Ferrante (Mit): Ue adotta nuovo regolamento Ten-T, è compreso il Ponte sullo Stretto

Il Sottosegretario al Mit, Tullio Ferrante, ha evidenziato come «l’adozione definitiva da parte del Consiglio Ue del nuovo Regolamento per lo sviluppo della Rete transeuropea dei trasporti è un grande traguardo per l’Italia», che «comprende infrastrutture fondamentali per il nostro Paese, tra le quali il Ponte sullo Stretto di Messina».

«L’approvazione da parte degli Stati membri del nostro progetto, basato su quello elaborato sotto la guida del Presidente Silvio Berlusconi, rappresenta una decisione politica importante e dimostra quanto il Ponte sia strategico all’interno della rete di trasporto nazionale ed europea», ha concluso Ferrante, ribadendo l’impegno «a lavorare per realizzare al più presto quella che si conferma un’opera madre, che darà enorme impulso alla crescita e alla modernizzazione del nostro Paese».

Le infrastrutture che appartengono alla rete Ten-T, oltre a godere di ampia visibilità ed essere riconosciute ad alto valore aggiunto europeo, sono eleggibili per i finanziamenti europei, in quanto obbligate a rispettare requisiti infrastrutturali ambiziosi e sfidanti, sia dal punto di vista tecnico che finanziario. Il testo licenziato dal Consiglio entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

Il lungo e complesso negoziato, condotto dal Mit, guidato dal vicepresidente del Consiglio e ministro Matteo Salvini, consolida il ruolo dell’Italia quale hub logistico euromediterraneo. Sono 5 infatti i corridoi europei di trasporto che interessano la penisola: lo Scandinavo-Mediterraneo, che attraversa l’Europa da nord a sud; il Corridoio Mediterraneo, che taglia il continente in orizzontale ed arriva in Ucraina; il Corridoio Mare del Nord-Reno-Mediterraneo, che unisce Genova ai Porti del nord-Europa; il Corridoio Mar Baltico-Mar Adriatico, arricchito, sul lato italiano, dal prolungamento della “Dorsale Adriatica” fino a Bari; ed il nuovo Corridoio dei Balcani Occidentali, cui l’Italia è connessa da nord, grazie all’inserimento della sezione “Trieste-Lubiana” e da sud, con la nuova tratta “Bari-Durazzo-Skopje—Sofia”.

Dalla prospettiva italiana, sono stati ottenuti risultati fondamentali per il ruolo strategico del Paese a cominciare dalla rinnovata configurazione della rete nazionale. Tra le principali rilevanti novità, si registrano l’inclusione del porto di Civitavecchia quale porto di Roma nella rete Centrale (attesa dal 2013) ed il nuovo tracciato del Ponte sullo Stretto di Messina. Particolarmente positivo anche il risultato per l’Italia sul fronte ferroviario.

Sono state definite poi due direttrici merci lungo le dorsali costiere e una direttrice passeggeri nell’asse Centrale e riallineate le vie di accesso al valico del Brennero e alla linea Torino-Lione, nonché riconfigurata la linea Venezia-Trieste quale adeguamento dell’esistente, tutte facenti parte della rete Centrale e dei tracciati dei Corridoi corrispondenti.
Molte sezioni sono state elevate a rango della rete Centrale “estesa”, entrando a far parte dei tracciati di Corridoio; in rete Centrale e nel Corridoio corrispondente, è entrata la sezione ferroviaria “Novara -Seregno” quale bypass del nodo di Milano e, a sud, la sezione ferroviaria alta-velocità “Battipaglia-Praia”.

