di ANNA MARIA VENTURA – Nella splendida terrazza del Grand Hotel San Michele di Cetraro, tra cielo e mare, il 18 agosto 2023 si è svolto l’evento culturale Made in Calabria. Letteratura, Arte e Musica, nell’ambito del “Tirreno d’AMare” festival dei sensi 2023. L’incontro culturale ha avuto come centralità la presentazione del libro “Nuda Io sono Mia”, di Carolina Cesario, edito da Pav, nella collana “Storie di vita”.
Protagoniste dell’incontro: Giusy Caruso, pianista cosentina di fama internazionale, l’autrice del libro Carolina Cesario, la pittrice Assunta Mollo, con l’esposizione di alcune delle sue opere più belle, Raffaella Galizia, con un reading di pagine significative del libro presentato.. A me è toccato l’onore di relazionare sulla fatica letteraria della Cesario. Ho accettato l’invito, quando mi è stato chiesto di partecipare alla presentazione, per diversi motivi. Il primo è la validità e la bellezza del libro stesso, il secondo il piacere di condividerne la presentazione con Giusy Caruso, che rende onore alla Calabria nel mondo. Il terzo è il legame della scrittrice Carolina Cesario, autrice del libro, con la Biblioteca Gullo di Macchia di Casali Del Manco , della quale è Direttrice. Macchia è un mio luogo dell’anima, insieme alla biblioteca e alla casa, diventata Museo, di Fausto Gullo, grande figlio di Calabria, Padre Costituente, Ministro dei contadini.
Nuda. Io sono Mia è un libro di introspezione psicologica, che mette a nudo l’anima della protagonista, io narrante, in un momento della vita, in cui sta per perdersi, per poi ritrovare se stessa, la sua autenticità nella sua solitudine, dimensione nella quale si riappropria di sé e della sua essenza di donna. E’ una scrittura che va nel profondo senza mai perdere leggerezza. Romanzo intimo e appassionato ripercorre il vissuto personale della protagonista, trasformandolo in universale, delinea una storia di appropriazione del sé che parla a tutte e a tutti, uomini e donne, ciascuno nella sua unicità e irripetibilità. Rievoca emozioni e ricordi, intensi ed autentici, che appartengono ad ognuno di noi.
Il libro narra la storia di Mia una donna che si racconta a se stessa. E lo fa attraverso un viaggio interiore che, tra passato e presente, fa emergere sentimenti di nostalgia, solitudine e tanta voglia di ritrovarsi. Affermata, indipendente e molto femminile, Mia manifesta un bisogno interiore molto forte che cerca di affrontare attraverso la ricerca della sua solitudine. È proprio in questi frangenti, quando è sola con se stessa, che riesce infatti a ritrovare il proprio equilibrio e la serenità che sente mancarle. Mia è una donna ancora giovane, piacevole e bella, con un lavoro che la appaga, fa la bibliotecaria in una città del Sud Italia, che potrebbe essere Cosenza, nella sua parte vecchia. Anche i luoghi le sono congeniali: la biblioteca dove lavora, situata in un antico convento con un chiostro sempre pieno di fiori, la sua bella casa con un terrazzo pieno di piante grassocce, le sole che porterà con sé nella sua nuova destinazione, le sole che le consentiranno di mantenere un sia pur minimo legame con la sua vita passata, una volta che deciderà di lasciarsi tutto alle spalle, per vivere la sua nuova vera vita. Solo dopo un lavoro di scavo psicologico all’interno di sé arriva alla consapevolezza che la vita che sta vivendo non le appartiene più, il legame con il suo compagno ha perso di autenticità e, nella solitudine della sua anima, sceglie di realizzare quel bisogno di libertà, che le fa accettare una trasferta di lavoro a Trieste, che diventerà la sua nuova città. Voglio sottolineare che i motivi di estraniazione non sono legati alla fine di un amore soltanto, ma sono ben più profondi e le occorre del tempo per fare la sua scelta. Una costante che l’accompagnerà nella nuova vita è l’amore per il suo lavoro, che resta identico, anzi si arricchisce di nuova linfa. Mia, ha già nel nome il percorso di vita di una donna che afferma se stessa con determinazione, ma con tatto e delicatezza.
