Jova batte Muccino: quando prevale la passione e la gioia…

di  SERGIO DRAGONE  – La differenza? La passione e la gioia. Jova batte nettamente Muccino, ma non è solo questione di visualizzazioni (anche se 120.000 in 24 ore non sono proprio da buttare via). E’ la felicità che batte la retorica, l’ingenuità che batte la cinica iper professionalità.

Il video “Alla salute”, girato da Jova tra Scilla e Gerace, è un inno alla gioia di vivere, un tripudio di colori, una festa corale di popolo. Il corto del celebre Gabriele, “Calabria, terra mia”, è invece un prodotto che tende alla perfezione tecnica, ma che non sprigiona emozioni, che percorre vie narrative scontate e incerte, con qualche improbabile licenza linguistica del protagonista (il suo “dove vuoi che ti porto?” è diventato un cult). Niente da dire su Raoul Bova, attore bravissimo che in questa stagione ha sbancato l’auditel con il suo don Massimo, sequel di don Matteo.

Ma vuoi mettere la carica emotiva di Jova, la sua capacità di intrufolarsi nell’anima calabrese e diventare, sia pure per 4 minuti, “uno di noi”, uno che balla sulla barca dei pescatori di Scilla e poi guida tra i vicoli di Gerace la banda e i giganti di cartapesta!

Sarà che Scilla è il mio luogo dell’anima, ma confesso di essermi emozionato nel guardare Jova sulla barca multicolorata e la Chianalea sullo sfondo.

Quello di Scilla è un mare che parla, che racconta, che emana suoni misteriosi, che custodisce segreti.  Si può restare per ore, incantati, a guardare il frangersi delle onde sulle case della Chianalea, con l’acqua blu cobalto che si insinua tra i piccoli canali che separano le costruzioni. Si sente l’eco

delle grida di leggendarie figure mitologiche nascoste nelle grotte o, più semplicemente, dei richiami pittoreschi che si scambiano sulle imbarcazioni i “cacciatori” di pesce spada.

Ecco, Jova ha capito di trovarsi nel luogo della leggenda ed è riuscito immediatamente a stabilire un feeling con l’ambiente e con la gente.

Il suo volto, in molte riprese, è apparso veramente colmo di felicità. Non fingeva, non recitava. La festa di popolo lo ha conquistato e lui ha restituito, grazie all’accorta regia di Giacomo Triglia, quella carica vitale che nasce dalla tradizione.

La Calabria di Jova è profondamente diversa da quella di Muccino. Entrambe le rappresentazioni mirano a rompere lo stereotipo di terra di mafia e regno dell’arretratezza. Ma mentre il corto di Gabriele contiene una visione patinata, il video di Jova affida ai colori e all’allegria le speranze di una terra e di un popolo. Bravo Lorenzo! (drs)

Spirlì: Il corto “Calabria Terra Mia” di Muccino sarà arricchito

Il presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì, ha reso noto che «stiamo arricchendo la prima versione del corto Calabria Terra mia di Gabriele Muccino con immagini aggiuntive che presenteranno ancora meglio una Calabria che ha voglia di farsi conoscere e di farsi visitare da tutti i popoli del mondo».

La casa di produzione cinematografica Viola film, su richiesta della Regione, apporterà modifiche al cortometraggio presentato lo scorso ottobre alla Festa del Cinema di Roma.

«Ringrazio Alessandro Trapani, Alessandro Passadore e tutti i soci di Viola film per aver accolto la nostra richiesta. Allo stesso tempo – ha spiegato Spirlì – ringrazio Muccino per aver avuto il garbo di continuare quest’opera per portarla finalmente a termine. In questi giorni, la troupe è stata anche nella Certosa di Serra San Bruno, nella Villa romana di Casignana e a Mammola, nel Musaba del grande Nik Spatari e della splendida e incandescente Hiske Maas».

«Queste nuove riprese sono molto importanti. Avevamo la necessità – conclude il presidente – di aggiungere alcune “spezie” in una pietanza che era stata già confezionata. La nostra terra svela sempre un’anima nascosta e sotterranea in un secondo momento». (rcz)

‘CALABRIA TERRA MIA’ CONQUISTA LA RETE
DIVIDE, MA GIÀ 500.000 VISUALIZZAZIONI

Gabriele Muccino è un Re Mida che trasforma in oro tutto quello che tocca. Anche quando fa flop. In appena due giorni, il tormentato corto “Calabria, Terra Mia”, scritto e diretto dal regista più pagato al mondo (Fonte People With Money), ha superato di slancio il mezzo milione di visualizzazioni. Potenza del nome e potenza delle virulenti polemiche che hanno salutato l’uscita – si badi bene senza alcun lancio promozionale o spinta sui social – degli otto minuti più contestati della storia del cinema. Numeri destinati a salire ancora di più nei prossimi giorni.

Il conteggio delle visualizzazioni è, d’altronde, approssimativo e non sempre è facile stimarle con esattezza. Solo sulla pagina facebook dell’assessore Gianluca Gallo, uno dei primi, se non il primo a pubblicare il “corto”, ne sono state totalizzate più di 260.000 alle ore 8 di sabato ottobre.

Molto significative le visualizzazioni sulla nostra testata, Calabria.Live, oltre 50.000 alla stessa ora e si consideri il nostro speciale target fatto di calabresi sparsi in tutto il mondo.

Altissimo il numero delle visualizzazioni, ad esempio, su Catanzaro Informa, oltre 75.000. Sempre superiori alle 10.000 le visualizzazioni su molti siti calabresi e italiani.

A questi numeri bisognerebbe aggiungere le visualizzazioni sui siti nazionali di Corriere della sera, Repubblica e altre testate che hanno pubblicato però solo uno spezzone di circa 1 minuto.

