Autonomia, i capigruppo del cdx in Consiglio regionale: Prestare attenzione a materie che non rientrano nei lep

«Auspichiamo che si presti attenzione anche alle materie non rientranti nei ‘Lep’, che potrebbero essere subito devolute alle Regioni con le relative risorse strumentali e finanziarie». È quanto hanno detto i capigruppo del centrodestra in Consiglio regionale, Michele Comito, Giuseppe Neri, Giuseppe Gelardi, Giacomo Crinò, Giuseppe Graziano, Giuseppe De Nisi, nel corso di un incontro con il presidente Filippo Mancuso.

Per i consiglieri regionali, «assodato, nel disegno di legge votato dal Senato, il  superamento dell’iniquo metodo della ‘spesa storica’ e l’individuazione e contestuale finanziamento dei ‘Lep’», è necessario «che se per le materie (non ‘Lep’) – come la parte della sanità concernente gli stipendi del personale, le infrastrutture, l’energia, le zone speciali, la portualità e il commercio estero – si agisse con immediatezza, mentre si darebbero ulteriori chance di crescita alle regioni del Centro e del Nord, si rischierebbe di frustrare le aspettative delle regioni del Sud».

«Siamo certi che i nostri riferimenti politici nazionali – hanno concluso – a partire dai parlamentari, ora che del progetto di legge sull’autonomia regionale differenziata se ne occuperà Montecitorio, si adopereranno affinché l’impegno di approvare una riforma che potrà consentire il superamento dell’Italia a doppia velocità anche per i diritti civili e sociali, vada a buon fine».

Audizione dell’Usb Calabria nell’ambito dell’indagine per la determinazione dei Lep

La sigla sindacale Usb ascoltata per quanto riguarda la questione Lep. E’ lo stesso sindacato a comunicarlo in una nota.

«Si è tenuta ieri presso la Prefettura di Catanzaro l’audizione della Confederazione regionale Usb con la Commissione parlamentare per le questioni regionali, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla determinazione e sull’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – è scritto – La delegazione Usb ha ricordato come i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), introdotti con la riforma del Titolo V della Costituzione, dovrebbero rappresentare il criterio per erogare i servizi pubblici relativi ai diritti sociali e civili, ma la definizione di tali livelli è rimasta lettera morta, riaccesa oggi con il dibattito sul DDL Calderoli e l’autonomia differenziata, su cui l’USB tutta si è sempre opposta. Forte è infatti la preoccupazione che il Ddl Calderoli possa aumentare le disparità tra le aree ricche e povere del Paese.
Senza un’adeguata copertura finanziaria i Lep potrebbero solo evidenziare ciò che manca ai cittadini, come accade già con i Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria (Lea) in Calabria. C’è il rischio che, senza finanziamenti sufficienti, i servizi pubblici subiscano ulteriori riduzioni, favorendo le speculazioni private e accentuando le disuguaglianze sociali».

Continua il comunicato: «L’Istat ha confermato le profonde disparità tra Nord e Sud, con il Sud che continua a crescere meno della media europea, principalmente a causa del basso tasso di occupazione e delle tendenze demografiche negative. La mancanza di risorse ha portato alla precarizzazione del lavoro pubblico, con conseguenze negative sui servizi offerti alla popolazione. La situazione nel Sud è aggravata dalla carenza di infrastrutture e servizi, come evidenziato dalla Svimez. Anche nei settori della scuola e della sanità, il Sud è fortemente svantaggiato rispetto al Centro-Nord, con minori risorse finanziarie e risultati più scadenti in termini di salute e istruzione».

«L’introduzione dei Lep, in questo contesto, – conclude Usb – necessiterebbe quindi di ingenti risorse, stimate in 90-100 miliardi per tutto il territorio nazionale, 8 di questi solo in Calabria: inimmaginabile pensare somme simili nell’attuale contesto economico. Per questo USB ritiene che introdurre i Lep “a costo zero” porterebbe ad aumentare le disuguaglianze, favorendo ulteriori tagli e privatizzazioni dei servizi e minacciando quell’uguaglianza sancita dalla Costituzione». (rcz)

L’OPINIONE / Orlandino Greco: Forza Cassese, il Sud aspetta i Lep che diranno basta ai diritti negati

di ORLANDINO GRECO  – Forza Cassese,  il Sud aspetta i Lep che diranno basta ai diritti negati. È il motto di Italia Del Meridione (IDM), un partito nato a tutela del Mezzogiorno, vittima delle povertà. Da quella infrastrutturale a quella della economia insufficiente per assicurare i servizi primari e le prestazioni indispensabili per la vita delle persone, costrette a rintracciarli altrove spesso mettendo in gioco tutti i loro risparmi, i patrimoni accumulati da più generazioni e i loro affetti.

