SANITÀ, ALLA CALABRIA SERVE IL GIUSTO
RIPARTO DEI FONDI, NON PIANO DI RIENTRO

di GIACINTO NANCIIl Ministro della protezione Civile Nello Musumeci ha fatto deliberare al Consiglio dei Ministri la dichiarazione dello stato di emergenza, per la durata di dodici mesi, in relazione alla situazione di criticità in atto concernente il sistema ospedaliero della regione Calabria.

Ciò vuol dire che il piano di rientro sanitario cui è sottoposta la Calabria dal 2009, il commissariamento dal 2011 e i commissariamenti di tutte la Asp e i tre maggiori ospedali regionali da 6 anni non sono serviti a niente. Sembra che la Calabria ha bisogno adesso anche della Protezione Civile, ci manca solo la militarizzazione anche se come commissari abbiamo avuto colonnelli, generali e prefetti.

Come si può pensare che in un anno l’ulteriore “commissario” può risolvere ciò che tantissimi commissari in tantissimi anni non sono riusciti a risolvere visto che si tratta anche di ospedali deliberati nel 2004 (si 2004) e 2007 (si 2007)?

Il dubbio per questa delibera nasce dal fatto che stranamente la Medicina Ospedaliera è l’unica in Calabria che aveva una sufficienza per il punteggio Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) di 69 (la sufficienza per i punteggi Lea si ha con 60 punti e l’optimum a 100 punti). Sarebbe stato più giustificato un provvedimento per la Medicina del Territorio che ha punteggio Lea 40 e la Medicina Preventiva con punteggio 41, entrambi quindi nettamente insufficienti. Forse una attenzione maggiore sarebbe stata più giusta verso questi ultimi due settori della medicina calabrese anche per il fatto che dovrebbero essere migliorati dal Pnrr che però sembra essere applicato aldisotto del 10% con il rischio quasi certo di non fare le 57 case di Comunità, i 15 Ospedali di Comunità e i 19 Centrali Operative Territoriali.

Questi sì che interverrebbero sui reali bisogni dei malati calabresi, specialmente quelli nelle zone interne. L’altra cosa che non quadra è che la richiesta, per la emergenza Ospedaliera e non per quelle Territoriale e Preventiva, sembra sia stata fatta al governo dal Governatore-Commissario alla sanità Occhiuto che sarebbe, in qualità di commissario, responsabile, come i commissari precedenti, della mancata attuazione di quanto richiesto.

Il nostro Governatore-Commissario, nel mese di febbraio, ci ha anche informati che intende ricandidarsi al governo della Regione Calabria e che entro marzo sarebbe terminato il commissariamento della sanità calabrese (nota bene il commissariamento non il piano di rientro).

Il nostro Governatore-Commissario con la richiesta dell’intervento della Protezione Civile coglie due piccioni con una fava, perché si fa campagna elettorale con questa richiesta, può chiedere di non essere più commissario alla sanità calabrese e si può candidare di nuovo alla guida della Regione Calabria, visto che da commissario non avrebbe potuto fare la campagna elettorale in quanto se così fosse potrebbe essere ineleggibile per l’art. 2 legge 2/7/2004 n. 165.

Infine, questo ulteriore commissariamento della Protezione Civile non risolverà i problemi della sanità calabrese perché essi sono dovuti ad un ultraventennale suo sottofinanziamento dovuto ad una scorretta applicazione della legge 662 del 23/12/1996 da parte della Conferenza Stato Regioni.

Che un riparto dei fondi sanitari che va incontro ai reali bisogni delle popolazioni deve essere fatto in base alla presenza del numero delle malattie nelle varie regioni lo aveva detto nientemeno che un ministro della Sanità, Ferruccio Fazio, nel lontano 2011, quando pubblicamente in un comizio aveva annunciato che «entro due anni ripartiremo i fondi sanitari in base alle malattie perché questo attuale (leggi demografico) penalizza alcune regioni (leggi Calabria)….». 

E che in Calabria ci siano molti più malati cronici delle altre regioni è certificato da un decreto del commissario alla sanità Scura il n. 103 del 30/09/2015 e vidimato sia dal ministero dell’Economia che da quello della Salute, nel quale decreto, con tanto di specifiche tabelle, si calcolano in 287.000 i malati cronici in più nei circa due milioni di calabresi che non in altri due milioni di italiani, oggi sono sicuramente molti di più.

Quindi, il Governatore Commissario Occhiuto invece di “programmare” la sua campagna elettorale sulle spalle dei malati calabresi dovrebbe andare alla Conferenza Stato-Regioni, battere i pugni sul tavolo e far si che venga fatto un riparto dei fondi che soddisfa i reali bisogni delle popolazioni.

Se non riesce in questo il Governatore-Commissario dovrebbe chiedere al suo governo di centralizzare la sanità, visto che questo tipo di regionalizzazione crea forti disparità. Abbiamo una legge sanitaria tra le migliori al mondo e quando era centralizzata avevamo sempre una sanità migliore al mondo e per tutti gli italiani. (gn)

[Giacinto Nanci è medico ricercatore Healt Search e medico di famiglia in pensione Catanzaro]

L’OTTIMISMO DI OCCHIUTO SI SCONTRA
CON IL FORTE SCETTICISMO DELLA CGIL

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Difficile immaginare un cambio di passo per i nostri concittadini e per il diritto alla salute quando i paradossi e le lacune che attraversano la sanità sono così profondi». Si può riassumere così il pessimismo espresso dalla Segreteria confederale di Cgil Calabria, all’annuncio del presidente della Regione, Roberto Occhiuto, in merito alla fine del commissariamento della sanità calabrese.

Una notizia, per il sindacato, che «non può suscitare particolare clamore o sollievo in chi conosce quanto le acque in cui naviga la sanità calabrese siano torbide e agitate», soprattutto se permangono i dubbi sui Lea – Livelli essenziali di assistenza e sui debiti contratti.

«Sono stati sanati i debiti e raggiunti i gli standard minimi dei Lea?», ha chiesto la Cgil, ricordando come «la rete ospedaliera attuale è carente e depotenziata, gli ospedali di nuova costruzione chimere di cui non è dato sapere se vedremo mai il completamento».

