Il ruolo della buona informazione ai tempi del coronavirus, stop bufale

di ALDO MANTINEO – Siamo tutti, giustamente, pronti a rendere omaggio a quella foltissima schiera di medici, paramedici, farmacisti e, più in generale, di operatori sanitari che in questi giorni così difficili, con “numeri” drammatici (ma non dimentichiamolo mai: sono persone le vite delle quali si complicano maledettamente quando non si spengono), stanno combattendo una strenua battaglia – purtroppo, non di rado, a mani nude. E non è soltanto un modo di dire! –  per difendere la salute di tutti noi. Ci ritroviamo sui balconi per esporre striscioni di incoraggiamento reciproco, per applaudire questo sforzo titanico che si sta compiendo negli ospedali, per intonare canzoni che ci facciano sentire uniti da Bressanone a Portopalo.

Ma proprio per questo mi sembra altrettanto doveroso pensare anche ad un’altra parte di questo che mi piace definire esercito del fare che si sta sbracciando assieme agli operatori della sanità. Penso, ad esempio, a chi comunque è costretto a lasciare casa per andare a lavorare perché impegnato in una delle aziende (piccola o grande che sia non ha davvero importanza) ritenute strategiche, alle forze dell’ordine o a tutta la filiera della logistica, con in testa gli addetti ai trasporti, perché se le persone le possiamo confinare nel (tutto sommato per nulla scomodo) “confino” casalingo le merci invece dobbiamo lasciarle viaggiare e distribuire. E poi, ma non da ultimo, penso a chi ogni giorno ci consente, con professionalità e puntualità, di avere informazioni vere, verificate, affidabili. Penso con riconoscenza a tutti gli operatori del pianeta-informazione – e dunque non soltanto i giornalisti – che con il loro lavoro, con il loro impegno, ci raccontano, ci spiegano, ci fanno emozionare, ci fanno indignare, ci accompagnano per tutta la giornata con le storie che propongono, con le analisi che imbastiscono, con i contributi che sanno ottenere da medici, scienziati e ricercatori. E mi piace accomunare in questo pensiero anche gli edicolanti: migliaia di appassionati lavoratori letteralmente travolti dalla crisi che ha mandato a picco il sistema dell’informazione “tradizionale” basato sui “vecchi” (ma siamo sicuri che siano tali?) giornali di carta e che adesso stanno dimostrando quanto siano invece snodo importantissimo di quel lungo racconto che parte dagli occhi e dal cuore dei cronisti e che, attraverso i mille mezzi tecnici oggi disponibili e le mille professionalità diverse che li guidano, arrivano sino agli occhi e al cuore di ciascuno di noi.

Tra le tante conseguenze che ha prodotto questa emergenza coronavirus che sta così profondamente e rapidamente cambiando le nostre stesse abitudini quotidiane voglio segnalarne una in particolare. La nostra dieta mediatica, cioè il nostro menù di approvvigionamento quotidiano di informazioni da ogni fonte (giornali, radio, tv, web, social…), alla fine dell’emergenza sarà profondamente cambiata. Oggi l’ultima “fotografia” ufficiale ed autorevole che abbiamo è quella del recente rapporto del Censis che ha scattato l’istantanea del 2019 secondo il quale oggi “un terzo degli italiani ha una dieta mediatica ricca ed equilibrata, al cui interno trovano spazio tutti i principali media (audiovisivi, a stampa e digitali): sono il 35,5% nel 2018, ma il dato é stabile perché erano il 35,8% anche dieci anni fa. Le diete mediatiche più complete sono appannaggio della classe dei 30-44enni (41,5%), seguiti da chi ha tra i 45 e i 64 anni (39%), mentre i giovani under 30 si collocano, con il loro 34,4%, al di sotto del dato medio. La spiegazione di questa carenza tra i più giovani é data dal numero di quanti utilizzano tutti i media eccetto quelli a stampa, che in questa fascia d’età arrivano al 52,8%, nettamente al di sopra del 38% riferito alla popolazione totale”.

Ma sarà ancora così? Tra due mesi, sei mesi, un anno, sarà ancora così?. La “fame” di buona informazione, di notizie vere e verificate, oggi filtro efficace quando non argine alle fake news (e quante, purtroppo, ne continuano a circolare!), domani non l’avremo più? Non voglio crederlo. Oggi il mondo dell’informazione, in tutte le sue componenti, è chiamato a fare, se possibile, un ulteriore sforzo contribuendo a costruire da su-bi-to un domani che, da più punti di vista, si annuncia già complicatissimo.  E questo lo si potrà fare soltanto se le aziende editoriali invertiranno la tendenza oggi imperante a tagliare e impoverire le redazioni e torneranno a puntare in via prioritaria su formazione e professionalità. Un giornale, una tv, un sito di informazione, una radio, non è (soltanto) proprietà di una società o di un gruppo editoriale ma dell’intera comunità alla quale “parla”. Ma non basta chiedere agli editori. Occorre che tutti noi, i giornalisti per primi, riusciamo a dare. Anche perché sui social, sul web, ci siamo. Eccome! Come fare? Prendo a prestito l’illuminante decalogo digitale che ha recentemente messo a punto Gigio Rancilio, firma di Avvenire. Come spiega lui stesso nella premessa non è per nulla esaustivo e ciascuno di noi lo può adeguatamente completare e implementare, anche sulla base della propria esperienza. Sia chiaro: vale per tutti, per chi fa professionalmente informazione, per chi si vuol limitare a condividere il proprio pensiero.

1) Il tempo degli altri è prezioso: non subissarli di messaggi, mail, catene, video, post o spam.

2) Ogni volta che stai per postare qualcosa sui social, chiediti: è utile?

3) Se vedi sui social un contenuto dubbio, prima di postarlo verificalo.

4) Se non puoi, non vuoi o non riesci a verificare un contenuto, non condividerlo.

5) Ogni strumento digitale può essere prezioso, ma non abusarne.

6) In questi giorni, più che mai, cerca di non essere aggressivo con chi incontri online. Siamo tutti più fragili.

7) Usa il digitale per rimanere connesso con gli amici. Ma in un modo vero, sincero, profondo.

8) Quando con la tua Rete internet da casa puoi fare tutto, ricordati che il mondo è «online» ma non tutto (anche in Italia molti non sono connessi) e non tutti lo sono allo stesso modo.