È stato, in aggiunta, ottenuto l’inserimento di numerose sezioni ferroviarie in rete Globale: ad esempio la chiusura dell’anello ferroviario nel sud della Sicilia che collega i nodi di Caltanissetta, Agrigento, Licata, Gela, Pozzallo e Siracusa, le sezioni “Aosta- Chivasso”, “Brindisi-Taranto” e le tre sezioni transfrontaliere “Fossano-Cuneo-confine francese-Ventimiglia”, “Fortezza– confine austriaco (linea della Val Pusteria)” e “Gorizia-confine sloveno”; è stata, altresì, inclusa la parte mancante della sezione stradale e ferroviaria della linea Jonica nella rete di rango Globale in Calabria e l’ultimo miglio stradale al nodo urbano di Campobasso. Anche i nodi sono stati ampliati con l’inserimento di ulteriori 7 nuovi porti in rete Globale: Capri, Ischia, Ponza, Porto Empedocle, Porto Santo Stefano e Procida e Villa San Giovanni affiancato a Reggio Calabria. Tra i terminali merci se ne evidenziano 4 in rete Centrale: Fernetti, Santo Stefano di Magra, Agognate affiancato a Novara e Segrate a Milano e 12 in rete Globale (Busto Arsizio-Sacconago insieme a Gallarate, Bergamo Cortenuova, Cremona PLB e Piadena, Faenza, Foggia Incoronata, Forlì Cesena Villa Selva, Marzaglia, Ortona, Castelguelfo insieme a Parma già esistente, Pordenone e Portogruaro). (rrm)

PNRR, LE SCELTE DELL’ALGORITMO HANNO DANNEGGIATO IL SUD: SOTTRATTI 25 MLD

di PIETRO MASSIMO BUSETTASolo un algoritmo! Nessun intervento particolare tanto che molti Paesi hanno avuto risorse maggiori rispetto all’Italia. Gli 800 miliardi di euro di fondi europei del Pnrr furono assegnati “in base a un algoritmo” e «non sono state negoziati dai Capi di  Governo». E anche sul “sacco di soldi” ricevuti «c’è un po’ di retorica italiana».

«L’Italia è il settimo Paese in termini di rapporto tra soldi ricevuti e Pil. Ci sono altri che in termini relativi hanno portato a casa molto di più, dalla Spagna alla Croazia. Sempre grazie all’algoritmo». 

Le dichiarazioni di Paolo Gentiloni innescano una polemica con il Movimento Cinque Stelle, che accusa il Commissario Europeo all’Economia di “riscrivere la storia” e di “manipolare la genesi” del Recovery Fund «provando a minimizzare il ruolo» del Governo guidato all’epoca da Giuseppe Conte

Ma cosi si parlò il Commissario Europeo, con una dichiarazione  tranciante rispetto al racconto dei Cinque Stelle, che attribuivano al loro leader, Giuseppe Conte, il merito di aver avuto risorse importanti per il nostro Paese. 

In realtà “secondo un algoritmo” sembra una cosa talmente complicata da non essere facilmente compresa. Invece è tutto molto semplice: le risorse sono state assegnate ai singoli Paesi in rapporto a tre variabili: il reddito pro capite, l’ampiezza demografica e il tasso di disoccupazione.

Una distribuzione in Europa fatta in base a un algoritmo, quindi senza alcuna possibilità di interferire con i numeri rispetto a contrattazioni o possibili pressioni.

Queste risorse in Italia, invece di essere redistribuite sui territori in funzione dello stesso algoritmo, come sarebbe sembrato logico, si cambia registro e si procede con sistemi differenti che alla fine della fiera portano al Sud un importo inferiore rispetto a quello che sarebbe stato dato con il calcolo effettuato in sede europea. 

Cioè se il Mezzogiorno fosse stato una delle nazioni dell’Europa, con i suoi 20 milioni di abitanti, con il suo tasso di disoccupazione e il suo reddito pro capite,  avrebbe avuto diritto a una percentuale maggiore delle risorse assegnate col Pnrr. 

La distribuzione delle risorse all’interno del Paese è stata distorta a favore della  sedicente locomotiva settentrionale, in una logica che avrebbe previsto importi rilevanti per una parte che, se fosse stata separata dal Sud, ne avrebbe usufruito in modo molto contenuto, come è successo a Germania e Francia.

L’Italia ha avuto 68,88 miliardi di euro a fondo perduto. Doveva averne invece in base alla popolazione 48,95. Vuol dire che ha avuto una differenza di 19,93 miliardi in più per l’esistenza del Mezzogiorno, considerato che gli altri due parametri sono stati il tasso di disoccupazione e il reddito pro-capite.

E allora siccome i fondi teorici erano 48,95 miliardi, il 33%, cioè 16,153, devono essere assegnati al Mezzogiorno in base alla popolazione, la differenza di 19,93 è dovuta al fatto che c’è un Mezzogiorno con i suoi pessimi parametri. Arriviamo a 36,08 su 68,88 assegnati che corrispondono al 53% del totale risorse a fondo perduto. Poiché il nostro Paese ha deciso di assegnare  al Mezzogiorno il 40%, vuol dire che ha sottratto, di ciò che l’Europa aveva destinato, il 13%. Se estendiamo la stessa percentuale anche ai fondi a prestito, su 191,5 miliardi il 13% sottratto corrisponde a 25 miliardi. Una bella cifra.