«Mancano all’appello – ha ricordato il sindacato – centinaia di medici di medicina generale, le guardie mediche scoperte sono innumerevoli, i bandi per le assunzioni stanno andando pressoché deserti, molte ambulanze sono demedicalizzate. Non si ha alcuna certezza del completamento delle Case della Salute finanziate con fondi del Pnrr e che dovrebbero essere operative entro il 31.12.2026».

«La prevenzione è diventata un privilegio e l’emigrazione sanitaria per molti è una scelta obbligata, come lo è rivolgersi alle strutture private all’interno di un sistema che sta andando nella direzione di una vera e propria privatizzazione del sistema sanitario. Il diritto alla salute? In Calabria non è esigibile», ha tuonato il sindacato.

Ma non solo sanità. Sul piatto “Calabria” tantissimi i nodi a cui bisogna trovare una risposta.

Tra questi l’alta velocità, su cui il sindacato punta il dito: «Il futuro della nostra terra e la sua crescita in termini di investimenti e Pil, passa anche dall’A/V ma manca 1 miliardo di euro per il completamento del tratto fino a Praia a Mare, e per il resto del tracciato calabrese? Solo progetti di massima e studi di fattibilità e nessun finanziamento».

«Così come l’elettrificazione della linea ferroviaria jonica che risulta non completamente finanziata fino a Melito Porto Salvo», ha sottolineato la Cgil.

Per adesso, la Regione ha stanziato 198 mln per elettrificare la tratta che parte da Catanzaro Lido a Roccella Jonica. Non un grande passo, ma è già qualcosa per un’area di un territorio che sembra sempre più marginale, quando è stato ripetuto diverse volte che l’Arco Jonico ha delle potenzialità in termini di sviluppo.

Per il Sindacato, dunque, «è necessario che il Mezzogiorno ritorni nelle priorità dell’agenda politica e vengano individuati i fondi necessari alla conclusione dell’Alta Velocità, della 106 Ionica e dell’autostrada nei tratti non ammodernati».

Ma non solo: «Chiediamo, pertanto, il definanziamento del Ponte sullo Stretto e che non venga mai costruito», ha detto la Cgil, ribadendo la propria contrarietà all’opera, definita dal segretario generale Gianfranco Trotta, una «non priorità ma, anzi, assorbe risorse fondamentali che andrebbero, invece, innestate in una geografia infrastrutturale e di viabilità gravemente compromessa che non solo limita la vita dei calabresi stessi, ma pregiudica anche la capacità di attrarre investimenti».

«È ora di ribadirlo in maniera chiara – aveva detto Trotta – e di mettere al bando operazioni non strategiche per la Calabria, che sanno chiaramente di marketing politico e che possono affossare definitivamente i nostri territori assorbendone risorse».

Infine, il sindacato ha ribadito la propria contrarietà e chiesto «il ritiro dell’ipotesi di emendamento presentata da Forza Italia in merito alla proroga per l’estensione del mandato al 31 dicembre del 2027 dei Rettori delle Università con una facoltà di medicina situate nelle regioni interessate da piani di rientri sanitari negli ultimi tre anni». L’emendamento è stato poi ritirato ieri in Senato dai senatori forzisti che l’avevano presentato.

«Si trattava – ha spiegato il sindacato – di una vera e propria ingerenza della politica a cui, a nostro avviso, il Rettore dell’Unical, che ha sempre tenuto a rimanere fuori da logiche di questa natura, non dovrebbe prestarsi. Si tratterebbe tra l’altro di non permettere alle componenti del mondo accademico (docenti, studenti, ricercatori, personale tecnico-amministrativo) di potersi esprimere nei tempi previsti dallo statuto attraverso il voto per l’elezione del nuovo Rettore, facendo passare anche il messaggio che all’interno del corpo accademico dell’Unical non sarebbe possibile individuare un rettore in grado di concludere il percorso avviato».

«Noi non siamo di questo parere e vediamo in questa manovra una stortura democratica che va arginata ed un attentato alle autonomie delle università pubbliche», ha concluso il sindacato. (ams)

Cgil Calabria: Sanità, difficile immaginare cambio di passo con paradossi così profondi

Per la Segreteria Confederale di Cgil Calabria, è «difficile immaginare un cambio di passo per i nostri concittadini e per il diritto alla salute quando i paradossi e le lacune che attraversano la sanità sono così profondi».

«L’annuncio da parte del presidente Roberto Occhiuto dell’uscita imminente della Regione Calabria dal commissariamento non può suscitare particolare clamore o sollievo in chi conosce quanto le acque in cui naviga la sanità calabrese siano torbide e agitate», ha detto il Sindacato, ricordando come «la rete ospedaliera attuale è carente e depotenziata, gli ospedali di nuova costruzione chimere di cui non è dato sapere se vedremo mai il completamento».

«Mancano all’appello – si legge nella nota di Cgil Calabria – centinaia di medici di medicina generale, le guardie mediche scoperte sono innumerevoli, i bandi per le assunzioni stanno andando pressoché deserti, molte ambulanze sono demedicalizzate. Non si ha alcuna certezza del completamento delle Case della Salute finanziate con fondi del Pnrr e che dovrebbero essere operative entro il 31.12.2026. La prevenzione è diventata un privilegio e l’emigrazione sanitaria per molti è una scelta obbligata, come lo è rivolgersi alle strutture private all’interno di un sistema che sta andando nella direzione di una vera e propria privatizzazione del sistema sanitario».

«Il diritto alla salute? In Calabria non è esigibile e ci chiediamo: sono stati sanati i debiti e raggiunti i gli standard minimi dei Lea?», ha aggiunto la Cgil Calabria puntando, poi, il dito anche sull’Alta Velocità: «Il futuro della nostra terra e la sua crescita in termini di investimenti e Pil, passa anche dall’A/V ma manca un miliardo di euro per il completamento del tratto fino a Praia a Mare, e per il resto del tracciato calabrese? Solo progetti di massima e studi di fattibilità e nessun finanziamento».

