L’ANNO DEL PONTE, MA NON SOLO: IL 2024
SCOPRIRÀ UNA CALABRIA PROTAGONISTA

di SANTO STRATI – Il 2024 sarà l’anno del Ponte, ma non solo: ci sono tutte le premesse per poter finalmente vedere una Calabria protagonista e fiera delle sue eccellenze. Capace di spendere le risorse assegnate e di utilizzare adeguatamente il capitale umano di cui è ricca. Non è un eccesso di ottimismo, ma un invito a guardare con occhio diverso quanto sta accadendo e quello che i calabresi dovrebbero, legittimamente, aspettarsi dal prossimo anno. Intendiamoci, le criticità sono ancora tantissime a partire dalla sanità a finire ai trasporti e alla mobilità, ma il vero nodo cruciale rimane quello del lavoro.

Il punto fermo è che  le risorse finanziarie non mancano (ma bisogna saperle spendere), ci sono le idee, ma mancano ancora i progetti (perché non ci sono i tecnici abilitati a scriverli adeguatamente) e c’è una forte domanda di cambiamento. I calabresi sono incazzati a tutte le latitudini della regione perché fino ad oggi, da quando sono nate le Regioni, è mancata una visione in grado di saper guardare avanti, pianificare non solo  per l’oggi e il domani ma anche per il dopodomani. La vera spina dolente di questa terra rimane ancora la mancanza di visione, l’impossibilità di saper disegnare il futuro delle nuove generazioni, non interpretare le esigenze e le istanze dei nostri ragazzi.

Pianificazione è una brutta parola se utilizzata a vanvera: nell’anno che si chiude oggi l’abbiamo vista usare male e a sproposito. Buone idee (i medici cubani, per esempio) ma molte deludenti aspettative da discutibili iniziative che non aiutano certo a migliorare la qualità della vita di chi rimane o di chi vorrebbe tornare.

Accanto alla restanza che lo straordinario antropologo Vito Teti ha ben  disegnato in opposizione alla partenza ci piacerebbe che si tenesse in considerazione anche la tornanza (è brutto il termine, ma ci sta), ovvero la voglia di ritorno alla propria terra. Dove – lo sappiamo bene – a parte il lavoro che non c’è – c’è una qualità della vita (per clima, ambiente, popolazione) che tutti ci invidiano. Chi scopre la Calabria se ne innamora, figuriamoci chi è dovuto andar via…

Ecco, dunque, che alla vigilia di quello che in molti chiamano già l’anno del Ponte, possono risultare utili alcune considerazioni destinare a chi governa, ma anche a chi andrà a votare (non è vero che le Europee non valgono nulla: in questo momento sono un indicatore importante per il futuro del Paese).

Cominciamo con eliminare la brutta aggettivazione “il ponte di Salvini”: il Ponte non è del leader del Carroccio – che al pari di San Paolo sembra riconvertito al Sud  – né dei calabresi o dei siciliani: il Ponte dello (non sullo) Stretto è un’opera che appartiene al Paese, ma anche all’Europa, al mondo. Al Paese perché mostrerà ci cosa sono capaci i nostro progettisti (apprezzati e ammirati in tutto il mondo) e porterà lavoro al Sud con forti ricadute economiche soprattutto al Centro e al Nord. Ma il lavoro andrà fatto giù, al Sud, e già questo dovrebbe bastare. Serve all’Europa perché riduce le distanze e toglie alla Sicilia i costi dell’insularità, serve al mondo perché diventerà una delle grandi meraviglie del III Millennio. Con una premessa obbligatoria: smettiamola di dare voce agli incompetenti e benaltristi del no a oltranza a qualunque innovazione e facciamo parlare gli scienziati e i tecnici. A dire se si può o non si può fare siano gli esperti, non i pontisti della domenica in cerca sono di notorietà con un’intransigenza penosa e deleteria.

Parole se ne sono fatte tante (dal 1866 si pensa all’attraversamento stabile dello Stretto), ma soprattutto dopo il rilancio di Salvini (questo bisogna almeno riconoscerglielo) ci sono schegge impazzite nella comunicazione che racconta di tutto e di più col solo fine di disorientare e confondere la gente e non soltanto quelli che intorno al Ponte ci vivono. Un mare di sciocchezze prive di qualsiasi dato scientifico. La costruzione del Ponte dovrebbe partire dalla “demolizione” delle tante fesserie sparse .

Ma non solo Ponte: se non si faranno le opere accessorie e si attuerà una mobilità seria (vedi ss 106, l’A2 e le strade interne di Sicilia e Calabria, nonché l’Alta Velocità ferroviaria ad alta capacità) il Ponte sarebbe inutile. E la paura che diventi un’altra incompiuta – pur se legittima – va fugata con l’impegno prioritario dei due governatori di Calabria e Sicilia che dovranno essere garanti dell’impegno statale e del Governo.

C’è un elemento importante – anch’esso legato allo Stretto: si chiama Mediterraneo. È il momento di far capire al mondo (ma in primi all’Italia) il ruolo determinante della Calabria nel Mediterraneo. Il Porto di Gioia Tauro è un volano straordinario di sviluppo e non saranno le insidie tariffarie dell’ETS a bloccare la crescita. Ma dove erano i nostri eurodeputati quando è stata votata questa norma suicida che impone gabelle contro l’Italia a favore dei porti africani?

La Calabria è nel centro del Mediterraneo e ha un porto in grado di far tremare i tradizionali scali di Rotterdam e Amburgo. Ma serve una volontà politica e la necessità di fare rete con gli altri Porti (Genova e Trieste) immaginando di sfruttare le opportunità per tutti gli altri scali portuali che Gioia Tauro sarebbe in grado di offrire.

L’Alta Velocità è un altro sogno (Reggio-Roma in tre ore e mezza!) che sta per diventare un progetto esecutivo. Occorre tenere gli occhi aperti ed esigere che si possa superare anche il divario nord-sud nei trasporti e nella mobilità.

Quello, ahimè, che sarà difficile da colmare riguarda il welfare e l’assistenza: sanità, scuole, anziani, c’è una quantità incredibile di iniziative che dovranno vedere la Calabria protagonista in questo 2024 su cui i nostri giovani vorrebbero poter puntare. L’anno comincia da Crotone, con il tradizionale veglione televisivo Rai: la città si è ripulita e mostra tutto il suo splendore, che  negli anni era stato messo in soffitta o colpevolmente trascurato. È un segnale positivo per i calabresi, non solo quelli che vivono nella regione, ma per i milioni sparsi in tutto il mondo.

