di GIOVANNI MACCARRONE – Il Governo e le Regioni sembrano sempre pronte a prendere posizione sull’aggravarsi dell’emergenza cinghiali (nome scientifico “Sus scrofa”)
Visti i provvedimenti presi finora, e i risultati, dobbiamo purtroppo dire che soluzioni rapide ed efficaci per risolvere il problema rimangono ancora una mera chimera in questa nazione.
È fuor di dubbio, infatti, che ancora oggi l’attività dei soggetti istituzionali coinvolti si sta dimostrando totalmente insufficiente.
I cinghiali si stanno moltiplicando oltre misura causando problemi molto seri. Si pensi, in particolare, al disturbo e al pericolo per i cittadini che frequentemente si trovano a contatto diretto con questi animali in ambiente urbano.
A chi non è mai capitato di vedere un animale di questo genere materializzarsi all’improvviso sulla strada mentre si è alla guida del proprio veicolo (la velocità massima dei cinghiali è pari a 40 km/h) oppure mentre si sta portando il proprio cane a spasso?
Nel periodo tra il 2015 ed il 2021 è stato poi accertato che la presenza del cinghiale in Italia ha recato circa 120 milioni di euro di danni nel settore agricolo (Ispra, 2023).
infine, è noto che i cinghiali sono responsabili della diffusione di diverse malattie al bestiame e alle persone (in particolare, Epatite E, Febbre suina classica, Febbre suina africana e altre malattie).
Tutti sono quindi d’accordo che bisogna intervenire per contenere la popolazione dei cinghiali. Ma nessuno – dico nessuno – sente l’esigenza di affrontare seriamente il problema sopra segnalato.
Eppure il controllo e il contenimento della fauna selvatica trovano il proprio riferimento normativo nella legge. n. 157 del 1992 recante “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” che all’art. 1 stabilisce che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale.
Ne deriva da quanto sopra che la titolarità del diritto di proprietà di talune specie selvatiche (tra cui il cinghiale), in quanto patrimonio indisponibile, spetta allo Stato.
Quindi lo Stato è il proprietario dei cinghiali, mentre il monitoraggio, gestione e riqualificazione faunistica viene demandata alle Regioni e alle Provincie autonome.
Ciò si ricava dalla citata legge n. 157 che di recente ha subito importanti modifiche da parte dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 447-449, L. n. 197/2022): si pensi all’intera sostituzione dell’articolo 19 (Controllo della fauna selvatica) e al nuovo articolo 19-ter (Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica).
Con specifico riferimento alla specie Sus scrofa (cinghiale) il comma 2 dell’articolo 19 dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 stabilisce che “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la tutela della biodiversità, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. Qualora i metodi di controllo impiegati si rivelino inefficaci, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura. Le attività di controllo di cui al presente comma non costituiscono attività venatoria”.
Pertanto, in conseguenza di quanto sopra, il controllo della fauna selvatica è ammesso anche: per le Provincie autonome di Trento e Bolzano; per la tutela della biodiversità, della pubblica incolumità e della sicurezza stradale; nelle aree protette e in quelle urbane; nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto (normalmente ne è consentito l’abbattimento nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio)
Per siffatti motivi, la Regione e le Provincie autonome di Trento e Bolzano adottano un apposito piano di controllo. Tale piano può intervenire anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto.
Ma oltre a quanto sopra, la citata legge di bilancio 2023 ha aggiunto anche l’articolo 19-ter, il quale prevede in materia il Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica.
Esso costituisce lo strumento programmatico, di coordinamento e di attuazione dell’attività di gestione e contenimento numerico della presenza della fauna selvatica nel territorio nazionale mediante abbattimento e cattura ed è di durata quinquennale.
La sua adozione deve avvenire entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023) con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, sentito, per quanto di competenza, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Il piano di cui sopra ha poi necessità di essere attuato e coordinato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, che possono avvalersi, con l’eventuale supporto tecnico del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma dei carabinieri, dei cacciatori iscritti negli ambiti venatori di caccia o nei comprensori alpini, delle guardie venatorie, degli agenti dei corpi di polizia locale e provinciale muniti di licenza per l’esercizio venatorio nonché’ dei proprietari o dei conduttori dei fondi nei quali il piano trova attuazione, purché’ muniti di licenza per l’esercizio venatorio .
Con Decreto del 13 giugno 2023, pubblicato in G.U. Serie Generale n. 152 del 1° luglio 2023, il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, ha adottato il Piano Straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica.
