di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Quando si parla di Ponte sullo Stretto si scatenano tutti. “Ed un Marcel diventa ogni villa anche passeggiando viene”, come diceva il sommo poeta.
Che Eni investa miliardi per il metanodotto che porta il metano dalla Libia a Gela, o Terna, che ha come maggior azionista Cassa Depositi e Prestiti Reti con il 29 8%, investa 8,9 miliardi per lo sviluppo delle reti non è argomento di dibattito. Che le ferrovie dello Stato investano decine di miliardi nell’alta velocità ferroviaria e tutto questo si decida in un consiglio di amministrazione composto 3-5 elementi non interessa nessuno. Ma se si riparla del Ponte sullo stretto di Messina che dovrebbe costare attorno ai tre 4 miliardi più le opere a terra allora si scatenano tutti.
Dal disoccupato al professionista, dal notaio al giurista tutti diventano immediatamente competenti per dire il loro parere sull’opportunità che quest’opera venga fatta.
Eppure giustamente Dario Franceschini, già ministro della cultura e certamente un protagonista del PD, aveva dichiarato che se vogliamo che l’alta velocità arrivi fino ad Augusta è necessario che i fiumi e gli stretti vengano superati con dei ponti. Così come è normale che le montagne vengano scavate con dei tunnel.
Ma mentre se buchiamo le Alpi come fossero un formaggio groviera pochi, tranne coloro che abitano le vallate che sono interessate, come nel caso della Tav, esprimono il loro parere, quando si tratta del Ponte sullo stretto dai comici ai ministri, dagli ambientalisti all’ultimo sindaco di periferia diventano tutti pianificatori economici, come quando l’Italia gioca i campionati del mondo di calcio diventano tutti coach.
È bastato che il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini, che farebbe bene a mandare avanti sottotraccia se vuole veramente arrivare all’obiettivo, dichiarasse di voler dare una tempificazione alla ripresa del progetto, che era stato già appaltato a Impregilo, che aveva vinto una gara internazionale, e che inopinatamente con grande leggerezza Mario Monti cancellò per spostare le risorse destinate ad esso ad investimenti in Liguria, per far scatenare la clack degli oppositori.
Essi si distinguono in tante tipologie: in prima linea gli ideologi, coloro che per partito preso non vogliono che questa opera si faccia, in genere si tratta della sinistra del PD che si trova in buona compagnia con molti dei cinque stelle, che sulla scia del loro fondatore ritengono che lo stretto vada attraversato a nuoto.
Poi ci sono gli ambientalisti e, i difensori del l’equilibrio eco ambientale dello stretto, che si preoccupano degli uccelli migratori piuttosto che dell’ombra dei piloni che potrebbe dare fastidio agli eventuali cetacei che passano dal Tirreno allo Ionio. E poi una gran massa di benaltristi; coloro che si accorgono adesso che Sicilia e Calabria hanno bisogno di tante cose, e che con i soldi del ponte vogliono fare le fogne del paesino di periferia, piuttosto che i marciapiedi di tante città, tappare le buche delle autostrade esistenti insomma tutto quello che serve.
C’è ben altro che il ponte di cui abbisogna la Sicilia e il Paese dice con la sua solita verve Fiorello trasformatosi in attento gestore delle risorse pubbliche secondo una visione di una casalinga. Poi ci sono la massa di aspiranti ingegneri che di fronte ad un progetto validato da un gruppo di esperti internazionali e immaginato in 10 anni di studi e ricerche, con verifiche in tunnel del vento d’avanguardia, sostengono che siccome non si è mai costruito un ponte sospeso di 3 km non si possa fare.
E poi che le faglie dello stretto si allontanano e quindi il ponte crollerebbe inevitabilmente. Oppure che sarebbe chiuso per metà dell’anno per il vento. O ancora che è stato progettato non per la ferrovia ma soltanto per auto, pedoni e ciclisti.
Insomma quello che ha detto in migliaia di pagine in anni di studio la comunità scientifica internazionale che ha adottato il sistema “bridge of Messina” come un esempio virtuoso del progresso scientifico nel campo dei degli attraversamenti stabili, peraltro realizzato in scala minore in Turchia, viene ritenuto cartastraccia. Giochi che sono serviti a spendere una cifra importante, all’incirca 300 milioni, per far divertire un po’ di professori universitari, grandi società internazionali esperti nella costruzione di ponti, la nostra Impregilo, adesso We Build, che costruisce ponti in tutto il mondo.
Poi ci sono quelli che non serve: da Vittorio Feltri, che dice che lui in Sicilia viene in in aereo e quindi non ha bisogno del ponte, alla Loretta Forelli imprenditrice di Brescia che sostiene che oggi gli imprenditori hanno bisogno dell’aiuto per i costi dell’energia e che non ci possiamo permettere questo impegno così gravoso in un momento così difficile.
E poi i giornaloni, la grande stampa nazionale, che un giorno si è un giorno no cerca di demolire l’ipotesi ponte, che dà spazio a improvvisati ricercatori che dicono e dimostrano perché l’unico ponte costruibile ecologico e per veicoli elettrici o che le tre campate sono più belle. Per finire con Sgarbi che che dichiara «il ponte sullo stretto non si farà, è un miraggio».
Che il centrodestra continui a sostenere questo progetto diventa non complicato ma anche rischioso, perché il fuoco di fila scatenato contro potrà far cambiare idea a chiunque voglia razionalmente approcciare il tema.
Il fatto per cui il Ponte è utile perché collega Hong Kong a Berlino, perché mette a regime un porto come quello di Augusta che è frontaliero di Suez e dovrebbe evitare che le navi porta container facciano il giro di tutto il Mediterraneo e poi dell’Atlantico per arrivare a Rotterdam con un carico di emissione di CO2 incredibile, che i porti del Nord Africa come Tangermed in Marocco ma porti anche in Tunisia si stanno attrezzando per attrarre il traffico che arriva da Suez ininfluente.
Che diminuirebbe moltissimo l’inquinamento nell’area dello stretto per cui come dice Salvini il ponte diventerebbe l’opera più green che ci possa essere, che l’alta velocità in Sicilia non può arrivare se non c’è il ponte, che solo collegare 5 milioni di abitanti è una buona ragione per farlo, che la Regione siciliana spende 6 miliardi e mezzo ogni anno per la mancanza del collegamento come sostenuto in un studio di Prometeia e dall’assessorato all’economia della regione siciliana, che la Sicilia è l’unica isola nel mondo con un numero di abitanti cosi elevato così vicina ad un continente non collegata stabilmente, che puntare sullo stivale come piattaforma logistica è un un’opportunità che il Paese deve sfruttare, che si creerebbero 120.000 posti di lavoro, non c’è nulla che può convincere questa massa rumorosa ma poco numerosa di contrari a farsene una ragione. (pmb)