di FRANCO BARTUCCI – I lavoratori delle Teme Luigiane sostengono la richiesta avanzata dal consigliere regionale Pietro Molinaro (Lega) al presidente del Consiglio regionale, Giovanni Arruzzolo, per inserire nell’ordine del giorno della prossima seduta dell’organo regionale, la questione delle Terme Luigiane, giunta ad un epilogo veramente drammatico per la mancata prospettiva occupazionale delle maestranze addette ai vari servizi termali, e di grande delusione ed imbarazzo per tutte quelle persone che ricorrevano con fiducia alle cure terapeutiche che venivano prestate negli stabilimenti delle Terme Luigiane.
Infatti il consigliere Pietro Molinaro, visto il totale silenzio e disinteresse mostrato, sia dal presidente facente funzioni Nino Spirlì che dell’assessore regionale competente in materia, Fausto Orsomarso, di fronte alle puntuali note e denunce presentate di forte responsabilità della Regione nella gestione della vicenda, è ritornato a sollecitare il presidente del Consiglio regionale Arruzzolo, e i vari capigruppo di maggioranza, per una discussione seria, affinché la questione sia discussa e risolta nell’ambito del Consiglio regionale.
«La gravità e l’urgenza del tema – ha scritto nella sua richiesta il consigliere Molinaro – sono assolutamente incontestabili considerato che a causa della chiusura delle Terme, centinaia di persone sono senza lavoro e le prestazioni sanitarie termali non sono erogate».
«Noi lavoratori ci uniamo all’appello – hanno scritto in un loro documento – chiedendo al Presidente del Consiglio regionale, Giovanni Arruzzolo, al vicepresidente, Luca Morrone (Fratelli d’Italia), a tutti i consiglieri, sia di maggioranza che di minoranza, che la questione delle Terme Luigiane venga discussa e soprattutto risolta una volta per tutte in occasione del prossimo Consiglio Regionale».
«Il contratto dell’azienda che per 80 anni ha gestito le Terme Luigiane, garantendo la piena e totale legalità sotto ogni punto di vista e nei confronti di tutti gli stakeholder – dicono ancora – è in proroga dal 2016 e, secondo gli accordi sottoscritti tra Comuni, Sateca, Regione e parti sociali in Prefettura nel mese di febbraio del 2019, dovrebbe essere tuttora in vigore fino al “subentro del nuovo sub concessionario”. Le due amministrazioni comunali, rinnegando unilateralmente quanto sottoscritto e ratificato nei rispettivi consigli comunali, hanno utilizzato la forza per riappropriarsi delle acque e ad oggi non sono state in grado di redigere un bando di gara».
Il documento dei lavoratori continua ricordando le proposte tecniche ed economiche avanzate dai due comuni fuori da ogni logica legale, tecnica e amministrativa mentre continuano a maturare inadempienze contrattuali e gravi morosità nei confronti della Regione Calabria.
«La legge impone alla Regione di intervenire – hanno puntualizzato – con un provvedimento di decadenza immediata della concessione in capo ai Comuni, visto che la morosità ha già superato i 240 giorni indicati dalla norma, ma nessuno in Regione, né politici né dirigenti, si assume la responsabilità di adempiere ai propri obblighi. Quello della morosità è solo l’ennesimo motivo per cui la Regione avrebbe dovuto già da tempo certificare la decadenza di una concessione data a soggetti che stanno da anni dimostrando di non essere assolutamente in grado di gestire un bene pubblico così importante».
Revoca, peraltro paventata fin dal mese di maggio dallo stesso presidente Spirlì, con regolare lettera inviata ai due Sindaci di Acquappesa e Guardia Piemontese con la richiesta di presentazione di un report sulla evoluzione della vertenza mai presentato.
«Le Istituzioni – hanno scritto i lavoratori nel loro documento – sono preposte ad intervenire concretamente per creare le condizioni per la risoluzione di una problematica di questa entità e gravità. La Calabria non può permettersi la perdita di centinaia di posti di lavoro e 500.000 prestazioni sanitarie senza che la Regione faccia nulla per scongiurare un disastro di questa portata. Visto che la Giunta sembra essere sorda rispetto alle richieste di intervento più volte sollecitate, chiediamo al Consiglio Regionale di intervenire con immediatezza e risolutezza per salvaguardare centinaia di posti di lavoro sia diretto che di indotto e una realtà produttiva sana».