È assai probabile che già all’inizio della prossima settimana il mini film con Raoul Bova e Rocìo  Munoz Morales possa toccare il traguardo del milione di visualizzazioni, pur in assenza di una qualsiasi strategia di comunicazione.

Questo senza entrare più di tanto nel merito delle polemiche che hanno accompagnato la presentazione del “corto” e, ancor di più, sui compensi, da molti ritenuti esagerati, mentre gli esperti del settore li giudicano in linea con il “tariffario” del superpagato regista italiano.

Si scontrano due scuole di pensiero. Quella prevalente, composta in massima parte dai calabresi residenti, giudica molto negativamente il prodotto per le lacune, gli errori, le dimenticanze e il taglio. Gli ammiratori di Muccino, sparsi qua e là nella Penisola e nel mondo, gli perdonano tutto perché si concentrano sulla storia raccontata più che sui paesaggi mancanti. Una piccola ragione il Re Mida dei registi ce l’ha quando dice che questo non è un documentario che “doveva” raccontare tutta la Calabria, dalla Sila al Pollino, da Scilla alla Locride, da Isola Capo Rizzuto alle Serre. In effetti questo ruolo lo hanno svolto e lo svolgono egregiamente trasmissioni RAI come Lineablu, Lineabianca, Ulisse. Non c’era bisogno di scomodare Muccino. Il regista ha fatto il suo mestiere, inventando una storia catapultata nel tempo, molto sensuale e piena di contraddizioni, fregandosene dell’ambientazione.

La disputa tra le due scuole di pensiero andrà avanti per molto tempo. Noi ci auguriamo che, al di là delle polemiche, una parte di coloro che hanno visto il “corto” mucciniano decida di venire a scoprire la Calabria, sia quella dipinta dal regista, sia quella “mancante”, quando l’incubo del Covid sarà finito. (rs)

 

ASSALTO ALLA CALABRIA DI JOLE/MUCCINO
NON PIÚ “SANTA SUBITO”: IL RIPENSAMENTO

di SANTO STRATI – Non più “Santa subito”: ad appena otto giorni dalla prematura scomparsa di Jole Santelli, più d’uno ci ripensa e si rimangia il finto cordoglio unanimemente mostrato in pubblico. Il fuoco alle polveri lo dà l’assalto, a volte ridicolmente violento, al minifilm di Gabriele Muccino, regista di fama internazionale, chiamato dalla presidente Jole a realizzare un corto “emozionale” che facesse innamorare della Calabria. La sensazione è che il minifilm – discutibile su alcune scelte artistiche del regista – sia, in realtà, il pretesto per attaccare il governo di centro destra che ha retto la Regione per soli otto mesi. Il prossimo 10 novembre ultima seduta a Palazzo Campanella, poi tutti a casa, anche se stipendiati fino all’insediamento del nuovo Consiglio. È già cominciata la campagna elettorale. Anzi, per la verità, come abbiamo già riferito nei giorni scorsi, le prime avvisaglie della “guerra” prossima ventura tra i papabili e gli “aspiranti” si erano già avvertite fuori della chiesa dove si svolgevano i funerali della povera Jole. La politica, prima di tutto, anche se può apparire sgradevole e inopportuno discuterne a qualche metro dai funerali o dalla successiva camera ardente a Germaneto.

L’entusiasmo per intitolarle subito la Cittadella della Regione improvvisamente registra una battuta d’arresto. La scelta emotiva, che visto il voto unanime della Giunta, e del presidente del Consiglio Mimmo Tallini di dare subito un pubblico riconoscimento alla defunta presidente, registra, inopinatamente, qualche ripensamento e non si ancora se il Consiglio confermerà l’unanimità della scelta. Una decisione, peraltro, contro la legge che vieta di intitolare strade, palazzi o qualsiasi altro a personalità meritevoli di lustro, se non sono trascorsi almeno dieci anni dalla morte. Una norma già derogata in qualche occasione, quindi non si vede perché non potrebbe esserci una nuova eccezione. Il punto, per la verità, è che otto mesi sono, indubitabilmente, troppo pochi e non ci sono iniziative clamorose avviate tali da giustificare una “santificazione” così immediata. Povera Jole, amata/odiata da viva, subito celebrata in maniera trasversale da morta, rimessa in discussione appena qualche giorno dopo.

L’occasione, ovvero il pretesto, sono Muccino e il suo corto Calabria terra mia, su cui si stanno riversando valanghe di critiche e di insulti, anche beceri. Ma soprattutto immeritati, a nostro avviso: abbiamo scritto che emoziona e piace, ma che non sarebbe piaciuto ai calabresi. Non ci voleva molto a immaginarlo. Provate a raccontare in sei minuti un’idea della Calabria che possa far breccia a un americano, tanto per fare un esempio: serve un mix di amore, emozioni e bella fotografia.  Quello che si ritrova nel minifilm di Muccino. È un promofilm, non è un documentario di National Geographic né una puntata di Alberto Angela, né meno che meno un’indagine sociologica sui calabresi, tra virtù, vizi e tradizioni. È un’opera cinematografica e come tale può piacere o meno, ma è ingeneroso attaccare le scelte artistiche di chi firma il soggetto, la sceneggiatura e la regia. Gabriele Muccino, un nome famoso negli Stati Uniti (è stato 12 anni a Hollywood), è molto apprezzato e quotato, un nome che – al di là dei gusti cinematografici di ciascuno – rappresenta il “cinema”.

