La Calabria in linea con l’Europa per il Programma di Sviluppo Rurale

La Calabria è il linea con l’Europa per quanto riguarda il Programma di Sviluppo Rurale, ponendola «tra le regioni italiane più performanti, oltre che in perfetta media con quelle europee». È quanto ha dichiarato Filip Busz, capo dell’Unità Italia della Direzione generale Agricoltura della Commissione Europea, nel corso dell’incontro annuale svoltosi in Cittadella regionale.

Insieme a lui, Andrea Incarnati. A rappresentare la Commissione Europea, il rapporteur del Psr Calabria, Leonardo Nicolia.

A fare gli onori di casa, l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo e l’adg del Psr, Giacomo Giovinazzo. Molto incoraggianti i dati illustrati in occasione del confronto: il Psr Calabria, al 10 Novembre 2022, ha fatto segnare una spesa del 70,01% della dotazione finanziaria del programma, per un controvalore pari a 974.509.223,36 euro, mentre l’83,9% delle risorse complessive (pari a 1.391.887.707,90 euro), risulta già impegnato. Busz ha sottolineato inoltre che la Calabria risulta essere la prima Regione italiana rispetto alla spesa delle risorse aggiuntive Ngeu, i cosiddetti “Euri”, introdotti nel novembre 2021, con una spesa realizzata pari al 47,35% (29.357.690,73 euro) e risorse impegnate già all’88,2%, ovvero 54.669.048 euro su una dotazione complessiva di 62.007.873,93 euro.

Inoltre, rispetto al raggiungimento degli obiettivi N+3, relativi al rischio di disimpegno automatico delle risorse, la Calabria, che aveva raggiunto il target di spesa del 2022 con oltre un anno di anticipo, è già molto vicina al conseguimento del target 2023, con un avanzamento finanziario pari all’88,90%. Risultati più che soddisfacenti anche per quanto riguarda le risorse Ngeu: centrato già l’obiettivo del 2024, l’avanzamento del Psr Calabria rispetto agli obiettivi fissati a fine 2025 si attesta sulla percentuale del 24,7%. Ancora: è stato anche evidenziato come la Calabria sia riuscita ad imprimere una notevole accelerazione sul terreno della competitività e redditività delle aziende agricole regionali.

Da migliorare invece, a detta dei rappresentanti della Dg Agri, le perfomance di alcune Misure (definite non particolarmente rilevanti a livello finanziario, ma utili in termini di servizi per le aree rurali e di sostegno all’aggregazione), quali quelle relative al trasferimento di conoscenze ed alle azioni di informazione (1), ai servizi di consulenza alle aziende agricole (2), ai regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (3) ed alla cooperazione (16). Altro elemento al quale riservare attenzione, il tasso di errore.

Sono stati sottolineati invece favorevolmente i progressi verificati in ordine alla Misura dello sviluppo locale Leader, con una buona implementazione dell’avanzamento finanziario dell’intervento 19.2, connesso al sostegno all’esecuzione degli interventi nell’ambito della strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo, nonché della misura relativa alla banda larga. Un programma sano, dunque, quello calabrese, tra l’altro perfettamente in regola con i cronoprogrammi regionale e nazionale, rispetto alla pubblicazione dei bandi. A questo proposito – è stato precisato – tra la fine del 2022 ed il primo trimestre del 2023 saranno pubblicati gli avvisi relativi agli interventi per favorire la banda larga (misura 7.3.1) e il ripristino da danni causati da incendi (8.4.1) e quelli legati alla Misura 4, volti a favorire ulteriormente l’ammodernamento e la competitività delle aziende agricole.

Ringraziando la Commissione Europea per la sinergia instaurata con la Calabria, l’Assessore Gallo si è detto soddisfatto dei risultati raggiunti dal Psr, ma allo stesso tempo determinato a fare sempre di più e sempre meglio.