«Così come l’elettrificazione della linea ferroviaria jonica che risulta non completamente finanziata fino a Melito Porto Salvo. È necessario – ha proseguito Cgil Calabria – che il Mezzogiorno ritorni nelle priorità dell’agenda politica e vengano individuati i fondi necessari alla conclusione dell’Alta Velocità, della 106 Ionica e dell’autostrada nei tratti non ammodernati».

«Chiediamo pertanto il definanziamento del Ponte sullo Stretto – ha continuato il Sindacato – e che non venga mai costruito».

La Cgil, infine, ha ribadito la propria contrarietà e «il ritiro dell’ipotesi di emendamento presentata da Forza Italia in merito alla proroga per l’estensione del mandato al 31 dicembre del 2027 dei Rettori delle Università con una facoltà di medicina situate nelle regioni interessate da piani di rientri sanitari negli ultimi tre anni».

«Si tratta – ha spiegato il sindacato – di una vera e propria ingerenza della politica a cui, a nostro avviso, il Rettore dell’Unical, che ha sempre tenuto a rimanere fuori da logiche di questa natura, non dovrebbe prestarsi. Si tratterebbe tra l’altro di non permettere alle componenti del mondo accademico (docenti, studenti, ricercatori, personale tecnico-amministrativo) di potersi esprimere nei tempi previsti dallo statuto attraverso il voto per l’elezione del nuovo Rettore, facendo passare anche il messaggio che all’interno del corpo accademico dell’Unical non sarebbe possibile individuare un rettore in grado di concludere il percorso avviato».

«Noi non siamo di questo parere – ha concluso il Sindacato – e vediamo in questa manovra una stortura democratica che va arginata ed un attentato alle autonomie delle università pubbliche». (rcz)

SANITÀ CALABRIA, OCCHIUTO ANNUNCIA:
«A BREVE FINISCE IL COMMISSARIAMENTO»

di SANTO STRATI – Sanità in Calabria, fine del commissariamento? Lannuncio lo dà il presidente Roberto Occhiuto durante un incontro/forum alla sede de Il Quotidiano del Sud, promosso dal direttore Massimo Razzi.

È una notizia shock, bellissima, difficile persino da credere. Ma bisogna crederci, visto che sulla Sanità calabrese Occhiuto ci ha messo la faccia e rischia quotidianamente la sua credibilità.

È ottimista Occhiuto, visibilmente provato da un recupero post operatorio che appare troppo lento, e, nella redazione centrale di Castrolibero azzarda che entro qualche settimana la sanità calabrese sarò fuori dal commissariamento. Se lo afferma, non solo ne è convinto, ma evidentemente ha ricevuto le dovute rassicurazioni dal Governo che siamo davvero al traguardo.

Una buona notizia per la Calabria e per i calabresi che dal 2009 sono sotto commissariamento e ne hanno viste di cotte e di crude, tra annunci, incapacità gestionali, promesse e, soprattutto, chiusure di ospedali. Uscire dal commissariamento quantomeno significa poter ricominciare a investire per garantire la salute ai calabresi, che continuano a regalare” milioni (340 secondo lultima stima) ogni anno alle altre regioni, dove vanno a farsi curare in ospedali più “avanzati” e dove, loro malgrado, trovano ottimi medici calabresi.

Si parla dialetto calabrese a Roma, Milano, Pavia, Padova e in gran parte delle strutture sanitarie del Nord: è il risultato degli esodi (molti controvoglia) di ottimi specialisti che hanno dovuto lasciare la propria terra e che nessuno riesce a far tornare (mancano soprattutto le possibilità economiche).

La fine di questorrendo bavaglio alla sanità pubblica potrebbe significare un nuovo slancio tutto a respiro regionale nella gestione della sanità pubblica il cui patatrac – non dimentichiamolo – è stato anche provocato da commissari di Governo inviati dallo Stato, che, però, continua a non volersi assumere alcuna colpa pur avendo gestito, per indiretta persona, lo scandalo di fatture pagate più volte, di ospedali chiusi, di reparti mai aperti, di attrezzature lasciate a morire nella loro obsolescenza senza venire utilizzate alla bisogna.

La storia della sanità calabrese è drammaticamente insopportabile e insostenibile sotto tutti i punti di vista e i rimedi, ad oggi, sono stati troppo blandi se non forieri di ulteriori spese.

Certo, va considerato che la fine del commissariamento non significa che viene annullato il piano di rientro, a cui prima o poi bisognerà venirne fuori, ma è decisamente un grosso passo in avanti per riorganizzare, con responsabilità unicamente regionale, tutto lapparato, mettendo ordine nelle tantissime, troppe, criticità.

Al direttore Razzi – cui bisogna dare atto di avere promosso una intelligente e coraggiosa campagna giornalistica attraverso il Quotidiano del Sud per la sanità calabrese – il presidente Occhiuto risponde mostrando sicurezza: «Sono assolutamente convinto che il commissariamento non sia una buona cosa per il governo della sanità in Calabria, lo ha anche detto la Corte costituzionale due volte. Ho lavorato nei mesi passati per ottenere dai Ministeri affiancanti la possibilità di poter uscire dal commissariamento. Io ho maturato un’esperienza nei palazzi della politica romana e spesso faccio cose che vengono interpretate come strappi. Un esempio sono gli emendamenti».

«Volevo un’assunzione di responsabilità dei Ministeri – ha spiegato – che ci dessero i dati sul punteggio Lea e si esprimessero sulla chiusura dei bilanci e la loro certificazione. Gli emendamenti sono serviti a questo. Li farò ritirare perché ho avuto la rassicurazione da parte del governo che la sanità calabrese uscirà, da qui a qualche settimana, dal commissariamento. E io vorrei che uscisse non per una norma ma per una delibera del Consiglio dei ministri proposta dal Mef e dal Ministero della Salute».

Secondo il Presidente Occhiuto, «Avendo finalmente il governo dei conti e i Lea in crescita, il commissariamento non ha più senso di esistere. Chiaramente rimarremo in piano di rientro, ma il mio obiettivo di medio periodo e quello di uscire anche da questo. Utilizzeremo parte della fiscalità aggiuntiva per colmare il deficit».