Ciò che sorprende in questa vicenda e ci si augura un sostegno in Consiglio regionale, se non un sollecito allo stesso presidente Arruzzolo per l’apertura del dibattito in Consiglio, è il totale disinteresse e silenzio assunto finora da quei consiglieri di minoranza del Partito Democratico, soprattutto del cosentino, ed in particolare del consigliere Carlo Guccione, primo firmatario della legge regionale 27 aprile 2015 n° 11, che ha portato alla chiusura delle Terme, che pur ha svolto in questi anni una permanente e costante voce di denuncia del sistema sanitario calabrese divenendone un paladino essenziale e mordente. Stranamente in questa vicenda vige il silenzio eppure anche in questo caso viene meno la tutela del diritto alla salute per innumerevoli curanti delle Terme Luigiane.
Intanto anche il legale della Sateca, avv.Enzo Paolini, è intervenuto a dire la sua sul soliloquio dell’assessore regionale Fausto Orsomarso tenuto attraverso Facebook ponendogli dieci domande alle quali si spera di avere una risposta precisa.
«Intervengo – dice l’avv. Paolini – con cognizione di causa, per colmare le tue lacune informative dato che ti rivolgi alla piazza virtuale. Eccoti schematicamente senza divagare con commenti ed opinioni le mie domande: 1) la concessione in favore dei comuni scade nel 2036; 2) la subconcessione a Sateca e’ scaduta nel 2016; 3 ) dal 2016, dunque i comuni avrebbero dovuto bandire una gara pubblica per l’individuazione del nuovo sub concessionario; 4) ad oggi, cioè dopo 5 anni non hanno fatto niente se non un avviso esplorativo (che ovviamente non è un bando) pubblicato un mese fa; 5) nel frattempo, hanno concordato due volte, prima in regione (nel 2016) e poi in prefettura (nel 2019) che, per consentire la continuità del servizio pubblico e dei livelli occupazionali, la Sateca avrebbe proseguito nell’attività fino al subentro del nuovo sub concessionario; 6) il nuovo subconcessionario non è stato ancora individuato perché i comuni non hanno bandito la gara; 7) ad un certo punto i comuni hanno ritenuto non più validi gli accordi e, pur non avendo ancora presentato neanche un rigo inerente la gara pubblica, hanno preteso – pretenderebbero – che la Sateca rendesse il servizio mantenendo i livelli occupazionali con tutti i costi conseguenti ma solo per il tempo da loro stabilito (quindi non fino al subentro del nuovo subconcessionario individuato con gara pubblica che loro non hanno bandito, ma per un tempo a loro piacimento) e per di più con il pagamento di un canone maggiore rispetto a quello pagato sinora; 8) gli stessi comuni, peraltro, sono morosi nel pagamento del canone dovuto alla regione, composto da una quota fissa e da una quota variabile legata al fatturato Sateca».
«Da tre anni – ha spiegato – non pagano né l’una né l’altra; 9) questo fatto comporterebbe per legge che la regione – proprietaria della risorsa termale – dichiarasse la decadenza della concessione dei comuni; 10) la regione – consapevole ed informata di questo – non ha fatto assolutamente niente”.
«Attendo che, senza lunghe digressioni e opinioni– precisa l’avv. Enzo Paolini – tu dica che anche uno solo dei punti che ho scritto non risponde al vero, ed in tal caso indichi i dati di fatto o le norme che sostengono la tua confutazione. Diversamente ti pongo la domanda finale: alla luce di questi 10 semplici dati oggettivi, che nessuno può confutare. Sei ancora convinto che la questione sia quella di trovare “il giusto prezzo” ? (questione che non è in discussione perché ovviamente , anche quello, cioè il giusto prezzo, sarà stabilito con gara pubblica e in aderenza a leggi vigenti). O sia piuttosto che comuni e regione – negligenti, incapaci ed omissivi rispetto ai loro chiarissimi doveri – vorrebbero, usando i poteri di “governo”, che, mentre loro non sono capaci di fare una gara da ben 5 anni, una azienda privata svolgesse il servizio pagando un balzello da loro discrezionalmente stabilito senza gara?».
«Con ciò – precisa ancora meglio l’avv. Paolini – tentando di far apparire la mancata soluzione della vertenza come responsabilità di una azienda privata che ha svolto il proprio lavoro sino al 2016 (mi astengo dai giudizi o dagli auto elogi che spetta ad altri pronunciare) e che dopo il 2016 ha accettato di svolgerlo surrogando le inadempienze di comuni e regione?».
«Non sarebbe forse il caso – conclude – che il governo regionale intervenisse (può e deve farlo) per tutelare non l’azienda privata (che parteciperà alla gara pubblica quando sarà bandita e per il momento è disponibile a fare il lavoro senza però sottostare ad inique pretese o balzelli), ma il servizio pubblico ed il lavoro di 250 famiglie?». (fb)