Una legittima rivendicazione politica funzionale al superamento dei divari sociali, anche di genere, che hanno impedito ai meridionali di misurarsi alla pari degli altri.  I Lep sono garanti dell’uguaglianza sostanziale. Sono strumenti di dignità sociale. Sono sinonimi del miglioramento occorrente e vitale. In quanto tali afferenti a tutte le materie che riguardano la quotidianità dei cittadini all’insegna della civiltà, che nel sud del Paese latita da diversi decenni.
È pertanto insufficiente, e ha fatto bene Calderoli a sollecitare il prof. Cassese ad ampliare la ricerca del Comitato per i Lep (CLEP) ben oltre le 23 materie differenziabili. Con questo estenderle a tutte le materie individuate nell’art. 117 in quelle esclusive statali (32) e concorrenti (19), ma anche a quelle residuate nella competenza, anche essa esclusiva, delle Regioni a statuo ordinario (circa 30). Ciò in quanto nei confronti dell’essenzialità delle prestazioni non può esistere alcun compromesso ovvero diminutio, in quanto è dal loro insieme organico e coordinato che si misura lo stato di diritto e l’esistenza degli aspetti culturali, spontanei e organizzati, che caratterizzano una collettività nei confronti della quale è adempiente solo una corretta attuazione della Costituzione.
È nei Lep la vera unità materiale del Paese, attraverso la quale celebrare la percezione certa ed egualitaria dei diritti civili e sociali della Nazione intera, quale espressione della componente umana della Repubblica.
Il molto prossimo futuro sarà ricordato come il periodo delle scelte, di quelle funzionali a mutare in meglio l’esistenza. Primo fra tutti – nell’ottica del superamento della spesa storica, punitiva per i più poveri di sempre – i costi standard, i fabbisogni standard e un efficiente sistema perequativo, tutti garanti dei Lep percepiti ovunque e da chiunque. Ed proprio nell’ovunque che si concretizzerà la soluzione al vergognoso minus percepito sino ad oggi dai meridionali, atteso che con i Lep godranno di tutto ciò che è reso esigibile nel Paese.
Ci sarà poi l’attuazione della Costituzione che offrirà l’occasione, ex art. 116, alle Regioni interessate a richiedere l’esercizio di una competenza legislativa maggiore. Che lo facciano, fermo restando che i Lep sono intoccabili perché appartengono alle persone ovunque esse siano!
Un altro punto è la cittadinanza europea. Un obiettivo di ieri che pretende un domani molto prossimo perché si realizzi, con un Mezzogiorno che costituirà la parte dell’UE che confina e dialoghi con il Mediterraneo. (og)

SUI LEP OCCHIUTO È CONTRO CALDEROLI
«DISATTENDE QUELLO CHE ERA PATTUITO»

di SANTO STRATI Non è una dichiarazione di guerra, ma poco ci manca: il Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto sferra un pesante attacco al ministro Roberto Calderoli a proposito dell’autonomia differenziata che sta procedendo a passo svelto verso l’approvazione. «Non era quello che avevamo pattuito – ha detto Occhiuto in un’intervista al quotidiano La Stampa –: il ministro leghista vorrebbe prima approvare la legge sull’Autonomia e poi garantire le risorse necessarie per finanziare i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP). Secondo Occhiuto «l’approccio è sbagliato: le due cose devono viaggiare insieme, altrimenti per il Sud l’Autonomia rischia di diventare una trappola».

Forse il Presidente Occhiuto ha aperto gli occhi (finalmente!) sul trappolone leghista che si basa su un concetto semplice ed egoisticamente impeccabile: vale la spesa storica, ovvero chi ha avuto tanto (da spendere) continuerà ad averne in eguale quantità, chi ha avuto meno (ovvero non aveva risorse per investimenti di natura sociale) si arrangi con la stessa cifra di prima. Con buona pace della perequazione e del divario sociale che la Costituzione proibisce di avere. Ma il fatto è sotto gli occhi di tutti: sono stati approvati nove articoli su 10 e la legge che istituisce e regola la cosiddetta autonomia differenziata è a un passo dall’approvazione. Nonostante le dimissioni di autorevoli esponenti chiamati nel Comitati sui Lep e la grande confusione che regna sovrana intorno all’argomento.

Occhiuto reagisce con veemenza, infischiandosene  (complimenti, Presidente!) della tenuta della maggioranza che scricchiola continuamente tra gaffes e imperdonabili sciocchezze legislative che, di sicuro, non aiutano il popolo, ma soddisfano inconfessabili appetiti di lobbies. Il Governatore ci va pesante: «Temo – ha detto a La Stampa – che il primo vagone del treno, quello con la legge sull’Autonomia, arrivi puntuale in stazione mentre gli altri vagoni, che contengono il finanziamento dei Lep e il meccanismo di perequazione, finiscano su un binario morto.

«Senza il finanziamento dei Lep e senza il fondo perequativo (destinato ai territori con minore capacità fiscale pro-capite), i vantaggi per il Mezzogiorno sarebbero pochi. L’effetto finale, in altre parole, sarebbe quello di avere un aumento del divario tra Sud e Nord. Esattamente il contrario di quello che potremmo ottenere».

Occhiuto chiarisce di non essere contrario all’Autonomia differenziata, se vengono rispettati i patti che ridanno al Mezzogiorno le risorse necessarie per superare le insopportabili sperequazioni che colpiscono pesantemente, tra l’altro, gli asili nido e la formazione scolastica.  Secondo il Governatore, «L’Autonomia può essere una grande opportunità per il Sud, ma solo se quei vagoni di cui parlavamo arrivano nello stesso momento in stazione. Per la Calabria sarebbe un’occasione avere l’autonomia sulla gestione dell’energia o dei porti. Non ho quindi alcun pregiudizio, purché si rispettino gli accordi iniziali. Adesso si può anche approvare la legge al Senato, ma prima dell’ok definitivo bisogna finanziare i Lep. Confido nell’equilibrio e nella saggezza di Giorgia Meloni».

Il giornalista de La Stampa fa notare che Calderoli sostiene che è già in Costituzione la garanzia del finanziamento dei Lep. La replica di Occhiuto è lineare: «È vero, eppure non sono mai state garantite risorse per i pochi Lep finora stabiliti, nonostante l’obbligo costituzionale. L’Autonomia, invece, viene prevista dalla Costituzione solo come una ‘possibilità’, non come un obbligo.