9) Questo tempo, più che mai, esige che rispetti gli altri. E che silenzi chi semina odio e falsità.

10) La prima regola per stare bene nel digitale è semplice: applica la buona, antica e sana educazione che ci hanno insegnato da bambini. È analogica ma funziona benissimo anche nel digitale.

Mi auguro – pure alla luce di queste preziose indicazioni – che domani, anche quando questa emergenza sarà alle nostre spalle e inizieremo a “leggere” ciò che è accaduto in questo primo “pezzo” di questo anno bisestile 2020 indossando gli occhiali dello storico e non più quelli del cronista, sapremo distinguere giornalismo vero da ciò che è altro, restituendo al giornalismo autentico quel riconoscimento di un ruolo strategico che sta già ampiamente dimostrando di avere. (courtesy cammino.it])

*Aldo Mantineo, giornalista professionista e scrittore, è stato capo della redazione di Reggio della Gazzetta del Sud. È autore del libro Dire fare Comunic@re (Media&Books, 2019)

L’ex assessore Fragomeni: management a supporto delle Asp commissariate

L’ex assessore regionale al Bilancio e Programmazione economica Maria Teresa Fragomeni, in una lettera aperta alla Presidente Jole Santelli, suggerisce di affiancare un management specializzato agli organi di gestione delle Asp commissariate, anche alfine di velocizzare le evidenti difficoltà burocratiche che sono un controsenso in questa grave situazione emergenziale.

«Gent.ma Presidente – scrive la Fragomeni –, Le scrivo perché preoccupata per la drammatica situazione che stiamo vivendo in queste settimane. Una situazione che ha messo ancora più a nudo le criticità del sistema sanitario su base regionale e che ha fatto capire come ogni regione dovrebbe essere all’altezza di una sanità adeguata a quanto prescrive la nostra Carta Costituzionale. Le scrivo da ex amministratrice, ma anche da cittadina della Locride, zona in cui i servizi sanitari risultano carenti perfino rispetto al non elevatissimo standard calabrese e dove, per giunta, l’ASP di riferimento è stata sciolta per infiltrazioni mafiose.

«Qui nella Locride, storicamente, ma negli ultimi anni ancora di più, la soluzione più diffusa, quando si avevano dei seri problemi di salute, era quella di curarsi fuori ASP, se non fuori regione. In questa situazione di emergenza però, è venuta a mancare anche quest’unica “valvola di sfogo” e, al clima di confusione generato dalle molteplici e non univoche informazioni in tema di profilassi e diffusione del virus, si è aggiunto anche un comprensibile sentimento di angoscia per via del picco di contagi annunciato per fine mese.  Una delle principali fonti di preoccupazione deriva dal fatto che, a guidare tutti i percorsi di prevenzione, contenimento e gestione dell’emergenza, a livello provinciale, ci siano degli organi nominati per (e competenti a) fronteggiare un altro tipo di situazioni, anch’esse gravi, ma di tutt’altra natura. Senza voler entrare minimamente nel dibattito sullo scioglimento degli enti locali, bisogna prendere atto che una situazione eccezionale richiede delle misure eccezionali ed inoltre che, ciò che può andar bene per una regione o per una provincia, potrebbe non funzionare in un’altra realtà territoriale.

«In linea con ciò che è stato fatto a livello regionale (Task force), potrebbe essere d’aiuto affiancare un management specializzato agli organi di gestione delle ASP commissariate e, contemporaneamente, adottare una serie di protocolli che snelliscano e velocizzino sia la filiera gerarchica che le procedure burocratiche. Ciò sarebbe utile soprattutto nei casi delle Aziende del Servizio Sanitario Regionale sciolte per ‘ndrangheta (come attualmente le ASP di Reggio Calabria e Catanzaro) nelle quali, gli organi di gestione straordinaria, individuati per al fine di arginare e combattere fenomeni di corruzione, potrebbero non avere, per evidenti ragioni, equivalenti competenze nella gestione di un’emergenza sanitaria di questa portata.

Ripeto, al netto di ogni altra valutazione, sappiamo bene che, nella la lotta contro questa pandemia, il fattore tempo ha un peso decisivo. La Calabria – la Locride in particolare – ha un ritardo strutturale ed organizzativo ultradecennale, mentre il virus, purtroppo, è maledettamente veloce. Serve quindi un piano anti crisi elaborato da personale specializzato ed in tempi brevissimi, in modo da rendere i percorsi ancora più sicuri nelle emergenze e tranquillizzare la cittadinanza.

«Accanto a richieste come quella dell’esercito (che personalmente ritengo necessaria per il supporto logistico e di personale) sarebbe utile avere un piano che preveda ad esempio la riapertura (o comunque la riqualificazione) di strutture chiuse di recente (nella provincia di RC, ad esempio, come Gioia Tauro o come l’ex ospedale di Siderno) l’utilizzo dei laboratori e delle strutture sanitarie private (e del relativo personale) in sinergia e supporto a quelle pubbliche. Un percorso più chiaro e definito potrebbe mettere in condizione, il personale sanitario, che già in questi giorni sta facendo degli autentici miracoli, di poter operare con maggiore efficienza e sicurezza, dando anche più tranquillità ai cittadini». (dc)

COVID-19 / L’opinione di Eduardo Lamberti Castronuovo (medico e comunicatore)

Pubblichiamo con piacere l’editoriale del prof. Eduardo Lamberti Castronuovo, apprezzato medico, direttore dell’Istituto diagnostico De Blasio, nonché editore dell’emittente televisiva Reggio-Tv. È un’opinione che merita di essere divulgata e la riteniamo un contributo estremamente utile per sottolineare l’impegno straordinario di medici, personale sanitario e parasanitario, collaboratori paramedici, forze dell’ordine, volontari, tutti uniti in un comune sforzo per contrastare l’epidemia da Covid-19.

Callipo dona tutta la sua indennità di consigliere regionale. E gli altri?