Si riparte dalla bella Crotone per far crescere la Calabria e ridare il futuro, fin qui rubato, ai nostri ragazzi. Investire su scuola e formazione è la mossa più azzeccata: Occhiuto e la Princi – re e regina di una scacchiera immaginaria – non possono rischiare di subire scacco matto. Hanno lanciato il segnale di una nuova politica (non partitica) del fare e i frutti li potremmo vedere presto. Ma servono visione e scelte illuminate, con l’ausilio di competenze e capacità che in Calabria non mancano certo.

 

VERTENZA CALABRIA, SPOSATO (CGIL) DÀ
LA SVEGLIA AI PARLAMENTARI CALABRESI

di ANGELO SPOSATO  – Si è svolto l’incontro alla cittadella regionale per le vertenze dei 4000 lavoratori e lavoratrici impegnati nei tirocini di inclusione sociale della Calabria e i mille lavoratori e lavoratrici di Abramo. Con un occhio a quello che sta accadendo a Cutro per la vertenza della centrale a biomasse, del precariato calabrese, degli investimenti.

Vertenze che non posso essere gestite senza una assunzione di responsabilità dell’intera classe dirigente e politica calabrese. In queste ore ci adopereremo con la Prefettura di Catanzaro affinché si possa svolgere un tavolo alla presenza dell’Anci e dei parlamentari calabresi di maggioranza e opposizione perché le due vertenze richiamate devono trovare risposte dal governo e dalle partecipate nazionali.

Un incontro preparatorio a quelli che abbiamo chiesto al Presidente della giunta con il governo ed i ministeri competenti attraverso un apposito tavolo di crisi. Auspichiamo un ruolo attivo della deputazione parlamentare calabrese che ad oggi, sia dalla maggioranza che dall’opposizione, in queste ore non ha mostrato quel giusto interesse a sostegno di migliaia di lavoratori presenti anche nei loro territori di appartenenza. Questo è un fatto che va recuperato al più presto con il giusto impegno nelle prossime settimane prima che si arrivi ai correttivi nel decreto comunemente detto milleproroghe.
Chiediamo un impegno straordinario a tutta la deputazione parlamentare calabrese a sostegno della vertenza Calabria e per le vertenze che si apriranno nelle prossime settimane, così come avvenuto in Consiglio regionale con la risoluzione unitaria di maggioranza e opposizione. Sarà un periodo complesso per la nostra regione sotto il profilo sociale ed occupazionale. La Calabria sta invecchiando velocemente, rischia la desertificazione economica, demografica, con punte alte di emigrazione soprattutto giovanile ed indice di natalità pari allo zero.
Non ci si può permettere di perdere un solo posto di lavoro ed occorre puntare sugli investimenti. Occorre fare attenzione sugli investimenti previsti dal Pnrr e dal fondo di coesione, ultima chiamata per la Calabria. Serve un tavolo di crisi nazionale su alcune vertenze ed una cabina di regia per il monitoraggio degli investimenti con protocolli di tracciabilità che possano favorire la contrattazione d’anticipo sulla qualità della gestione e dell’occupazione.
Occorre altresì, che in taluni casi, li dove sono previsti investimenti privati di una certa qualità e dimensione, dotati di certificazione di compatibilità ambientale e sanitaria, le classi dirigenti, le istituzioni e la politica territoriale assurgono un ruolo alto di responsabilità e competenza, onde evitare atteggiamenti dilatori, ostativi e respingimenti preventivi dettati dalla contingenza elettorale o da interessi corporativi. Auspichiamo, nel rispetto di ruoli e funzioni che ognuno faccia la propria parte. Fino ad ora non è stato così. Il silenzio dei parlamentari sulle vertenze che riguardano migliaia di lavoratori calabresi in queste ultime ore ci preoccupa fortemente.

PER UN NUOVO RINASCIMENTO DEL SUD NON
BASTANO LE ECCELLENZE: SERVE INVESTIRE

di PIETRO MASSIMO BUSETTANon sembra nemmeno il Mezzogiorno. Così quando ci si imbatte su esperienze di eccellenza che si realizzano nel Sud ci si esprime per manifestare lo stupore di chi pensa che il Sud sia l’inferno e deve per forza evidenziare degrado e sottocultura.

Chi ricorda che  le esperienze che lo hanno caratterizzato nel tempo sono state spesso di livello eccellente? Senza voler andare troppo indietro nel tempo non si può non ricordare che Archimede, uno dei più grandi scienziati esistiti, era di Siracusa e che Empedocle è stato un filosofo e politico siciliota, vissuto nel V secolo a.c., ad Akragas, oggi Agrigento.  

Purtroppo negli ultimi anni è passata la vulgata che tutto quello che si faceva al Sud, al di là della pizza e del mandolino, fosse di un livello inferiore. I pregiudizi su questa realtà si sono diffusi velocemente e meridionale è diventato sinonimo di tutto quello che è arretrato. 

Ma è evidente che tutto ciò è solo un luogo comune e che anche il Sud, se adeguatamente supportato, può diventare il secondo motore del Paese. Guardando alle tre regioni più popolate, che da sole rappresentano il 75% della popolazione meridionale, ci accorgiamo dell’assoluto primato della Campania nel Mezzogiorno per numero di brevetti depositati, valore aggiunto generato dalla Bioeconomia, export agroalimentare, eco-investimenti in prodotti e tecnologie green, incidenza della produzione di bioenergia sul totale della produzione energetica, quantità e incidenza di investimenti in Ricerca e Sviluppo e numero di ricercatori. 

La Prima regione in Italia per imprenditorialità giovanile, al secondo posto per numero di iscritti all’Università  e terza regione italiana per numero di startup.

Guardando alla Puglia, il documento contenente gli indirizzi di sviluppo del territorio e le relative azioni e policy attuative, con approfondimenti su Mobilità Sostenibile, Scienze della Vita, Aerospazio, Agritech ed Economia Circolare ha anche evidenziato che in media un produttore su tre, degli oltre 300 del settore aeronautico e aerospaziale, si trova nell’Italia nord-occidentale (32,6%), il 24,7% nel Sud, il 20,9% al Centro, il 19,9% nel Nord-Est e il restante 1,9% nelle isole. 

In vetta sta la Lombardia, con il 20,5% delle imprese produttrici di aerei e veicoli spaziali. Seguono Campania (14,3%), Lazio (13,4%), Piemonte (9,4%), Emilia-Romagna (7,2%) e Puglia (6,2%). Proprio in Puglia ha preso forma una filiera dell’aerospazio che va dalla componentistica ai software. Al  Distretto Tecnologico Aerospaziale (Dta) aderiscono tre università pugliesi (Università del Salento, Università di Bari e Politecnico di Bari), due centri di ricerca pubblici e due privati, grandi imprese, tra cui Leonardo, Avio Aero e Sitael, e diverse piccole e medie imprese.

Un patrimonio collettivo che sta facendo crescere Pil, export, addetti, imprese, brevetti, laboratori, investimenti in ricerca e sviluppo, cattedre, assegni di ricerca, dottorati. 