Non sarebbe piaciuto ai calabresi, avevamo detto, perché ognuno avrebbe voluto vedere uno scorcio di casa sua, l’angolo del cuore, ma questo film non è un album di cartoline: racconta una storia che fa da pretesto a un rapidissimo tour di alcune parti della Calabria. Voleva giocare sui colori e sui sapori, ecco la scelta di puntare sui frutti di Calabria che hanno colore ed esprimono un sapore inconfondibile. Ma perché privilegiare, per dire, il limone di Rocca imperiale e il cedro dell’omonima riviera e non, per esempio, la ‘nduja, i mostaccioli, o il peperoncino? Qui vale la regola che le scelte di chi racconta una storia (scrittore, regista, autore) non possono essere messe in discussione: la libertà creativa non deve rispondere a vincoli e imposizioni. Sono storie, non è realtà. Muccino ha immaginato una Calabria “vintage” con l’asino e le coppole (qualcuno avrebbe dovuto suggerirgli, leggendo la sceneggiatura, che sono cambiate tante cose in Calabria), ma vanno rispettate, con ampia libertà di critica, le sue scelte artistiche.

L’obiettivo di un corto “firmato” da un grande regista era evidente: il nome di grido fa glamour e attrae e, soprattutto, funziona mediaticamente. Giovedì il TG5 ha dedicato un paio di minuti nell’edizione delle 13 al minifilm di Muccino e, ovviamente, ha parlato della Calabria. Tutti i giornali nazionali ne stanno parlando: ma cosa vogliamo di più? C’è Klaus Davi che ogni giorno, tra media, giornali e televisioni, non perde occasione per parlare di Calabria e, soprattutto di Reggio: sarebbe stato un ottimo assessore comunale alla Reputazione e al Turismo, ma il sindaco Falcomatà segue la logica del consenso tra i suoi portatori di voti, piuttosto che prendersi “gratis” una promozione permanente della città. Ma di questo parleremo un’altra volta. Era solo per dire che il concetto di marketing del territorio è apparso da sempre astruso a chi ha governato la Calabria. Ci siamo dimenticati dell’orrida quanto imbarazzante animazione dei Bronzi voluta da Scopelliti? O della campagna mediatica affidata a Oliverio Toscani? Ci siamo dimenticati che per due legislature regionali non c’è stato neanche l’assessore al Turismo? Ci dimentichiamo che per i nostri governanti promuovere il turismo è stato sempre e solo aprire uno stand alla Bit di Milano o allestire qualche stand con soppressate (senza finocchietto, Muccino questa non gliela perdoneranno mai!) e peperoncino di Calabria? È mancata in 50 anni una politica del turismo e la Santelli ha voluto, forzando la mano per scelta (e denaro investito) tentare di invertire la rotta, puntando sull’effetto mediatico di un cortometraggio con una regia importante.

La presidente Jole aveva l’idea di una Calabria a colori e per realizzarla ha affidato a un grande nome – internazionale – di cinema il compito di tradurre la sua idea in un promofilm. Non voleva un album di cartoline – lo ha spiegato Muccino – ma una storia. E la storia – piaccia o no – c’è: un uomo ritorna nella sua Calabria con l’innamorata spagnola e vuole farle conoscere una parte della regione. Una parte! Come si fa a mettere in sei minuti (due sono di titoli di coda) i Bronzi di Riace, il peperoncino, la ‘nduja, il Teatro greco di Locri, il Codex di Rossano, l’annona, il profumo del Bergamotto di Reggio Calabria, le arance di Villa San Giuseppe, le Valli Cupe, l’Arcomagno di San Nicola Arcella, la Cattolica di Stilo e altre centinaia di meraviglie che appartengono alla Calabria? Non si fa, non si può, ci vorrebbero ore, e allora si lascia spazio all’inventiva e alla creatività dell’autore che deve fare l’uso che crede della sua libertà di racconto. No, questo non sta bene ai più e qualunque fotogramma del film è occasione di critica strumentale, feroce e ingiusta, con l’obiettivo (mascherato) di demolire l’iniziativa firmata da un governo regionale di centro-destra e dalla presidente Jole. Non piace la fotografia (è invece bellissima), non piace la musica (è intensa e coinvolgente), non piacciono le scene, le comparse, la Jeep, il vestitino di Rociò, il congiuntivo mancato (dove vuoi che ti porto?), la cadenza imperfetta: un campionario inesauribile di elementi di contestazione. E dura solo sei minuti, figuriamoci se fosse stato uno short film di 30 minuti…

L’unico punto su cui è, invece, facile concordare è il costo dell’operazione. 300mila euro al minuto è obiettivamente un costo discutibile, considerato che in questa cifra non sono incluse le spese di distribuzione via rete. Ma Muccino e il suo produttore hanno presentato il progetto e il relativo budget per la sua realizzazione e la Regione Calabria, nella persona della presidente Jole, ha detto sì. Dov’erano tutti quelli che ora si stracciano le vesti sull’«assurda spesa» quando è stato affidato l’incarico “ad personam” ed è stato approvata la spesa? Qualcuno dei consiglieri di opposizione s’è incatenato a Palazzo Campanella chiedendo spiegazioni? No, c’era il Covid, risponderanno. Bene, niente catene, ma una mail certificata sotto forma di interpellanza o interrogazione urgente a nessuno è venuto in mente di farla prima del primo classico “ciak si gira? Come ha fatto adesso Francesco Pitaro del Gruppo Misto (ex Io resto in Calabria), complimenti per la tempestività!, che pretende con la sua interrogazione a uno smarrito presidente facente funzioni Nino Spirlì di far restituire i soldi dalla produzione.

La verità, purtroppo, sta altrove: il film (mini, corto o come volete chiamarlo, ma sempre film è) di Muccino è il pretesto per una campagna elettorale che sarà infuocata. Un assist formidabile per la sinistra che userà Muccino per scoraggiare gli elettori di destra: «Ecco cos’ha prodotto il Governo della Santelli», «Volete continuare su questa strada?». Argomentazioni miserevoli da una sinistra da cui sarebbe giusto aspettarsi programmi e progetti per sfidare un avversario che, certamente, non è imbattibile. Invece si fa il gioco sporco e si rinnega il finto cordoglio per la presidente che non c’è più per riversarle – indirettamente – fiumi di fiele. Da “Santa subito” a colpevole di lesa maestà e di avere voluto «infangare» la Calabria, con un film che – siamo sicuri – piacerà al resto del mondo.