«Trovo quindi assurdo che per la possibilità dell’Autonomia si vada di corsa e ci sia un’attenzione spasmodica, mentre per ottemperare a due obblighi costituzionali non ci sia alcuna fretta. Anche l’idea di permettere delle pre-intese è una fuga in avanti, se non sono finanziati i Lep. Questo modo di procedere non va bene a me e penso non vada bene nemmeno a Forza Italia.

«Ne abbiamo discusso con Tajani in mattinata. Ringrazio lui e i ministri di FI perché è grazie a loro che si era raggiunto quell’accordo, che ora va rispettato. Credo – ha detto Occhiuto – di non parlare a titolo personale. I governatori del Sud hanno le mie stesse preoccupazioni. Anche il gruppo parlamentare ha molti deputati e senatori meridionali che come me non hanno pregiudizi verso l’Autonomia, ma vogliono garanzie sulle risorse per i servizi da fornire ai cittadini. Altrimenti la conclusione è chiara a tutti: l’Autonomia non sarebbe più un’opportunità per il Mezzogiorno».

La posizione critica di Occhiuto merita l’apprezzamento di tutto il Sud: il criterio della spesa storica è la stortura che sta alla base del provevdimento e che verrebbe sanata solo con la parificazione per livelli essenziali di prestazione, ma il problema è che non ci sono le risorse e quindi i LEP costituiscono un serio ostacolo per la riforma ideata da Calderoli. Ma il rischio di far passare il provevdimento rinviando a data successiva il reperimento delle risorse finanziarie per i Lep ci sta tutto.

Sia ben chiaro: il Governo senza i voti di Forza Italia, che si sta mostrando decisamente critica nei confronti del provvedimento, non avrebbe i numeri per imporre una legge che divide ancor più in due l’Italia: Il Nord opulento e ricco, il Meridione povero e destinato a perpetuare una condizione di sottosviluppo, soprattutto nell’ambito del welfare e dell’assistenza.

Inoltre, il progetto di Autonomia differenziata va a scontrarsi con la pacata indifferenza di troppi attori politici del Mezzogiorno che avrebbero dovuto (e dovrebbero) issare muri e paletti contro una legge penalizzante e discriminatoria (c’è da chiedersi, ove passasse, se il Presidente Mattarella la firmerebbe).

Un invito a Occhiuto “a guidare le regioni del Sud alla ribellione pacifica” è venuto da Orlandino Greco, leader dell’Italia del Meridione. «È stata una bella notizia – ha detto il sindaco di Castrolibero – l’aver letto sulla stampa le ultime dichiarazioni del Presidente della Regione Calabria, il quale, svestendo i panni di alleato in coalizione ed indossando la casacca dei calabresi, ha lanciato un monito al Governo ed al Ministro Calderoli sull’autonomia differenziata.

«Quello, infatti, del mancato calcolo e  finanziamento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e dell’istituzione di un fondo perequativo per i territori più poveri, prima dell’approvazione della riforma è uno dei temi cari all’Italia del Meridione: sono mesi, infatti, che lo diciamo in giro per il Sud, nelle piazze e nelle istituzioni.

«Oggi anche il Presidente Occhiuto ha preso consapevolezza dei rigurgiti nordisti della Lega, consapevole della sua autorevolezza istituzionale. Ritengo, infatti, che il momento sia propizio affinché egli guidi la ribellione pacifica delle regioni del Sud. D’altronde è da tempo che molti amministratori del Sud, come il sottoscritto, hanno proseguito il loro impegno politico e civile al di fuori dei partiti tradizionali, in quanto consapevoli degli egoismi trasversali e di parte che hanno connotato lo scenario nazionale fin oggi.

«Questo è il tempo di fare rete tra le migliori energie del Sud per curare gli interessi di tutto il Paese: noi siamo orgogliosamente meridionali, siamo una forza politica autenticamente costituzionale che lotta per abbattere i divari e proprio per questo abbiamo a cuore le sorti di tutti gli italiani, da Bolzano a Siracusa, perché agganciare il vagone dello sviluppo meridionale al resto del Paese significherebbe sconfiggere il nordismo trasversale che attraversa tutti i partiti e costruire un treno ad alta velocità che proietterebbe l’Italia in una nuova dimensione nazionale di mercato e di diritti, rimettendoci al passo dei grandi paesi occidentali».

Diversa la posizione del PD calabrese che beffardamente sostiene che «Sull’autonomia differenziata Roberto Occhiuto recita a soggetto a danno dei calabresi. Si avvicinano le elezioni europee e il presidente della Regione Calabria si affida al teatro». Ricordano i dem della Calabria che Occhiuto «ha già votato a favore dell’autonomia differenziata in Conferenza Stato-Regioni e che nello scorso gennaio tenne con Calderoli una conferenza stampa a Catanzaro, al termine della quale lo stesso Occhiuto disse che “l’autonomia differenziata può determinare occasioni positive per la Calabria”, precisò di “conoscere e apprezzare Calderoli” e sottolineò che, “se c’è uno che può realizzarla, è proprio lui”. Allora Occhiuto aggiunse, con riferimento al disegno di legge in questione del ministro leghista, che è “evidente che si fa carico in qualche modo delle ragioni delle Regioni del Sud”».