D’altra parte è la logica che in Italia è stata sempre sottostante alle risorse comunitarie che, invece di essere state aggiuntive rispetto a una distribuzione di risorse equa per la spesa ordinaria, sono andate a sostituire la stessa, ottenendo un risultato inaccettabile che, complessivamente, anche sommando quella che avrebbe dovuto essere la spesa straordinaria, ha portato a una spesa pro capite assolutamente differente tra Nord e Sud, con una prevalenza decisa di quella assegnata al Nord. 

Di tale devianza ha sofferto la distribuzione per anni, che si riassume nel riferimento alla spesa storica. Quindi prima distorsione nell’assegnazione delle risorse, ma sono  consapevole che tale fase  è solo un primo passo rispetto all’effettuazione della spesa. 

Per far sì che le risorse arrivino sui territori sono necessari tanti passaggi, che riguardano progetti adeguati, strutture che riescano ad assegnare, in tempi compatibili con le problematiche da affrontare, le risorse ai progetti che si presentano, e infine un monitoraggio dei lavori, che vengano completati nei tempi previsti.

Tutto questo al Sud non ha funzionato ed è probabile, al netto di interventi dirompenti, che continuerà a non funzionare, in particolare se le risorse vengono assegnate a bando, come nel caso degli asili nido, che solo recentemente hanno avuto una correzione, per cui i Comuni più attrezzati riuscivano ad avere le risorse, indipendentemente dalle effettive esigenze. 

A metà del cammino del Pnrr, mentre l’Europa continua a liquidare le tranche previste, asseverando un corretto funzionamento dello strumento, la sensazione invece è che nemmeno quel 40% previsto alla fine arriverà sui territori meridionali. 

 E se non si approfitta del Pnrr per estendere gli stessi diritti di cittadinanza, quelli che sono misurati dai livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti Lep, prodromici all’attuazione delle autonomie differenziate chieste dalle regioni del Nord, come potranno livellarsi in futuro? Rimane una domanda senza risposta.

Ma al di là degli importi dovuti all’una e all’altra parte, in ogni caso quel 40% individuato vogliamo che arrivi sui territori?

Compito della struttura del ministro Raffaele Fitto è controllare che almeno questo avvenga. E di intervenire nel caso in cui i ritardi accumulati rischino di far perdere le risorse alla realtà del Sud. 

Mentre è chiaro che non è cosa semplice fare spendere risorse importanti a chi non ha alcuna struttura amministrativa non si può accettare il principio che hanno proposto Giuseppe Sala e Luca Zaia di trasferire i soldi a loro perché sono più bravi a spendere. 

Ma non solo perché sarebbe ingiusto ma perché non conviene al Paese, che oggi deve puntare tutto sulla carta vincente che ha a disposizione. Quel Sud che al di là delle iperboli sul fatto che sia diventato la locomotiva è necessario che venga adeguatamente sviluppato per contribuire allo sviluppo complessivo. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

L’eurodeputato Nesci: C’è uno strumento che aiuta i giovani talenti a restare al Sud

L’eurodeputato Denis Nesci ha inviato una lettera ai governatori delle sei regioni del Sud per «condividere l’opportunità che l’Europa mette a disposizione dei giovani talenti».

«Infatti le competenze e le professionalità, troppo spesso – ha spiegato – non vengono valorizzate nei contesti territoriali e per contrastare il fenomeno della cosiddetta ‘trappola dei talenti’, che genera una conseguente transizione demografica, soprattutto per regioni come quelle del Mezzogiorno, l’Unione Europea per il 2023 ha previsto un ambizioso programma per imprimere un nuovo slancio alla riqualificazione professionale e al miglioramento delle competenze».