Non bisogna cadere in questa trappola pre-elettorale. Il film di Muccino suscita emozioni: non racconta la Calabria, i suoi miti, i suoi personaggi, le sue innumerevoli bellezze, ma coglie degli spunti per invogliare alla scoperta diretta. Il problema che nessuno ancora si è posto riguarda i costi di distribuzione: per far girare il film sulle grandi piattaforme, attraverso Google, Facebook, Amazon, Netflix etc servono denari: non si pensi che possa bastare la generosa disponibilità dei calabresi sparsi in ogni angolo del mondo a far circolare ovviamente gratis il video nei propri profili. La diffusione richiede competenza e un piano di distribuzione intelligente con apposite (e tante) risorse. Sono state previste e in quale misura? Questi sono argomenti su cui discutere. Facciamolo circolare il film, farà la sua parte, piacerà a chi non conosce la Calabria. E chi verrà, da oltreoceano o dal Grande Nord, visitando di persona i tantissimi luoghi incantevoli della nostra terra, magari si domanderà: «ma l’asino di Muccino (“u sceccu”) dov’è andato a finire»? (s)

Emoziona e incanta il corto di Gabriele Muccino “Calabria Terra mia” alla Festa del Cinema di Roma

Una fabbrica di emozioni, una raccolta di suggestioni: Gabriele Muccino si è veramente innamorato della Calabria e, in otto minuti, è riuscito a trasmettere le sensazioni vissute durante i suoi sopralluoghi, in lungo e in largo nella Regione, stuzzicato, stimolato, punzecchiato dalla presidente Jole Santelli che credeva molto in questo racconto filmato. Voleva non una cartolina la presidente Jole  ma una storia d’amore con al centro la Calabria.

Difficilissimo concentrare in otto minuti le tantissime risorse paesaggistiche, naturali, artistiche, culturali della Regione, serviva un’idea brillante,  una linea che permettesse di tessere un racconto pieno di vibrazioni. L’obiettivo di Calabria terra mia era – è – quello di creare attenzione, interesse verso la Calabria, una terra sconosciuta che non si è mai saputa vendere nei mercati turistici internazionali, pur avendo soltanto materia prima di ottima qualità. La Santelli negli incontri via streaming e di persona con Muccino e il produttore parlava di una Calabria a colori: quale migliore opportunità se non i colori dei frutti tipici della regione?. Bergamotto di Reggio Calabria, il cedro della riviera omonima, il limone di Rocca Imperiale, le clementine di Corigliano, le arance di tutta la regione. E su questi frutti, Muccino ha creato una storia d’amore tra Raul Bova e la bella Rociò (che è sua moglie nella realtà): un uomo innamorato che vuol far conoscere la sua terra alla donna che ama, fino a farla innamorare del mare, delle montagne, dei tramonti, delle rocce che sono un prodotto esclusivo della natura.

Tutta la Calabria è un set naturale, dove si potrebbe girare di tutto: non servono effetti speciali, ritocchi di luce: i tramonti se li dipinge da sola questa meravigliosa terra – ha detto Muccino – e la gente dovrà cominciare a conoscerla e apprezzarla sempre di più. È il compito assegnato a questi otto minuti di storia d’amore della Calabria che, se fatti circolare adeguatamente, avranno un impatto incredibile sulle scelte dei vacanzieri prossimi venturi.

Certo, ai calabresi non susciterà particolari emozioni: siamo abituati al mare di Tropea, alle rocce delle Valli Cupe, ai tramonti mozzafiato, ai panorami incredibili, alle immense distese di verde, alle nostre montagne piene d’incanto, ma a chi non conosce la Calabria – statene certi – questo promofilm susciterà un’attrazione senza eguali. Qualcuno dirà che non ci sono i Bronzi di Riace e molte altre ricchezze sotto tutti i punti di vista che la Calabria possiede, ma allora non basterebbero 800 di minuti per mostrare la bella, affascinante, Calabria. Il film deve incuriosire, ammaliare, suggerire di venire a scoprire di persona le meraviglie di questa terra e la sua meravigliosa gente, che ha nel suo dna i geni dell’accoglienza genuina e autentica, che esprime amicizia e calore umano, che sorride al forestiero e lo tratta come fosse un vecchio amico.

La nostra terra che come ha fatto innamorare Muccino farà altrettanto con i tantissimi futuri viaggiatori affascinati da questo promofilm (da cui saranno ricavati quattro minisport di 15 e 30 secondi) che decideranno di scegliere la Calabria come meta per le prossime vacanze. Muccino ha raccontato la Calabria con gli occhi disincantati di chi non la conosceva, ma ha trasmesso l’entusiasmo – tipico di chi scoprendo questa terra – poi non se ne vuole più andare.

Grazie a Muccino, grazie alla presidente Jole che, anche se assente fisicamente alla festa che aveva organizzato lei stessa alla Festa del Cinema di Roma, in realtà è presente – come ha detto il vicepresidente Nino Spirlì, ora presidente facente funzioni – in ogni fotogramma del minifilm di Muccino. È il suo dono d’addio che risulterà gradito a tutti, soprattutto a chi non sa nulla della Calabria se non per fattacci di cronaca nera, e scoprirà, d’un tratto, che cosa si è perso finora. (s)

L’intervista di Jole Santelli sul film di Muccino, quando erano ancora in corso le riprese: https://www.facebook.com/JoleSantelli2020/videos/2450085258629077/

L’omaggio di Nino Spirlì a Jole Santelli alla festa del Cinema di Roma

LA PRESENTAZIONE ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA

È un cortometraggio scritto e diretto da Gabriele Muccino Calabria terra mia, un promofilm per far conoscere la regione e le sue bellezze a quanti non sanno nulla della Calabria.