L’appello di Pippo Callipo ai consiglieri regionali di donare almeno 6000 euro della propria indennità sta raccogliendo sempre nuovi consensi, anche se ancora manca l’unanimità. Dal canto suo l’imprenditore di Vibo ha deciso di devolvere l’intero importo del mese di febbraio (15 gg.) e marzo a iniziative per l’emergenza. «E noi consiglieri regionali della Calabria? – dice Callipo – Il 28 marzo ci arriveranno i compensi relativi a metà del mese di febbraio e all’intero mese di marzo. Circa 18.000,00 (diciottomila) euro di cui circa il 50% esentasse perché relativi al rimborso spese di esercizio del mandato. Dalle elezioni del 26 gennaio non abbiamo fatto sostanzialmente nessuna attività a parte una istanza firmata da una parte dei consiglieri per chiedere la sconvocazione dell’ultima seduta del Consiglio. Cari elettori, vi ringrazio di questa ricca opportunità che mi avete dato votandomi ma non riesco, in coscienza, a trattenere per me queste somme. Una quota la donerò alla Protezione civile regionale e un’altra quota andrà ad un’associazione che raccoglie fondi a sostegno dell’ospedale di Vibo Valentia. Un grande abbraccio (virtuale) a tutti.
Restiamo a casa e contribuiamo con senso di responsabilità alla lotta contro il Coronavirus». (rrm)

Un nuovo esodo? La Santelli chiude la Calabria
Non si entra o esce dalla regione fino al 3 aprile

Fino al 3 aprile non si entra e non si esce dalla Calabria, salvo comprovate esigenze lavorative legate a servizi essenziali o per gravi motivi di salute. L’ordinanza della Presidente Jole Santelli firmata poco dopo la mezzanotte di ieri è una forma di cautela importante e coraggiosa: non è stato facile decidere un blocco totale, ma l’evolversi in negativo della situazione epidemica (chiusa anche Rogliano e Santo Stefano di Rogliano) non lascia spazio ad altre iniziative. È importante che tutti ascoltino gli appelli, ma soprattutto rispettino l’ordine (è un ordine, non un invito) a RESTARE IN CASA. C’è da fermare il contagio, chiunque può essere veicolo di infezione e il rischio è altissimo, visto che sono molti gli asintomatici che portano dentro di sé il virus.

Dopo l’ordinanza della Regione Lombardia di ieri sera che impone il fermo delle attività dei cantieri edili e la sospensione delle attività degli uffici pubblici, delle attività artigianali e degli studi professionali e prima del nuovo annuncio del Presidente Conte di ieri sera sul blocco totale, la presidente Santelli aveva lanciato un appello al «Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese e al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola de Micheli affinché blocchino un altro esodo che avrebbe effetti devastanti.» Le misure della Regione Lombardia – aveva scritto la Santelli –, «se da un lato rappresentano un’ulteriore stretta al propagarsi dei contagi in Lombardia, possono determinare indirettamente pesanti conseguenze per la Calabria e per tutte le regioni meridionali. Tanti corregionali che lavorano in questi settori, infatti, potrebbero di decidere, così come è avvenuto per gli studenti fuori sede, di rientrare in massa con conseguenze pesantissime per le nostre comunità. La maggioranza dei casi che oggi registriamo in Calabria è stata causata dai rientri dalle persone provenienti dalle zone rosse del Nord Italia che a loro volta hanno innescato il contagio sul nostro territorio».

Accorato anche l’appello rivolto ai tanti che vivono fuori della Calabria. «L’invito ai Calabresi – ha scritto la Presidente Santelli – che lavorano fuori dalla nostra regione, è sempre lo stesso: fatelo per le vostre famiglie, per i vostri cari, fatelo per voi stessi, ma non tornate in Calabria. C’è a rischio la salute di un’intera comunità e un sistema sanitario come il nostro, per quanto siano tanti e grandi gli sforzi per renderlo adeguato, non potrebbe sopportare una nuova ondata di contagi».

Sempre ieri, la Presidnete aveva comunicato che sono 340 i medici che hanno dato la propria disponibilità per essere impiegati durante l’emergenza Coronavirus in Calabria. Di questi 158 sono neo laureati in medicina, non ancora abilitati, ma che possono esercitare la professione, secondo quanto disposto dal decreto “Cura Italia” approvato dal governo.  I restanti 182 sono, invece, medici specializzati e specializzandi, molti dei quali in discipline come medicina interna, cardiologia, pneumologia, anestesia e rianimazione, particolarmente richieste nella gestione dell’emergenza sanitaria. Tali disponibilità ci permetteranno di utilizzare gradualmente il personale medico in base alle necessità e alle aperture programmate degli ospedali Covid sul territorio regionale.  Parallelamente al reclutamento del personale medico, le ASP hanno già dato avvio allo scorrimento delle graduatorie degli idonei per l’assunzione, sempre a tempo determinato, di 270 infermieri e 200 Oss oltre che a biologi e tecnici di laboratorio. «L’assunzione di personale medico e sanitario non medico – ha detto la Santelli – permette di rendere operative tutte le strutture e i posti letto aggiuntivi che la Regione Calabria sta attivando per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Sapere di poter contare su professionisti, molti dei quali giovani e con tanta voglia di fare, rappresenta una speranza nella lotta a questo virus e ci dà forza per proseguire in questo grande lavoro che ci vede tutti coinvolti, ciascuno per la propria parte».

Quindi, dopo il blocco totale annunciato da Conte, la presidente si è vista costretta a ordinare la “chiusura” della Calabria. Proprio qualche giorno fa, la Presidente aveva annunciato con soddisfazione l’allestimento di una struttura modulare con oltre 80 posti di terapia intensiva e subintensiva nell’area adiacente all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Mater Domini di Catanzaro. La struttura, che sarà pronta tra qualche giorno, è realizzata con il coordinamento dell’Agenzia del Demanio e permetterà di affrontare l’emergenza sanitaria. «Grazie a questo intervento – ha dichiarato la Presidente Santelli – saremo in grado di gestire attraverso la connessione con il Policlinico ulteriori 1000 casi di possibile contagio. Questi nuovi posti letto si andranno ad aggiungere ai 141 allestiti negli scorsi giorni in tutta la regione. Stiamo rispettando il programma che abbiamo delineato nei giorni scorsi per affrontare l’emergenza che prevede in più fasi la realizzazione di Centri Covid localizzati in tutto il territorio per ospitare reparti di malattia infettiva, pneumatologia e terapia intensiva. Un ringraziamento particolare va al Commissario Straordinario del Governo per l’Emergenza COVID 19, il dott. Domenico Arcuri e al dott. Antonio Agostini Direttore dell’Agenzia Demanio per aver contribuito in modo fattivo affinché questo progetto possa vedere la luce in tempi brevi». (rrm)