«Se noi riuscissimo con i Lea del 2024 ad essere verdi su tutti e tre gli aggregati (ospedaliero, prevenzione e distrettuale) potremmo chiedere l’uscita dal piano di rientro – ha detto –. Altra cosa: ho chiesto al governo di darmi una mano per concludere i tre grandi ospedali. Sibari procede e sarà completato prima della fine della legislatura, a Vibo c’è stato un incontro con il concessionario e aggiorneremo il piano finanziario per accelerare i lavori. Sulla Piana il concessionario ha chiesto 190 milioni in più, noi siamo disponibili ad un aggiornamento del Pef».

«Mi sto assumendo tantissime responsabilità – ha ricordato – e rischio di essere rincorso dalla Corte dei Conti per i prossimi decenni. Però l’ho fatto perché altrimenti non l’avremmo finito. Ho chiesto al governo poteri di Protezione Civile per procedere più velocemente con gli adempimenti previsti. E questo per i tre ospedali più il Policlinico universitario di Cosenza e una parte dell’ospedale di Reggio. Ho fiducia».

Lo scetticismo dei calabresi è duro da scalfire, nonostante liniezione di fiducia e ottimismo del Presidente Occhiuto. Il percorso non è libero da ostacoli e, probabilmente, lAzienda Zero non ha ancora le capacità operative (tipo bacchetta magica…) per sistemare conti e aziende e, soprattutto, poter garantire ai calabresi che vivono in regione e hanno diritto di curarsi adeguatamente vicino ai loro affetti e alle loro case, il livello di prestazioni sanitarie degne di questo nome. È un impegno, non soltanto una promessa, quanto affermato da Occhiuto. (s)

PER LA SANITÀ CALABRESE NON BASTANO
I FONDI PER POTER GARANTIRE LEA E LEP

di GIACINTO NANCIIl dott. Rubens Curia, portavoce di Comunità Competente, nonché autorevole, da molto tempo, operatore anche in ambito sanitario nella regione Calabria ci esorta a smetterla di chiedere solo i giusti finanziamenti per la sanità calabrese negati da trenta anni (per non corretta applicazione della legge 662 del 1996) e di operare comunque per il suo miglioramento indicandoci numerosissime e valide iniziative.

Intanto il sottofinanziamento non è cosa secondaria per come segnalato dallo stesso dott. Curia, quando scrive che la spesa pro capite per un calabrese è più di dieci volte inferiore alla spesa pro capite della regione che riceve più fondi e se si calcola che ciò dura da circa 30 anni si capisce bene che l’ammontare del sottofinanziamento non è di milioni di euro ma di miliardi di euro.

E, comunque, la sua esortazione non dovrebbe essere fatta ai calabresi e ai suoi amministratori ma direttamente al Governo perché, come tutti sappiamo, la Calabria ha la sua sanità commissariata dal 2011 e ha commissariate dal 2019 anche tutte e cinque le sue Asp e i suoi tre maggiori ospedali regionali (gli altri 18 ospedali minori sono stati chiusi in nome del risparmio.) E se dopo tutti questi anni di omni commissariamento (ricordiamo che il commissariamento per definizione è una istituzione di breve durata come per la grande opera della ricostruzione del ponte di Genova fatta in un anno) nel 2023 abbiamo superato perfino i 300 milioni di euro per le spese dei calabresi fuori regione, anche un bambino capirebbe che ci sono problemi al di la della cattiva gestione (sempre dei commissari) non credendo che tutti i commissari inviati in Calabria sono stati degli incompetenti.

A meno che nel loro mandato non ci sia stata solo l’attenzione al risparmio delle spese sanitarie anche perché ogni decreto commissariale, che quindi tratta di problemi sanitari, per poter essere pubblicato non va al ministero della Salute ma va prima a quello dell’Economia che deve valutarne la spesa ed è poi questo Ministero che lo trasferisce a quello della Salute. Della serie l’obiettivo principale è il rientro del presunto deficit sanitario non la salute dei calabresi?

Intanto noi calabresi stiamo pagando un prestito oneroso fattoci dal governo all’inizio del piano di rientro (2009) di 30 milioni l’anno fino al 2040 di cui 20 solo per interessi e 10 di capitale, praticamente usura statale. Nelle indicazioni fatte dal dott. Curia c’è il potenziamento della medicina territoriale ed io, che sono stato un medico di famiglia, ne so qualcosa e vi cito un solo dato: il dott. Battaglia Annibale, medico dell’associazione medici di famiglia Mediass, prima di morire di Covid, in una giornata ha fatto ben 185 accessi (quanti accessi ha in media un pronto soccorso?) cioè ha curato ben 185 dei suoi assistiti (dato verificabile perché il dott. Battaglia era medico ricercatore Health Search e questi dati sono depositati), per cui una riorganizzazione della medicina territoriale andrebbe prima di tutto beneficio dei medici di famiglia oltre che degli assistiti.

Ma la richiesta del giusto finanziamento della sanità calabrese è giustificato da un altro decisivo elemento, e cioè la assoluta maggiore prevalenza delle malattie croniche presenti in Calabria rispetto al resto d’Italia. Per certificare quanto appena detto cito il Dca n. 103 del lontano 30/09/2015 firmato dall’allora commissario al piano di rientro ing. Scura che alla pg. 33 dell’allegato n. 1 così recitava “si segnala maggiore presenza in Calabria di almeno il 10% di patologie croniche rispetto al resto d’Italia”.

Visto che il decreto, vidimato dal ministero dell’Economia e da quello della Salute (della serie tutti sanno), è fornito di specifiche tabelle si è potuto calcolare il maggior numero dei malati cronici presenti in Calabria rispetto al resto d’Italia che era allora di 287.000 e riteniamo che oggi siano di più perché i calabresi sono anche in testa alla classifica per le mancate cure. Ma il Dca aveva anche una specifica tabella sulla comorbilità nella quale noi calabresi siamo purtroppo sempre in testa alla classifica. Comorbilità è quando in una stessa persona ci sono due o più malattie croniche, il che comporta una maggiore spesa sanitaria del caso in cui le due malattie sono in due persone diverse.