Alla presentazione alla Festa del Cinema di Roma hanno partecipato gli assessori regionali Gianluca GalloFausto OrsomarsoSergio De Caprio, Sandra SavaglioFrancesco Talarico e Domenica Catalfamo, parlamentari e consiglieri di tutti gli schieramenti politici, il sottosegretario Anna Laura Orrico e il commissario della Calabria Film commission Giovanni Minoli. L’opera, fortemente voluta dalla presidente Santelli, scomparsa lo scorso 15 ottobre, è stata proiettata in anteprima nel Teatro Studio “Gianni Borgna” alla presenza del regista Gabriele Muccino, degli attori protagonisti, Raoul Bova Rocìo Munoz Morales, e del producer Alessandro Passadore.

La serata è stata introdotta dal direttore artistico della Festa del Cinema Antonio Monda il quale ha voluto ricordare con affetto Jole Santelli: «Ci tenevo a dare un saluto – ha detto – perché sono per metà calabrese e questo progetto ha una risonanza particolare per me. La drammatica sorte della governatrice pesa su tutti noi. La ricordiamo con affetto e stima per la sua vitalità e la sua forza».

E prima della visione di Calabria, terra mia, è stata proiettata una clip dedicata al primo presidente donna della regione, realizzata con materiale video registrato a margine della conferenza stampa di presentazione del cortometraggio, avvenuta la scorsa estate. “Voglio che chi guarda questo corto dica: ‘Sai che c’è? Il prossimo weekend me ne vado in Calabria’”, spiegava Santelli.

«Dalla prima volta che ho incontrato Jole – ha detto Muccino nel dibattito dopo la proiezione – non abbiamo smesso di sentirci e di chattare. Era un canto continuo che celebrava la Calabria ancora prima che fosse raccontata in questo corto. Penso che lei mi abbia chiamato per questo, per far venire voglia di conoscere questa regione, che non si è ancora fatta conoscere del tutto, che è riservata come i suoi abitanti. Questa è stata la mia intenzione principale: far conoscere questa regione così mutevole».

Muccino non ha perso l’occasione di celebrare la bellezza della Calabria: «I suoi colori sono i miei colori. Non avevo mai visto un mare come quello di Tropea. E nel corto non c’è nessun ritocco. La spiaggia di Capo Vaticano è una delle più belle al mondo. Lo Jonio Cosentino è ancora più stupefacente. Noi non abbiamo abbellito nulla. Questa è la Calabria che sono riuscito a scovare, ma è solo la punta dell’iceberg».

Anche Bova ha reso omaggio al presidente Santelli: «È nato tutto da Jole, che ha messo insieme le energie di ognuno di noi. La Calabria è stata raccontata per quello che è. E ci sono tante altre Calabrie che vanno scoperte. Questa regione è sempre stata un po’ messa da parte, ma Jole ha voluto dire: “Esistiamo e siamo forti, anche nelle cose belle”. Ha voluto sostenere una Calabria mai sostenuta da nessuno. È stata la prima».

Dello stesso avviso anche Rocìo Muñoz Morales: «La Calabria ha qualcosa che non sai dire cos’è. La senti, la respiri, ti emoziona, ti tocca. Non fa finta di essere qualcosa che non è. È Fiera di essere così com’è».

«Jole – ha aggiunto il produttore Passadore – aveva questo orgoglio calabrese dentro. Noi non volevamo raccontare la cartolina, ma la Calabria vera».

«Quest’opera – ha commentato il presidente della Festa del cinema, Laura Delli Colli, che ha moderato il dibattito – è un piccolo grande sogno realizzato. È questo il grande omaggio per Jole. Viva Jole Santelli».

Ha chiuso la serata il presidente f.f. Spirlì: «Terremo Jole sempre con noi. Siamo qui – ha detto – per starle vicino in una giornata in cui un suo sogno è diventato realtà. Jole ha deciso di parlare del profumo di questa terra, che non viene solo dagli alberi e dai frutti, ma dal lavoro degli uomini e delle donne. Jole ha cancellato le tante brutte pagine dedicate alla Calabria, con una dolce e forte prepotenza di madre. E ha deciso che da oggi bisognerà solo parlare delle cose profumate di questa terra. Ogni volta che si vedrà un solo fotogramma di questo lavoro – ha concluso – sarà riportato alla figura di chi lo ha voluto nel suo cuore». (rrm)

Il corto ‘Calabria, Terra Mia’ di Muccino debutterà alla Festa del Cinema di Roma

Un debutto straordinario per Calabria, Terra Mia, il cortometraggio di Gabriele Muccino che sarà proiettato, in prima visione, alla Festa del Cinema di Roma il 20 ottobre.

La kermesse, diretta dal calabrese Antonio Monda, ospiterà la “prima” del corto realizzato da Muccino per promuovere e valorizzare i prodotti identitari e le bellezze naturali e paesaggistiche della regione, protagoniste assolute di un breve quanto intenso racconto esperenziale.

L’evento inizierà con la sfilata sul red carpet dell’Auditorium Parco della musica del regista e degli interpreti del corto, Raoul Bova e Rocio Munoz Morales.

Dopo il photocall di rito, l’evento proseguirà al Teatro studio “Gianni Borga”, dove sarà proiettato il cortometraggio, alla cui presentazione e al successivo dibattito parteciperanno, oltre al regista e agli attori protagonisti, il presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, il commissario della Calabria film commission, Giovanni Minoli, e il produttore Alessandro Passadore.

L’incontro sarà moderato da Laura Delli Colli, presidente della Festa del Cinema di Roma e del sindacato nazionale dei giornalisti cinematografici.