L’introspezione è il punto di forza del romanzo, perché la scrittrice delinea con precisione e voluta enfasi, il carattere della protagonista, evidenziandone i sentimenti, le emozioni, la forza.
Quante volte siamo soliti dire, più o meno consapevolmente, di non aver tempo per realizzare le cose che amiamo, siamo soliti lamentarci del “tempo che manca”. Siamo certi, in fondo, che sia il tempo a venir meno alla nostra realizzazione? O forse siamo noi che veniamo meno a noi stessi? Da cultrice del mondo classico, mi viene naturale cercare una risposta nel pensiero di autori, che hanno scandagliato l’animo umano, lasciando una traccia indelebile nello sviluppo della nostra civiltà. Penso al filosofo latino Seneca, che nella prima epistola a Lucilio scrive: “Persuaditi che le cose stanno così come ti scrivo: alcune ore ci vengono strappate via, alcune altre ci vengono sottratte subdolamente, altre ancora scorrono via. Tuttavia la perdita più ignominiosa è quella che si verifica per negligenza”.
Secondo il filosofo le ore che ci vengono strappate a forza, quelle che ci vengono sottratte con l’inganno, quelle che scorrono via, possono esser perdute solo ad una condizione: che noi stessi, prima, siamo smarriti. E Mia, la protagonista del libro, proprio quando inizia ad avvertire questo senso di smarrimento, di insoddisfazione, mentre la vita intorno a lei scorre sempre uguale e apparentemente tranquilla, incomincia a guardarsi dentro e ad avviare un percorso di riconquista di sé.
D’altronde, sempre nel Primo libro delle Epistole a Lucilio, è lo stesso Seneca che, ammonendo Lucilio riguardo allo spreco del tempo e della vita, lo esorta immediatamente a guadagnare una vera conoscenza di sé: “Fa’ così, mio caro Lucilio, riconquistati a te stesso”
Altra citazione alla quale il libro di Carolina Cesario, a mio avviso, rimanda è “Divieni ciò che sei”, da un’ode di Pindaro, che ricorre anche negli scritti del filosofo Nietzsche, a proposito della realizzazione creativa della propria indole in ogni singolo individuo. Decisiva in tal senso è la sperimentazione concreta, che serve a verificare le proprie inclinazioni, i propri bisogni fisici e spirituali, le potenzialità e risorse della propria personalità.
Dalle profondità della storia, e della poesia, ritornando a Pindaro, il poeta ci lancia questo paradossale invito: “Diventa ciò che sei” e, in più, indica la direzione da seguire “avendolo appreso”. Per diventare se stessi, dunque, bisogna fare un cammino di autoconoscenza.
L’idea di un cammino da compiere, partendo da se stessi, per approdare alla propria identità, intesa come conoscenza delle proprie caratteristiche, che rendono unici e inconfondibili, diviene un cardine da cui è impossibile prescindere, pena la perdita del senso e della direzione.
Potremmo dire, anche con Ghandi, che se vuoi cambiare il mondo devi cominciare da te stesso, e per riuscire in questo arduo compito è fondamentale immergersi nella propria realtà interiore e nella propria storia, per accoglierle pienamente: si può cambiare soltanto dopo essersi visti per quello che si è, ed essersi accettati.
E’ evidente che c’è un forte legame tra due importanti massime del mondo antico: «conosci te stesso» e «diventa chi sei». Conoscere se stessi è la premessa per poter realizzare la propria natura. Come facciamo a conoscerci? Ce lo dice proprio Carolina Cesario, in questo bel libro, paradigmatico, in cui fa sapientemente trapelare le sue conoscenze filosofiche, acquisite nel corso dei suoi studi: attraverso il dialogo interno, l’auto-osservazione, le relazioni e la sperimentazione continua ricaviamo costantemente informazioni sulle nostre qualità. Poi occorrono tanti sforzi, ripetuti atti di coraggio e di creatività per avverare ciò che abbiamo intuito. Soltanto comprendendo e vivendo fino in fondo il progetto irripetibile che siamo, per bagaglio genetico innato e per storia personale, possiamo superare i sensi di inadeguatezza cercando di vivere in pienezza il buono, il bello, il vero.