«Il sostegno sarà adattato alle esigenze di ciascuna regione – ha proseguito – individuate all’inizio del processo di attuazione. Si tratta di un’iniziativa che prevede azioni quali l’individuazione di opportunità di collaborazione e di conoscenze trasferibili da altre regioni per migliorare le strategie esistenti, lo sviluppo di capacità, l’individuazione di fonti di finanziamento e il finanziamento a complemento dell’assistenza tecnica, per supportare gli enti regionali che decideranno di aderire al progetto della ‘Trappola dei talenti’. Serve il massimo impegno per garantire ai giovani il diritto a restare nella loro terra». (rrm)

Il presidente Occhiuto: Misura dell’Ue mette a rischio il Porto di Gioia Tauro

Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha definito «delirante» la misura della Commissione Europea, al momento prevista nel pacchetto ‘Fit for 55 che, «e fosse approvata così come concepita e senza modifiche richia di far perdere competitività e importanti quote di mercato al porto di Gioia Tauro a partire dal 2024».

L’Unione europea, con l’obiettivo di abbattere le emissioni,  – ha spiegato – ha deciso di introdurre una tassa che colpirebbe le grandi navi porta container qualora queste scegliessero, come avviene oggi, di fare scalo nei porti europei che si affacciano sul Mediterraneo prima di raggiungere i grandi porti del nord Europa o quelli americani: la tassa verrebbe pagata al 100% nella tratta tra due porti Ue, al 50% se uno dei due porti (di provenienza o di approdo) è extra Ue, mentre non esisterebbe per una navigazione tra due porti extra Ue: una nave proveniente dall’India e diretta in Usa pagherebbe zero euro se decidesse di fare scalo in un porto nordafricano».

«Quale sarebbe il risultato – si è chiesto – di questa cervellotica trovata? Tanti terminalisti sceglierebbero come porti di trasbordo scali extra Ue, anche aumentando le miglia di navigazione, e dunque producendo più emissioni di Co2 rispetto alle attuali rotte».

«L’Europa – ha proseguito – che legifera contro i porti europei. Sembra una barzelletta, ma purtroppo non è così».

«Una misura di questo tipo – ha detto ancora – avrebbe due effetti perversi: da una parte avvantaggerebbe enormemente i porti nordafricani, e dall’altra aumenterebbe l’inquinamento nel mar Mediterraneo: i terminalisti sceglierebbero anche rotte più lunghe pur di non versare centinaia di migliaia di euro di tasse».

Tra i porti europei più colpiti ci sarebbe anche quello di Gioia Tauro, il primo porto d’Italia per transhipment, grande motore economico per la Calabria e per l’intero Paese.

Il Mediterraneo non può essere trasformato in un’area commerciale nella quale vigono regole diverse in base all’appartenenza o meno degli Stati all’Unione europea. O questa nuova tassazione vale per tutti i porti che si affacciano sul Mediterraneo o tutti gli scali mediterranei devono essere esentati dall’introduzione di questa misura».

«L’Italia, con un’azione decisa del governo in Ue – ha concluso – deve difendersi da un’Europa che, quando agisce in modo ideologico, dimostra tutta la sua miopia e la sua siderale distanza dalla vita reale dei territori e delle realtà economiche». (rrm)

Bevacqua (PD): Procedura d’infrazione di Ue mette in risalto altre criticità della sanità calabrese

Il consigliere regionale e capogruppo del Pd, Mimmo Bevacqua, ha evidenziato come «l’Unione Europea apre una procedura di infrazione che mette in rilievo altre criticità nella sanità calabrese».

Per Bevacqua, infatti, si tratta di «una tegola in più sulla testa della nostra Calabria e un danno di immagine al quale si aggiungerà, probabilmente, un altro danno economico. Infatti, generalmente le procedure UE si concludono con sanzioni economiche e, nel caso in specie la Calabria, risulta indifendibile».

«Se il Paese dovesse subire sanzioni economiche – ha proseguito Bevacqua – di queste se ne dovrebbero fare carico non le casse dello Stato ma i direttori generali e i commissari che amministrano o hanno amministrato gli Enti Sanitari. Già durante gli scorsi giorni avevo segnalato che la Sanità calabrese produce interessi passivi quantificabili tra i sessanta e gli ottanta milioni di euro per l’anno corrente. Forse mi ero sbagliato ma in difetto, considerato l’aumento per il 2023 sia degli interessi legali che hanno raggiunto la soglia del 5%, sia degli interessi di mora assestati al 10,50%. I commissari, che da un anno ormai si sono insediati nelle aziende, in molti casi non hanno dato concretamente segnali di inversione di tendenza».