«Stiamo lavorando senza sosta e con grande passione – ha dichiarato la presidente Santelli – per cambiare l’immagine della nostra Calabria. Il corto di Gabriele Muccino è un’opera magnifica che ci permetterà di far conoscere, come mai avvenuto prima, la bellezza misteriosa e piena di fascino di una regione unica al mondo».

«Il debutto di “Calabria, terra mia” alla Festa del cinema di Roma è, senza dubbio – conclude il presidente della Regione -, il lancio più opportuno per un cortometraggio che, a breve, sarà fruibile sulle tv generaliste e sul web nei suoi diversi formati». (rrm)

I MEDIA PARLANO TANTO DELLA CALABRIA
MA NON È PIÚ SOLAMENTE CRONACA NERA

 

di SANTO STRATI – Scrive Il Sole 24 Ore: «Non si è mai sentito parlare tanto di Calabria come quest’anno». Se lo dice l’autorevole quotidiano degli industriali italiani c’è da crederci. E, in realtà, è proprio vero: la Calabria, finalmente, è protagonista delle pagine dei giornali e dei servizi televisivi non per delitti di mafia o arresti eccellenti, bensì per le sue spettacolari bellezze, le sue caratteristiche che la prefigurano come California d’Europa, i suoi incantevoli paesaggi e, soprattutto, la sua gente. La gente di Calabria accogliente, vitale, generosa e premurosa col forestiero come se fosse un parente lontano cui non si deve far mancare nulla.

Cos’è successo?  È un miracolo? Bé, non esageriamo, anche se questa – ricordiamolo – è terra di santi e mistiche e dovunque si vada c’è uno straordinario senso di fede che in molti ci invidiano. La verità è un’altra: sono gli effetti mediatici della campagna “involontaria” della presidente Jole (non ci crediamo nemmeno un po’ che non volesse attrarre l’attenzione con le sue prese di posizione contro il Governo nell’emergenza covid) e della anti-campagna di Klaus Davi che ha fatto arrabbiare il governatore del Veneto Zaia. Davi è un istrionico negromante della comunicazione: trasforma l’acqua in vino, l’acqua in (finto) oro e conosce bene il suo mestiere, tanto da essersi persino inventato da solo il termine che lo contraddistingue nelle sue continue apparizioni televisive e mediatiche: massmediologo. Che significa? È uno che capisce di mass media e, da questo punto di vista, non  ha competitor in autorevolezza e ingegno. Vorremmo solo ricordare che San Luca è stato per anni un luogo senza amministrazione comunale, perché non c’erano candidati, non si presentava mai nessuno alle elezioni. Davi, lo scorso anno, con uno dei suoi soliti colpi di teatro ha portato il caso di San Luca alla ribalta delle cronache nazionali semplicemente mettendoci la faccia: ha messo in gioco la sua persona e ha gridato ai quattro venti che si candidava a  sindaco del piccolo comune aspromontano noto più per i suoi trascorsi mafiosi che per aver dato i natali al nostro grande Corrado Alvaro. Klaus Davi si è di innamorato San Luca e della calabria e ora, provocatoriamente (ma con molta serietà), ha lanciato la sua candidatura a sindaco di Reggio. Non per fare il primo cittadino (anche se – crediamo – sarebbe molto più in gamba di tanti politici che cercheranno di lusingare gli elettori di Reggio e della sua MetroCity), ma per far emergere le tante contraddizioni di una città che ha moltissime risorse e non le sa sfruttare né utilizzare. E siatene certi che riuscirà a montare il brand Reggio senza far cacciare un centesimo alle istituzioni. La Calabria dovrebbe fargli un monumento…

Dicevamo del ritorno d’immagine che le tante finte polemiche hanno provato. Il Sole 24 Ore ha scritto, con un bellissimo e obiettivo servizio di Sara Magro, più di quanto qualsiasi campagna pubblicitaria (costosissima) avrebbe potuto raccontare. «La regione – si legge sul quotidiano –  ha molto da offrire soprattutto quest’anno: tre parchi nazionali (Sila, Aspromonte e Pollino), 14 litorali Bandiere Blu e sei borghi  Bandiere Arancioni, una rete di sentieri, tra cui il nuovo Cammino Basiliano che collega nord e sud per 1040 km in 44 tappe tra monasteri, masserie e una natura integra». Qualcuno obietterà, ma sono le cose che calabria.live – questo giornale – ripete dal primo giorno; grazie, ma volete mettere leggere su un quotidiano autorevole come il Sole questa che è musica per le orecchie del viaggiatore in cerca di novità?

L’analisi della Magro è acuta e da apprezzare: «Mentre altre regioni del Sud, più forti nella comunicazione e nell’ospitalità, godevano di un boom turistico internazionale e ricco, la Calabria restava nell’ombra, a parte le località di moda sul mare. Poche strutture, e una reputazione non proprio impeccabile. Intanto, nel 2016, dopo cinquant’anni, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria è stata dichiarata finita, facilitando il collegamento con il resto d’Italia: 443 km tra filari di oleandri in fiore, e senza pedaggio. È come se la regione si fosse improvvisamente liberata di un oblio che non meritava, presentandosi ancora vergine a conquistare l’amore di viaggiatori curiosi. È una terra da scoprire, ideale per una vacanza on the road, con strade statali e provinciali interne che portano a luoghi al limite dell’esotico: mari e monti, campagna e colline».