«Ci sono tutte le condizioni – ha affermato Gallo – affinché il nostro territorio si sviluppi ulteriormente facendo leva sul sistema agricolo. Bene la velocità di spesa, ma dobbiamo proseguire nella direzione di una maggiore qualità della stessa. D’intesa con il presidente Occhiuto, inoltre, investiremo ancora di più sulle attività di promozione e di comunicazione, per raccontare sempre meglio la storia della Calabria produttiva al di fuori dei nostri confini».

L’dg, dal canto suo, ha invece annunciato che nei prossimi mesi la Calabria sottoporrà ai Servizi della Ce alcune modifiche strategiche e finanziarie per una migliore implementazione del Psr, con un impegno maggiore da parte dell’organismo pagatore Arcea che, in coordinamento con il Dipartimento e l’Assessorato, dovrà in particolare intervenire in maniera incisiva sul tasso di errore. Da segnalare i ringraziamenti indirizzati all’adg, ai dirigenti e funzionari del Dipartimento, al valutatore ed all’assistenza tecnica: «Grazie ad un lavoro di squadra – ha detto in proposito Gallo – la Calabria è in grado di sfatare il luogo comune rispetto al quale al Sud non si spendano, con celerità ed al meglio, i fondi comunitari». (rcz)

LA DISUGUAGLIANZA NORD-SUD È UN MURO
CHE NON FA CRESCERE E ALLONTANA LA UE

di MARIATERESA FRAGOMENI – Come per la Germania del dopoguerra, un’unica nazione, un solo popolo, con la stessa storia e la stessa lingua, diviso in due blocchi contrapposti, con una dimensione umana, economica e dei diritti profondamente diverse tra loro, anche l’Italia ha il suo “muro di Berlino”. Non un muro fisico, ma un muro fatto di disuguaglianze, di diritti negati, di mancato sviluppo e di promesse mai adempiute.

Non saprei dire se i nostri figli, da bambini, facciano gli stessi sogni ed abbiano gli stessi desideri dei loro coetanei del nord; so dire, purtroppo, che non godono degli stessi servizi e delle stesse opportunità, crescendo, impareranno che, per realizzarli, probabilmente dovranno andare via. Chiunque, una volta adulto scopre di avere delle potenzialità per poter sfondare nel campo dello sport, della moda, dell’industria, nel design, nell’hi-tech: difficilmente potrà farlo restando al Sud.

Perché le discrepanze tra Nord e Sud sono tante, troppe per sperare che si possano colmare nell’arco di una generazione, senza un’azione forte e mirata, che abbatta i muri e costruisca strade e ponti per ridurre al minimo le distanze ed unificare, finalmente, il nostro Paese. Per questo motivo i fondi del Pnrr sono così importanti, lo sono, certamente, per il Sud, ma non solo: lo scopo di questi fondi è quello di colmare i gap tra il “nord” e il “sud” dei vari paesi europei, nella consapevolezza che una Europa disomogenea, nei diritti e nella ricchezza, è un’Europa che cresce più lentamente, o che non cresce affatto.

Dal crollo del muro di Berlino, nel 1989, la Germania ha investito una quantità enorme di risorse nella parte orientale del paese, realizzando industrie e soprattutto infrastrutture, col risultato di raddoppiare il Pil per abitante e realizzare un deciso e duraturo cambio strutturale per l’intera nazione, che oggi è la forza trainante per l’economia europea. Questa è una lezione di cui dobbiamo davvero fare tesoro. Se vogliamo davvero, come Paese, fare un salto di qualità, dobbiamo abbattere i nostri muri, soprattutto quelli culturali ed ideologici, dobbiamo pensare in grande come cittadini italiani, prima ancora che come abitanti di una specifica regione o area del paese.