«A questo andazzo bisogna porre fine – ha evidenziato –. Ad esempio, non è possibile che alcune Aziende non riescono ad approvare i bilanci da anni. Il caso più eclatante è l’Asp di Reggio Calabria, che vanta un primato decennale di assenza di bilanci ove, sembrerebbe, ci sia un debito crescente senza controllo e conseguentemente un cumulo di interessi non più quantificabili. Il Presidente Occhiuto sostiene che entro metà anno azzererà i debiti e farà approvare i bilanci fino al 2022. Considerato, però, che il Presidente aggiunge che la validazione della ricognizione non è stata ancora completata e, mancando due mesi per arrivare alla metà dell’anno, ci sembra un obiettivo utopistico».

«In queste condizioni – ha proseguito Bevacqua – è necessaria un’assunzione di responsabilità da parte del Presidente Occhiuto attraverso magari la sostituzione di quei manager che, durante questo anno e mezzo, non hanno brillato, perpetuando stancamente una gestione fallimentare».

«Riteniamo – ha concluso – che sia arrivato il momento di rimuovere quei manager incapaci individuando nuovi soggetti a cui affidare contrattualmente, entro un anno, la risoluzione della questione della contabilità e dell’azzeramento del debito. Ribadiamo che su questa materia c’è la massima disponibilità al confronto e anche al sostegno, se si vuole tracciare una via nuova che abbandoni le cattive e fallimentare prassi per attivare un percorso virtuoso che sia utile per i cittadini». (rcz)

Pnrr, il presidente Occhiuto chiede flessibilità all’Ue: Facciamo meno opere, ma finanziamole

Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha chiesto più flessibilità all’Ue per i fondi del Pnrr.

«Cosa non dobbiamo fare – ha chiesto, nel corso del suo intervento ad Agorà su Rai 3 – per non fallire sul Pnrr? Intanto che cosa non abbiamo fatto. Ricordo il dibattito sul Recovery, che poi diede luogo al Pnrr: si diceva che l’Europa chiedeva riforme e ci dava risorse. In sostanza, però, il Pnrr ha riempito di risorse solo un piatto della bilancia, mentre sull’altro resta la necessità di riformare uno Stato che difficilmente riesce a conseguire i target di spesa dei Fondi comunitari».

«Non abbiamo fatto le riforme – ha evidenziato – che necessitavano per spendere le risorse del Pnrr. È come se l’Europa avesse riempito di risorse dei vagoni di un treno, senza che noi avessimo realizzato prima la strada ferrata sulla quale il treno deve correre.
Ora bisogna chiedere all’Europa un po’ di flessibilità. Negli ultimi mesi è intervenuto un consistente aumento dei prezzi per la realizzazione, ad esempio, delle opere pubbliche, e ora molti cantieri sono bloccati anche per questo».

«Allora – ha detto – sarebbe una cosa di buon senso rimodulare queste risorse, magari facendo meno cose, destinandole prima di tutto per terminare le opere che si possono da subito completare».

Per il Governatore «bisogna andare avanti sulle procedure di semplificazione per le autorizzazioni che rendono davvero difficile concludere le opere del Pnrr».

«Nella mia Regione – ha continuato – io ho le Zone economiche speciali che sono anche zone logistiche speciali, nelle quali praticamente il commissario Zes si sostituisce ad una serie di autorità e concede autorizzazioni con procedure semplificate: stiamo dando autorizzazioni alle imprese per insediarsi in cinque giorni. Ecco, forse pensare ad una forma simile di commissariamento per semplificare le procedure per le autorizzazioni velocizzerebbe la spesa».

«Poi – ha proseguito – c’è certo da investire sulla capacità amministrativa. Ci sono moltissimi Comuni, soprattutto al Sud, nei quali per ragioni di dissesto o di predissesto non c’è neanche il segretario comunale o l’ingegnere capo: allora diventa davvero difficile progettare e realizzare le opere nei tempi stabiliti».

«La consistenza delle risorse che abbiamo ottenuto con il Pnrr – ha spiegato – deriva dal fatto che l’Europa ha assegnato più fondi all’Italia proprio per colmare i divari territoriali tra Nord e Sud. Alcuni territori del Mezzogiorno sono in difficoltà? Vero. Ma affrontare un problema significa trovare una soluzione, non acuirne un altro».

