Incontrando suor Angela su un treno

di GREGORIO CORIGLIANO – «Piacere, sono Suor Angela! Al secolo? Ilaria ed ho 26 anni». Sono su un treno regionale per Cosenza, salito a Rosarno. Avevo trascorso una settimana del più bel mese dell’estate – settembre – nella casa del luogo dell’anima. Borsone, computer e sacca di giornali. Il treno è semivuoto. Mi siedo, il tempo di sistemarmi, il mio sguardo viene catturato da una suora, con un vestito che non avevo mai visto: color marrone, lungo fino ai piedi, capo coperto completamente. In vita un cordone con tre nodi. Seduti su due lati diversi, non legge, è assorta.

La guardo, se ne accorge, mi sorride, non respinge il mio saluto. «buona sera sorella»! Così giovane, suora? Non mi risponde, mi guarda pensierosa con occhi vispi, non si fida, giustamente. Sembra dirsi «ma cosa vorrà costui?». La rassicuro, si fidi.

Ripeto, una suora giovanissima, avrà 25-30 anni, non di più? Si rasserena, forse per il mio tono di voce, spero, suadente. Inizia a rispondermi, quando mi siedo di fronte a lei, non mi allontana, non si chiude nel mutismo, anzi. Ho 26 anni, mi dice. Ha già preso i voti? Si da qualche anno. E’ veramente giovane, non è facile oggi incontrare una suora della sua età, in genere sono tutte più anziane, quelle che si incontrano sui treni o di fronte alle Chiese o in una processione.

«Le va di parlare con me, mi presento?». «Perchè no?», è la sua risposta. Mi dica, allora, come si chiama? Oggi, suor Angela, il mio nome vero da ragazza è Ilaria, sono di Melito Porto Salvo. Una suora giovanissima, il viso da bambina o quasi. Tutta intabarrata nel suo abito color terra (mi dice lei), sembra un sacco.
Cosa le è successo? Come mai suora? L’ho deciso io! Davvero? Mi racconta? Perché no, mi fido. Sono nata a cresciuta a Melito, ho mamma e papà che vivono con due miei fratelli. In una frazione di Melito, Prunella, mi pare di ricordare.

Ho studiato lì, scuola media e istituto tecnico, son diventata ragioniera perché i miei volevano che trovassi un posto per guadagnare, io invece non mi diedi mai da fare per cercarlo, mattina a scuola, pomeriggio in Chiesa, quasi tutte le sere, al Vespro. «Era fidanzata?». «Certo, ma non ufficialmente, i miei lo sapevano, ma lui non è mai venuto in casa, lo sapevano anche le mie amiche». «Una vita, come tutte le sue coetanee, cenette, incontri baci?». «Certo, ma continuavo ad andare in Chiesa». «La sua famiglia è religiosa?». «Cattolici, ma non praticanti, in Chiesa raramente! Io stessa, dopo la prima Comunione non ero assidua, ma poi le mie amiche mi hanno invitato ad andare a cantare in Chiesa ed il nostro punto di ritrovo era la Chiesa».

«Non avevo alcun rapporto con Dio, se non quello di tutti ragazzi, poi son venuti a Melito alcuni missionari coi quali facevamo incontri di catechesi. Sono durati alcuni mesi. Ed ho cominciato a scoprire il vero volto di Dio, prima conoscevo solo il Dio che ti castiga e che ti punisce se fai peccato, invece ho scoperto un Dio che mi parlava. Insomma per farla breve ho fatto la catechista». «Ed il fidanzato?». «Ci vedevamo la sera! Dai miei genitori non era particolarmente gradito, senza una ragione particolare. Io uscivo lo stesso con lui, pur sapendo che andavo in Chiesa. Finirà che ti farai suora, mi ha detto un pomeriggio, quando mi ha invitato a fare l’amore!». «E tu?». «Non ho accettato, non ho voluto, non ho mai avuto rapporti sessuali, sono vergine, Dio mi ha custodito, anche se lui ha insistito molto, evidentemente ero preziosa agli occhi di Dio».

Dopo il diploma Ilaria si iscrive a scienze religiose, ma mi sottolinea la propria inquietudine perché non voleva frequentare per trovare insegnamento ma per conoscere di più e meglio Dio. «Stiamo per arrivare a Lamezia», mi dice che deve scendere per raggiungere il convento delle Missionarie della Via, si chiama così, perché «Gesù è Via!».

Sempre col capo coperto che chiama sacco per la trama, la croce al petto, i tre nodi del cordone, fa in tempo a dirmi significano obbedienza, castità, povertà. Tutto è color terra, per ricordare l’umiltà di Dio, adesso mi lasci andare, devo scendere, preghi per me che io prego per Lei! Avrei continuato a parlare a lungo. Poi Suor Angela è andata via di corsa, non poteva correre il rischio di saltare la fermata. «Ci sentiamo», mi ha detto, dopo che le ho dato il mio biglietto da visita. Naturalmente, non mi ha mai chiamato. (gc)