La giornalista si vede che ha girato e annotato, al contrario di tanti blogger che scrivono di libri che non hanno letto o leggeranno mai, di posti che non conoscono e di località di vacanza che non saprebbero nemmeno individuare su una cartina geografica (anche se oggi c’è Google Maps). Siamo particolarmente felici di leggere il racconto una Calabria che ci appartiene e – speriamo – sappia attrarre l’interesse del viaggiatore: «Partiamo dalla costa – scrive Sara Magro sul Sole – . Ottocento km divisi tra due mari, completamente diversi: a ovest il Tirreno, rocce e acque blu, vista sulle Eolie; a est lo Ionio, litorali di sabbia e acque color smeraldo. Di qui Tropea e Capo Vaticano, con gli hotel chic e la mondanità; di lì, Riace, Soverato, Isola di Capo Rizzuto, dove l’Art Praia Resort, con ristorante stellato, è la prova di un turismo di lusso possibile. Poi, una sfilata di villaggi, ognuno con il suo perché: Diamante, con più di 300 murales; Cetraro Marina per il mercato del pesce e la vista sulle Eolie; l’Isola di Dino, nei cui fondali si nuota tra stelle e cavallucci marini; Scolacium, con il Parco Archeologico che dal 7 al 28 agosto ospita il festival di danza, musica e arte “Armonie d’arte”. Dalla costa mondana, si raggiungono velocemente i paesaggi arcaici della Sila, ultimo tratto di Appennino, Parco Nazionale dal 1997. Si viaggia tra una distesa di colline, dove pascolano capre e pecore: “Senza esagerare, non si incontra nessuno per chilometri, a parte qualche capra e qualche gregge”, dice Carla Pacelli, proprietaria con la famiglia dell’azienda agricola Tenute Pacelli, a Malvito, che produce vino biologico e offre ospitalità. “La natura è generosa e intatta, solitaria e meditativa. Si incontrano borghi minuscoli ma di grande personalità, come Carfizzi, un paese di 560 abitanti dove si parla albanese; Guardia Piemontese con le terme; Zagaris, circondato dai boschi, dove si respira l’aria più pulita d’Europa”. Secondo uno studio finanziato dall’Unione Europea, in località Trivolo, a 1800 metri, l’inquinamento è vicino allo zero, meno del Polo Nord. Al concorso di bellezza vince invece San Nicola Arcella, arroccato su una collina che guarda verso il mare. “In inverno è il deserto dei Tartari, ma tra luglio e settembre lo scrittore cosentino Michele D’Ignazio apre la sua locanda culturale Il Vicolo, e ogni sera prepara un aperitivo suggestivo: cuscini sparsi sui gradini della piazza, candele accese, cibi e vini di piccoli produttori dei dintorni, dalle olive al famoso cedro della Riviera”.

«La Sila è anche un luogo di innovazione agricola e femminile. “Ci sono storie affascinanti”, racconta Carla, perlustratrice esperta delle eccellenze gastronomiche locali. “La biologa Maria Procopio ha aperto il piccolo caseificio Santanna, dove sperimenta nuove stagionature con il latte delicato e poco grasso delle sue capre Saanen. Marianna Costanzo alleva quaglie e galline, coltiva frutti di bosco, gelsi e ortaggi dai semi antichi, tra cui qualità rare di pomodori“. Nel suo agriturismo – Le delizie di Marianna – si fa la spesa e si pranza: cucina super genuina, tutto fatto in casa”. Invece, Francesca e Cristina Cofone, dopo la laurea, hanno scelto di portare avanti l’azienda di famiglia ad Acri, seguendo valori antichi ma attualissimi: conversione all’agricoltura sostenibile, allevamento di mucche e altri animali allo stato semi-brado, puntando sul loro benessere, produzione di cacio cavallo, mozzarella e altri formaggi a latte crudo».

Scusate la lunga citazione, ma ci ha affascinato e così pensiamo capiterà a migliaia di lettori. Non c’è bisogno di una comunicazione “emozionale” come dice la presidente Jole Santelli che ha affidato – con strascico di polemiche – a Gabriele Muccino il compito di esprimerla in pochi minuti di un corto-film, basta osservare, guardare, riferire. Qualche settimana fa il TG5 ha dedicato un fantastico servizio a Tropea, altri ne verranno dai tanti media che finalmente si sono dimenticati della Calabria cruenta di Anime nere (del nostro magnifico Gioacchino Criaco) e stanno scoprendo angoli di paradiso in una regione dove anche geneticamente il covid è tenuto a distanza.

I migliori testimonial, non dimentichiamolo, sono i forestieri che scoprono per la prima volta la nostra terra, ma non sono da meno i cosiddetti turisti di ritorno, i calabresi e i figli dei figli di calabresi, che vengono a conoscere i luoghi d’origine di genitori e nonni. Sembra persino inutile ribadire che restano incantati. E allora alimentiamo questo trend di comunicazione: la regione offra buoni benzina, organizzi tour gratuiti di vigne e cantine, di siti archeologici e musei. Non  basterà il tempo ai nostri ospiti, meglio così, avranno voglia e desiderio di ritornare, possibilmente con affetti, amici, familiari. È questa la Calabria che vogliamo, quella che ci appartiene, e che ci rende orgogliosi della nostra calabresità. (s)

TURISMO, 60 MILIONI PER L’ACCOGLIENZA.
E UNA CENA AI FORESTIERI: SARÀ TROPPO?

La Giunta al gran completo ha convocato i giornalisti a Germaneto per presentare le azioni post-covid previste per aiutare il comparto del turismo, ormai in crisi profonda. Visto che si parla di turismo, non sarebbe stato male prevedere una conferenza stampa anche in streaming con possibilità di intervento a distanza: i giornalisti del Centro-Nord  non vengono a Catanzaro per guardare le slide di PowerPoint. O si organizza un itinerario di visite guidate, per incentivare e promuovere i viaggi in regione, oppure meglio usare la tecnologia: ma, a quanto pare, sembra troppo difficile anche per una regione che fa del digitale uno dei suoi asset più strategici…

Comunque, gli interventi di aiuto ci sono e quanto meno mostrano una certa sensibilità nei confronti di operatori che almeno per un terzo non riaprono e per un altro terzo pensavano di chiudere subito. Il problema è noto: la pandemia oltre alla sua terribile scia di morti e di malati da terapia intensiva, ha creato devastazioni di natura psicologica. Paura, dubbi, perplessità, pochi quattrini da spendere, e il risultato è sotto gli occhi di tutti: alberghi chiusi (a Roma su 1200 hanno riaperto solo 200 per fare un esempio), ristoranti con pochi clienti e, comunque, insufficienti a coprire anche solo le spese di gestione. Prenotazioni vicine allo zero e un mese di giugno da dimenticare.