«Se non c’è sufficiente capacità amministrativa nelle strutture tecniche dei Comuni del Sud – ha concluso – bisogna intervenire in quella direzione, aiutandoli. Se ci sono tempi più lunghi per le autorizzazioni, bisogna semplificare maggiormente al Sud.
Ma non è una soluzione dire ‘diamo i soldi non spesi al Nord’, così si crea un altro problema, e si acuisce il divario già esistente tra Nord e Sud». (rrm)

Il Ponte sullo Stretto arriva a Bruxelles: Salvini chiederà un co-finanziamento

Il Ponte sullo Stretto arriva a Bruxelles, grazie al ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che chiederà un co-finanziamento all’Unione Europea.

Il Ponte sullo Stretto «è un corridoio europeo fondamentale Nord-Sud, Palermo-Berlino», aveva dichiarato il ministro a margine del Forum di Coldiretti.

«Il ponte – ha spiegato Salvini nel corso dell’Assemblea di Alis – Associazione Logistica Intermodale – farebbe risparmiare 140 mln di anitride carbonica grazie all’intermodalità con l’asse Palermo-Berlino. In manovra abbiamo riportato in vita la società Stretto di Messina. Il ponte significa posti di lavoro e sviluppo non solo per Sicilia e Calabria, ma per l’intero Paese. Sarà una opera “green” a campata unica e prioritaria per il governo. Tutte le Regioni sono d’accordo e vado a Bruxelles a chiedere un cofinanziamento. Vorrei che i primi scavi partissero tra due anni».

«Con il Ponte avremo lavoro vero, e non bonus o redditi di cittadinanza – ha concluso – parliamo di decine di migliaia di posti di lavoro, parliamo di sviluppo per la Sicilia e la Calabria e per tutta l’Italia. Lunedì – aggiunge – vado a Bruxelles anche per trattare un eventuale co-finanziamento. Se lo facciamo dopo 50 anni è un regalo non agli imprenditori ma ai nostri figli». (rrm)

L’europarlamentare Nesci (Fdi): Politica del Mediterraneo grande assente dell’agenda europea negli ultimi anni

L’eurodeputato di Fratelli d’ItaliaDenis Nesci, ha evidenziato come «il Mediterraneo e una politica del Mediterraneo sono stati tra i grandi assenti dell’agenda europea negli ultimi anni, non solo dal punto di vista geopolitico ma anche rispetto ad altre importanti dimensioni».

Nesci, infatti, è intervenuto in Commissione Regi alla presentazione della relazione sul Ruolo della politica di coesione nell’affrontare le sfide ambientali multidimensionali nel bacino del Mediterraneo.

«La relazione, pur presentando dei validi punti di partenza come la promozione di una gestione integrata delle zone costiere, l’interconnessione dei fondi del Feamp con i fondi di coesione – ha continuato l’esponente di Fdi – deve puntare ad una governance più efficace e condivisa del Mediterraneo attraverso l’attuazione di una strategia macroregionale per il bacino che rappresenta un trait d’union tra Europa, Africa e Medio Oriente, innanzitutto per prevenire e gestire flussi migratori incontrollati, ma anche per individuare un piano strutturale per la mitigazione dei cambiamenti climatici, per contribuire alla nostra autonomia energetica, e per lo sviluppo dell’economia blu attraverso la valorizzazione della filiera economica del mare fortemente connessa alle realtà portuali del Mediterraneo».

«Per questo, già nei prossimi giorni come delegazione Fdi – ha concluso Nesci – lavoreremo a delle modifiche che possano migliorare il testo per arrivare all’approvazione di una relazione in grado, effettivamente, di favorire una politica di coesione per il Mediterraneo». (rrm)

La Calabria in linea con l’Europa per il Programma di Sviluppo Rurale

La Calabria è il linea con l’Europa per quanto riguarda il Programma di Sviluppo Rurale, ponendola «tra le regioni italiane più performanti, oltre che in perfetta media con quelle europee». È quanto ha dichiarato Filip Busz, capo dell’Unità Italia della Direzione generale Agricoltura della Commissione Europea, nel corso dell’incontro annuale svoltosi in Cittadella regionale.

Insieme a lui, Andrea Incarnati. A rappresentare la Commissione Europea, il rapporteur del Psr Calabria, Leonardo Nicolia.

