di ANTONIETTA MARIA STRATI – Quella del medico è una delle più belle professioni che, una persona, possa scegliere di fare. Salvare una vita, migliorarne la qualità e studiare, cercare nuove metodologie per combattere ‘mostri’ che, ogni anno, purtroppo si portano via tante, troppe persone, è l’atto di altruismo più bello che una persona possa fare nei confronti dell’altra. Ogni anno, sono tanti, troppi gli studenti che si presentano ai test di medicina, ma solo per uno su quattro circa si apriranno le porte della facoltà.
L’anno scorso, i candidati che hanno sostenuto il test di ammissione sono stati in tutto 58.275, a fronte di 12.362 posti disponibili nei 38 Atenei italiani che hanno un corso di medicina. Una tendenza che deve cambiare, sopratutto per il periodo storico che il nostro paese sta vivendo, dove i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario servono come l’aria, sopratutto in Calabria, dove il sistema sanitario sta cadendo a pezzi e ha bisogno di una vera e propria rivoluzione.
Ed è per questo che il consigliere regionale di Io Resto in Calabria, Marcello Anastasi, propone l’abrogazione del numero chiuso per l’accesso alla Facoltà di Medicina, previsto dalla Legge 2 agosto 1999 n.264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), ritenendo sia importante «garantire il sogno di tanti ragazzi che rischia di non potersi realizzare, si fa portavoce di un diffuso malcontento da parte dei giovani studenti che aspirano ad accedere agli studi in Medicina, ritenendo che il sistema preselettivo adottato non sia assolutamente meritocratico anzi, lo ritengono gravemente discriminatorio».
All’Università Magna Graecia di Catanzaro, infatti, ci sono solo 300 posti, di cui 280 per medicina e 30 per odontoiatria, con un numero di ammessi pari a 176, secondo quanto riportato da Ammissione.it. Un numero davvero esiguo, anche se, da quest’anno, l’Università della Calabria offrirà il corso di laurea in Medicina e Tecnologie Digitali, che amplia, di poco (60, tra studenti comunitari e non comunitari residenti in Italia e cittadini non comunitari residenti all’estero) il numero di studenti che possono accedere a medicina.
Ma non è abbastanza, perché, secondo Anastasi, «l’impossibilità a partecipare ai suddetti corsi non può che determinare un divario sociale ed economico mortificante che preclude il diritto dei ragazzi a potersi realizzare professionalmente per sentirsi, invece, “vittime” di un sistema perverso, che esclude i più deboli economicamente».
«Una questione di mancata inclusione sociale – ha proseguito Anastasi –, che fa riflettere in maggior misura ora che si vive una situazione di crisi economica che in Calabria si avverte più fortemente, rispetto al resto del Paese. Il test di ammissione, secondo tanti studenti, non garantisce una selezione “giusta”, basandosi su una prova strutturata in 60 quesiti a risposta multipla (vertenti su cultura generale, logica, biologia, chimica, fisica e matematica), ai quali si deve rispondere in 100 minuti, ossia poco più di un minuto e mezzo a domanda. Questo, oltretutto, a discapito del percorso di studi seguito nella scuola secondaria dagli stessi studenti e della reale loro preparazione mediante lezioni non svolte in aula, ma ricorrendo al sistema della didattica a distanza, i cui risvolti oggi fortemente in discussione».
«I recenti dati emersi dalle rilevazioni Invalsi nella scuola – ha spiegato Anastasi – hanno, infatti, messo in risalto criticità varie, di cui occorre necessariamente tenere conto. Perché, allora, oggi non aprire un serio dibattito nelle sedi istituzionali appropriate al fine di ricercare e proporre altre modalità di selezione successive all’accesso alla facoltà di Medicina, come, per esempio, di un numero specifico di esami da superare ogni anno, esami stessi più selettivi; l’ eventuale aumento di tasse universitarie per studente che non rispetterebbero gli standard prescritti o altro?».
Anastasi ha evidenziato come, da molti anni, ormai oltre che la lezione del diritto allo studio costituzionalmente garantito, si determini una discrasia con la direttiva 93/16/Cee, che chiedeva giustamente non il cd. “numero chiuso” tra gli Stati membri, ma un’armonizzazione dei corsi di studio a garanzia del principio della libera circolazione dei cittadini europei all’interno dell’Unione.
«In Calabria, oggi in particolare – ha spiegato ancora Anastasi – le gravi carenze del sistema sanitario, impongono di intraprendere iniziative volte a derogare alla legge 264/1999 in materia di accesso ai corsi universitari e, quindi, ad aprire l’accesso ai corsi di laurea a numero chiuso e alle scuole di specializzazione dell’area medica. La situazione, già difficile, che si è ulteriormente aggravata con la pandemia, quando, in pieno lockdown, in alcune regioni d’Italia, sono stati chiamati in servizio medici in pensione, medici militari oppure anche medici neolaureati senza un’adeguata formazione, induce a rendere necessaria una revisione del sistema di reclutamento».
«Dunque, questo ultimo anno e mezzo ha mostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, come si renda assolutamente necessario un intervento volto a trasformare il sistema istruttivo, già a partire dall’ingresso in Facoltà, di coloro che diventeranno medici». (ams)