Il decreto n. 662 del 1996 prevedeva anche il finanziamento in base alla epidemiologia e alla comorbilità ma non è stato mai applicato prova ne è il fatto che la regione Campania nel 2022 ha fatto ricorso al Tar proprio contro gli ingiusti criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni fatta dalla Conferenza Stato-Regioni. Significativo è anche il fatto che subito dopo questo ricorso al Tar il governo, prevedendo l’accettazione dello stesso, ha modificato lievissimamente i criteri di riparto basandoli, ma solo lontanamente, sul criterio citato dal dott. Curia della “deprivazione”. Concetto questo che già era stato applicato nel 2016 quando l’allora presidente della Conferenza Stato-Regioni on. Bonaccini lo ha annunciato ma in modo (è parola sua) “parzialissimo”.

Ebbene nel 2017 in base a questa “parzialissima” applicazione del concetto di deprivazione alla Calabria sono arrivati 29 milioni di euro e a tutto il sud ben 482 milioni in più. Basterebbe moltiplicare questo dato per quattro e poi per i 30 anni in cui non è stato fatto per capire l’enorme (molti miliardi) sottofinanziamento della sanità calabrese e meridionale. Ovviamente, la modifica non è stata né ampliata né riproposta. Ma c’è un ultimo elemento da tenere in considerazione, ed è il fatto che noi calabresi paghiamo più tasse degli altri italiani proprio a causa del piano di rientro.

Per risanare il presunto deficit sanitario calabrese un lavoratore calabrese con un imponibile lordo di 20.000 euro paga 480 euro di Irpef in più di un altro lavoratore italiano e un imprenditore calabrese con un imponibile lordo di un milione di euro paga ben 10.000 euro di Irap in più di qualsiasi altro imprenditore italiano. Inoltre, noi calabresi paghiamo un’accisa maggiorata sulla benzina sempre a causa del piano di rientro. Della serie il piano di rientro danneggia, oltre alla sanità, anche l’economia calabrese.

Infine una segnalazione circa l’arroganza vera e propria con cui i rappresentanti delle regioni come il Veneto, Lombardia, Piemonte, Toscana Emilia gestiscono i lavori della Conferenza Stato-Regioni, per come riferito a me personalmente da chi ci andava per la Calabria dieci anni fa. I rappresentanti di queste regioni non ammettevano contestazioni alla “loro” ripartizione e minacciavano chi avesse richiesto un giusto riparto dei fondi sanitari alle regioni vere e proprie ritorsioni.

In conclusione ottime sono le indicazioni delle cose da fare indicate dal dott. Curia ma, se dopo 15 anni di omnicommissariamento siamo a questo punto, il cambiamento si potrà avere se 1) si chiude il piano di rientro, 2) si condona l’ingiusto debito che stiamo pagando, 3) si finanziano le sanità regionali in base alla numerosità delle malattie e delle comorbilità nelle diverse regioni e 4) si revocano le ingiuste tasse aggiuntive ai calabresi.

E bisogna far presto perché alla luce dell’autonomia regionale, ai Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) dopo tanti anni di commissariamento mai migliorati, si aggiungerà la mancata applicazione dei Lep (livelli essenziali delle Prestazioni) negli altri campi non sanitari.

Fatto questo, si possono anche lasciare i commissariamenti proprio per dimostrare che la vera causa del disastro della sanità calabrese è stato il miliardario inveterato sottofinanziamento della nostra sanità. (gn)

[Giacinto Nanci è medico di famiglia in pensione dell’Associazione Medici di famiglia]

Il Cdm scioglie l’Asp di Vibo Valentia

Per 18 mesi l’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia sarà affidata a una commissione straordinaria. È quanto ha deliberato il Consiglio dei ministri, «in considerazione della necessità di proseguire nell’opera di risanamento dell’azione amministrativa rispetto agli accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata».

Una decisione che, per il presidente della Regione e commissario ad acta, Roberto Occhiuto, «non ci sorprende».

«L’accesso agli atti chiesto mesi fa era stato un primo chiaro campanello d’allarme – ha sottolineato –. L’Asp vibonese paga decenni di abbandono e di malagestione: per troppo tempo sono state prodotte scorie radioattive che solo grazie all’intervento fermo e deciso dello Stato potremo smaltire più velocemente e in modo efficace».

«Il provvedimento del Cdm si riferisce a fatti avvenuti tanti anni fa – ha proseguito – noi negli ultimi tre anni abbiamo tentato di fare andare avanti un’azienda in enorme difficoltà. Ringrazio il commissario straordinario, il generale Antonio Battistini, per l’ottimo lavoro fatto nell’ultimo anno e mezzo. Sotto la sua gestione l’Asp ha avviato un positivo percorso di risanamento aziendale, con azioni concrete e per nulla scontate: dall’approvazione del bilancio alla stabilizzazione del personale, dalle iniziative per abbattere le liste di attesa alla riorganizzazione della farmacia territoriale, fino al potenziamento della neuropsichiatria infantile».

«L’Azienda – voglio sottolinearlo – si è costituita parte civile proprio nel processo penale ‘Maestrale Carthago’ contro tutti i dipendenti dell’Asp coinvolti, nonché contro gli aggressori del personale sanitario», ha detto Occhiuto, assicurando come «la Regione Calabria e la struttura commissariale che guido sono a disposizione dello Stato: con una proficua collaborazione tra istituzioni riusciremo, ne sono certo, a traghettare l’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia verso la normalità».

Loiero replica a Scopelliti: «Dopo le mie dimissioni bloccate per anni opere indispensabili per sanità»

di AGAZIO LOIEROCerco di chiudere questa polemica fuori dal tempo per non annoiare i calabresi già afflitti da una sanità diventa per molti di loro ormai inaccessibile. Qualcuno mi ha pure telefonato rimproverandomi di non tenere conto di questa realtà drammatica. Chiedo quindi scusa a tutti i corregionali, specie a quelli che non si possono più curare. Qualche parola quindi sul colonnino de Il Quotidiano dedicatomi stamattina da Scopelliti, dopo un paio di giorni di affannose ricerche e di consultazioni, immagino, di gruppo.

