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La festa di San Francesco di Paola e un ricordo di papa Wojtyla

Oggi, 2 aprile, si festeggia San Francesco di Paola, patrono della Calabria e della gente del mare. Un Santo veneratissimo, il cui messaggio, dal convento dei Minimi di Paola, viene continuamente irradiato in ogni angolo della terra. Un Santo amatissimo che viene celebrato anche oltreoceano (a Chicago ogni anno nel mese di agosto con un raduno di oltre 5000 persone) e a Roma, in via S. Andrea delle Fratte, in pieno centro, dove c’è il Santuario della Madonna del Miracolo a lui dedicato.

La storia di San Francesco di Paola è ben conosciuta dai calabresi: nasce a Paola il 27 marzo 1415, da umile famiglia, che per voto e devozione al santo di Assisi gli impone il nome di Francesco. Il bambino nasce con un ascesso maligno all’occhio e i genitori fanno un nuovo voto a Francesco d’Assisi e manderanno il giovaneappena adolescente a un convento di San Marco Argentano. Francesco di Paola rimane poco nel convento calabrese, inizia un lungo pellegrinaggio per visitare santuari ed eremitaggi. Dopo questa lunga esperienza si ritira in una grotta per vivere da eremita, ma attorno a lui cresce una comunità conventuale che ne assimila le regole e lo stile di vita quaresimale. I suoi poteri taumaturgici fanno presto il giro del mondo e, per quetso il re di Francia, gravemente malato, lo vuole accanto a sè , nella sua corte.

Nel 1482, a 67 anni, Francesco di Paola andrà in Francia,a Tours, dove resterà fino alla morte, avvenuta il 2 aprile del 1507.

Pur seguendo una vita molto ritirata, dalla corte di Francia riuscirà a dare importanti consigli per la pace tra gli Stati europei del tempo. Un illuminato europeista antelitteram. (rrm)

QUELL’OMELIA DI PAPA WOJTYLA

di PINO NANO – Era il 5 ottobre 1984, sono passati quasi 40 anni da quel giorno, un giorno che è rimasto però nel mio cuore per sempre, perché quella mattina io ero davanti al Santuario di San Francesco di Paola per seguire in diretta la visita di Papa Giovanni Paolo Secondo ai frati Minimi di Calabria.

“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”  È spontaneo riandare con la mente a queste parole di Cristo, celebrando l’Eucaristia nel santuario che la pietà dei fedeli ha eretto in onore di un uomo come Francesco di Paola, vissuto lontano dai libri ma vicino a Dio: egli fu davvero uno di quei “piccoli” che Dio introduce alla conoscenza delle sue “cose nascoste”. Francesco di Paola non fu certo un dotto, e tuttavia egli conobbe a perfezione la scienza dei santi e seppe penetrare nei cuori più e meglio di quei dotti teologi, che non di rado ricorrevano a lui per avere risposte chiarificatrici nei loro dubbi e nelle loro perplessità. Lui “piccolo”, anzi “minimo” come amò qualificare sé e i suoi figli, meritò di essere maestro dei “grandi” della terra, e ciò grazie alla luce che Dio riversava nella sua anima, assetata di lui”.

Indimenticabile l’omelia che Papa Woytila dedicò quel giorno ai calabresi e alla Calabria.

“In questo santuario- dice il Papa- cui tutto ci parla di un uomo che seppe donarsi senza riserve a Dio, trovando in tale incondizionata consacrazione di sé la sorgente sempre zampillante di una carità inesausta verso i fratelli. Nella testimonianza di Francesco di Paola, una figura che riassume in sé i tratti migliori della generosa popolazione calabrese, si ripropongono con nitida evidenza le componenti essenziali di ogni vita consacrata a servizio di Dio e della Chiesa. Per questo io sono lieto di incontrarmi con voi in questo luogo, carissimi, per dirvi come apprezzi la vostra missione e il vostro molteplice apostolato”.

Il grande Papa polacco arriva al Santuario di Paola con la consapevolezza di dover parlare ai calabresi la lingua del cuore, e così fa rivolgendosi in prima persona ai frati minimi di Paola.

“Vi siete mai chiesti che cosa si attendono da voi la Chiesa di Calabria e il buon popolo di questa regione? Alla luce della vita e degli insegnamenti dei vostri grandi santi, in particolare del patrono di questa chiesa, ritengo che oggi sia fondamentale per la vostra credibilità la testimonianza di un rinnovato impegno nella preghiera e nell’unione con Dio. I grandi asceti e i fondatori insegnano che bisogna dare a Dio il primo posto nella vita e nell’apostolato, e questo proprio per venire incontro alle necessità del mondo, che è alla ricerca affannosa di valori che lo strappino all’inquietudine e all’incertezza del quotidiano. Voi sostituirete un punto di riferimento fondamentale per i molti fratelli smarriti sulle strade del mondo, se saprete essere testimoni gioiosi del Vangelo in tutta la sua pienezza”.