A fare gli onori di casa, l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo e l’adg del Psr, Giacomo Giovinazzo. Molto incoraggianti i dati illustrati in occasione del confronto: il Psr Calabria, al 10 Novembre 2022, ha fatto segnare una spesa del 70,01% della dotazione finanziaria del programma, per un controvalore pari a 974.509.223,36 euro, mentre l’83,9% delle risorse complessive (pari a 1.391.887.707,90 euro), risulta già impegnato. Busz ha sottolineato inoltre che la Calabria risulta essere la prima Regione italiana rispetto alla spesa delle risorse aggiuntive Ngeu, i cosiddetti “Euri”, introdotti nel novembre 2021, con una spesa realizzata pari al 47,35% (29.357.690,73 euro) e risorse impegnate già all’88,2%, ovvero 54.669.048 euro su una dotazione complessiva di 62.007.873,93 euro.

Inoltre, rispetto al raggiungimento degli obiettivi N+3, relativi al rischio di disimpegno automatico delle risorse, la Calabria, che aveva raggiunto il target di spesa del 2022 con oltre un anno di anticipo, è già molto vicina al conseguimento del target 2023, con un avanzamento finanziario pari all’88,90%. Risultati più che soddisfacenti anche per quanto riguarda le risorse Ngeu: centrato già l’obiettivo del 2024, l’avanzamento del Psr Calabria rispetto agli obiettivi fissati a fine 2025 si attesta sulla percentuale del 24,7%. Ancora: è stato anche evidenziato come la Calabria sia riuscita ad imprimere una notevole accelerazione sul terreno della competitività e redditività delle aziende agricole regionali.

Da migliorare invece, a detta dei rappresentanti della Dg Agri, le perfomance di alcune Misure (definite non particolarmente rilevanti a livello finanziario, ma utili in termini di servizi per le aree rurali e di sostegno all’aggregazione), quali quelle relative al trasferimento di conoscenze ed alle azioni di informazione (1), ai servizi di consulenza alle aziende agricole (2), ai regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (3) ed alla cooperazione (16). Altro elemento al quale riservare attenzione, il tasso di errore.

Sono stati sottolineati invece favorevolmente i progressi verificati in ordine alla Misura dello sviluppo locale Leader, con una buona implementazione dell’avanzamento finanziario dell’intervento 19.2, connesso al sostegno all’esecuzione degli interventi nell’ambito della strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo, nonché della misura relativa alla banda larga. Un programma sano, dunque, quello calabrese, tra l’altro perfettamente in regola con i cronoprogrammi regionale e nazionale, rispetto alla pubblicazione dei bandi. A questo proposito – è stato precisato – tra la fine del 2022 ed il primo trimestre del 2023 saranno pubblicati gli avvisi relativi agli interventi per favorire la banda larga (misura 7.3.1) e il ripristino da danni causati da incendi (8.4.1) e quelli legati alla Misura 4, volti a favorire ulteriormente l’ammodernamento e la competitività delle aziende agricole.

Ringraziando la Commissione Europea per la sinergia instaurata con la Calabria, l’Assessore Gallo si è detto soddisfatto dei risultati raggiunti dal Psr, ma allo stesso tempo determinato a fare sempre di più e sempre meglio.

«Ci sono tutte le condizioni – ha affermato Gallo – affinché il nostro territorio si sviluppi ulteriormente facendo leva sul sistema agricolo. Bene la velocità di spesa, ma dobbiamo proseguire nella direzione di una maggiore qualità della stessa. D’intesa con il presidente Occhiuto, inoltre, investiremo ancora di più sulle attività di promozione e di comunicazione, per raccontare sempre meglio la storia della Calabria produttiva al di fuori dei nostri confini».

L’dg, dal canto suo, ha invece annunciato che nei prossimi mesi la Calabria sottoporrà ai Servizi della Ce alcune modifiche strategiche e finanziarie per una migliore implementazione del Psr, con un impegno maggiore da parte dell’organismo pagatore Arcea che, in coordinamento con il Dipartimento e l’Assessorato, dovrà in particolare intervenire in maniera incisiva sul tasso di errore. Da segnalare i ringraziamenti indirizzati all’adg, ai dirigenti e funzionari del Dipartimento, al valutatore ed all’assistenza tecnica: «Grazie ad un lavoro di squadra – ha detto in proposito Gallo – la Calabria è in grado di sfatare il luogo comune rispetto al quale al Sud non si spendano, con celerità ed al meglio, i fondi comunitari». (rcz)