COVID-19 / La grande generosità dei parlamentari reggini Siclari, Tripodi e Cannizzaro

Grande generosità dei parlamentari reggini, il sen. Marco Siclari, e i deputati Francesco Cannizzaro e Maria Tripodi, tutt’e tre di Forza Italia. Hanno donato la loro indennità da parlamentare per aiutare ospedali e presidi medici impegnati nell’emergenza Covid-19. Il sen. Siclari ha destinato la sua indennità per l’acquisto dei presidi sanitari che scarseggiano sia nei diversi ospedali italiani che reggini, e verranno distribuiti negli ospedali di 𝐑𝐞𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐂𝐚𝐥𝐚𝐛𝐫𝐢𝐚, 𝐌𝐞𝐥𝐢𝐭𝐨 𝐏𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐒𝐚𝐥𝐯𝐨, 𝐆𝐢𝐨𝐢𝐚 𝐓𝐚𝐮𝐫𝐨, 𝐋𝐨𝐜𝐫𝐢 𝐞 𝐏𝐨𝐥𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐚. «Serviranno – ha dichiarato il senatore di Villa S. Giovanni – a proteggere i nostri medici, infermieri e operatori sanitari che lavorano incessantemente per curarci dal 𝐂𝐨𝐯𝐢𝐝-𝟏𝟗. Grazie di cuore, a chi tutela la salute e la vita di ciascuno di noi».

La deputata azzurra Maria Tripodi ha devoluto la sua indennità da parlamentare del mese di febbraio al grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria. «L’ emergenza Covid-19 – ha detto –, è drammatica. Ho ritenuto doveroso, compiere un gesto d’amore verso la comunità. La guerra al Covid-19, vede in prima linea anche SindaciAmministratori, pilastri dell’Italia più bella e imprescindibili punti di riferimento anche nel nostro Territorio. Da parlamentare del Collegio ho sentito l’esigenza di rinnovare loro, la mia vicinanza e un sincero ringraziamento per tutti gli sforzi organizzativi, che stanno mettendo in campo insieme alla RegioneCalabria, alla Protezione Civile e alle Forze dell’Ordine a tutela della  , in un’emergenza di tale portata. Più di un pensiero affettuoso va a tutti i cittadini provati dalle necessarie restrizioni, come nel caso di Montebello Jonico. Non abbattetevi, SiamoCalabresi, un popolo tenace e UnitiCeLaFaremo!».

Francesco Cannizzaro
L’on. Francesco Cannizzaro in visita all’Ospedale di Melito Porto Salvo

L’on. Cannizzaro ha ritenuto opportuno donare tutta la sua indennità da parlamentare acquistando 200 maschere facciali bi-tubo per la ventilazione non invasiva che verranno utilizzate nelle Aree Covid-19 e in particolare, così distribuite:  100 a Reggio, 25 a Melito Porto Salvo, 25 a Locri, 25 a Polistena e 25 a Gioia Tauro. Il parlamentare reggino ha fatto anche visita insieme con il direttore dell’Asp di Reggio dott. Antonio Bray agli ospedali di Melito, Locri, Polistena e Gioia. (gsp)

 

 

Covid-19 / Da Garattini, Nisticò e altri scienziati un appello alla Gran Bretagna

Un pressante appello a imitare i provvedimenti adottati dall’Italia per contenere il contagio del coronavirus è stato lanciato dal prof. Silvio Garattini insieme con l’ex presidente della Regione Calabria Pino Nisticò, insigne farmacologo di fama mondiale, all’on. John Bowis, già ministro della Salute inglese. L’appello è stato suggerito dall’ultima ordinanza della Presidente della Regione Calabria Jole Santelli ed è stato sottoscritto da emeriti scienziati italiani, molto conosciuti nel Regno Unito.

Il grido d’allarme degli scienziati al Parlamento inglese, in realtà, è rivolto a tutti i Paesi europei al fine di far adottare le stesse misure restrittive prese dal Governo italiano, all’insegna dell’imperativo Io resto in casa, come anche indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Soltanto così – scrivono gli scienziati – si riuscirà a bloccare in tutta l’Europa la diffusione del coronavirus senza vanificare gli enormi sforzi degli italiani e salvare la vita di milioni di cittadini europei».

L’appello porta la firma di Garattini e Nisticò e dei seguenti scienziati: Sergio Dompè, Presidente della Dompé Farmaceutici, Milano;  Enrico Garaci, già Presidente dell’Istituto Italiano di Sanità;  Orazio Schillaci, Rettore dell’Università Tor Vergata di Roma, Paolo Preziosi, Professore emerito di Farmacologia all’Università Cattolica di Roma; Franco Romeo, Direttore della Scuola di Cardiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma, Massimo Volpe, già preside della Scuola Medica “S. Andrea”, della Sapienza di Roma;  Giovambattista De Sarro, Rettore dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro; Giuseppe Novelli, già Rettore dell’Università di Tor Vergata di Roma; Emilio Clementi, Direttore di Farmacologia all’Università San Raffaele di Milano;  Rocco Bellantone, preside della Scuola di Medicina all’Università Cattolica di Roma.. Ha firmato l’appello anche il presidente emerito della Corte Costituzionale prof. Cesare Mirabelli. (rrm)

Fermare il contagio: Calabresi, restate a casa!
La presidente Santelli chiede aiuto all’Esercito

Ci sono ancora troppi irresponsabili a passeggio per le strade, a trasgredire le tassative disposizioni di restare in casa e il sacrificio di tutti rischia di essere vanificato dall’imbecillità di chi non ha ancora capito quanto è grave e seria la situazione. Occorre bloccare il contagio del coronavirus e lo si può fare se tutti restano a casa, evitano contatti, non affollano le strade, le piazze, se continuano a passeggiare come se non fossimo in piena emergenza. Per questo motivo la presidente Jole Santelli ha scritto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini chiedendo di «inviare sul territorio regionale unità delle Forze Armate a supporto delle Forze dell’Ordine che già, con grande sforzo organizzativo e di efficienza stanno garantendo il rispetto delle misure adottate su numerose aree del territorio». Scrive la Santelli: «Sono tante le famiglie, i giovani, gli anziani, i bambini calabresi che stanno rinunciando alla propria quotidianità, alla propria libertà per tutelarsi e tutelare chi gli sta intorno da questa emergenza sanitaria. Ma sono ancora troppi coloro che trasgrediscono alle prescrizioni e alle ordinanze imposte sia a livello nazionale che regionale, rappresentando un serio pericolo per la diffusione del virus». L’obiettivo – dice la Presidente – è quello di garantire un maggiore controllo preventivo e una più intensa attività sanzionatoria, con particolare attenzione a quei comuni dove sono già in vigore particolari misure restrittive.

