L'ANALISI DEL PROF. PIETRO MASSIMO BUSETTA SU UNO STRUMENTO CHE GARANTIREBBE A TUTTI GLI STESSI SERVIZI;
PRETENDERE I LIVELLI UNIFORMI, NON I LEP: SOLO COSÌ IL SUD AVRÀ GLI STESSI DIRITTI

PRETENDERE I LIVELLI UNIFORMI, NON I LEP
SOLO COSÌ IL SUD AVRÀ GLI STESSI DIRITTI

di PIETRO MASSIMO BUSETTACi sono due modi per soddisfare le esigenze esistenti in un dato momento in un determinato territorio. Uno è fare in modo di recuperare le risorse per soddisfare i bisogni esistenti. Ma non è l’unico. Il secondo è quello di abbassare il livello dei bisogni.  

Per chiarire nel primo caso sono necessarie tante risorse e bisogna darsi da fare per recuperarle.   E questo sistema non è perseguibile in Italia, considerate le problematiche dell’enorme debito pubblico esistente, con il quale, peraltro, si è infrastrutturato solo una parte del territorio e visto che i tassi di crescita del reddito sono contenuti. 

Bisognava trovarne uno per il quale non servono i 100 miliardi di cui si è parlato, per andare avanti con l’autonomia differenziata, che é stata vincolata per le materie “lepizzate” alla esistenza dei livelli essenziali. 

Ed eccolo servito. Gli esempi illuminanti sono quelli in cui si sta specializzando il Governo. Si tratta invece di puntare in una famiglia a far laureare i figli, di accontentarsi di farli diplomare.   Non è anche il diploma un livello essenziale? Le esigenze finanziarie, in questo secondo caso, diminuiscono. 

É quello che ha capito il ministro Giorgetti, Calderoli, Luca Zaia e tutta la Lega di Salvini. E che sta trovando realizzazione in due episodi recenti. 

Il primo quello che riguarda l’andamento dei lavori per la individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Lo si é  fatto introducendo un concetto semplice quello del costo della vita, che non considera però la mancanza di servizi essenziali che gravano sul bilancio delle famiglie meridionali. Un altro elemento che  può aiutare é quello dell’età media, visto che al Sud si vive di meno, o della non necessità del tempo pieno a scuola.

Se al Sud tale costo è più basso tutto sarà più facile, perché se per vivere serve meno anche le risorse che può destinare il bilancio nazionale possono essere inferiori. Si ritorna al gioco solito delle tre carte, nelle quali quella vincente sparisce sempre. 

L’algoritmo che si preparerà per calcolare i Lep sarà complicatissimo, ma arriverà  a produrre dei numeri che dovranno convincere i meridionali, con l’anello al naso, che la spesa è già sufficientemente equilibrata all’interno del nostro Paese. Ci saranno i media indirizzati che aiuteranno a far accettare tale approccio, come è accaduto per anni.

Magari come con l’autonomia differenziata, di notte e di fretta, dopo un totale silenzio sui lavori in itinere, non trapelerà nulla sulle procedure e sui calcoli che adotterà  la Commissione tecnica fabbisogni standard e uscirà la soluzione addomesticata. 

Improvvisamente verranno fuori dei numeri, certificati magari da alcuni Centri di ricerca prestigiosi, praticamente impossibili da ricostruire e che evidenzieranno che alla luce di tali calcoli i 60 miliardi di differenza di spesa pro-capite annuali tra Centro Nord e Sud, in realtà alla luce del costo della vita, di alcune poste che non vanno allocate,  diranno magari che le cose vanno bene così e che quindi é corretto che Veneto o  Lombardia si tengano il residuo fiscale, perché là servono  più risorse per finanziare i servizi che non in Sicilia  o Calabria. E che quella è la locomotiva che va salvaguardata perché trascina tutti. Non è quello che è avvenuto con la sanità?            

La Commissione che ha  il compito di fissare i criteri in base ai quali calcolare i costi dei Lep potrà utilizzare metodi per cui, senza ulteriori costi per il bilancio, tutto potrà rimanere come prima. 

La Presidente della Commissione tecnica sui fabbisogni standard, ex consulente del presidente Zaia, Elena D’Orlando, della quale sono state chieste le dimissioni per un evidente conflitto di interesse, non avrà difficoltà a far ritenere corretti calcoli penalizzanti per il Sud. Anche perché non ci sarà un giudice a Berlino imparziale. 

Il secondo metodo  di cui si parlava è quello che il Ministro Giorgetti, che ha dimostrato in altre occasioni la sua capacità di trovare il modo per far uscire il coniglio dal cappello, ha adoperato nella  legge di bilancio, cioè trovare un escamotage per cui i diritti vengano sottodimensionati. 

In uno degli allegati al piano strutturale di bilancio si chiarisce il meccanismo. Il diritto all’asilo nido, infatti, non sarà più del 33% a livello regionale, ma scenderà al 15%, sulla base di una media nazionale, ovviamente influenzata dall’inesistenza di asili nido al Sud, contraddicendo quanto previsto dalla legge di bilancio 2022, che fissava proprio al 33% su base locale la disponibilità di posti con l’obiettivo di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio, in maniera tale che i Lep relativi  saranno certamente più facilmente raggiungibili. Il sottostante pensiero a giustificazione è che tanto le donne meridionali non hanno lavoro e quindi possono accudire i propri figli e che oltretutto  quando ci sono non vengono utilizzati. Al Sud gli asili nido non servono.  

D’altra parte se bisogna far quadrare il bilancio e tagliare le spese,  il modo più semplice di farlo è quello di penalizzare il vaso di coccio che tanto non si lamenta e in ogni caso non fa danno. 

Per questo bisogna assolutamente alzare il livello delle richieste e passare a pretendere  non i  livelli essenziali ma i Lup, i livelli uniformi. Non si capisce infatti perché il meridionale si debba accontentare dell’essenziale e non deve avere gli stessi diritti del cittadino del Nord. Paga forse una percentuale inferiore di imposte rispetto al reddito che produce? O è un figlio di un dio minore? Lo è certamente ma si può statuire tutto ciò in documenti ufficiali?   

Ovviamente le considerazioni di sparuti intellettuali meridionali, a cui recentemente si è aggiunta con non molta convinzione la Cgil ma anche l’opposizione, resteranno parole al vento perché quella che si configura ormai in modo chiaro è che il Sud è una colonia interna, buona per fornire giovani formati, energia come batteria del Paese, malati per le strutture sanitarie del Nord e giovani studenti per le università settentrionali. 

Per i diritti al lavoro, alla sanità, alla buona formazione c’è sempre un domani, meglio se lontano. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]