«Ormai – sostengono i dem della Calabria – i calabresi conoscono bene il vizio insanabile del presidente Occhiuto, che dice tutto e l’esatto contrario per alimentare il proprio consenso virtuale. L’ambiguità di Occhiuto fa perdere credibilità alle istituzioni. Dunque, il governo Meloni continuerà a prendere decisioni inaccettabili sulla testa dei calabresi, proprio grazie a questo atteggiamento del presidente Occhiuto, politicamente pilatesco, opportunistico e bipolare».

Il presidente del  Gruppo Misto in Consiglio regionale Antonio Lo Schiavo a questo proposito sostiene che la presa di posizione di Occhiuto «arriva tardi e rischia di restare uno sfogo del tutto vano». La Lega – ha detto Lo Schiavo – è finalmente uscita allo scoperto, tradendo gli impegni sui Lep e confermando che i nostri timori erano e sono più che fondati. Dimostrando, qualora ce ne fosse bisogno, che l’operazione in atto mira solo ad aumentare il divario tra Nord e Sud del Paese».

E siamo di nuovo alla “rissa”: se al posto di mantenere una status di conflittualità permanente in Consiglio regionale, ci fosse uno sforzo comune per una risposta chiara e decisa contro l’attuale progetto dell’Autonomia, forse si farebbero gli interessi dei calabresi, mettendo da parte quelli di bottega (e di partito). In Calabria – dev’essere chiaro – serve una forza trasversale e unitaria che alzi unitariamente la voce e pretenda soluzioni immediate e concrete. Diversamente, il divario crescerà ancora e sarà il freno a qualsiasi ipotesi di sviluppo. (s)

DOVE INDIVIDUARE LE RISORSE PER I LEP
NODO CRUCIALE PER LA LORO ATTUAZIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTABagnarsi le mani e scoprire l’acqua calda. Affrontare problematiche con risvolti economici rilevanti e scoprire da giurista il concetto di equità. Con affermazioni anche pittoresche “Sui Lep si è fatto finora “flatus voci”, cioè discorsi privi di consistenza. 

L’audizione del  professore Sabino Cassese, presidente del Comitato per l’individuazione dei Lep, alla commissione Affari Costituzionali del Senato nell’ambito del disegno di legge sull’Autonomia, riserva grandi sorprese. Sembra la reazione di un alieno che, arrivato in Italia,  scopre grandi verità che però sono state assolutamente studiate, diffuse e acquisite dalla maggior parte di coloro che indagano le problematiche del Mezzogiorno e che sono argomento di battaglia intellettuale e politica. 

Per avere contezza basta guardare i tanti lavori prodotti dalla Svimez oltre che i suoi rapporti annuali per rendersi conto che nell’audizione scopriamo la ruota e l’arco. La prima scoperta é che i diritti di cittadinanza nel nostro Paese sono diversi a seconda dei territori in cui si vive, ma che ciò  dipende da una mancanza di conoscenza e dalla carenza di volontà .   

«Ritengo importante il lavoro che è stato fatto» dal Comitato sui livelli essenziali delle prestazioni «perché è stata una esplorazione in una terra incognita».  

Non sorge il dubbio al professore Sabino Cassese che il motivo della mancanza dei Lep e della loro attuazione non sia tecnico, ma economico e conseguentemente politico? Si chiede il professore se è conseguente alla mancanza di risorse? 

In realtà si ma lo risolve facilmente: «Se le risorse sono più limitate, sono più limitate per tutti e se sono più ampie sono più ampie per tutti, questa è una preoccupazione fondamentale della Costituzione». 

Tradotto in cifre significa che poiché gli asili nido a Reggio Emilia, con una popolazione di  169.908  al 31 dicembre 2021, sono 66 e a Reggio Calabria, con 172.479, sono  3 la soluzione consiste, in previsione di crescite contenute o negative, di chiudere 31 asili nido in Emilia Romagna per darli alla Calabria, in modo che l’una città ne abbia 35 e l’altra  34?  O che il diritto dell’agrigentino di fare 150 km in una ora su strada per arrivare a Palermo sarà garantito. O che si avrà la possibilità di una sanità che non costringa a prendere l’aereo?

E tutto questo può accadere senza sconvolgimenti sociali? 

 Ma continuiamo con l’audizione: «Il Comitato per la determinazione dei Lep dovrebbe finire il suo lavoro entro ottobre, poi occorrerà mettere una cifra accanto ai Lep». 

Tutto legittimo ma per arrivare alla conclusione che le risorse necessarie, quantificabili in 100 miliardi l’anno, non ci sono?

Purtroppo nella commissione sono stati coinvolti pochi economisti ed evidentemente la loro mancanza si fa sentire. Cassese in grande buona fede, conoscendo l’uomo,  afferma «La mia prima preoccupazione è stata che non venisse ignorato un solo diritto civile e sociale del cittadino su tutto il territorio nazionale” ed ha poi spiegato  che è stato predisposto un elenco di 223 Lep “primari”, che a loro volta contengono livelli non quantificabili».

Scoprirà presto che saranno solo buone intenzioni, come si sono resi conto che rischiavano di essere strumentalizzati da Calderoli coloro che si sono dimessi dalla Commissione. Gli ex presidenti della Corte Costituzionale Amato e Gallo, l’ex Presidente del Consiglio di Stato Pajno e l’ex Ministro della Funzione pubblica Bassanini non lavoreranno più al progetto: «Non ci sono più le condizioni per una nostra partecipazione. Il nodo sta nell’individuazione delle finanze necessarie per procedere con la riforma e nello scarso ruolo attribuito al Parlamento».