Se quello di ridurre le disuguaglianze tra “i sud” e “i nord” è, a ragione, considerato un interesse primario per la crescita di tutta l’Europa, non possiamo pensare che non lo sia anche per la crescita dell’Italia. Non possiamo più pensare che il Nord dell’Italia possa crescere se non cresce anche il Sud. Non si tratta solo della legittima e giusta rivendicazione dei diritti riconosciuti, a tutti i cittadini italiani, dalla nostra Costituzione, ma anche, e soprattutto, di adottare una strategia che si è già rivelata vincente e che, adesso, con i fondi del Pnrr, non può più restare ostaggio di derive localistiche e di un esasperato, e storicamente fallimentare, regionalismo. La sfida sarà difficile e faticosa: progettare e terminare le opere entro il 2026, considerata l’esiguità di personale tecnico addetto ai lavori, nei Comuni, richiederà uno sforzo notevole, ma noi ce la metteremo tutta per raggiungere questi obbiettivi. In quest’ottica, ho organizzato un incontro con i presidenti degli ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri) per trovare, sin da subito, le soluzioni possibili per investire al meglio i fondi a nostra disposizione. La strada per questo cambiamento non sarà certo in discesa, ma è la sola che possiamo percorrere, consapevoli che questa strada dovrà essere concretamente praticabile e, pertanto, dovrà essere sgomberata da ogni forma di localismo e campanilismo, che spesso sono alimentati dalla miope ed egoistica smania di potere e di denaro di alcuni gruppi ristretti di politici ed industriali. Noi abbiamo l’ambizione di essere una classe dirigente che pretende risorse da spendere in progetti ed idee strutturali di sviluppo, ispirata ad una lezione storica, spesso colpevolmente trascurata: l’Italia cresce se cresce il Mezzogiorno. (mf)

Rapporto Ue su Politiche di Coesione: La Calabria ha il Pil pro capite inferiore al 75%

La Calabria ha il PiL Pro capite inferiore al 75% della media Ue per un periodo tra i 15 e i 19 anni. È il dato allarmante emerso dall’ottavo rapporto della Commissione Ue sulle regioni italiane e la politica di Coesione, in cui è stato stimato che «entro il 2023 il Più pro capite delle regioni Ue meno sviluppate sarà fino al 5% più alto».