È un libro questo della Cesario che parla al cuore e alla mente, avendo una struttura particolare, che fa scorrere la narrazione su due piani, il primo intimistico e introspettivo, l’altro legato alla realtà quotidiana.
È vero, sembra dirci Mia, la protagonista, il tempo lascia solchi profondi, spezza sillabe, riannodate dalla forza della determinazione, il tempo ha anche silenzi, pause siderali dove avvengono incontri; il tempo ha pieghe anguste dalle quali sgusciano, di nascosto, frammenti della vita che si ricompongono fuori dalla sua morsa; Infine il tempo rapisce volti e luoghi amati, ma esso nulla può nel rifugio dell’essere, sito atemporale, dove volti e luoghi hanno il loro respiro vitale ed in cui l’autrice sa incarnare evocazioni di ritorni di anime.
Con la sua preziosa scrittura celebra la vita Carolina Cesario, dimostrando che la sua protagonista sa andare controcorrente tra le ombre che disorientano il cammino, muovendosi per il mondo, come fa Cassiopea nell’universo sidereo, con lo sguardo verso l’Infinito, nell’attesa di poterlo cogliere, forte della consapevolezza di sé, come si coglie qualcosa che si desidera veramente.
La scrittura di Carolina Cesario è ben costruita, limpida e chiara, elegante e raffinata, di grande impatto e vivida nel trasmettere le immagini alimentate dalle parole, che sembrano scaturire direttamente dalla profondità dell’anima. La narrazione più toccante è quella che si erge dal passato a rievocare ricordi di persone care, che non vivono più, ma fanno sentire la loro presenza in maniera forte, addirittura materializzandosi, ricordi di un’infanzia bella e ricca di affetti, cui aggrapparsi, quando la vita colpisce più forte. Le parole della scrittrice ci fanno riflettere sul fatto che ciascun essere umano è chiamato a dare una risposta personale al perché della propria esistenza. Perché ogni individuo è unico, irripetibile, diverso da qualsiasi altro; ogni storia è unica! Ci dice la Cesario dalle pagine del libro. Mia è solo mia, cioè se stessa.
Questa unicità fa riflettere sulla preziosità di ogni esistenza, di ogni gesto, di ogni comportamento, di ogni sentimento, di ogni anelito, di ogni cosa che appartiene all’esistenza stessa. E, allora, due concetti emergono dalla storia narrata: libertà e responsabilità. L’uomo è libero di esprimere pienamente se stesso, di cercare di dare un senso alla sua esistenza. Ma, nello stesso tempo, ogni uomo ha una responsabilità verso se stesso: perché la sua unicità fa sì che solo lui può essere e agire in quel determinato modo; anche altri faranno le stesse cose ma solo lui può farle in quel determinato modo, solo lui avrà quell’impronta, nessun altro! E dovere morale di ogni essere umano è seguirla quell’impronta, solo così realizzerà se stesso.
Interessante, nel seguito dell’incontro, l’intervento dell’autrice che ha parlato della genesi del libro, scritto durante i mesi di lockdown, dovuto al covid, dell’ambientazione in una città del Sud Italia, che potrebbe essere Cosenza e della professione di bibliotecaria, che accomuna la scrittrice alla protagonista. Molto bello, partecipato e appassionato il reading di pagine significative del libro da parte di Raffaella Galizia, accompagnato da un sottofondo di musiche al pianoforte di Giusy Caruso.
È stata proprio la pianista a concludere la serata con alcuni brani eseguiti dal suo tocco magico sulla tastiera di un pianoforte storico, sul quale la stessa pianista ha imparato a suonare, venuto per l’occasione da Casali del Manco, costruito dal Maestro Pasquale Serra, anch’egli presente in sala. Le note celestiali si sono diffuse in un’atmosfera surreale, fra un pubblico rapito e assorto, mentre il sole tramontava all’orizzonte. (amv)