Nell’audizione il Presidente si preoccupa anche dell’aspetto della messa a terra dei Lep, dimostrando che veramente crede che potranno essere attuati: «La quantificazione dei Lep e delle risorse necessarie sono il penultimo miglio, ma c’è l’ultimo miglio da fare e dipende dalla qualità dell’amministrazione che gestisce. I divari di capacità amministrativa in Italia ci sono e non li possiamo risolvere con la definizione dei Lep”…».

Dimentica il grande professore tutta la polemica della diversa spesa pro capite, che se fosse uguale in tutto il Paese porterebbe al Sud una quantità di risorse maggiori di quelle disponibili e pari a 60 miliardi l’anno. Che poi sono la causa della differenza nelle diverse capacità amministrative dei Comuni.

 Come peraltro è stato documentato da diverse istituzioni nazionali e come è stato calcolato dall’ormai in smantellamento dipartimento per le politiche di coesione, problematica sulla quale il Quotidiano del Sud ha impostato una battaglia di conoscenza. 

Introduce poi  un elemento di novità nel suo ragionamento e cioè che i Lep siano strumento per un centralismo. Finora avevamo pensato che autonomia differenziata e conseguentemente i Lep, passaggio subito da Calderoli per attuarla, fossero propedeutici ad un percorso federalista. 

Invece Cassese sostiene che «introducono uniformità e cercano di bilanciare diversità e unità. Dobbiamo equilibrare l’unità con la diversità e a questo servono i Lep. La loro funzione è quella di creare un sistema di valori e cercano di bilanciare le due esigenze che hanno percorso tutta la storia italiana». Risponde così alla domanda «se non ci sia il rischio di uno Stato arlecchino con l’autonomia differenziata», il costituzionalista. 

Mi pare che il nostro Presidente, nel solco del rispetto che si deve ad una legge costituzionale modificata con il titolo V, cerchi di prendere il buono che da essa viene fuori. E certo se l’effetto dell’attuazione dell’autonomia differenziata fosse che i diritti di cittadinanza diventassero simili nelle diverse parti del Paese si sarebbe raggiunto un obiettivo di equità che supererebbe molti dei problemi della dualità che attengono all’Italia. la cosa più probabile é invece che il punto di arrivo dia legittimità alla spesa storica.

Gli obiettivi potrebbero essere virtuosi ma non bisogna dimenticare che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Il timore che ci si limiti all’individuazione e si passi all autonomia pervade molta parte dell’opinione pubblica meridionale oltre che molti studiosi. D’altra parte non bisogna dimenticare che stiamo andando in cordata con chi può tagliare la corda in qualunque momento e che ha interessi, provinciali, contrapposti a quelli del Sud.  (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

BASTA PENSARE ALL’AUTONOMIA, CI SI
CONCENTRI DI PIÙ SU SVILUPPO DEL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTALa forza dei fatti è contro il caterpillar Calderoli. Ce l’ha messa tutta ma, come dice il Vangelo, quando non parleranno le persone parleranno le pietre.
E quello che oggi dicono le pietre è che i Lep non sono, come forse ha ritenuto il Ministro, un fatto tecnico ma un fatto economico.

Mettere insieme una commissione di oltre 60 elementi era chiaro che sarebbe stato inutile, perché una volta calcolati i livelli essenziali di prestazioni poi bisognava trovare il modo di realizzarli.

Non posso credere che il Ministro in realtà fosse così ingenuo da pensare che le motivazioni di diversi diritti alla salute, alla mobilità, alla scuola, derivassero da incapacità tecniche! Troppo navigato per non capire che il tema era essenzialmente economico. Evidentemente sperava di potersi limitare all’individuazione di essi, cosa più semplice della loro attuazione.

Ma il giocattolo gli è sfuggito di mano. Una mobilitazione ha portato ad una raccolta di oltre 100 mila firme per una legge di iniziativa popolare che mettesse in discussione la modifica dell’articolo 5 voluta, inopinatamente e con scarsa visione politica, dal Pd.

Si sono mobilitati i sindacati ma anche le organizzazioni datoriali, giustamente preoccupati degli effetti dirompenti della statuizione dell’esistenza di due paesi, con cittadini di serie A e B.

Molti consigli comunali si sono espressi contro e le preoccupazioni dell’anima centralista di Fratelli d’Italia ha cominciato a nutrire preoccupazioni sugli effetti di una riforma che rafforzava enormemente i governatori a scapito di Palazzo Chigi.

Peraltro anche molti governatori di Forza Italia, che avevano votato a favore della riforma in Conferenza delle Regioni, come Occhiuto e Schifani, hanno poi manifestato in riunioni di partito tutte le loro perplessità su una riforma che stabilisce la cristalizzazione della spesa storica. 

Forse il vero tema sul quale concentrarsi sarebbe quello dello sviluppo del Sud, unico modo perché ognuno si tenga le risorse che produce. Se vuoi evitare di aiutare i tuoi figli l’unico modo è che guadagnino abbastanza per mantenersi autonomamente. Sembra un principio banale che in realtà stenta a diventare patrimonio condiviso.

Un modello di sviluppo che vede una parte che continua a diventare sempre più povera e peggio servita e un’altra che procede, anche se più lentamente di realtà analoghe dei competitor europei.

Una parte che continua ad antropizzarsi sempre più, nella quale si spostano i meridionali in cerca dei diritti di cittadinanza negati nelle loro terre, oltre quelli al lavoro anche quelli ad una sanità adeguata, una mobilità possibile e a un progetto di futuro per i propri figli, mancante totalmente nelle loro aree di origine, con le conseguenze di un utilizzo del suolo sempre più intenso, con l’esigenza di infrastrutturazioni sempre più invasive, come le terze e quarte corsie autostradali.

