NELLA NOSTRA REGIONE È ALTO ANCHE IL LIVELLO DI ANALFABETISMO: È l'1,5% DELLA POPOLAZIONE;
Analfabetismo funzionale

L’ALTRO TRISTE PRIMATO DELLA CALABRIA
PRIMA PER L’ANALFABETISMO FUNZIONALE

di GIUSEPPE DE BARTOLO – L’istruzione sta assumendo sempre più importanza come variabile cruciale per spiegare le modificazioni socio demografiche. 

In questo contesto l’analisi dell’analfabetismo, ma soprattutto  di quello funzionale (cioè coloro che pur sapendo leggere e scrivere non sono in grado di comprendere pienamente il significato del brano letto e non sono in grado di utilizzare appieno la scrittura per farsi comprendere da altri lettori) permette di cogliere alcune criticità correlate proprio alle trasformazioni in atto nella nostra società. 

Allo studio dell’analfabetismo non è stata sempre data la giusta importanza, ritenendolo un elemento residuale dello sviluppo sociale del Paese. 

Solo negli ultimi 20-25 anni, grazie alle indagini internazionali iniziate da Statistic Canada negli anni ’90 del secolo scorso e alle quali il nostro Paese ha partecipato via via con maggiore convinzione, è emerso che l’analfabetismo, ma soprattutto quello di ritorno e quello funzionale sono in vario modo diffusi nei nostri territori e preoccupano perché causa di marginalizzazione sociale. Per esempio, da queste indagini si coglie che il problema dei low skilled (gli adulti con bassi livelli di competenze) è una caratteristica che accomuna molti paesi.

In Italia i cittadini della fascia di età 16-65 con livelli molto bassi di literacy sono circa di 11 milioni, la percentuale più elevata tra i paesi partecipanti, con maggiore incidenza nelle fasce di età più elevate, anche se percentuali importanti si registrano nella fascia 16-24 (9,6%) e 25-34 (15%) e nelle regioni del Sud e del Nord Ovest. 

Non è in ogni caso trascurabile che il 20,9% dei low skilled possegga un diploma e che il 4,1% possegga addirittura una laurea. 

Ricordiamo a onor del vero che dall’Unità in poi i grandi progressi della scolarizzazione e di tutta la società italiana hanno determinato una notevole riduzione dell’analfabetismo complessivo e di quello di genere. 

Quest’opera della scuola, continuata nel periodo fascista e dopo la Seconda guerra mondiale, ha fatto sì che l’analfabetismo nel nostro Paese si sia ridotto dal 78% del 1861 allo 0,6% del 2020. 

Nonostante questi eccezionali progressi però la persistenza che si coglie del fenomeno dell’analfabetismo anche dagli ultimi censimenti della popolazione rappresenta un costante elemento di sottosviluppo, come i 2 milioni e 400mila analfabeti funzionali del 2020 (4,3%) (stimati sommando gli analfabeti e alfabeti privi di titolo di studio registrati dal censimento) con una variabilità regionale notevole che vede la Calabria al primo posto nel 2020 sia per il tasso di analfabetismo (1,5% della popolazione di 9 anni e più) sia per il livello di analfabetismo funzionale (6,4% della popolazione di 9 anni e più). 

Ricordiamo che nel nostro Paese l’analfabetismo funzionale è maggiormente concentrato nelle classi più anziane che pesano sul totale degli analfabeti funzionali per il 38,4% (915 mila su 2 milioni 380 mila) e in quelle giovanili (9-24 anni) con il 46,2% (1milione 99mila). 

Ricordiamo ancora che l’elevato analfabetismo giovanile emergeva di già nelle statistiche censuarie del censimento del 1991 e dunque esso rappresenta un elemento di arretratezza culturale e di inefficienza del nostro sistema scolastico su cui fare una profonda riflessione. (gdb)