La presidente Santelli è stata costretta a firmare un’altra ordinanza «per la prevenzione e il contenimento dell’emergenza sanitaria in corso. Sono ancora in tanti, infatti, – afferma la Governatrice –  coloro che affrontano con superficialità questo momento, mettendo a repentaglio la propria salute e quella degli altri calabresi». L’ordinanza prevede che fino al 3 aprile sono consentiti esclusivamente gli spostamenti individuali temporanei con comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute ovvero le esigenze primarie delle persone, svolte nel tempo strettamente indispensabile. Nell’ordinanza è contenuto un riferimento agli spostamenti con gli animali da affezione che sono consentiti solo in prossimità della propria abitazione.

Le uscite per gli acquisti essenziali, ad eccezione di quelle per i farmaci, vanno limitate ad una sola volta al giorno e ad un solo componente del nucleo familiare. L’eventuale presenza di accompagnatori può essere consentita esclusivamente per motivi di salute o di lavoro, secondo quanto indicato. È vietata la pratica di ogni attività motoria e sportiva all’aperto, anche in forma individuale. Nel caso l’attività motoria, o la passeggiata, sia connessa a ragioni di salute, dovrà essere effettuata in prossimità della propria abitazione ed evitando ogni possibile compresenza di altre persone.

L’ordinanza prevede anche il divieto dell’uso di apparecchi da intrattenimento e per il gioco nelle rivendite di tabacchi. Tutti gli esercizi commerciali dovranno osservare la chiusura domenicale, fatta eccezione per le farmacie di turno e le edicole. Ai sindaci è lasciata la facoltà di disporre, tramite una propria ordinanza, riduzioni dell’orario di apertura al pubblico degli esercizi commerciali, fatta eccezione per chi vende prodotti alimentari e per le farmacie. Ai trasgressori, alla luce della potenziale esposizione al contagio, si applica comunque la misura immediata della quarantena obbligatoria per 14 giorni, attraverso il Dipartimento di Prevenzione dell’ASP territorialmente competente, con le modalità già previste dai precedenti provvedimenti regionali, richiamati in quest’ultima ordinanza.

Perché non è chiaro quanto è importante fermare il contagio? Perché troppi sconsiderati vogliono mettere in ginocchio la sanità calabrese che non sarebbe in grado di sostenere una forte richiesta di terapia intensiva in caso di un aggravarsi del contagio? La situazione calabrese è, grazie al cielo, ancora con numeri che allarmano ma sono microscopici rispetto all’emergenza della Lombardia: bisogna che, però, ci sia la collaborazione di tutti i cittadini. Il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà, come abbiamo già riferito nei giorni scorsi, ha preso drastici provvedimenti negando le strade principali dello “struscio” (via Marina e corso Garibaldi) agli irriducibili della passeggiata ad ogni costo. E analoghi provvedimenti sono stati adottati dal sindaco Sergio Abramo a Catanzaro, e a Vibo, Cosenza, Crotone. Ma, evidentemente, non basta chiudere le strade, serve un’attività di controllo e di dissuasione più forte che, forse, la presenza dell’esercito per le strade potrebbe garantire.

La richiesta di poter contare sull’aiuto dell’esercito era venuta anche in mattinata dal consigliere regionale Graziano Di Natale (Io resto in Calabria) motivata dal fatto che l’impegno ragguardevole prodigato dalle forze dell’ordine presenti nella regione «risulta, tuttavia, limitato dalle carenze di organico che, quindi, non permettono di rispondere adeguatamente e contemporaneamente a tutte le emergenze e richieste che provengono da tutto il territorio.I piccoli Comuni, poi – evidenzia l’esponente politico –, sono penalizzati dalla mancata presenza in loco di unità capaci di fronteggiare la crisi. Sono già, infatti, due i Comuni isolati e controllati con le evidenti e comprensibili difficoltà degli uomini delle Forze dell’Ordine che, da soli, non riescono a garantire l’efficienza che un servizio così delicato richiede».

Il consigliere regionale Marcello Anastasi (Io resto in Calabria) propone, a questo proposito, di «Isolare al più presto i Comuni della Piana di Gioia Tauro prima che sia troppo tardi. Questa richiesta – spiega –nasce dalle notizie delle ultime  ore, che segnalano casi di soggetti positivi al coronavirus, tanto a Gioia Tauro quanto a Rosarno. È necessario prevenire e contenere il più possibile e,  fino a quando si è ancora in tempo, l’alto rischio  del diffondersi dell’epidemia e che la stessa  possa circoscrivere l’intero  territorio pianigiano  con pesanti conseguenze sugli oltre centocinquantamila suoi abitanti. Inoltre, nella Piana di Gioia Tauro, si dispongano con urgenza una tendopoli militare e un ospedale da campo operativo per fronteggiare l’emergenza, a supporto degli ospedali di Polistena, al momento l’unico funzionante, ma non in grado di rispondere totalmente ai bisogni del territorio, e  di Gioia Tauro, sotto dimensionato ormai da tempo, parzialmente  operativo, che  necessita di urgenti interventi di ripristino e di sanificazione. Propone Anastasi: «Per l’accampamento militare, può essere utilizzata  un’area di circa 7000 mq servita da acqua ed energia elettrica messa a completa disposizione da un privato cittadino del Comune di Rizziconi, logisticamente in  posizione centrale nella piana  rispetto ai restanti Comuni. Ciò comporterebbe la possibilità di   creare un Centro Operativo CoVid , per  gestire le attività di contrasto nel territorio della Piana di Gioia Tauro, migliorare la  risposta alle richieste di ogni genere e dalla Protezione civile, dalle associazioni di volontariato, dalla gente comune e soprattutto dai rispettivi sindaci. Quest’ultimi costretti ad amministrare con poche risorse i popolosi e numerosi Comuni, in questo tragico momento, rappresentano una situazione di particolare affanno, non disponendo di  sufficienti  forze per  garantire i vari servizi come quello, per esempio, della vigilanza urbana. Se vogliamo farcela, è necessario far rispettare con maggiore rigore il comportamento personale previsto per ogni cittadino a garanzia della tutela della salute pubblica».