Probabilmente a livello teorico il principio della convenienza per tutti viene accettato ma poi è quando vi devono essere i comportamenti conseguenti che tutto diventa più difficile.    

Se non si affronta la problematica della sottoutilizzazione del capitale umano del Sud, dove lavora solo una persona su quattro quando il rapporto fisiologico sarebbe perlomeno una persona su due, rimarrà sempre l’esigenza di assistenza di un’area che rimarrà non autonoma ma dipendente a livello economico di quella più ricca, pur avendo servizi molto contenuti e limitati. L’obiettivo è quello di avere la consapevolezza condivisa che una locomotiva non è sufficiente per fare viaggiare ad una velocità adeguata tutto il treno del Paese.

È chiaramente un cambio di paradigma rispetto alle politiche attuate dall’Unità d’Italia in poi. Che prevedono che si sposti l’asse di interesse verso le aree più deboli. A cominciare delle più facili e banali come individuare le città del Sud per i grandi eventi, che servano da date catenaccio per avere certezza sulla definizione dei tanti lavori necessari.

Bisogna convincersi che il Sud non è una palla al piede, ma come la ex Ddr per la Germania, un tesoro da valorizzare con un doppio risultato: quello di non pesare più sul Nord ma anche quello di contribuire alla formazione della ricchezza complessiva. E deve essere chiaro che rispetto a questo progetto non vi è il piano B che aveva immaginato Calderoli, se non si vuole spaccare il Paese. Opzione illogica in un momento in cui già l’Unione Europea è già troppo piccola rispetto ai colossi che si confrontano a cominciare da Usa, Cina e India. (pmb)

[Courtesy Il Quodiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

La Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali incontrano Calderoli

«Il Comitato di 61 esperti a supporto della cabina di regia per l’autonomia differenziata istituita con la legge di bilancio 2023, si va nella direzione giusta ed auspicata dal sottoscritto e dal presidente Occhiuto». È quanto ha dichiarato Filippo Mancuso, presidente del Consiglio regionale, a margine dell’incontro tra il ministro Roberto Calderoli e la Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali.

«Sostengo da tempo – ha ricordato Mancuso – che l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata, nel rispetto dell’articolo 5 della Costituzione che prevede l’unitarietà e l’indivisibilità della Repubblica, è una sfida per la modernizzazione degli assetti della Repubblica, con particolare attenzione alla promozione delle autonomie locali e al soddisfacimento e tutela dei diritti dei cittadini. Una sfida che il Sud deve affrontare a testa alta, esercitando un protagonismo dinamico e propositivo».

«Ci si aspetta l’individuazione del ‘Lep’ – ha concluso – con relativi costi e fabbisogni standard, che vanno garantiti su tutto il territorio nazionale; la fine del metodo della ‘spesa storica’, che da decenni svantaggia il Sud e che, infatti, è superata dal ‘ddl’ approvato dal Consiglio dei ministri il 16 marzo e, al contempo, la definizione (da parte del Parlamento) delle materie e degli ambiti concernenti i Livelli essenziali delle prestazioni».

Per il consigliere regionale Salvatore Cirillo, che ha partecipato all’incontro: «Dall’impegno sinergico del ‘Comitato per l’individuazione dei Lep’, che il ministro Calderoli definisce ‘una piccola Costituente’, finalmente, dopo due decenni dalla riforma del 2001 del Titolo V della parte seconda della Costituzione, si potranno individuare i diritti civili e sociali che le Istituzioni pubbliche debbono garantire ai cittadini ovunque essi risiedano». (rrm)

Bevacqua (PD): Idea di Calderoli di finanziare Lep con Fondi Ue non spesi dal Sud offende il Meridione

Il consigliere regionale e capogruppo del PD, Mimmo Bevacqua, ha evidenziato come «l’idea di Calderoli di finanziare i Lep con i fondi europei non spesi dal Sud non solo rende ancora più irricevibile il suo Ddl, ma è un’offesa alla intelligenza dei meridionali e calabresi».

«La proposta di autonomia differenziata – ha spiegato – per come è stata formulata fin qui non è accettabile, perché ancorata al criterio della spesa storica, non prevede meccanismi di perequazione e non fa chiarezza sui Lep, Livelli essenziali di prestazione. Il ministro, al quale proprio sul punto sono arrivate richieste di chiarimenti dai sindacati e della stessa Conferenza Stato-Regioni, trova una soluzione che aggraverebbe ancora di più il problema. La sua proposta sarebbe quella di finanziare i Lep con i fondi europei non spesi nella programmazione 2014-2020».

«Praticamente – ha sottolineanto – il governo Meloni vuole finanziare i Lep con stanziamenti che sono già delle Regioni del Sud che li perderebbero e, al contempo, non riceverebbero nessun fondo aggiuntivo per i Lep».

«Si tratta di una misura – ha proseguito il capogruppo dem a palazzo Campanella – che non solo penalizza ancora una volta le Regioni meridionali, ma che presenta anche aspetti di incostituzionalità, in quanto le risorse europee sono complementari alla spesa ordinaria dello Stato verso i territori e in nessun caso possono sostituirla».

