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STORIE / LA DONNA CHE SUSSURRA AI FIORI DI LAVANDA

di Francesco Bevilacqua

Secondo la Svimez la Calabria è morta. Da anni ci ammannisce diagnosi da funerale. Ma noi siamo sempre qui. Malconci, certo, ma vivi. A dispetto di tutti e tutto. Nonostante la politica, le pubbliche amministrazioni, gli scoraggiatori seriali e la ‘ndrangheta (guai a distrarsi da questa parolina magica!), che ci inoculano dosi letali di psicofarmaci, droghe ed altre sostanze venefiche, quotidianamente. Al punto che ci hanno immunizzati: sì, i calabresi siamo diventati immuni al brutto, al cattivo, al peggio… e all’idiozia che dilagano (e non solo in Calabria).


A Campotenese, sull’orlo occidentale del meraviglioso piano che divide il Massiccio del Pollino dai Monti dell’Orsomarso, nel bel mezzo del parco nazionale, c’è una giovane donna che di immunizzazione è specialista. Poteva starsene a Bologna, dove studiava giurisprudenza. Ma le mancava la Calabria, il clima, l’aria, il profumo, il cielo… E allora ha deciso di tornarsene giù. Ha lasciato anche casa dei suoi a Castrovillari. Ed è andata a vivere, in splendido isolamento, proprio a Campotenese, per la precisione in contrada Barbalonga di Morano, a 1100 metri di quota, nella casa per le vacanze della famiglia, con intorno una selvatica tenuta di appena due ettari. L’ha trasformata in un B&B e ha cominciato ad accogliere i visitatori del parco. Le sono tornati subito il buon umore e la lucidità mentale. Al punto che si è sposata e ha messo al mondo due figli.
Un giorno poi, mentre cammina per boschi e prati con la madre, trova uno strano fiore profumato e colorato. Lo raccoglie e lo pianta nel suo giardino, bisognoso di essenze resistenti al freddo. Scopre che è una lavanda endemica del Pollino (i botanici interpellati la battezzeranno come Lavanda pyrenaica; Selene, invece, la chiamerà Lavanda loricanda, in onore al Pino loricato). Comincia a coltivarla e a distillare il prezioso olio essenziale che ha reso ricca la Provenza, nel sud della Francia. In famiglia si conserva una sbiadita foto degli anni 40 del 900 che le rivela come, fra Morano e Viggianello, sino a quell’epoca vi erano addirittura delle distillerie industriali di lavanda del Pollino, il cui olio essenziale veniva venduto alla Carlo Erba. Mette su una distilleria professionale, compra altri tre ettari di terreno, trasforma la tenuta in un “Parco della lavanda” (www.parcodellalavanda.it), produce olio essenziale, sapone, candele, sacchetti di fiori essiccati e tante atre cose. E il Parco è sempre gremito di visitatori e scolaresche, soprattutto in giugno e luglio, quando la tenuta si trasforma in una meravigliosa distesa viola sullo sfondo delle cime del Pollino. Al punto che Selene è costretta a chiudere il B&B e a dedicarsi solo alla sua amata lavanda.

Selene Rocco

Ecco, la storia di Selene Rocco – così si chiama la donna che sussurra ai fiori di lavanda – è esemplare. L’amore per la sua terra, il desiderio di bellezza e di poesia, la lucidità mentale ritrovata, un po’ di creatività collegata alla vocazione dei luoghi, l’hanno trasformata in una persona nuova. Magari Selene non contribuirà a far aumentare il Prodotto Interno Lordo (PIL) della Calabria – su cui ci informa la solerte Svimez – ma la Felicità Esterna Netta (FEN) quella certamente sì. E per noi avvelenati dai signori di cui sopra, visitare il Parco della lavanda e capire il messaggio di speranza che ci viene dalla storia di Selene, sarà un formidabile contributo a renderci, se possibile, ancor più immuni e resilienti. Grazie Selene!

Le foto sono dell’autore Francesco Bevilacqua. 

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