Per contro, va registrata la grande generosità dei calabresi che si stanno impegnando a raccogliere e offrire fondi e donazioni da destinare all’emergenza soprattutto ospedaliera. A questo proposito, riferisce il consigliere regionale Domenico Giannetta (FI) che «Per i Centri Covid-19 istituiti presso i presidi ospedalieri di Gioia Tauro, Polistena, Melito e Locri è in corso la campagna di raccolta fondi #iononaspetto patrocinata dall’ASP di Reggio Calabria in collaborazione con l’Associazione di volontariato Presenza di Palmi finalizzata ad attrezzare gli ospedali delle dotazioni necessarie. Grazie alla grande generosità della nostra comunità che ha già raccolto più di trentamila euro sarà possibile iniziare ad acquistare i primi posti letto, ma la campagna è ancora in corso e intende raggiungere cifre più ambiziose per supportare in modo più incisivo l’allestimento dei presidi. Servono, con urgenza – spiega il consigliere forzista – ventilatori, posti letto attrezzati con materassi antidecubito, comodini e carrelli di distribuzione farmaci per terapia sub-intensiva, le automediche per i tamponi a domicilio e interventi urgenti. L’Asp di Reggio Calabria  – continua Giannetta – ha messo in moto la macchina amministrativa per dotare gli ospedali degli strumenti indispensabili e, parallelamente, si è appellata alla società civile che ha risposto presente nonostante la difficoltà contingente.

«È molto bello e significativo – ha fatto notare Giannetta – che, di fronte all’emergenza, sia emerso, ancora con più forza, il sentimento di appartenenza e mutuo aiuto che caratterizza la nostra cultura sociale. Stiamo attraversando  – sottolinea – uno dei momenti più difficili della nostra storia con degli scenari di crisi che ci preoccupano moltissimo. Si stanno facendo sforzi senza precedenti per attrezzare presidi sanitari decisamente inadeguati alla gestione di una crisi di tale portata, soprattutto dopo anni di commissariamento e di tagli alla sanità. Dobbiamo essere consapevoli che stiamo combattendo una guerra contro un nemico pericoloso e ancora sconosciuto che semina paura, dolore e morte. Ma abbiamo tutti almeno un’arma potente, che è la prevenzione, e poi c’è un’altra arma, quella della comunità. Il sentirsi parte di un gruppo e aiutare chi in questo momento ha bisogno. E gli ospedali, i medici, gli infermieri e tutti gli operatori impegnati in prima linea hanno bisogno di noi. Donare è quindi importantissimo e che in questo momento si stiano rincorrendo campagne di raccolta fondi da destinare agli ospedali è qualcosa che certamente non dimenticheremo di questo momento così difficile».

Anche Pippo Callipo, capogruppo in Regione di Io resto in Calabria evidenzia la grande generosità dei calabresi: «Mi arrivano notizie – ha affermato – da ogni angolo della Calabria di singoli consiglieri comunali, gruppi consiliari o intere amministrazioni locali che fanno donazioni per sostenere chi fronteggia in prima linea l’emergenza Coronavirus. Mi riempie il cuore vedere che il mio appello ha spinto chi rappresenta le istituzioni ad ogni livello a fare gesti concreti di solidarietà. È anche giusto che il politico che vuole dare un contributo, che sieda in un Consiglio comunale o a Palazzo Campanella o in Parlamento, lo faccia a favore di presìdi sanitari o di Protezione civile del suo territorio di appartenenza. A me non interessa avere la paternità di tutto questo e men che meno di gestire in prima persona le donazioni, a me interessa solo che la solidarietà si concretizzi e che ciò avvenga nella massima trasparenza possibile. Non importa quanto, non importa come e non importa dove. Quello che conta, in questo momento difficile per tutti noi, è che chi ricopre cariche pubbliche senta la responsabilità di fare la propria parte a favore della collettività. Quindi uscite allo scoperto e continuate a donare. Se migliaia di medici, di infermieri, di lavoratori, di volontari restano in trincea con coraggio e spirito di sacrificio, a maggior ragione la politica deve aprirsi all’altruismo e dare un aiuto a questo esercito senza armi che giorno dopo giorno, nei nostri ospedali e sul territorio, ci sta rendendo tutti orgogliosi di essere italiani».  (rrm)

 

Accorato appello dei sindaci cosentini al Governo sull’emergenza coronavirus

Un accorato appello al Governo è stato trasmesso da tantissimi sindaci della provincia di Cosenza «affinché la Calabria e i suoi abitanti non siano abbandonati al loro destino».

«Il nostro ruolo – si legge nell’appello che porta la firma di un centinaio di sindaci calabresi – ci impone di invocare – con perentoria fermezza – risposte certe, atti concreti e tempi consoni per scongiurare che l’emergenza del momento domani volga in tragedia. Le notizie che giungono dal territorio, decisamente sconfortanti, non possono essere sottaciute e oggi, ancor più, dovrebbero essere amplificate e portate alla ribalta nazionale: carenza di medici e personale sanitario; inadeguatezza di molte strutture ospedaliere,  insufficienza di posti letto, macchinari e strumentazioni idonee; oltre alla totale mancanza di presidi sanitari di protezione utili al personale per operare in sicurezza.

Il silenzio assordante dei parlamentari calabresi (con limitatissime eccezioni) non trova e non può trovare giustificazione alcuna, così come un Consiglio ed  una Giunta Regionale, nel pieno dei propri poteri e funzioni, diventa non più procrastinabile.

La semplice lettura del “decreto Cura Italia” conclama pienamente le nostre preoccupazioni: l’abbandono al proprio destino del Sud e della Calabria in particolare; in esso, invero, nessuna traccia potrà rinvenirsi di ulteriori fondi e risorse a sostegno dei Comuni impegnati nell’emergenza, ovvero nel doveroso supporto alle popolazioni; ma, ancor più allarmante, nessun impegno preciso, definito e congruo potrà rinvenirsi in merito alle ben note criticità che affliggono la nostra Regione in ambito sanitario.