«Ci troviamo davanti a una proposta non soltanto iniqua e inaccettabile – ha concluso Bevacqua – ma che dimostra, ancora una volta, quali siano le reali intenzioni della Lega e del governo di centrodestra. Tramite l’autonomia differenziata si vuole soltanto premiare il Nord del Paese e affossare in maniera definitiva le regioni meridionali. A tutti i livelli il Pd si opporrà a un simile disegno politico che non può trovare accoglimento». (rrc)

Ferrara (Unindustria): Occorre attrezzare la Calabria affinché diventi punto d’attrazione di investimenti

«Occorre attrezzare la Calabria affinché diventi punto d’attrazione di investimenti non soltanto locali, ma anche nazionali e internazionali». È quanto ha dichiarato il presidente di Unindustria CalabriaAldo Ferrara, all’Agi.

Ferrara, conversando con l’Agi, ha parlato di un anno «ad alto tasso di complessità», invitando a guardare alle opportunità che il nuovo anno già propone. Prima fra tutte la disponibilità di risorse ingenti che, fra Pnrr, Por e altre provvidenze, calcola, porteranno in dote alla regione oltre 10 miliardi di euro. Senza considerare alcune caselle da riempire, attrezzando le 14 Zes (Zone economiche speciali) di cui il territorio calabrese è dotato, a partire da quella, strategica non solo per la Calabria, di Gioia Tauro.

Zes, Por, infrastrutture, credito d’imposta, ha spiegato, «possono essere un bazooka per stimolare investimenti sul nostro territorio anche dall’estero».

Ma è necessario preparare il terreno, in primo luogo dotando il territorio delle infrastrutture necessarie. «Come Confindustria – ha proseguito Ferrara – abbiamo più volte posto al governo nazionale alcune priorità, dall’alta velocità ferroviaria, finanziata con il Pnrr solo per il tratto Battipaglia-Romagnano per un totale di 35 km circa, alla statale ionica. Riguardo alla prima – dice – non si ha notizia del finanziamento del tratto calabrese, indispensabile per ridurre i tempi di collegamento fra Reggio Calabria e Roma da 5 a 3 ore come avviene fra Milano e la capitale. Al riguardo, non si hanno notizie del progetto definitivo e dei tempi di realizzazione».

«Per quanto riguarda la statale 106 – ha detto – ci sono 3 miliardi di lire per l’adeguamento del tratto Catanzaro-Crotone, ma si tratta di soldi spalmati in 15 anni, per i quali la riduzione dei tempi dipenderà molto dalla velocità di implementazione dell’opera. A tale proposito occorrerà procedere, il più velocemente possibile, facendo della ionica un’infrastruttura adeguata alle esigenze della mobilità, sia a fini commerciali che turistici». Sulle Zes si sono compiuti concreti passi in avanti.

«Il nuovo commissario di governo, Giosy Romano, – ha ricordato – ha avviato, con Unindustria Calabria, i road show territoriali ed attivato uno sportello unico informatico al fine di semplificare le procedure per l’ottenimento degli atti autorizzativi all’avvio degli investimenti. Prima, infatti, erano necessari diversi passaggi con enti diversi e lungaggini burocratiche; adesso basta un’autorizzazione unica emessa dal Commissario che provvede alla convocazione della relativa Conferenza dei servizi. È tuttavia necessario che le 14 Zes siano riqualificate al fine di costituire un habitat naturale per ospitare nuovi investimenti produttivi».

«Le Zes – ha evidenziato Ferrara – costituiscono un valore strategico per il territorio ed un’opportunità decisiva per accelerarne lo sviluppo».

«Il futuro è incerto, non sappiamo – ha detto ancora il presidente degli industriali calabresi – se e quando in Ucraina si raggiungerà la pace. Le previsioni di crescita non sono positive, tuttavia, nonostante tutto, anche la Calabria ha registrato nel periodo scorso, segnali di resilienza e vitalità con un’incoraggiante crescita dell’export grazie alla capacità di alcune aziende d’eccellenza di commercializzare i loro prodotti oltre i confini italiani. Si possono attrarre capitali dall’estero facendo un vero e proprio scouting che punti su filiere ad alto valore aggiunto e sulle vocazioni del territorio, come l’agroalimentare».

«L’esperienza di alcune nostre aziende sullo scenario internazionale può incoraggiare investitori stranieri che hanno rapporti con esse. Del resto – ha sottolineato – grandi multinazionali come la Hitachi e la Baker Hughes, che producono, rispettivamente, treni e turbine a gas destinate a tutto il mondo, in Calabria già ci sono, aderiscono al sistema confindustriale calabrese, e sono la dimostrazione di come la nostra regione possa ospitare con successo investimenti di importanti multinazionali.

«Io – ha ribadito – sono convinto che il 2023 possa essere un anno decisivo grazie alle risorse che è possibile mettere a terra. Il governo ha già annunciato misure di semplificazione per il Pnrr e a breve sarà definito il Por nei dettagli. Si tratta di occasioni da cogliere».

«Il Sud – ha detto Ferrara – soffre dello stereotipo delle mafie, ma il problema non solo è nazionale, ma ciò non può essere un alibi per impedire un vigoroso piano di opere pubbliche ed investimenti produttivi. Noi chiediamo controlli rigorosi, affinché i finanziamenti pubblici non vadano ad aziende inquinate dalla criminalità che, peraltro, fanno concorrenza alle aziende sane».

«In Calabria c’è una società civile sana che vuole emergere – ha rimarcato – La soglia d’attenzione, soprattutto nelle stazioni appaltanti più piccole dove la criminalità entra più facilmente, deve essere molto alta». A tal fine, ha detto Ferrara, «è necessario potenziare gli strumenti di monitoraggio e controllo degli organi competenti. Noi abbiamo grande fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine».