Tradotto in cifre, il comparto aerospaziale pugliese vale 1,5 miliardi di euro di fatturato, l’export supera i 340 milioni (dati 2021). Sono 7.500 i dipendenti e 500 i ricercatori. Più aziende – in testa Deloitte, Ernst & Young, Accenture e Lutech – hanno annunciato un piano di assunzione di circa seimila giovani, e già si prevede il ritorno di laureati e ragazzi con competenze nel settore. 

L’Etna Valley è il nome che venne attribuito alla zona industriale di Catania in seguito all’insediamento di alcune grandi società multinazionali dell’elettronica  e dei semiconduttori. In seguito all’attività di promozione dell’allora sindaco  Enzo Bianco e alla attività imprenditoriale del siciliano Pasquale Pistorio in sintonia con il rettore Rizzarelli si realizzò un insieme di aziende attorno al nucleo costituito dalla St Microelectronics, che aveva deciso di costruire uno degli stabilimenti più moderni per la costruzione di microprocessori. 

Con la collaborazione dell’ Università di Catania e del CNR altre aziende decisero di realizzare centri di ricerca con l’impegno di utilizzare i giovani laureati presso l’Ateneo catanese. Fra le più importanti si citano Meridionale Impianti, Nokia, Numonyx, Maxim integrated Products, Analog Device Incorporated, Texas Instruments Incorporated, NXP Semiconductors, Technoprobe, Enel Green Power, Vodafone, IBM, Alcatel, Selex Communications ,Telespazio, Nortel, Berna e  Wyeth. 

Attorno a queste grandi aziende è sorto un indotto di oltre un migliaio di micro aziende che producono i semilavorati necessari per le varie produzioni. La forza lavoro giunse ad impiegare circa 5.000 giovani tra laureati e diplomati e, anche se ha avuto momenti di crisi, si avvia a un nuovo periodo brillante. 

Nell’area di Carini a pochi chilometri da Palermo  sorge la Omer che opera  a livello internazionale nella progettazione e produzione di componentistica ferroviaria ad alto contenuto ingegneristico e innovativo, destinata all’allestimento di treni ad alta velocità, regionali e metropolitani.

Ma bastano le eccellenze per individuare un nuovo Rinascimento del Mezzogiorno? Evidentemente no. 

Le evidenze riportate dimostrano che è possibile che il Sud possa diventare il motore principale del nuovo sviluppo del Paese, ma tutto questo sarà possibile se sarà adeguatamente accompagnato nei suoi processi con una infrastrutturazione adeguata, con una lotta alla criminalità organizzata sempre più pressante, con vantaggi derivanti da un costo del lavoro più basso che può avvenire tramite un cuneo fiscale differenziato, e con una tassazione degli utili di impresa vantaggiosa, che compensi le tante diseconomie ancora esistenti. 

Quello che sta accadendo con il turismo a Napoli, a Bari e a Palermo dimostra come basta un cambiamento di paradigma e di visione nell’immaginario collettivo per far esplodere un fenomeno tanto importante che alcuni pensano già di dover contenere.  

Ma per questo è necessario anche che si facciano iniezioni di capitale umano nuovo, che può avvenire tramite l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, ma anche con  la localizzazione di agenzie internazionali, in particolare europee, che portino professionalità che aiutino a vivificare il territorio, che negli ultimi anni è stato depauperato di tante intelligenze formate che non sono riuscite a trovare occupazione nell’area. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

LA SCOMMESSA DEL TURISMO DELLE RADICI
ANCHE TAJANI (MINISTRO ESTERI) CI CREDE

di FRANCO CACCIA  – Nonostante i tanti impegni, in campo nazionale ed internazionale, il ministro degli esteri, on. Le Antonio Tajani, ha inteso presenziare e seguire di persona buona parte dei lavori della riunione con i sindaci ed amministratori dei comuni della Calabria,  tenuta alla Farnesina lo scorso 15 dicembre, programmata per dare il via alle iniziative inerenti il progetto turismo delle radici, curato dalla stesso ministero. Con il termine turismo delle radici ci si vuole riferire a quel numeroso e variegato mondo di emigrati che, nei decenni passati,  si sono trasferiti dai paesi di origine, quasi sempre per motivi di lavoro e che esprimono il desiderio, possibilmente accompagnati anche da figli e nipoti, di rincontrare luoghi e persone della loro infanzia. 

La popolazione di calabresi emigrati all’estero si aggira ad oltre 6 milioni di persone, il triplo della popolazione attualmente residente in regione Calabria. Un numero sicuramente ricco di grandi potenzialità per il turismo calabrese anche perché, come recita un detto riportato dal direttore Santo Strati nel suo ultimo libro dal titolo Calabria, Italia, «è facile togliere alla Calabria un calabrese. Impossibile togliere ad un calabrese la Calabria». È sintetizzato in questa illuminante frase il legame ed il vissuto emozionale che contraddistingue i calabresi che vivono fuori regione.

Nel suo intervento introduttivo il ministro Tajani ha rimarcato la bontà dell’iniziativa Turismo delle radici, che «consentirà a tanti italiani residenti all’estero,  di fare ritorno, sia pur temporaneamente, nei paesi dove sono nati e/o cresciuti, incontrare loro coetanei, riscoprire il valore delle tradizioni, rigenerare le emozioni»

Giova evidenziare che la presenza di questa tipologia di turisti consentirà ai comuni non solo di destagionalizzare la propria offerta turistica ma anche di animare le rispettive comunità con il diretto coinvolgimento operativo da parte delle associazioni e della popolazione del territorio, testimoni di un’identità sociale e culturale da tutelare e valorizzare. All’incontro presso la Farnesina era presente una folta delegazione di sindaci ed amministratori dei comuni della Calabria, già sottoscrittori nei mesi scorsi di una convenzione con il ministero degli esteri finalizzata allo sviluppo di attività ed iniziative di accoglienza ed animazione territoriale nell’ambito del progetto Turismo delle radici.  I dettagli delle fasi del progetto sono stati illustrati dal dr. Luigi Vignali, dirigente generale del dipartimento italiani all’estero e politiche migratorie e dal consigliere del ministro Tajani, dott. Antonio Corsi.

Secondo quanto riferito dai citati referenti, il ministero degli esteri promuoverà a breve un avviso pubblico, per un ammontare complessivo di 5 milioni di euro,  rivolto ai comuni per il sostegno alle spese previste per la realizzazione di attività di accoglienza ed animazione nei territori interessati. Molto partecipato l’incontro con domande ed osservazioni da parte degli amministratori locali. Tra le principali richieste al ministro Tajani quella di intervenire, anche in concorso con altri istituzioni pubbliche ( ministeri, regioni), per ottenere facilitazioni e sconti adeguati  da parte dei turisti delle radici nell’acquisto di biglietti aereo e treno.