Appare fin troppo evidente che non possano avvallarsi, né tollerarsi, atti, scelte e decisioni che penalizzino ulteriormente la nostra terra e non diano puntuale riscontro alle legittime aspettative di difesa del bene più prezioso: la salute.

Avvertiamo forte il dovere -rectius- l’obbligo di tutelare le nostre comunità, rilanciandone il grido di allarme e denunciare il grave ritardo degli aiuti necessari. Facciamo appello affinché, con assoluta d’urgenza e senza ulteriori indugi, attesa la gravità della situazione il Governo:

A) invii le necessarie ed indispensabili dotazioni sanitarie per salvaguardare, innanzitutto, gli operatori medici e paramedici;

B) rifornisca e destini agli ospedali calabresi -sin da subito- uomini, mezzi e strumenti idonei, aumentando i risibili e limitati posti di rianimazione attivi, ricorrendo anche ad interventi speciali e straordinari;

C) riapra all’uopo – in via straordinaria – gli ospedali chiusi, le strutture dismesse e quelle inutilmente riconvertite, nell’anno 2010, al fine di aumentare il numero di posti letto in terapia intensiva, potenziando nel complesso la rete ospedaliera anche nelle aree interne;

D) coadiuvi e supporti i Comuni, le Forze dell’Ordine ed i Volontari di Protezione Civile, con nuove risorse, adeguati mezzi e dispositivi di protezione individuale, di cui -ancora oggi- i medesimi risultano totalmente sforniti.-

E) valuti ed accolga – qualora ricorrano i presupposti – la messa a disposizione di strutture, medici e paramedici, così come avanzata ed offerta da imprenditori privati che operano nel campo della sanità calabrese;

Noi, evidentemente, siamo qui, sempre pronti, con grande senso di responsabilità a rispettare gli impegni assunti, al servizio delle nostre comunità; altrettanto ci aspettiamo dai nostri governanti.  La Calabria, attende le dovute risposte; la nostra gente non può essere abbandonata al proprio destino».  (rcs)

COVID-19 – 10 idee per la Calabria: riavviare o riconvertire le industrie medicali dismesse

Dal Movimento 10 idee per la Calabria viene un’interessante proposta di progetto pilota per la riconversione o il riavvio di industria dell’area sanitaria abbandonate o parzialmente in disuso. In un articolato documento il Movimento guidato dal prof. Domenico Gattuso espone una strada percorribile, che sottoponiamo ai lettori.

«Diventa sempre più chiaro, in questo tempo di pandemia che stiamo vivendo, – si legge nel documento – che dovremo prepararci ad affrontare le trasformazioni che ci attendono perseguendo un approccio diverso alla vita, alla produzione, alla gestione delle risorse, guardando all’interesse collettivo e abbandonando la logica dell’accumulazione insensata di capitali da parte di pochi profittatori.

Occorre ripartire da noi, anteponendo i diritti dei cittadini a quelli delle multinazionali in tutti i campi, dal lavoro dignitoso alla sanità e ai servizi pubblici, ai rapporti sociali, alla produzione di beni e servizi in modo eco-equo-sostenibile. In questa ottica generale, nel mentre combattiamo le difficoltà del presente, sarebbe cosa buona attivarsi per non restare impreparati nel momento in cui bisognerà ripartire. Giocare d’anticipo è fondamentale.

Nel Dpcm “Cura Italia”,  il 16 marzo scorso, il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli ha individuato misure straordinarie per le imprese al fine di fronteggiare l’emergenza sanitaria, assicurare la fornitura delle strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere, implementare il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da virus. Sono previste forme significative di sostegno finanziario per riconvertire strutture per la produzione di mascherine, ma questo approccio dovrebbe riguardare anche tutti gli altri dispositivi di protezione individuale.

In tale contesto rientra la possibilità di far ripartire strutture che già operavano nell’ambito di queste produzioni e che nel tempo sono state abbandonate. Con due finalità: rispondere in modo rapido ed efficace all’esigenza di arginare la piena del Covid-19, avviare un’esperienza produttiva che possa offrire prodotti di primaria importanza per la salute anche dopo la fine dell’emergenza. In allegato si avanza una proposta, a mo’ di caso emblematico, relativo a due aziende che nel recente passato, nell’area industriale di Reggio Calabria (S. Gregorio), producevano mascherine, tute e numerosi altri articoli destinati all’ambiente ospedaliero chirurgico.

L’ipotesi può rappresentare un’opportunità di sviluppo legata ad un settore di produzione di estremo interesse, immediato e futuro. Recuperare i capannoni, riconvertirli, insediare una nuova moderna catena produttiva moderna, può essere un modo per reagire in modo concreto all’emergenza e contribuire a costruire una speranza collettiva. E in tal senso sollecitiamo le forze imprenditoriali e le forze di governo a dare concreto riscontro ed assumere iniziativa operativa. Nel nostro Movimento esistono molte qualificate competenze; siamo disposti a metterle al servizio della comunità e dei soggetti imprenditoriali, in termini di volontariato, da subito.

L’emergenza ha mostrato che la nostra vita può cambiare radicalmente in pochi giorni. Potrebbe cambiare nel prossimo futuro anche in meglio, se proviamo a dare alle nostre esistenze nuove fondamenta e a guardare a nuove prospettive di  vita con occhi diversi. Valorizziamo le cose positive che stiamo riscoprendo: la solidarietà, il rispetto per gli anziani, l’aria pulita, il silenzio, le strade senza auto, i ritmi di vita rallentati, lo spazio per tornare a riflettere e pensare, una vita sociale più cooperativa e libera dal consumismo».