Relativamente ai rapporti intercorrenti tra il predetto piano straordinario e i piani di controllo si prevede espressamente che “Il piano costituisce pertanto il primo momento di pianificazione, cui farà seguito l’adozione dei piani regionali ai sensi dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992 che dovranno recepire i contenuti del piano straordinario. Qualora abbiano già approvato i predetti piani, le regioni provvedono, ove ritenuto necessario dalle medesime, all’integrazione dei piani esistenti o in corso di approvazione in base alle previsioni contenute nel presente Piano straordinario. Le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ai sensi dei rispettivi statuti speciali e relative norme di attuazione. Nelle more della citata verifica, che dovrà avvenire non oltre centottanta giorni dall’approvazione definitiva del presente Piano straordinario, continuano ad essere vigenti i piani regionali già approvati”.
Per completezza di esposizione si cita anche il Decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana – la norma prevede che regioni e province autonome adottino un piano regionali di interventi urgenti (Priu) per la gestione, il controllo e l’eradicazione della peste suina africana nei suini di allevamento e nella specie cinghiale che preveda gli obiettivi annuali del prelievo esclusivamente connessi al contenimento della peste suina africana.
Tale piano è sostanzialmente finalizzato alla gestione dei cinghiali anche nell’ottica della prevenzione della peste suina africana.
Pertanto, nei limiti della predetta competenza, e salvo le diverse misure rese necessarie dal contenimento della peste suina, gli stessi PRIU dovranno essere integrati con le prescrizioni del piano straordinario, ove ritenuto necessario.
Da ultimo, si richiama la “possibilità per i Sindaci di esercitare il potere di ordinanza su interventi di controllo e rimozione della fauna in ambito urbano al ricorrere dei presupposti indicati agli articoli 50 e 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”.
Come possiamo intuire dalle considerazioni di cui sopra, sarebbe opportuno, oltre che improcrastinabile, attivare quanto previsto dalla citata normativa di settore.
Eppure né la Regione, né tantomeno i Comuni hanno provato negli ultimi anni a porre rimedio a una situazione in cui i danni all’agricoltura sono sempre più ingenti, gli incidenti stradali sono aumentati enormemente e lo spettro della peste suina è alle porte.
Per tutto questo tempo si è continuato a ragionare come se il prelievo selettivo fatto su richiesta di qualche cittadino fosse l’unica soluzione possibile.
Per la vera e propria gestione e limitazione della popolazione, la sola selezione o l’attività venatoria non sono in grado di ridurre la pressione esercitata dai cinghiali sul territorio.
È vero che, secondo la recente normativa, “il contenimento delle presenze di cinghiali andrebbe prioritariamente perseguito attraverso l’attività venatoria”, ma è anche vero che l’obiettivo di forte riduzione della presenza dei cinghiali può essere raggiunto diversamente.
Per il cinghiale, viene in generale stabilito il prelievo prioritario per classi di sesso ed età al fine di ridurre numericamente le classi delle femmine e dei giovani esemplari, il che permette di limitare le capacità riproduttive di talune specie problematiche, riducendone la presenza. Nel Piano è riportato un elenco non esaustivo degli strumenti più efficaci a tale scopo (reti, gabbie, trappole, fucili a canna liscia o rigata, ottiche di mira anche a imaging termico, a infrarossi o intensificatori di luce, con telemetro laser, termocamere archi, telenarcosi, camera di induzione per eutanasia, ecc.).
Potrebbe essere utile a tal fine anche creare un database europeo sulle popolazioni di cinghiali implementato da una raccolta di informazioni georeferenziata che incroci dati sulla morfologia del territorio e sull’uso che si fa del suolo (agricolo, urbano, forestale), con i dati sulle locali popolazioni di cinghiali, ottenute con i diversi metodi
Il tutto dovrebbe essere fatto con il concreto coinvolgimento, oltre che degli istituti scientifici, anche di un altro “soggetto” interessato all’argomento “cinghiali”: le associazioni ambientaliste ed animaliste, portatrici di interessi pubblici e non privati.
Per concludere, è il caso di sottolineare che non è nostra intenzione demonizzare l’animale in sé, che non è certamente un assassino, ma è palese che – come si è potuto sopra notare – il cinghiale risulti essere un problema sotto diversi punti di vista.
Per cui non è più tollerabile che gli organi preposti continuino a temporeggiare nell’affrontare questa emergenza.
Ricordiamoci che il cinghiale non è solo la simpatica bestia che Asterix e Obelix inseguono per cena, non canta e scherza come Pumbaa nel Re Leone (e sarebbe pure ingiusto citare, guardando alla letteratura contemporanea, la morte di Re Robert Baratheon che avviene nel primo volume del Trono di Spade proprio a opera di un cinghiale).
Speriamo bene. (gm)