Come noto per la Calabria, l’attuale offerta dei principali vettori aereo, per esosità dei costi e per l’esiguità del numero dei voli (nazionali ed esteri), costituisce una vera e propria criticità che rischia di diventare l’ennesimo freno allo sviluppo di questa interessante  iniziativa di sviluppo turistico. Tra le proposte avanzate dagli amministratori anche quella di replicare la felice iniziativa realizzata negli anni scorsi in Calabria con l’istituzione del treno del sole. In quel caso, l’iniziativa promossa da Michele Traversa, assessore pro-tempore al turismo della regine Calabria, prevedeva la gratutità  del treno per quanti s’impegnavano ad effettuare un soggiorno di almeno 7 giorni presso in strutture ricettive della Calabria.

Nel caso dell’istituzione di voli charter dedicati al turismo delle radici, come già proposto dal direttore Santo Strati nel corso di un convegno su questo tema tenutosi  a Squillace nello scorso mese di settembre, si potrebbe ipotizzare la formula del 2×1 con un biglietto gratuito ed uno a carico dei turisti che arriveranno in Calabria nel corso dei prossimi mesi. 

Nell’intervento conclusivo è stato sottolineato dai dirigenti ministeriali che l’attuale progetto debba intendersi come l’avvio di un percorso nuovo, tra comuni e lo stesso ministero, destinato a crescere nel tempo ed a rafforzare le sinergie istituzionali e territoriali per il raggiungimento di risultati di qualità, sia di tipo economico ma soprattutto di tipo sociale, culturale e relazionale. (fc)

UN’OSPITALITÀ INNOVATIVA E SOSTENIBILE
BORGHI STORICI: ECCO L’ALBERGO DIFFUSO

di FABRIZIA ROSETTA ARCURI – È utile sottolineare l’importanza degli alberghi diffusi come elementi chiave nella conservazione e nella promozione delle radici storiche e culturali dei borghi, offrendo esperienze autentiche che vanno al di là della semplice vacanza. Gli alberghi diffusi vanno oltre il concetto di semplice ospitalità, diventando autentici custodi dell’anima dei borghi storici. In netto contrasto con i “non luoghi” descritti da Marc Augé, questi luoghi incantati di ospitalità incarnano una connessione viva con la storia, la cultura e l’autenticità delle comunità che abbracciano.

Ogni pietra racchiude millenni di narrazioni e offrono una prospettiva unica, permettendo una comprensione intima della vita e delle tradizioni locali.
Attraverso il restauro degli edifici, diventano il cuore pulsante delle economie locali, coinvolgendo gli abitanti nella conservazione e nel passaggio delle tradizioni. Oltre ad essere luoghi di soggiorno, questi alberghi incarnano autenticamente la storia e la cultura locali, trasmettendo autenticità in ogni dettaglio architettonico, simboli di un’ospitalità innovativa e sostenibile. E le esperienze offerte nutrono la mente e l’anima, lasciando memorie indelebili in chi li visita.

L’albergo diffuso, in costante crescita nel settore turistico, si configura come una risposta alle crescenti esigenze di un turismo sempre più attento all’esperienza e alle peculiarità dei luoghi visitati. Si adatta a forme come il turismo slow, che valorizza la scoperta lenta e autentica, e propone un’accoglienza e un’ospitalità mirate a soddisfare queste nuove tendenze di viaggio, offrendo coinvolgenti immersioni nella cultura locale.

La sostenibilità è un pilastro fondamentale nel funzionamento degli alberghi diffusi, rappresentando un impegno tangibile verso la conservazione dell’ambiente e delle risorse locali. Queste strutture adottano pratiche eco-sostenibili, come l’uso di energie rinnovabili, materiali riciclati e riduzione degli sprechi. Inoltre, promuovono un turismo responsabile, incoraggiando i visitatori a interagire rispettosamente con l’ambiente circostante. Quest’approccio protegge l’ecosistema locale e offre agli ospiti la possibilità di vivere un’esperienza turistica unica, unendo la scoperta della storia e della cultura del luogo alla sensibilità ambientale. I viaggiatori diventano attori attivi di un turismo responsabile e consapevole, contribuendo alla conservazione della biodiversità e del patrimonio del territorio. In questo modo, la sostenibilità diventa non solo un valore aggiunto, ma una parte essenziale dell’identità e dell’attrattiva degli alberghi diffusi.

Questa evoluzione rappresenta un trend in costante ascesa nel settore dell’ospitalità, evidenziato dall’aumento della domanda verso piattaforme di alloggio alternative come Airbnb. Questo fenomeno indica un significativo cambiamento nelle preferenze dei viaggiatori riguardo al loro luogo di soggiorno.

La collaborazione sinergica tra enti pubblici e privati, sostenuta attivamente dalla partecipazione e dal coinvolgimento della comunità, costituisce il motore trainante per lo sviluppo delle strutture ricettive in generale.

I comuni, le associazioni locali e tutti gli attori del territorio fungono da promotori di queste iniziative. È cruciale diversificare le fonti di finanziamento: investimenti privati, fondi pubblici non solo per il turismo ma anche per sostenere l’imprenditoria locale e agevolazioni fiscali sono essenziali. L’impegno degli enti pubblici nel semplificare l’accesso a questi finanziamenti e nell’offrire agevolazioni fiscali è fondamentale per attrarre investimenti esterni e garantire la stabilità finanziaria e il successo dell’investimento. Inoltre, le amministrazioni possono agevolare la partecipazione a bandi sovvenzionati, offrendo consulenza per accedere ai fondi destinati allo sviluppo economico locale. Questa cooperazione non solo promuove lo sviluppo delle imprese locali, ma si integra profondamente con il tessuto sociale e culturale della comunità. L’attiva partecipazione e il coinvolgimento della comunità costituiscono pilastri essenziali per la solidità autentica degli alberghi diffusi, garantendo la loro continuità e l’integrazione nel contesto dell’intero territorio.

In Italia, da nord a sud, dai monti alle isole, emergono esempi di successo che valorizzano la bellezza e l’autenticità di luoghi unici. L’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi promuove questa forma di ospitalità unica, offrendo una scoperta autentica dei territori attraverso le voci dei suoi gestori. ‘Trulli Holiday’ nella suggestiva Valle d’Itria , in Puglia, offre l’opportunità unica di vivere in un trullo, mentre ‘Scicli Albergo Diffuso’, In provincia di Ragusa, richiama l’atmosfera di Montalbano. ‘Borgo Ospitale a Rotonda’, nel Parco Nazionale del Pollino, rappresenta un’immersione nelle bellezze naturali e culturali della zona. E ancora, in Calabria, solo per citarne alcuni che offrono esperienze autentiche e indimenticabili, immergendosi nei colori, nei profumi e nei gusti tipici di questa terra, troviamo il suggestivo ‘Borgo dei Greci’ a Buonvicino, ‘Eco Belmonte’ a Belmonte Calabro, la Casa Albergo ‘Il Nibbio’ a Morano Calabro, tutti in provincia di Cosenza, e ‘Il Miglio’ nel centro storico di Miglierina, Catanzaro.