Spazio, poi, all’autonomia differenziata: «Nessuna opposizione ideologica – ha detto – aspettiamo di leggerne il testo. Se il principio cardine è valorizzare le specificità territoriali e introdurre un riformismo competitivo che risponde a un progetto paese capace di ridurre i divari e favorisce la convergenza tra le regioni non abbiamo pregiudiziali».

«Certo, occorrono azioni concrete che rendano più efficienti i territori in maggiore difficoltà. Occorre – ha ribadito – garantire i Lep – sottolinea il presidente degli industriali calabresi – con una copertura finanziaria certa ed adeguata che salvaguardino regioni come la Calabria che soffrono di deficit storici e strutturali attraverso il fondo di perequazione».

«Non vogliamo innalzare muri – ha ricordato – ma chiediamo percorsi certi; non chiediamo mance, ma pari opportunità. Investimenti in infrastrutture moderne, apparati amministrativi adeguati, servizi e livelli di prestazione pari a quelli garantiti nelle regioni del Nord».

Per quanto riguarda i Lep (livelli essenziali di prestazione), Ferrara ha spiegato che individuarli «non esaurisce la questione, ma è necessario affrontare anche il tema della correlata copertura finanziaria che dovrà far riferimento ai fabbisogni standard e non già alla spesa storica. Ma, ripeto, di tutto questo – conclude – riparleremo quando si conoscerà il testo della riforma».  (rrm)

L’OPINIONE / Tonino Russo: Prima di autonomia stabilire i Lep e recuperare ciò che è dovuto al Sud

di TONINO RUSSO – Nell’incontro alla Regione sul tema dell’autonomia differenziata con il Presidente della Giunta, Roberto Occhiuto, e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli,  ho ripercorso i passaggi che, dalla legge 42 del 2009, ci hanno portato fino ad oggi. Si sarebbe dovuto realizzare un federalismo efficiente e solidale, rispettoso della Costituzione, superando il criterio della spesa storica, sulla base di LEP, livelli essenziali delle prestazioni, validi per tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale e finanziati in riferimento alla previsione del fabbisogno standard.

Ciò non è mai avvenuto: né per i Lep, né per il Fondo di Solidarietà che avrebbe dovuto sostenere i comuni in difficoltà. Un esempio, considerando due comuni italiani con lo stesso numero di abitanti, Reggio Emilia, 171.000, e Reggio Calabria, 180,000. I dati sono sorprendenti: per l’istruzione, RE spende 28milioni, RC  9. Cultura, RE 21milioni, RC 4. Infrastrutture: RE 54milioni, RC 8milioni. Servizi sanitari: RE 40milioni, RC 17. A RE abbiamo 60 asili nido, a RC 3. Un altro esempio, fresco di stampa. Il Sindaco di Domanico, in provincia di Cosenza, fa un raffronto con Cazzago Brabbia (VA). Spesa per l’istruzione: Domanico, 936 abitanti, euro 21,81 pro capite; Cazzago Brabbia, 815 abitanti, euro 94,12 pro capite. Spesa per viabilità e territorio: Domanico, superficie 23,66 kmq, euro 107,07 pro capite; Cazzago Brabbia, superficie 4,00 kmq, euro 193,01 pro capite.

Insomma, non aver applicato i Lep ha significato impedire anche ad amministrazioni virtuose di offrire servizi ai propri cittadini, più istruzione e cultura, assistenza ai più deboli, di creare lavoro. E quanto è stato sottratto finora al Sud? Quante cose si sarebbero potute fare? Quanti ospedali? Quante scuole? Quante strade, autostrade, porti e aeroporti? Alcune stime parlano di 61miliardi all’anno sottratti al Mezzogiorno, corrispondenti, tanto per dare un’idea, a 600 nuovi ospedali all’anno o a 4.000 km di autostrade o 300 grandi aeroporti e così via.

Dunque, se vogliamo parlare di autonomie, non possiamo dimenticare ciò che venne fatto, a partire dalla Bicamerale del 1997, con la modifica del titolo V della Costituzione ratificato nel 2001 e con il referendum confermativo. Alla luce di quell’esperienza negativa, non possiamo ora permetterci una riforma superficiale. Ci ritroviamo, infatti, ad affrontare un dibattito Nord-Sud che non dovrebbe esistere. Perché non può esistere autonomia se non si stabiliscono Lep e fondo di perequazione. Se si realizzerà il passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei fabbisogni standard, questi ultimi dovranno essere calcolati con attenzione, prendendo a riferimento i livelli essenziali delle prestazioni uguali per tutto il Paese.

Solo su queste basi per la Cisl, nella chiarezza della posizione espressa dal Segretario generale Luigi Sbarra, è possibile considerare come un’opportunità il tema dell’autonomia differenziata. Nell’incontro con il Presidente Occhiuto e il Ministro Calderoli ho ribadito che l’iter legislativo in materia deve svolgersi in modo lineare e partecipato in Parlamento e in un clima di concertazione con le parti sociali, tornando allo spirito del Piano per il Sud presentato a Gioia Tauro nel 2020, che mirava anche a recuperare i ritardi accumulati nella spesa per la crescita del Mezzogiorno.

Ho anche sottolineato che non ci spaventa il regionalismo. La Calabria vanta un patrimonio boschivo superiore a quello della Germania e 800 km di coste, produce energia rinnovabile più di quanto ne consumi, è ricca di risorse idriche, ha un’imprenditoria significativa nel campo agroalimentare. Non andiamo da nessuno con il cappello in mano. Stabiliti i LEP e recuperato ciò che al Sud è dovuto  sapremo crescere e guardare al futuro per il bene non solo della nostra regione, ma di tutto il Paese. (rcz)