Ogni 3 anni, infatti, la Commissione pubblica una relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale dell’Ue in cui si presentano i progressi compiuti e il ruolo dell’Ue come motore per lo sviluppo regionale. Il Rapporto Ue naturalmente interessa anche le regioni italiane. Dalla relazione emerge inoltre che, grazie alla sua flessibilità, la politica di coesione ha fornito un pronto sostegno indispensabile agli Stati membri e alle autorità regionali e locali «nel contesto dei rallentamenti economici e della peggiore crisi degli ultimi anni».
Gli stessi investimenti hanno anche favorito una diminuzione del 3,5% del divario tra il Pil pro capite del 10% delle regioni meno sviluppate e il Pil pro capite del 10% delle regioni più sviluppate. Diminuisce inoltre il divario tra il Pil pro capite di chi è più indietro e le aree Ue che risultano più sviluppate. Nella relazione si analizza l’evoluzione della coesione nell’Ue in base a un’ampia gamma di indicatori tra cui la prosperità, l’occupazione, i livelli di istruzione, l’accessibilità e la governance.
Nel rapporto sono state rilevate alcune criticità sulle politiche di coesione europee e «l’Italia dimostra un certo rallentamento soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno con i peggiori tassi europei di occupazione. La regione Calabria è quella che ha più problemi in tal senso».
«L’Italia – si legge nel rapporto – dimostra nel confronto con le altre regioni europee di essere sempre a doppia velocità, con le altre regioni italiane che hanno un Pil pro capite stabile e superiore alla media europea: Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria e Abruzzo. E per un periodo consistente sono all’altezza dei parametri di sviluppo anche Piemonte, Trentino Alto Adice, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Lazio».
«Per quanto riguarda l’occupazione – si legge ancora – Lazio e Abruzzo hanno un basso il tasso di occupazione tra la popolazione tra i 20 e i 64 anni è ai livelli più bassi europei (inferiore al 66%). Umbria, Marche, Piemonte e Liguria sono al 66 e al 70%, con il resto del Paese tra il 74 e il 78%. Ora si tratta di “portare tutte le regioni d’Europa attraverso la ripresa, attraverso la transizione verde e digitale, e oltre, senza lasciare nessuno alle spalle”, commenta la commissaria Ue Elisa Ferreira. Serviranno strategie di sviluppo definite “a livello territoriale, adattate alle risorse della regione e mirate ad affrontare vecchi e nuovi fattori di disparità”. Guardando alle alte politiche europee e nazionali, “tutte dovrebbero essere sottoposte a prove regionali, per garantire che rispettino il principio di non nuocere alla coesione».
Nicolas Schmit, Commissario per il Lavoro e i diritti sociali, ha aggiunto: «La pandemia ha aumentato il rischio di disuguaglianze nell’UE: la politica di coesione è uno dei nostri strumenti principali per combattere questa tendenza e investire nelle persone, e ci aiuta a conseguire l’obiettivo di un’Europa sociale forte che sia inclusiva ed equa. Sono orgoglioso del fatto che grazie ai fondi dell’UE i bambini svantaggiati ricevano libri e computer, che ai giovani siano offerti apprendistati per entrare nel mercato del lavoro e che le persone vulnerabili abbiano accesso a cure e a un pasto caldo».
Sono evidenziati gli “Ulteriori risultati principali della politica di coesione europea”: La politica di coesione è diventata una fonte più importante di investimenti. Dal periodo di programmazione 2007-2013 al periodo di programmazione 2014-2020 i finanziamenti del fondo di coesione sono aumentati dall’equivalente del 34% degli investimenti pubblici totali al 52%.
Dal 2001 le regioni meno sviluppate dell’Europa orientale hanno iniziato a rimettersi al passo con il resto dell’UE. Tuttavia allo stesso tempo numerose regioni a reddito medio e meno sviluppate, in particolare nell’Europa meridionale e sudoccidentale, hanno attraversato lunghi periodi di stagnazione o di declino economico. La convergenza tra gli Stati membri è cresciuta più velocemente, ma sono aumentate le disparità regionali interne agli Stati membri in rapida crescita.
L’occupazione è in crescita, ma le disparità regionali restano più marcate rispetto a prima del 2008. Il numero di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale è diminuito di 17 milioni tra il 2012 e il 2019.
«Il divario regionale– si legge ancora –  in termini di innovazione in Europa è aumentato a causa della mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo e delle debolezze degli ecosistemi di innovazione regionali nelle regioni meno sviluppate. La popolazione dell’Ue sta invecchiando e inizierà a diminuire negli anni a venire. Nel 2020 il 34% della popolazione dell’UE viveva in una regione in declino e si prevede che questa percentuale raggiunga il 51% nel 2040».
«Più di recente la politica di coesione – spiega la Commissione europea – ha aiutato le regioni dell’UE ad affrontare le sfide poste dalla pandemia di coronavirus e le relative conseguenze. I due pacchetti di sostegno adottati nella primavera del 2020 (CRII e CRII+) hanno offerto liquidità immediata, hanno reso la spesa più flessibile, hanno aumentato al 100% il tasso di cofinanziamento e hanno esteso l’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell’UE. Quale componente di NextGenerationEU, REACT-EU ha erogato ulteriori 50,6 miliardi di € a sostegno della ripresa dalla pandemia, consentendo alle regioni e alle città di continuare a investire nella loro crescita in preparazione al periodo di programmazione 2021-2027. Tale programma ha inoltre fornito una necessaria rete di sicurezza alle persone vulnerabili che a causa della pandemia si trovano in condizioni ancora più precarie».
Nei prossimi anni la politica di coesione continuerà a favorire uno sviluppo equo e sostenibile in tutte le regioni dell’UE, sostenendo al contempo la transizione verde e digitale attraverso: un approccio globale e mirato allo sviluppo per quanto riguarda finanziamenti, governance, coerenza e sinergie con le politiche nazionali; politiche basate sul territorio, multilivello e guidate dai partenariati, adattando il proprio sostegno ai territori più vulnerabili; la costante adattabilità alle sfide emergenti e impreviste. (rrm)