La riapertura di porte e finestre nei borghi storici rappresenta la rinascita di comunità millenarie. Questi gesti vanno oltre la ristrutturazione degli edifici: risvegliano storie, tradizioni e memorie secolari, invitando a riscoprire un patrimonio culturale unico. È più di un atto fisico: simboleggia un legame col passato, offrendo nuove prospettive e infondendo nuova vitalità sociale sia per i residenti che per i visitatori. È una metafora visiva di un’imminente rinascita, trasmettendo un messaggio di speranza e rinnovamento ed è cruciale che la comunità, soprattutto le nuove generazioni, creda e valorizzi questo patrimonio. Gli alberghi diffusi non sono solo simboli di ospitalità innovativa, ma incarnano la speranza e la vitalità di una comunità che celebra la propria storia, permettendo a chiunque li visiti di connettersi con l’essenza di queste terre. In contrasto con i “non luoghi” descritti da Marc Augé, questi luoghi offrono una prospettiva unica: un’identità vera e profonda, plasmata dalla storia, cultura e autenticità della comunità che li abita. (fra)

BEN 261 MILIONI L’EXPORT DI FOOD E BIBITE
LA CALABRIA 3.A DOPO SARDEGNA E SICILIA

Nel 2023 l’export di alimentari e bevande dalla Calabria ammonta a 261 milioni, pari al 36% dell’export manifatturiero,  peso % più alto rilevato tra le regioni. A livello provinciale le esportazioni di questi prodotti rappresentano oltre la metà dell’export totale manifatturiero a Crotone (78%), Cosenza (66,4%), e Vibo Valentia (54,9%). È quanto emerso dal Rapporto dell’Osservatorio Mpi Confartigianato Calabria, elaborato dai dati Istat in merito all’artigianato alimentare e le eccellenze del food made in Calabria.

Nel 2023, ultimi dodici mesi ad agosto, il made in Italy di alimentare e bevande sale a 52,8 miliardi di euro, pari all’8,8% delle esportazioni manifatturiere italiane, confermando il massimo storico di 2,6% sul Pil. La fiammata inflazionistica ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie, penalizzando i consumi. Nel secondo trimestre 2023 ristagna (+0,2%) la spesa delle famiglie, ma segna una flessione del 2,3% della spesa per beni non durevoli, che comprendono gli alimentari.

Nei primi nove mesi del 2023 il volume delle vendite al dettaglio di prodotti alimentari segna un calo del 4,4%, più marcato rispetto al -3,5% dei beni non alimentari. Il peso dell’inflazione sui bilanci famigliari si riverbera sulla fiducia dei consumatori, la quale a novembre registra un ritorno alla crescita, dopo quattro mesi di cali consecutivi.

A novembre, secondo i dati preliminari, l’inflazione evidenzia un netto calo, scendendo a +0,8%, dato che non si registrava da marzo 2021. Un contributo al rallentamento dell’inflazione si deve inoltre alla nuova decelerazione del ritmo di crescita dei prezzi dei beni alimentari (+6,1%, era +6,3% a ottobre), che esercita un freno alla crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” (+5,8%, era +6,1% a ottobre).

La dinamica delle esportazioni nel primo semestre del 2023 è preceduta da segno positivo ed è pari al +22,5%, risultato che la posiziona seconda nella classifica nazionale dopo la Basilicata. Performance migliori rispetto a quella regionale le osserviamo per Reggio Calabria (+33%), che contribuisce al 43% dell’export di alimentari e bevande della regione e per Cosenza (+28,6%).

L’apprezzamento dei prodotti made in Calabria sui mercati internazionali è sostenuta dalla qualità e varietà dei beni alimentari e bevande. Al 13 novembre 2023 (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, 2023) sono 21 i prodotti alimentari calabresi di qualità riconosciuti dall’Unione europea mediante i marchi Doc (Denominazione di Origine Protetta), Igp (Indicazione Geografica Protetta) e Stg.

I Dop concentrano oltre la metà (66,7%) dei prodotti, pari a 14, gli IGP sono il restante 33,3%, pari a 7 prodotti. Nel dettaglio il 33,3% dei prodotti è rappresentano da 7 prodotti ortofrutticoli e cereali, seguiti da 4 prodotti a base di carne (19%) e 4 olii e grassi (19%).

La ricchezza del nostro territorio si declina anche in ben 270 prodotti agroalimentari tradizionali, caratterizzati da metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate nel tempo (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, 2023b). Per tipologia dei prodotti, primeggiano le paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria con 87 prodotti, pari al 32,2% del totale, seguiti da 74 Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati, pari al 27,4% del totale e da 28 Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione, pari al 10,4%: queste tre tipologie di prodotti concentrano ben il 70% del totale.

L’artigianato nei settori dell’alimentare, delle bevande e della ristorazione (divisioni Ateco 2007 10, 11 e 56) in Calabria conta 2.825 imprese artigiane attive, il 12% dell’artigianato del territorio con 8.593 addetti. La nostra regione figura 3^, dopo Sardegna e Sicilia, per l’elevato peso degli addetti del settore alimentari, bevande e ristorazione sul totale economia (3,1% vs 1,5% nazionale). Inoltre tra le prime 11 province a livello nazionale per più alte incidenze degli addetti nei settori in esame sul totale economia figurano: Reggio Calabria (4,6%), al 2° posto, e Vibo Valentia (3,9%), all’8°. (rrm)

ZES 6 ANNI DOPO SARÀ UNICA PER IL SUD
I DUBBI SUL SUO REALE FUNZIONAMENTO

di ERCOLE INCALZA – Negli ultimi giorni è sempre più cresciuta una critica nei confronti della cosiddetta Zes Unica e, forse sarebbe opportuno affrontare una simile nuova scelta dell’attuale Governo seguendo questo approccio metodologico: prima analizzare in modo asettico la vecchia norma che istitutiva le Zes nell’intero Mezzogiorno.

dopo esporre i motivi che hanno portato alla scelta della Zes Unica e le logiche da seguire per raggiungere davvero quei risultati che finora non si sino raggiunti con l’impostazione precedente.

Sinteticamente riporto di seguito le mie critiche alle Zes istituite con il Decreto Legge 20 giugno 2017 n. 91. Intanto faccio una premessa: il lavoro svolto dai vari Commissari è stato encomiabile e le mie critiche non sono assolutamente rivolte al loro operato. Tuttavia il primo dato negativo, da addebitare essenzialmente ai Governi che si sono succeduti ed alle otto Regioni, è legato al fatto che dopo oltre sei anni non si è fatto nulla o pochissimo e sicuramente quanto prima potremo disporre di un altro provvedimento magari prodotto da un condominio o da più condomini di palazzi ubicati o nella città di Napoli o di Palermo.