L’ex presidente, come usava fare in passato, non ha risposto al mio rilievo, che  ruotava intorno alla nomina del commissario alla sanità. Ruolo che io ho respinto in una difficile riunione del Consiglio dei ministri e lui già nel luglio del 2010, a pochi mesi dalla sua elezione, ha di buon grado accettato. Di fatto ha accettato il potere che emanava quella nomina, infischiandosene del fardello fiscale e del decadimento della cura che dal provvedimento derivavano e che, ancora, pesantemente gravano sulla pelle dei calabresi. Un ruolo di commissario che lui ha tenuto stretto per ben quattro anni nelle sue mani, fino a quando non fu costretto a dimettersi, interrompendo la legislatura.

Questo è il punto a cui dovrebbe rispondere perché questo è storicamente accaduto.

Scopelliti, invece, svia il discorso fatto a Montepaone e afferma che io avrei chiuso 18 ospedali. Non capisco di cosa parli. All’epoca si avviò una politica non di chiusura ma di conversione e di adeguamento di alcuni piccoli ospedali, che erano diventati spesso luoghi di morte. Gli ospedali con 20 posti letto, come testualmente disse all’epoca il ministro Sacconi «sono un pericolo pubblico» perché privi delle competenze tecniche adeguate per affrontare la malattia. Ma c’è sul tema un secondo elemento che Scopelliti, sbadatamente, dimentica.

In quella fase di costante trattativa con il Governo siamo riusciti, insieme all’assessore alla sanità e all’intera giunta che presiedevo, ad ottenere dal presidente Prodi, molto attento ai bisogni della Calabria, un massiccio finanziamento per la costruzione di quattro nuovi ospedali che abbiamo distribuito strategicamente sulla regione.

Un compenso prezioso ottenuto “solo” dalla nostra regione, a dimostrazione di quanto fosse operativa quella Giunta. Ma c’è di più. A seguito di un lavoro forsennato, ero riuscito a consegnare al mio successore, che era appunto Scopelliti, i progetti dei quattro ospedali pronti per andare in gara. Dopo circa 16 anni non è stata posta per nessuno dei quattro la prima pietra. Non voglio apparire irriguardoso nei confronti di nessuno, ma se c’è un elemento che mi rattrista della mia uscita di scena è il blocco per così tanti anni di opere indispensabili per la vita dei calabresi

L’OPINIONE / Giuseppe Scopelliti: Su commissariamento sanità la verità inconfutabile è un’altra

di GIUSEPPE SCOPELLITI – In risposta a quanto affermato, qualche giorno fa, dall’ex governatore Agazio Loiero che, affidandosi a incaute (a suo dire) “versioni confuse e contrastanti”, è intervenuto sul tema del commissariamento della Sanità calabrese, prendendo le distanze dagli eventi che lo hanno determinato, mi preme precisare alcune cose.

In particolare, ricordo all’on. Loiero e a chi, distrattamente, ha ascoltato il mio intervento pubblico rimestandolo e snaturandolo oltremodo come sia inconfutabile che la Giunta Loiero e i Ministeri dell’Economia e della Sanità, nel lontano 2009, concordarono un Piano di Rientro dai disavanzi sanitari finalizzato ad abbattere l’abnorme debito prodottosi fino a quel momento attraverso la realizzazione di una serie di azioni correttive tra cui la chiusura e la riconversione di un certo numero di ospedali.

È altrettanto inconfutabile che, con una delibera di Giunta del 2009, l’ex governatore Loiero decise di chiudere gli ospedali con un numero di posti letto inferiore a 120 (che erano almeno 18!!). È, infine, ulteriormente inconfutabile che il mancato rispetto delle condizioni contenute nel Piano di Rientro e l’immobilismo della Regione (che quelle condizioni aveva accettato e sottoscritto), determinarono l’avvio della procedura di Commissariamento della Sanità calabrese, su proposta di ben tre ministri quali quello dell’Economia, della Salute e dei rapporti con le Regioni.

Il tema da me pubblicamente sollevato, dunque, non è se l’on. Loiero si sia opposto al commissariamento (mi sarei sorpreso del contrario, vista la delicatezza dell’incarico e la prospettiva di un’imminente campagna elettorale) ma il suo ruolo attivo nella redazione, contrattazione e sottoscrizione del Piano di rientro, approvato con delibera di Giunta regionale n. 845/2009 a integrazione e modifica del documento adottato in precedenza dalla stessa Regione (con delibere n. 585/2009 e n. 752/2009).

Per completezza di informazione aggiungo che l’iter si definì con un’ulteriore delibera della Giunta regionale n. 908/2009 avente ad oggetto: “Accordo per il piano di rientro del servizio sanitario regionale della Calabria ex art. 1, co. 180, L. 311/2004, sottoscritto tra il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro della Salute ed il Presidente della Regione Calabria il 17 dicembre 2009. Approvazione”. Ciò che ho espressamente sostenuto durante il dibattito che mi ha visto protagonista qualche settimana fa, dunque, è, semplicemente, che la chiusura dei 18 ospedali attribuita alla mia volontà altro non è stata che la conseguenza degli impegni ineludibili presi da Loiero e cristallizzati nel piano di rientro. Tutto qui…

L’on. Loiero ha, dunque, infranto inutilmente il silenzio cui si era saggiamente affidato negli ultimi tempi, tratto in inganno da un improbabile suggeritore e dalla sua ormai depotenziata memoria. (gs)

[Giuseppe Scopelliti è ex presidente della Regione Calabria]

L’OPINIONE / Agazio Loiero: «La mia battaglia per impedire il commissariamento della sanità»

di AGAZIO LOIEROHo appreso con un po’ di ritardo che l’ex presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, in giro in Calabria per presentare il suo libro autobiografico, ha fatto tappa verso la fine d’agosto anche dalle mie parti. Qui, nel narrare alcuni episodi della sua vita, avrebbe fatto due considerazioni sulla sanità calabrese che suonerebbero, più o meno così.