Dio mio, che emozione. Ricordo questo Papa straordinario al centro dell’altare con una forza carismatica che solo lui sapeva avere.

“Non abbiate paura di sentirvi non capiti – dice ancora ai frati di Paola –. La Chiesa ha bisogno di anime consacrate che vivano nell’interiorità del rapporto con Dio e affermino dinanzi al mondo il primato di Dio, perché il mondo comprenda che non sono i beni materiali, il successo o i piaceri che danno la serenità all’uomo, ma il grado d’unione con Cristo, vera speranza dell’uomo.

Questo è il passaggio forse più suggestivo di quella storica omelia di Giovanni Paolo Secondo a Paola.

“Come non ricordare in questo luogo il continuo flusso di fedeli che salivano dalla città e dai casali vicini per incontrare l’eremita Francesco? Egli, uomo di Dio e lavoratore instancabile li ascoltava con disponibilità, chiariva i loro dubbi, a volte risolveva anche i loro problemi col miracolo, sempre, accomiatandoli, lasciava in loro quella “contentezza e pace” – dicono le fonti – che vale molto più dei beni materiali e della stessa salute. Queste contrade furono allora testimoni dei prodigi descritti da Isaia nel brano che abbiamo ascoltato: “Si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa”.

Come potrei dimenticare così tanta commozione popolare. Ricordo di aver visto più gente piangere quel giorno che non altrove, e negli anni che sono venuti dopo.

“La vostra silenziosa testimonianza di povertà e di distacco, di purezza e di trasparenza, di abbandono nell’obbedienza può diventare, oltre che una provocazione al mondo e alla Chiesa stessa, anche una predicazione eloquente, capace di impressionare anche i non cristiani di buona volontà, sensibili a certi valori. Questa incarnazione della vostra vita religiosa nel tessuto ecclesiale e sociale della Calabria è il messaggio che oggi vi consegno in questo luogo santificato dall’asceta e uomo di Dio san Francesco di Paola”.

E prima di ripartire per tornare a Roma il grande Papa polacco affida ai calabresi il suo testamento spirituale.

“Sulle orme dei vostri grandi santi – dice – e in particolare di San Francesco di Paola, il cui spirito aleggia in questa chiesa, siate lietamente casti, poveri e obbedienti. Sperimenterete, come essi sperimentarono, la verità della parola di Cristo: “Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” e potrete, anche voi come loro, partecipare questa vostra esperienza a tanti fratelli “affaticati e oppressi” che vengono a voi per avere una parola capace di ridare loro speranza”.

– Ma è vero che i prodigi e i segni della santità di Francesco di Paola accompagnarono tutta la sua vita?

«Questa forse – risponde l’antropologo Mauro Minervino, uno dei massimi studiosi viventi del Santo Patrono della Calabria e della gente di mare – è una delle pagine più belle della vita di Francesco. Il suo potere taumaturgico fu fervido di segni, rivolto in particolare verso i poveri e gli oppressi dagli abusi e dalle diffuse malversazioni dei potenti, contro le quali Francesco non si stancò mai di levare la sua voce. Gli elementi usati da Francesco per il miracolo erano semplici oggetti quotidiani, materie povere, tessuti, oggetti d’uso, piante e erbe, rimedi semplici e naturali, quasi a dimostrare che caricato di religiosa persuasione e carità cristiana qualsiasi fosse il veicolo di preghiera rivolta con fede, questo divenisse con la benedizione impartita dal taumaturgo elemento atto guarire o a risolvere le angosce della vita nel mistero del miracolo».

– Eppure lui negò fino alla fine di avere il potere dei miracoli?

«Davanti ai più scettici e ai critici malevoli di ogni suo atto di taumaturgia, Francesco non faceva che ripetere il suo mantra, “È la fede che fa i miracoli!”. Pensi che ad un prete che gli faceva questa domanda: “Come fai a sapere che quest’erba ha delle virtù?”, Francesco rispose con semplicità evangelica: “A chi serve fedelmente Dio e osserva i suoi comandamenti, anche le erbe manifestano le loro virtù”».

– Professore, per quanto tempo ancora secondo lei sentiremo parlare del Santo di Paola?

Per sempre. Perchè San Francesco di Paola come quello di Assisi è un Santo importante, amato dalla gente comune, venerato dalla Chiesa, idolatrato dai calabresi, esaltato dagli stessi francesi, e a cui Papa Francesco ha fatto riferimento non a caso nel suo incontro con la Chiesa calabrese, per indicarlo come pietra miliare di un percorso di carità e di cristianità di cui la Calabria ha ancora tanto bisogno. Verrà la notte dei tempi, ne sono certo, e il Santo di Paola sarà ancora tra di noi, sopravviverà alle tenebre, e tutto questo mi pare savvero bellissimo. Non lo crede anche lei? ν