Scherzo ma mi sembra davvero assurdo che si continui a parlare di una iniziativa che, per come è stata concepita e per come è stata gestita, ormai è solo da dimenticare ed è una eredità che la ex Ministra per il Sud e la coesione territoriale Mara Carfagna avrebbe fatto bene a non cercare di apportare ulteriori modifiche. Sarebbe stato invece utile effettuare una attenta analisi dello strumento istituito ripeto sei anni fa e cercare intanto di capirne innanzitutto il significato e quindi soffermarsi sulle motivazioni per cui sono state costituite e cioè:

Dovevano essere zone geograficamente delimitate e situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentassero un nesso economico funzionale e comprendessero almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dagli orientamenti dell’Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (Tent-T).

Dovevano avere l’obiettivo di attrarre grandi investimenti; Dovevano avere l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese già operative o la nascita di nuove realtà industriali nelle aree portuali e retroportuali.

Dovevano avere l’obiettivo di implementare le piattaforme logistiche, collegate anche da intermodalità ferroviaria.

Invece, solo in Sicilia ci sono le seguenti ZES: ZES Sicilia occidentale con i comuni di Caltavuturo, Palma di Montechiaro, Misilmeri, Salemi, Campofelice di Roccella, Custonaci, Ravanusa, Calatafimi, Cinisi, Gibellina e Serradifalco; ZES Sicilia orientale con i comuni di Avola, Militello in Val di Catania, Carlentini, Vittoria, Francofonte, Solarino, Scordia, Floridia, Vizzini, Acireale, Rosolini, Pachino, Troina, Lentini, Palazzolo Acreide, Ragusa, Niscemi, Gela, Mineo e Messina; altre aree individuate sono tre portuali (Porto Empedocle. Porto dell’Arenella di Palermo, Porto di Augusta) e due aree industriali (ASI di Caltagirone e la zona di San Cataldo Scalo insieme alla zona industriale di Calderaro nel Comune di Caltanissetta).

Cioè nella sola Sicilia ci sono 36 aree elette a Zes, in tutta la Ue le aree elette a Zes sono 91. Questo dato dimostra la deformazione del concetto ispiratore delle stesse Zes e rende davvero priva di organicità e di immediata incisività l’azione stessa dello strumento.

Questo fallimento di una scelta nata per rilanciare il Sud purtroppo non rappresenta una sorpresa perché rientra in un preciso codice comportamentale che si caratterizza come “pura clientela programmatoria” o in modo più chiaro come “la gratuita soddisfazione dell’organo politico nella elencazione delle risorse ottenute, nella elencazione degli impegni assunti”; sì anche di quelle ridicole come per l’Area industriale di Taranto (solo 8,1 milioni di €), Area industriale di Potenza (solo 20 milioni di €), Area industriale di Matera (solo 30 milioni di €).

Però tutto è rimasto, purtroppo, pura elencazione di procedure e di atti, una elencazione che avrebbe continuato ad illudere il Mezzogiorno per poi concludersi nel nulla.

Per essere concreti riporto esempi di notizie rassicuranti fornite fino a pochi mesi fa dagli organi locali:

Allo sportello unico digitale della Zes Campania sono state presentate 78 domande per diversi settori merceologici: oltre a logistica e farmaceutica, spiccano metalmeccanica, tessile e automotive, quelli autorizzati sono 16 con investimenti per complessivi 120 milioni ed un migliaio di posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della ZES Adriatica (una ZES a cavallo delle Regioni Molise e Puglia) sono arrivati 71 progetti e le autorizzazioni rilasciate sono 18 per un valore globale degli investimenti di 450 milioni di euro e circa 2.000 unità di nuovi posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della Zes Jonica (una Zes a cavallo delle Regioni Puglia e Basilicata) sono finora arrivate 22 domande per complessivi 40 milioni con una ricaduta occupazionale di 250 unità. In Calabria sono arrivate quattro domande e forse sono state autorizzate 2. Strano se si tiene conto della presenza di un HUB portuale come quello di Gioia Tauro. In Abruzzo su sei domande sono state rilasciate tre autorizzazioni con una ipotesi di investimenti pari a 32 milioni di euro ed una ricaduta occupazionale di 150 posti.

Nella Sicilia occidentale su 18 domande presentate è stato concluso l’iter autorizzativo per tre progetti. Nella Sicilia orientale su 37 domande ne sono state autorizzate attualmente un numero di 8.

Alla Zes Sardegna sono pervenute 4 domande e ne sono rilasciate 2. A questa serie di notizie se ne aggiunge una che fa davvero paura, mi riferisco alla seguente dichiarazione del Commissario delle Zes Campania e Basilicata e coordinatore delle otto aree Giuseppe Romano: «Temiamo che questo processo possa fermarsi alla fine del 2023 infatti la cessazione del credito di imposta al prossimo 31 dicembre rappresenta una criticità. Crediamo che questa agevolazione vada legata al periodo di vigenza delle Zone Economiche Speciali, sette anni, per consentire alle imprese che i investono di ragionare sul lungo periodo senza essere costrette ad effettuare l’intero esborso di capitale entro il 2023».

Oltre a questa clausola non possiamo dimenticarne un’altra prevista sempre nel Decreto Legge istitutivo delle ZES n.91 del giugno 2017, convertito nella Legge 3 agosto 2017 n.123 e che precisa: «le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nell’area ZES per almeno sette anni   dopo   il   completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti».

Appare evidente che sono passati ormai quasi sei anni e siamo praticamente fermi ai gratuiti ed ottimistici comunicati stampa; mi sembra di essere tornato indietro di mezzo secolo quando nel 1967 furono definite con apposita Legge, sempre nel Mezzogiorno, 46 Aree di Sviluppo Industriale (Asi) e di queste oggi ne esistono forse realmente operative appena 6.

Veniamo ora alla Zes Unica e ritengo che questa scelta genererà una riforma organica dell’intero “Sistema Mezzogiorno”, dell’intero sistema formato da otto Regioni. Perché ritengo che questa scelta possa essere motore di una vera riforma? Perché, finalmente, scopriamo le omogeneità che legano le otto Regioni e forse una simile scoperta spero possa diventare la base di una rivisitazione profonda dei comportamenti le singole realtà regionali.