Se è vero che porto la responsabilità del commissariamento della sanità decisa dal governo Berlusconi, un certo coinvolgimento ricadrebbe anche su Loiero. Le versioni riportatemi sull’evento, che non ha registrato un pienone, sono contrastanti e confuse. Se diamo per buona la versione di uno spettatore, non si capirebbe, alla luce dei fatti, da quali abissi della memoria possa emergere anche una mia responsabilità in questa spinosa questione. Ricordo infatti che all’epoca del conferimento ufficiale del commissariamento nella figura di Scopelliti, avvenuto nel 2010 con il suo pieno assenso, io non ero più presidente della regione.

E visto anche che nessuno, neanche Scopelliti, contestò all’epoca la versione ufficiale dei fatti. Ormai viviamo un tempo in cui le frasi che si lanciano nei dibattiti politici non rispondono più alla verità ma, grazie all’ausilio di una memoria trasandata, all’utilità che se ne trae. Da molti anni, per mia scelta, non faccio alcuna polemica con l’ex sindaco di Reggio Calabria. Dal momento però che io considero quella battaglia da me sostenuta in Consiglio dei ministri per evitare il commissariamento della sanità regionale, una delle più importanti della mia vita politica, forse è utile riportarla nel segno della verità in superficie.

Esattamente come all’epoca i calabresi l’hanno letta sulla stampa nazionale e regionale. Quindi anche su “Il Quotidiano”. Procediamo con ordine. Verso la fine del 2009, a pochi mesi dalla fine della legislatura, fui invitato dal premier del tempo, Berlusconi, a partecipare al Consiglio dei ministri, dove si sarebbe discusso del piano di rientro dal debito sanitario calabrese e quindi sarebbe stato nominato un commissario esterno. Un provvedimento inedito in cui la regione fungeva, come spesso le capita, da cavia. Naturalmente in Consiglio dei ministri mi ribellai con tutte le mie forze a questa ipotesi del commissario.

Non intendo soffermarmi a lungo sui dettagli di quell’aspro confronto. Ricordo solo che i ministri della Lega e anche il ministro della sanità mi attaccarono senza alcun riguardo non solo nei confronti della regione che rappresentavo ma anche nei riguardi del luogo istituzionale dell’incontro. Il Consiglio dei ministri non è il Parlamento dove le forze politiche si accapigliano senza andare per il sottile. Avevo notato, nella mia passata esperienza di ministro, che l’ospite convocato in quella sala austera veniva sempre, anche in presenza di dissenso, circondato da un grande rispetto formale. Devo dire che Berlusconi mi tutelò. Mi concesse il tempo di ribattere, richiamando alcuni ministri che m’interrompevano con frequenza.

Aggiungo per onestà che non mi difesi male. Me lo confermò lo stesso Berlusconi quando, alla fine del confronto, mi accompagnò all’uscita. Avevo approfondito un piano di rientro dal debito come uno studente all’esame cruciale della sua vita. L’avevamo approntato in ogni dettaglio insieme con alcuni bravi dirigenti dell’assessorato alla sanità e con i tecnici dell’Agenas. Non la faccio lunga. Alla fine di un’accesa discussione la figura del commissario esterno, che avrebbe rappresentato un’onta per me e soprattutto per la Calabria, fu scongiurata. A questo punto Berlusconi m’invitò a farmi direttamente carico del ruolo di commissario. Una proposta inaspettata che non nascondo mi mise in difficoltà. Non potendomi consultare con nessuno, dopo qualche secondo di smarrimento, presi una decisione rischiosa.

Risposi che non me la sentivo di accettare la proposta perché, se è vero che il commissariamento, attraverso un articolo della Finanziaria, mi avrebbe offerto la possibilità di nominare tutti i manager della sanità senza l’obbligo di passare dalla Giunta, è anche vero che lo stesso articolo mi avrebbe imposto il blocco del turnover, delle assunzioni e l’innalzamento delle aliquote fiscali dei calabresi al massimo consentito. Troppo pesante per la mia regione. A questo punto i ministri della Lega mi assalirono di nuovo. Quando mi fu data la possibilità di ribattere, affermai che se il governo avesse insistito su quella posizione io mi sarei dimesso seduta stante. Berlusconi probabilmente non se la sentì di registrare in Consiglio dei ministri un atto politicamente così grave. Storicamente mai avvenuto prima. Il Commissario non fu nominato.

Dopo poco tempo mi presentai alle elezioni regionali per un secondo mandato. Fui sconfitto da Scopelliti. Il quale accettò quasi immediatamente la proposta del governo e diventò commissario. Aggiunse il fardello della sanità a tutte le altre deleghe trattenute saldamente nelle sue mani all’atto della formazione della Giunta. Una breve digressione di costume politico. Bisogna riconoscere che l’abitudine, così ricorrente, di trattenere presso la presidenza tante deleghe che non possono essere seguite con profitto, rappresenta un’esibizione di forza congeniale, più che agli uomini politici del nostro tempo, agli stregoni inclini ad esibire un potere primitivo nei confronti della tribù. Da quel lontano 2010 i calabresi pagano aliquote fiscali altissime.