LA DISUGUAGLIANZA NORD-SUD È UN MURO
CHE NON FA CRESCERE E ALLONTANA LA UE

di MARIATERESA FRAGOMENI – Come per la Germania del dopoguerra, un’unica nazione, un solo popolo, con la stessa storia e la stessa lingua, diviso in due blocchi contrapposti, con una dimensione umana, economica e dei diritti profondamente diverse tra loro, anche l’Italia ha il suo “muro di Berlino”. Non un muro fisico, ma un muro fatto di disuguaglianze, di diritti negati, di mancato sviluppo e di promesse mai adempiute.

Non saprei dire se i nostri figli, da bambini, facciano gli stessi sogni ed abbiano gli stessi desideri dei loro coetanei del nord; so dire, purtroppo, che non godono degli stessi servizi e delle stesse opportunità, crescendo, impareranno che, per realizzarli, probabilmente dovranno andare via. Chiunque, una volta adulto scopre di avere delle potenzialità per poter sfondare nel campo dello sport, della moda, dell’industria, nel design, nell’hi-tech: difficilmente potrà farlo restando al Sud.

Perché le discrepanze tra Nord e Sud sono tante, troppe per sperare che si possano colmare nell’arco di una generazione, senza un’azione forte e mirata, che abbatta i muri e costruisca strade e ponti per ridurre al minimo le distanze ed unificare, finalmente, il nostro Paese. Per questo motivo i fondi del Pnrr sono così importanti, lo sono, certamente, per il Sud, ma non solo: lo scopo di questi fondi è quello di colmare i gap tra il “nord” e il “sud” dei vari paesi europei, nella consapevolezza che una Europa disomogenea, nei diritti e nella ricchezza, è un’Europa che cresce più lentamente, o che non cresce affatto.

Dal crollo del muro di Berlino, nel 1989, la Germania ha investito una quantità enorme di risorse nella parte orientale del paese, realizzando industrie e soprattutto infrastrutture, col risultato di raddoppiare il Pil per abitante e realizzare un deciso e duraturo cambio strutturale per l’intera nazione, che oggi è la forza trainante per l’economia europea. Questa è una lezione di cui dobbiamo davvero fare tesoro. Se vogliamo davvero, come Paese, fare un salto di qualità, dobbiamo abbattere i nostri muri, soprattutto quelli culturali ed ideologici, dobbiamo pensare in grande come cittadini italiani, prima ancora che come abitanti di una specifica regione o area del paese.

Se quello di ridurre le disuguaglianze tra “i sud” e “i nord” è, a ragione, considerato un interesse primario per la crescita di tutta l’Europa, non possiamo pensare che non lo sia anche per la crescita dell’Italia. Non possiamo più pensare che il Nord dell’Italia possa crescere se non cresce anche il Sud. Non si tratta solo della legittima e giusta rivendicazione dei diritti riconosciuti, a tutti i cittadini italiani, dalla nostra Costituzione, ma anche, e soprattutto, di adottare una strategia che si è già rivelata vincente e che, adesso, con i fondi del Pnrr, non può più restare ostaggio di derive localistiche e di un esasperato, e storicamente fallimentare, regionalismo. La sfida sarà difficile e faticosa: progettare e terminare le opere entro il 2026, considerata l’esiguità di personale tecnico addetto ai lavori, nei Comuni, richiederà uno sforzo notevole, ma noi ce la metteremo tutta per raggiungere questi obbiettivi. In quest’ottica, ho organizzato un incontro con i presidenti degli ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri) per trovare, sin da subito, le soluzioni possibili per investire al meglio i fondi a nostra disposizione. La strada per questo cambiamento non sarà certo in discesa, ma è la sola che possiamo percorrere, consapevoli che questa strada dovrà essere concretamente praticabile e, pertanto, dovrà essere sgomberata da ogni forma di localismo e campanilismo, che spesso sono alimentati dalla miope ed egoistica smania di potere e di denaro di alcuni gruppi ristretti di politici ed industriali. Noi abbiamo l’ambizione di essere una classe dirigente che pretende risorse da spendere in progetti ed idee strutturali di sviluppo, ispirata ad una lezione storica, spesso colpevolmente trascurata: l’Italia cresce se cresce il Mezzogiorno. (mf)