Cerco di elencare tali omogeneità: Sono tutte otto all’interno dell’obiettivo uno, cioè tutte hanno un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea. Nessuna delle otto Regioni supera la soglia del 5% nella formazione del PIL nazionale

Il Pil pro capite nelle otto Regioni non supera la soglia dei 22 mila euro e addirittura in alcune si attesta su un valore di 17 mila euro; al Centro Nord si parte da una soglia di 26 mila euro per arrivare addirittura a 40 mila euro.

I Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) all’interno delle otto Regioni sono indifendibili; per la offerta di servizi socio – assistenziali si passa da 22 euro pro capite in Calabria ai 540 euro nella Provincia di Bolzano. La spesa sociale del Sud è di 58 euro pro capite, mentre la media nazionale è di 124 euro. Il livello di infrastrutturazione del Sud produce un danno annuale nella organizzazione dei processi logistici superiore a 58 miliardi di euro all’anno

La distanza dell’intero Mezzogiorno dai mercati del Nord d’Italia e del centro Europa è un vincolo alla crescita per tutte le otto Regioni. Ebbene, questa omogeneità deve portare ad un’azione congiunta delle otto Regioni verso scelte non localistiche, verso proposte che non perseguano vantaggi per determinati ambiti territoriali in danno di altre realtà.

La Zes Unica, quindi, produce automaticamente quello che Claudio Signorile definisce giustamente un assetto federativo e forse questo nuovo impianto istituzionale potrebbe portare alla istituzione di una sede in cui le otto Regioni possano: Identificare congiuntamente le sedi da promuovere come ambiti ottimali da incentivare. Equilibrare congiuntamente i nodi logistici che esaltano le funzioni di determinare realtà.

Definire ed approvare insieme l’accesso e l’uso delle risorse. Potrebbe nascere come primo atto concreto un Comitato Interregionale per l’attuazione della Zes Unica ed un simile strumento dovrebbe avere al suo interno oltre alle otto Regioni, il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministro delle Imprese e del Made in Italy

Per raggiungere la organicità del processo sarà necessario costruire un organismo catalizzatore, sì qualcosa di simile alla Cassa del Mezzogiorno, cioè una sede in cui: Evitare la creazione di aree forti e di aree deboli; Evitare la mancata attivazione della spesa; Evitare errori nella gestione delle aree produttive; Evitare una sudditanza delle realtà produttive del Sud nei confronti di quelle del Nord specialmente per quanto concerne i sistemi logistici. (ei)

L’EMIGRAZIONE MINACCIA LO SVILUPPO
DEL SUD: È URGENTE INVERTIRE IL TREND

di SALVO FERRAÙ – I dati degli ultimi vent’anni rivelano un quadro allarmante, con una crescente problematica  giovanile che richiede un punto di svolta cruciale. La centralità dei giovani nelle politiche nazionali  e comunitarie, specialmente nel Mezzogiorno, sottolinea la necessità di affrontare fattori di  svantaggio demografico e generazionale che minacciano lo sviluppo di questa regione già in  difficoltà. 

Tra il 2002 e il 2021, 808.000 giovani sotto i 35 anni hanno abbandonato il Mezzogiorno, di cui  263.000 laureati. Le stime dell’Istat indicano una preoccupante perdita demografica nel lungo  periodo, con gli ultrasettantenni che costituiranno il 30,7% della popolazione meridionale nel 2061,  rispetto al 18,5% nel centro-nord. Il fenomeno, denominato “de-giovanimento”, riflette  un’erosione progressiva delle nuove generazioni a causa della denatalità e di un flusso migratorio  significativo. 

La carenza di opportunità lavorative stabili, in particolare per i millennials, peggiora ulteriormente  la situazione. I dati evidenziano una diminuzione del tasso di attività e occupazione, insieme a un  elevato tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno. La crescente incertezza nella transizione  lavorativa influisce negativamente sulla qualità della vita dei giovani meridionali, con oltre il 50%  insoddisfatto della situazione economica e un terzo che la considera peggiorata. Uno su cinque si  sente insicuro riguardo al proprio futuro. 

In questo contesto di deterioramento progressivo, è cruciale intervenire per invertire il trend.  L’integrazione tra settore pubblico e privato, coinvolgendo tutti i settori dell’economia italiana, è  essenziale. Il recupero del patrimonio esistente è fondamentale per creare valore e assorbire  almeno una parte dei laureati disoccupati. 

Zes: Creare un modello vincente

La proposta della Zona Economica Speciale Unica (Zes Unica) per il Mezzogiorno, che inizierà il 1°  gennaio 2024, offre opportunità fiscali e amministrative alle imprese. La sfida è duplice: superare le  inefficienze delle zone speciali precedenti e costruire un modello efficace per concretizzare i  benefici. Tuttavia, il successo richiede non solo condizioni politiche adeguate ma anche un  coinvolgimento attivo della comunità meridionale, che per troppo tempo è stata discriminata  economicamente. È essenziale un cambiamento mentale, un impegno interno e la mobilitazione  degli attori locali per valorizzare appieno il territorio ricco di bellezza e potenzialità finora  inutilizzate al 100%. (sf)

[Salvo Ferraù è dott. in economia e Co-founder di Sud Zes Consulting (società di consulenza per le imprese del  Sud]

FARE PRESTO E BENE L’ALTA VELOCITÀ: IN
CALABRIA FONDAMENTALE REALIZZARLA

di EMILIO DE BARTOLO – Il dibattito che ha visto in questi giorni intervenire alcuni esponenti delle Istituzioni e della politica rispetto alla nuova linea di Alta Velocità ferroviaria che collegherà Reggio Calabria a Salerno ci induce, come Italia del Meridione, a ribadire alcune nostre posizioni rispetto a questa questione. Per quanto ci riguarda chiediamo con forza, come abbiamo sempre fatto, che il nuovo tracciato di Alta Velocità che consentirà di raggiungere Roma in tempi finalmente europei, sia realizzato presto e bene. Già il fatto che nel 2023, alle nostre latitudini, non esista una tipologia infrastrutturale presente invece in tutto il resto del Paese è la più macroscopica certificazione che i divari che separano questo territorio dalle altre aree geografiche più ricche sono ancora, purtroppo, fortemente presenti e dovranno essere invece rapidamente colmati. Oggi l’Italia è spaccata letteralmente in due : da una parte le 12 città con Tav, collegate ogni giorno con 300 treni Av che trasportano persone e merci e dall’altra, nel Meridione d’Italia, le Città senza Tav.

E d’altronde l’associazione fra AV e Pil è ormai una evidenza statistica acclarata unanimemente, perché le infrastrutture per la competitività determinano oggettivamente processi di crescita e di sviluppo e possono fungere da volano per la attratività e la valorizzazione economica e sociale dei territori. Queste questioni, come Italia del Meridione, le abbiamo ribadite più volte e anche nel mese di Novembre in un partecipato convegno nella Città di Scalea nel quale, oltre ad alcuni esponenti accademici e delle Istituzioni, ha dato il suo contributo autorevole e propositivo anche il sindaco Giacomo Perrotta. In quella occasione abbiamo illustrato la nostra visione, che è quella che consentirà di accorciare tracciato e tempi di percorrenza, ridurre i costi e soprattutto eliminare il rischio di blocco dei cantieri.

