circa 3 milioni di cittadini, che dovrebbero avere un’occupazione per raggiungere quel rapporto esistente nelle realtà a sviluppo compiuto di uno a due, tra occupati e popolazione.

Se poi avere un lavoro significa obbligare la gente a spostarsi verso le realtà dove ancora vi è un’offerta consistente e allora non si capisce come tutto è compatibile con le affermazioni circa l’esigenza che i cervelli e le professionalità rimangano nelle realtà meridionali. 

Purtroppo la sensazione netta è che questa insistenza di quasi tutte le forze politiche sull’esigenza dell’abolizione del reddito di cittadinanza  sia in realtà una pressione per far si che riprenda in modo consistente il flusso migratorio verso Nord. Infatti recentemente si è interrotto perché evidentemente, per salari ridotti  e periodi contenuti,  come quelli estivi, molti lavoratori avendo la possibilità  di un reddito di sopravvivenza non accettano di essere sradicati e di tagliare i legami familiari.

Ma se si parla di “scommettere sull’Italia perché sia occasione di investimento ma anche di buoni affari”  bisogna considerare che le politiche devono essere differenziate per le due parti. E che se il cuneo fiscale deve essere diminuito in tutto il Paese, come è giusto, deve rimanere una differenza rispetto al cuneo fiscale esistente nelle zone economiche speciali, altrimenti la localizzazione di imprese avverrà sempre nell’area settentrionale, come recentemente è  avvenuto con la Intel. Insomma un discorso con tante buone intenzioni ma anche tanti dubbi. Ma non é poco.

L’AUTONOMIA PREMIA LE REGIONI RICCHE
MA IL SUD NON CHIEDE ASSISTENZIALISMO

di PIETRO MASSIMO BUSETTA Il Mezzogiorno è diventato, negli ultimi giorni, da soggetto dimenticato nei programmi dei partiti ad elemento di attenzione notevole, da quando si è percepito che probabilmente molti dei seggi del maggioritario sono ancora contendibili. 

Ed allora il PD, che con Boccia era quasi pronto a varare l’autonomia differenziata nel Conte due, diventa difensore di un Sud che con essa verrebbe discriminato. Ma un’altra forza sta tentando di caratterizzarsi come difensore dei diritti del Sud, ponendosi in modo molto deciso a difendere quel reddito di cittadinanza, tanto contestato da molte forze nazionali, che hanno stupidamente consegnato al Movimento lo scudo di difensore di tale provvedimento. Si tratta dei Cinque Stelle che sulla base di tale difesa stanno recuperando molti dei consensi che avevano perso.

Il risultato è che l’immagine di un Mezzogiorno, che chiede assistenzialismo e norme che portino a fregare il pubblico, sta diventando prevalente. Eppure sul vero tema che dovrebbe essere centrale rispetto alle politiche ed ai programmi non si concentra l’attenzione né dei partiti né della opinione pubblica nazionale. 

Il vero tema è quello che si racchiude in pochi dati: popolazione del Mezzogiorno pari a poco meno di 21 milioni di abitanti, occupati, compresi i sommersi, 6 milioni e 100.000. In un rapporto funzionale, come quello esistente in Emilia-Romagna, gli occupati dovrebbero essere circa 9 milioni, quindi mancano all’appello oltre 3 milioni di posti di lavoro. Chi si stupisce del fatto che vi sia una popolazione così numerosa che ricorra al Reddito  di cittadinanza evidentemente ha poca dimestichezza con i dati.

Lamentarsi che vi siano tanti fruitori e poi lavorare, come ha fatto il ministro Giorgetti, per portare l’Intel a Torino, che costringerà migliaia di persone ad emigrare, visto che forza lavoro disponibile in Piemonte non se ne trova, è una contraddizione in termini. E assume come inevitabile il fatto che la gente del Mezzogiorno o debba trasferirsi, desertificando il territorio, oppure deve rimanere nei propri territori in una situazione di indigenza.

Ma l’attenzione a questa parte dello sviluppo purtroppo anche lo stesso Mezzogiorno non riesce ad averla adeguatamente, dando consenso non a chi propone un progetto  credibile in tempi non infiniti, ma piuttosto a chi promette ogni giorno di dare un pesce per sfamarsi senza mai insegnare a pescare. Bisogna invece gridare che il Mezzogiorno non vuole essere più assistito, ma vuole ritrovare la dignità di essere industrializzato adeguatamente, e questo non significa diventare la batteria del Paese, quanto piuttosto finalmente far funzionare le Zes  manifatturiere, che stentano a decollare, visto che non funzionano da moltiplicatori di consenso. 

Il Mezzogiorno deve pretendere che vi sia un progetto per la propria logistica, che preveda che i porti frontalieri di Suez siano messi a regime, collegandoli  adeguatamente con la rete ferroviaria italiana, costruendo il  ponte sullo stretto di Messina. Come pure che il turismo, oggi anche se in crescita, con presenze equivalenti per tutto il Mezzogiorno a quelli della sola Ibiza, abbia un progetto che lo faccia passare ad industria turistica, che riesca a dare occupazione adeguata ai tanti giovani. 

Il primo soggetto che dovrebbe rifiutarsi di essere trattato da mendicante, al quale dare le mollichine che avanzano dal lauto pranzo dei signori,  dovrebbe essere proprio il Sud. Pretendere che l’offerta di lavoro diventi tale da assorbire quei tanti giovani disoccupati che si offrono sul mercato, ma che non vogliono essere sfruttati con lavori stagionalizzati, contrattualizzati per quattro ore per poi farne dodici.  