Ecco la proposta pilota:

Lo scenario

«L’emergenza Corona Virus ha fatto emergere in tutta la sua drammaticità gli errori strategici commessi negli ultimi decenni  dalla programmazione industriale del nostro paese. La scelta di delocalizzare o addirittura abbandonare produzioni sulla sola base della valutazione dei costi di produzione, dei bassi margini o del loro basso contenuto tecnologico si è rivelata drammaticamente perdente in questi giorni. Non disporre di linee di produzione nazionali ci ha fatto trovare oggi completamente disarmati non solo di fronte alla inattesa, crescente domanda del mercato interno ma anche e soprattutto di fronte alle analoghe esigenze degli stessi paesi produttori, i primi ad essere colpiti dall’emergenza Covid-19, e degli altri paesi europei nei quali invece l’emergenza sta montando. Per esempio la valutazione fatta dalla Protezione civile di un fabbisogno di 90 Milioni di mascherine al mese già sembra di difficile soddisfazione e potrebbe anche essere sottovalutata se il trend del contagio non dovesse migliorare rapidamente e se altri fattori, ad oggi non prevedibili, non dovessero limitare nel tempo lo stato di emergenza

Come è naturale i paesi produttori hanno prima pensato a soddisfare la domanda interna ed anche le ventilate, anche se mai dimostrate, denunce di alcuni media di tentativi di accaparramento da parte di alcuni stati di prodotti destinati ad altri non può lasciare tranquilli. Anche se questa azione non è stata effettivamente messa in atto, nessuno può escludere che nell’eventualità del precipitare dello stato di emergenza, evento che nessuno oggi può escludere, non porti uno o più governi a pensarci seriamente. D’altra parte è ufficiale il tentativo fatto dagli Stati Uniti di accaparrarsi in esclusiva il diritto di disporre del vaccino in fase di sperimentazione in Germania oltre che per ragioni squisitamente economiche anche nell’evidente consapevolezza che probabilmente non ci sarà la capacità di produrne da subito a sufficienza per tutti.

Il capo della Protezione civile Angelo Borrelli ha annunciato l’ipotesi di riconvertire strutture per la produzione di mascherine ma questo approccio dovrebbe riguardare anche tutti gli altri dispositivi di protezione individuale.

In tale contesto può la Calabria proporsi per contribuire nel breve termine al superamento di una emergenza epocale? Forse è utile ricordare che nell’area industriale di Reggio Calabria, in località San Gregorio, hanno operato sino al 1992 le aziende APSIA Med e TEPLA Med che impiegavano circa 150 lavoratori. Costituivano  un gioiello di fabbrica ristrutturate e gestite dalla GEPI. Gli operai, sigillati nelle loro tute bianche con calzari e cappellini, operavano in ambienti completamente asettici. La diversa gamma di prodotti, infatti, era destinata all’ambiente ospedaliero chirurgico; di conseguenza, la qualità era un must. All’inizio degli Anni Novanta, la GEPI cominciò, sul piano nazionale, a vendere le aziende a privati. APSIA e TEPLA furono affidate a mani incaute di manager siculo-napoletani, referenti di una holding con sede in territorio elvetico. In meno di due anni (1991-92), entrambe le Società sparirono dal mercato.

Analisi della soluzione proposta

L’ipotesi avanzata è che dalla crisi possa nascere un’opportunità di sviluppo legata ad un settore di produzione di estremo interesse, immediato e futuro. Recuperare i capannoni, riconvertirli, insediare una nuova moderna catena produttiva.

Le due imprese APSIA Med E TEPLA Med erano localizzate nel polo industriale di  San Gregorio, Via dell’Industria

Area industriale di San Gregorio (RC)

 

L’area dista pochi Km dall’aeroporto di Reggio Calabria, 10 Km dall’imbocco dell’autostrada Salerno Reggio Calabria e 20 Km dall’ imbarcadero per la Sicilia del porto di Villa San Giovanni. Da un punto di vista logistico gli stabilimenti si trovano quindi in una posizione ottimale per rifornire in tempi rapidissimi tutto il Sud Italia, inclusa la Sicilia, ed eventualmente anche zone più remote grazie alla prossimità con l’aeroporto.

Approccio operativo proposto

Al fine di rendere operativo l’avvio della produzione nei tempi più rapidi possibili ed in linea con quelle che sono le esigenze della situazione di emergenza in atto si potrebbe procedere attraverso una Joint-Venture tra un pool di imprenditori locali ed un’azienda italiana o estera in grado di mettere a disposizione il know how e le certificazioni necessarie per avviare la produzione, anche in deroga alle norme meno rilevanti in relazione allo stato di emergenza che si sta vivendo come peraltro previsto dal Dpcm Cura Italia del 16 marzo.

La Joint-Venture acquisirebbe i locali ed i macchinari necessari anche facendo ricorso alle misure straordinarie previste dal Dpcm Cura Italia. Per quanto riguarda la forza lavoro l’ipotesi è di attingere alla base percettrice di Reddito di Cittadinanza da assumere con contratto a termine per il periodo a copertura della produzione in che comunque dovrebbe essere assicurata nelle forme che saranno previste dalle procedure per tutta la durata dell’emergenza. Il contratto sarebbe poi trasformato a tempo indeterminato per al quota di lavoratori coerenti con il piano industriale che verrebbe redatto per garantire la sopravvivenza nel mercato della Joint Venture anche dopo l’emergenza.

Opportunità per il territorio

Una tale proposta costituisce una soluzione che, se da un lato è utile per contribuire alla produzione straordinaria in questo periodo emergenziale, dall’altro può costituire un’opportunità per far ripartire un’area industriale che tante illusioni aveva scatenato ai tempi del Piano Colombo, ma che poi aveva visto progressivamente svanire ogni speranza occupazionale e di sviluppo per la città di Reggio Calabria. E’ inutile infatti ricordare che il livello occupazionale in tutta la Calabria e nell’area della Città Metropolitana di Reggio Calabria sta decrescendo a valori drammatici a causa della mancanza di opportunità di lavoro, anche per i giovani di elevata scolarità. Secondo dati Istat, il tasso di migrazione dalla Calabria verso altre Regioni è il più alto d’Italia. Si stima che circa 4/5000 giovani lascino la Regione ogni anno e più o meno altri 10.000, pur essendo residenti, lavorino in Regioni del centro-nord o all’estero.

Tale iniziativa quindi può costituire un tassello per ravviare e sostenere nel tempo la ripresa dell’occupazione e della produzione in un’area già oggi in condizioni drammatiche e quindi ancora a maggior rischio per le conseguenze di quella recessione paventata da tutti gli economisti come conseguenza del terribile momento che stiamo vivendo».  (rrc)