Lo fanno in silenzio da 14 anni perché ormai il loro sentimento prevalente è la rassegnazione. Con un’aggravante: non riescono più curarsi. Una tragedia a cui l’autonomia differenziata infliggerà il colpo finale. (al)

[Agazio Loiero è ex presidente della Regione Calabria]

SANITÀ, PROPOSTA ANCORA UNA PROROGA
PER IL COMMISSARIAMENTO DI OCCHIUTO

L’ipotesi di una ulteriore proroga del commissariamento della sanità in Calabria, affidato al Presidente Roberto Occhiuto proposta con un emendamento dal sen. Claudio Lotito potrebbe diventare un autogol, per restare in ambito di calcio (visto che Lotito è il patron della Lazio). Per una serie di ragioni: da un lato – apparentemente – si potrebbe interpretare come un consenso al lavoro fin qui svolto (e quindi è necessaria una proroga), dall’altro può significare che la politica si arrende all’ineluttabilità di una sanità “commissariata” sine die in Calabria. E se così fosse, non sarebbe una buona notizia per i calabresi che hanno diritto – dopo anni di illusioni e imperdonabili trascuranze – a una sanità degna di quasto nome. Pur avendo fior di professionisti nel campo medico-ospedaliero e di specialisti sparsi tra università e centri privati, la salute dei calabresi non gode di “buona salute” perché una volta mancano gli strumenti (o sono obsoleti e non sono mai entrati in funzione), un’altra volta mancano i farmaci, le attrezzature, i dispositivi, etc. Così non può continuare, anche se – per la verità – l’impegno del Presidente è lodevole quanto gravoso.

Nei giorni scorsi, la consigliera regionale Amalia Bruni (ricercatrice ed ex direttrice dell’Istituto di Neurogenetica di Lamezia Terme) ha ricordato le sue tante sollecitazioni (già durante la campagna elettorale di due anni fa) perché del debito sanitario calabrese se ne facesse carico l’Esecutivo («serve un patto forte con il Governo. Il commissariamento ha prodotto danni. Sul debito prodotto dai commissari non possono rispondere i calabresi, se ne deve occupare il Governo», e lo ha ribadito:  «Bisognava quantizzare il debito e d’accordo col governo nazionale stabilire la parte da pagare che spettava ai calabresi, mentre il resto accumulato in quetsi anni di gestione commissariale sarabbe stato a carico dello Stato».

Adesso, i consiglieri dem di Palazzo Campanella stigmatizzano ancor di più la situazione in una nota abbastanza “feroce”: « Mentre il ministro Schillaci osannava in Cittadella il nuovo corso della sanità calabrese capace di poter conquistare a breve l’uscita dal commissariamento, il presidente della Lazio e senatore di Forza Italia Claudio Lotito depositava un emendamento con l’approvazione del quale si arriverebbe alla proroga di un altro anno del decreto Calabria. E seppure anche Lotito ha sottolineato presunti progressi fatti nella gestione della sanità calabrese, di fatto si prosegue con una legge emergenziale ad hoc che significa esattamente il contrario dell’uscita dal commissariamento e la necessità per la Calabria di essere ancora sotto la supervisione del governo centrale. In buona sostanza Roberto Occhiuto, che pure ha ottenuto i poteri di Commissario ad acta per il piano di rientro dal debito sanitario, che erano mancati ai suoi predecessori, ha fin qui fallito. Per la maggioranza di centrodestra, evidentemente, permane ancora l’incapacità della Regione Calabria e del commissario Occhiuto di legiferare in materia».

Secondo i consiglieri del gruppo regionale dem, «Le notizie apprese a mezzo stampa evidenziano come il senatore Lotito, incaricato dalla Calabria e dal collega di partito Occhiuto, arriva in soccorso con un emendamento che per l’intero 2024 prevede la proroga delle leggi speciali ed emergenziali per la Calabria. E seppure potrebbe esserci anche qualche risvolto positivo da questa proroga, è chiaro che nessun progresso è stato fatto fin qui e che ci troviamo davanti alla situazione di sempre: bocciatura per la sanità calabrese, perché la proroga del decreto riconsegna ad Occhiuto poteri speciali allungando i tempi del commissariamento perché fin qui, è evidente, il governatore non è stato in grado di rispettare il cronoprogramma per fare uscire la Calabria dalla gestione commissariale«.

Detto in altri termini – spiegano ancora i consiglieri dem – «è Occhiuto che non ha fatto “i compiti a casa” e per tramite di Lotito fa chiedere al governo un altro anno di decreto Calabria.  Nell’emendamento si legge che la situazione dei Lea non è gestibile dalla Calabria, che l’erogazione dei servizi minimi è in alto mare e che, soprattutto, le Aziende sanitarie ed Aziende ospedaliere possono continuare ad essere governate da commissari senza dover attingere dalle graduatorie per direttori generali. Se non è una bocciatura politica e generale della gestione della sanità calabrese questa, davvero non sapremmo come altro interpretare l’emendamento Lotito. E vi è pure di più: l’ammissione di un gravissimo errore per quanto riguarda l’impignorabilità per Asp e Aziende ospedaliere sommerse dai debiti. Pesantemente ripresi anche dall’Unione europea – conclude la nota del gruppo del Pd – governo centrale e regionale altro non hanno potuto fare che correggere ed eliminare l’impignorabilità “fraudolenta” fin qui mantenuta in vita per le  Asp. A conti fatti l’emendamento Lotito, utilizzando termini calcistici a lui cari, è un “gol a porta vuota” per l’allungamento sine die del commissariamento della sanità calabrese».

Dal canto suo, il Presidente Occhiuto sbandiera come un grande successo il maxi bando di concorso per la selezione di 263 medici da destinare all’area dell’emergenza di urgenza intra ed extra ospedaliera in tutte le aziende sanitarie e ospedaliere della Calabria: per la prima volta in Calabria – a quanto pare – ci sono più domande che posti a disposizione (i concorsi prima andavano quasi deserti). In effetti, sono pervenute 443 domande, a dimostrazione della forte attrattività del bando e della capacità del territorio – dice Occhiuto – e della sanità calabrese di richiamare l’attenzione di tanti giovani medici, abituati oggi a percorsi lavorativi troppo incerti, e pertanto alla ricerca di contratti stabili.

Secondo il Presidnete Occhiuto, il successo del concorso – uno die più grandi del Paese – è anche merito della chiarezza del percorso del bando», le cui prove indizieranno tra una ventina di giorni.  Sono disponibili 53 posti per anestesisti (90 le domande pervenute), 1 posto in neuro radiologia (12 domande pervenute), 9 in cardiologia (77 domande pervenute), 39 in ortopedia (24 domande), 16 in neurologia pe ril trattamento degli ictus (41), 145 per medicina d’urgenza (189). (rrm)