Ma su un progetto di sviluppo vero del Sud non vi è alcun indirizzo, perché non ci sono idee, non vi è una visione sistemica, una volontà vera di affrontare e risolvere il problema, anche perché destinare risorse importanti al Sud, anche quando provengono dall’Unione Europea, significa sottrarle alle mille esigenze che un Nord bulimico continua ad avere, con il risultato non auspicato magari di mettere  fra l’altro il Sud in condizione di competere proprio con le realtà che si vogliono proteggere. 

Prima fra tutti i porti di Genova e Trieste che dallo spostamento dei movimenti nei porti del Sud temono di perdere la loro centralità.

È un approccio che invece di moltiplicare i tavoli a disposizione pensa che l’unico modo sia quello di tenere alcuni in piedi per monopolizzare gli unici posti a sedere. Approccio che viene teorizzato nel principio della locomotiva e dei vagoni, per cui un Sud, che per lunghi anni prima dell’Unificazione aveva rappresentato grandi eccellenze oltre che problematiche non indifferenti, diventa una palla al piede che rallenta lo sviluppo di tutto il Paese. (pmb)

[courtesy il Quotidiano del Sud / l’altravoce dell’Italia]

MEZZOGIORNO, STRATEGIA FALLIMENTARE
TOLGONO AL SUD PER LE REGIONI RICCHE

di GIOVANNI MOLLICA – Negli ultimi giorni, Calabria.live, ha ospitato una perfetta rappresentazione dell’incapacità di questo Governo di comprendere l’urgenza di cambiare la pluridecennale e fallimentare strategia adottata per interrompere il degrado sociale ed economico dell’estremo Sud e la perdita di competitività del Paese.

Lo spunto iniziale è venuto dall’articolo nel quale Roberto Di Maria stigmatizzava lo spreco di denaro pubblico derivante dal velleitario tentativo di ristrutturare la Logistica del glorioso porto di Genova, al fine di renderlo competitivo con gli scali del Mare del Nord.

Gli addetti ai lavori non condizionati da interessi diretti sanno bene che la Lanterna ha ormai ben poco da offrire al Paese. 

Doveroso modernizzarne le dotazioni, ma aspettarsi che possa produrre ricchezza analoga a quella di altre realtà mediterranee e anseatiche è una pericolosa illusione. O uno studiato inganno. Serve solo a togliere risorse a Gioia Tauro, Augusta e Taranto che rappresentano il vero futuro del Paese.

A tale riflessione si sono contrapposte le dichiarazioni del Ministro Giovannini che, al Meeting di Rimini, ha ribadito la validità del modello di portualità nazionale fondato sugli scali liguri e dell’Alto Adriatico. 

L’ottusa protervia del Ministro nel sostenere un’idea di sviluppo vecchia e ampiamente fallita non è passata inosservata: sia il direttore di Calabria.live, Santo Strati, che il segretario della Uiltrasporti Calabria, Giuseppe Rizzo, hanno contestato con durezza le parole di un ministro che mostra di ignorare il ruolo della Logistica nel mondo globalizzato, ma anche temi come la coesione nazionale e la Questione meridionale. 

Il che è ancora più grave. Triste dimostrazione della totale e acritica adesione alla stantia teoria del trickle down (gocciolamento) che concentra sulla parte ricca del Paese più risorse possibili nella convinzione che anche la parte povera, in qualche modo, ne trarrà beneficio. Quel “Put the money where the mouth is” (metti i soldi dove c’è la bocca) di thatcheriana memoria, espressione di un’iniqua cultura ultra liberista che tante ingiustizie ha causato nel mondo. Respinta da leader come Xi Jinping e Biden e in contrasto con le direttive europee sulla politica di coesione per uno sviluppo sostenibile, equilibrato e inclusivo. 

È veramente incomprensibile come Draghi, europeista per antonomasia, accetti senza reagire esternazioni che contraddicono platealmente il suo meritorio impegno. 

Spiace anche il prudente silenzio elettorale della Cgil e, soprattutto, della Cisl il cui segretario confederale, Luigi Sbarra, da calabrese, avrebbe dovuto reagire di fronte a quest’ennesima mortificazione dell’estremo Sud. 

Alle suddette denunce si è aggiunto – il 28 agosto, sempre su Calabria.live –  l’articolo di Pietro Spirito che, dando al tema un’interpretazione ancora più ampia, ha deplorato l’inadeguatezza del governo e delle forze politiche nell’affrontare un tema che determinerà gli assetti economici planetari dei prossimi decenni. 

Una mancanza di attenzione figlia di una visione della Logistica a trazione settentrionale sostenuta da forze politiche inadatte a guidare il Paese intero.

A questa situazione quasi disperata, si aggiungono i limiti della classe politica meridionale che, invece di coalizzarsi verso obiettivi comuni – neanche il leader di partito più ignorante può oggi credere che la Logistica e le sue derivazioni possano essere concepite su scala locale e non su modelli sovraregionali se non euromediterranei –, preferisce tentare di arraffare un consenso locale fragile quanto transitorio.

Sul quali moderne teorie di Economia dei Trasporti – e/o realtà di consolidato successo -, il ministro basi le sue balorde ricette non è dato sapere. Certo è che è ignora sprezzantemente l’autorevolissima schiera di tecnici, economisti ed esperti che hanno elaborato e continuano a divulgare solidi programmi neo meridionalisti che, oltre a uno sviluppo equilibrato e sostenibile, favoriscono quella coesione che, incredibilmente, sembra essere il meno importante obiettivo dei governi italiani.

È ormai evidente che avere Giovannini come interlocutore è assolutamente inutile. Resta la speranza di suscitare l’attenzione del Premier, ultima dea per un Meridione il cui voto potrebbe dare risultati inattesi. 

Come nel 2018. Se ciò accadesse, si può essere sicuri che alcuni partiti accuseranno i cittadini del Sud di “avere sbagliato a votare”. (gmo)