Rischio che diventerebbe altissimo se si optasse invece per il tracciato che viene denominato “appenninico” o a zig zag e che dovrebbe bucare un vero e proprio massiccio quale è quello del Pollino, composto peraltro da rocce che, come dicono i tecnici, sono composte da carbonati pieni di acqua, con tutto quello che ne conseguirebbe in termini di sicurezza dei cantieri se durante i lavori si intercettassero getti d’acqua consistenti, stante la impossibilità a mappare tutte le vene d’acqua da cui le rocce stesse sono permeate. Il percorso cosiddetto “tirrenico” invece, ovvero la nuova linea che da Praia a Mare arriverà a Lamezia Terme è, per quanto ci riguarda, senza dubbio la più ragionevole e garantirebbe la realizzabilità in sicurezza, minimizzando gli impatti ambientali.

Tale percorso pero’ non dovrà escludere la riviera dei cedri e questo potrà avvenire attraverso le interconnessioni con la linea storica, mentre per quanto riguarda la Città di Cosenza e tutta la sua area urbana, non solo questa non verrà esclusa, come qualcuno vorrebbe far credere ma, attraverso il raddoppio, finalmente, della linea Paola-Cosenza e della galleria Santomarco, potrà collegarsi pienamente e rapidamente al tracciato di Alta velocità.

Come Italia del Meridione, inoltre, auspichiamo che vengano realizzati e velocizzati i collegamenti trasversali Est-Ovest in modo che la Sibaritide e il Crotonese siano parte organica di un progetto complessivo di sviluppo che non contempli la periferizzazione di nessun territorio e che colleghi pienamente queste aree alla dorsale jonica. Italia del Meridione rimarrà dunque vigile rispetto ai tempi di realizzazione di questa fondamentale opera e complessivamente si batterà perché, finalmente, si realizzi quella modernizzazione infrastrutturale attesa da troppi anni e che è la ragione del ritardo di sviluppo di cui ancora oggi soffriamo. (edb)

[Emilio De Bartolo è segretario regionale di Italia del Meridione]

REGALI DI NATALE, COSENZA È LA PIÙ CARA
È TRA LE CITTÀ CON I PREZZI PIÙ ALTI IN UE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Cosenza è la città con i prezzi più alti per alimenti e bevande, gli oggetti più scelti da regalare nelle festività: è al +6%, rispetto alla media europea e nazionale, che è al +5,2%. È quanto emerso dal Rapporto dell’Osservatorio MPI di Confartigianato Imprese Calabria che si concentra su “Bellezza, tradizione e innovazione: il valore artigiano del regalo di Natale” che fotografa la situazione nel mese di novembre in cui la fiducia dei consumatori è tornata a salire mentre scende l’inflazione.

Cosenza, infatti, è si posiziona quinta nella classifica nazionale per dinamica più accentuata dei prezzi del basket di prodotti natalizi. Le festività legate al Natale modificano notevolmente le abitudini di spesa dei consumatori: a dicembre il valore delle vendite al dettaglio supera del 28,3% la media annuale.

Per Natale le famiglie calabresi spendono 720 milioni di euro per prodotti e servizi maggiormente scelti come regalo che, per più di due terzi (70,8%), è costituita dalla spesa per prodotti alimentari e bevande, pari a 510 milioni di euro.

Mentre i prezzi del “carrello della spesa” sono in aumento del 6,1%, crescono meno (+4,8% a ottobre) quelli della “slitta di Babbo Natale”, un paniere elaborato da Confartigianato composto da beni alimentari e bevande, oggetti di consumo nei momenti convivali delle festività natalizie, da un ampio ventaglio di prodotti che possono essere regalati durate le festività e dai i servizi di ristorazione e alloggio, regalati o fruiti durante le vacanze natalizie.

Nella nostra regione, infatti, Babbo Natale è meno fortunato: i prezzi della slitta crescono (5,1%) della media nazionale, che è +4,8%.

In chiave provinciale, la spesa delle famiglie a dicembre, nel perimetro merceologico in esame, ammonta a 270 milioni di euro a Cosenza, a 197 milioni di euro a Reggio Calabria, a 133 milioni di euro a Catanzaro, a 62 milioni di euro a Crotone e di 57 milioni di euro a Vibo Valentia.

In Calabria, infatti, sono 8mila le imprese artigiane attive operanti in 47 settori in cui si realizzano prodotti artigianali e si offrono servizi di qualità che possono essere regalati in occasione del Natale, pari al 35,9% delle imprese artigiane italiane. Queste imprese forniscono lavoro a 18.000 addetti, corrispondenti al 36% degli addetti dell’artigianato in regione, posizionandola tra le prime 10 regioni a livello nazionale (7° posto). A livello territoriale si rileva un peso superiore alla media nazionale (33,9%) e regionale (36,0%) per le province di: Reggio Calabria (39,4%) e Cosenza (36,7%), entrambe tra le prime 30 province italiane per peso più rilevante dell’artigianato interessato dalla domanda per le festività. E’ proprio per Natale aumenta l’attrazione per i prodotti e servizi offerti dalle imprese artigiane che fanno del lavoro, dell’ascolto del cliente e della personalizzazione del prodotto, a cui si associa l’alta qualità delle materie prime e dei prodotti realizzati, un valore aggiunto. Un valore che per la Calabria si traduce in una spesa natalizia di 720 milioni di euro, intercettabili dalle imprese artigiane. Anche per questo torna la campagna di Confartigianato Acquistiamo Locale, per sensibilizzare i consumatori ad acquistare prodotti artigianali del proprio territorio.

«Da diversi anni nel periodo natalizio lanciamo la campagna Acquistiamo Locale per sensibilizzare i consumatori ad acquistare prodotti artigianali del proprio territorio – si legge nella nota di Confartigianato Imprese Calabria –. Con la campagna Acquistiamo locale vogliamo valorizzare il lavoro delle imprese rappresentando la scelta consapevole, responsabile e sostenibile per rinsaldare il rapporto di fiducia tra imprenditori e cittadini nelle comunità».

«Scegliere prodotti e servizi realizzati da imprese artigiane e micro piccole imprese locali – viene evidenziato – vuol dire sostenere non solo l’imprenditore e i suoi dipendenti, e quindi le loro famiglie, ma anche contribuire alla trasmissione della cultura cristallizzata nel sapere artigiano nonché al benessere della comunità, garantendo sia la remunerazione del lavoro e dei fattori produttivi locali che il gettito fiscale necessario per sostenere il sistema di welfare». (ams)