Cosa mette in campo la Giunta Santelli? È stato spiegato che «il comparto turistico rappresenta un asset fondante per la Regione Calabria. La pandemia ha significativamente contratto il PIL regionale e, in particolare quello legato al turismo. Il rischio che una crisi congiunturale di comparto possa in un sistema economico fragile come il nostro possa cronicizzarsi, divenendo strutturale, impone un approccio sistemico e strutturato per il sostegno e rilancio del settore». La Regione, quindi  ha inteso porre in campo 4 misure, tra loro interconnesse, che per la prima volta richiedono uno sforzo congiunto con gli operatori di settore per sostenere il comparto

Ecco le quattro misure:

— Accogli Calabria (previsto un contributo una tantum a fondo perduto alle singole strutture ricettive in funzione delle presenze registrate nel 2018);

— Stai In Calabria (previsto un sostegno alle famiglie calabresi che soggiornano almeno 3 notti in una struttura ricettiva regionale)

— Accoglienza Calabria (la Regione offre una cena durante un soggiorno in Calabria a turisti extraregionali)

— In Calabria (previsto un voucher di 200€ a favore dei giovani tra i 18 e i 24 anni per attività collaterali al turismo e per la cultura).

Alcune di queste, per la verità, erano già state annunciate nei giorni scorsi e non avevano trovato larghi consensi. Soprattutto quello per i ragazzi: 200 euro da spendere in strutture calabresi non sono pochi, ma diventano risibili per chi ha la possibilità di andare in vacanza. Se ha disponibilità (diversamente quest’anno niente mare con gli amici) i 200 euro saranno buoni per pagare un po’ di cene. Forse andava studiato qualcosa di più efficace per consentire ai nostri ragazzi, quelli che hanno famiglie con obiettive difficoltà economiche, di affrontare  in modo diverso questa insolita stagione estiva.

Per contro, gli aiuti previsti per le strutture ricettive sono più serie e sostanziose: con Accogli Calabria viene erogato un contributo una tantum alle strutture ricettive, sino ad un massimo di 160.000 €. Tra gli impegni che assumono i beneficiari c’è quello di sostenere le altre misure regionali, emettendo il buono cena ai turisti non regionali e accogliendo le famiglie che presentano il voucher Stai in Calabria. In buona sostanza, per accedere agli aiuti occorre dare disponibilità ad accettare i voucher previsti per le famiglie  e offrire la cena ai turisti extraregionali. Questa della cena, diciamo la verità, ricorda tanto il cocktail di benvenuto che in era pre-covid tutti i villaggi turistici organizzavano peri nuovi arrivati. Non fosse mai che il turista veneto – incurante delle imprecazioni di Zaia per la pubblicità comparativa di Klaus Davi – ci resti male a non non trovare una cena di benvenuto…

Sono queste le innovative idee di una Regione che ancora sconta l’assenza per cinque anni (grazie presidente Oliverio) di un assessore al turismo? Ben vengano gli aiuti al comparto, dove albergatori e ristoratori sono quasi alla canna del gas, ma gli incentivi per attrarre turisti e forestieri dovrebbero essere ben altri. Tipo un voucher in buoni benzina da ritirare in Calabria per chi scende in macchina o un noleggio agevolato (se non gratuito) di auto per gli altri vacanzieri per incentivarli a scoprire il territorio. Purtroppo, dobbiamo ancora una volta notare che l’improvvisazione regna sovrana, nonostante la grande fatica dell’assessore Orsomarso che non sappiamo come faccia a districarsi tra cassa integrazione e turismo (oltre a un altro bel po’ di deleghe) e la grande disponibilità di tutti, a partire dalla presidente Jole. Sembra che manchi una strategia sull’attrazione turistica, mancano gli strumenti per agevolare e facilitare chi voglia venire in Calabria. E non sarà l’ottimo (siamo sicuri) lavoro di Gabriele Muccino a mutare le cose:il regista con la presidente Jole oggi pomeriggio incontra la stampa a Favella della Corte (Corigliano-Rossano) dove ci sarà il primo ciak.  Un progetto cinematografico che vede la Calabria protagonista e che ha entusiasmato tutta la Giunta (non hanno firmato, perché assenti, gli assessori Catalfamo e Gallo). Un promofilm, un cortometraggio, forse un anche paio di spot, con una grande firma internazionale, significa avere una visione strategica del settore? Non riusciamo a nascondere qualche perplessità.

Dalla breve presentazione che un solerte ufficio stampa ha rilasciato c’è già da mettersi le mani nei capelli: «Un piccolo grande film che racconta la regione degli agrumi. Un viaggio tra le Clementine, coltivate in Calabria sin dagli anni ’30, i cui agrumeti disposti a filari sono parte integrante del paesaggio; il Cedro, descritto nella Bibbia come il frutto sacro dell’albero più bello, profumatissimo ed eterno, coltivato nella Riviera dei cedri nella sua varietà migliore; il Bergamotto, l’ ”oro verde”, coltivato nel cuore della Locride; il Limone di Rocca Imperiale». Intanto, il bergamotto è di Reggio Calabria (dop) e non della Locride e poi non è l'”oro verde” (denominazione riservata all’olio calabrese). Se è questa la narrazione che verrà fuori, c’è da stare freschi. E siccome siamo in estate, accontentiamoci! (s)

TURISMO È “COMUNICAZIONE EMOZIONALE”
PER LA CALABRIA PROMOFILM DA 11 MILIONI

di SANTO STRATI — La cifra che circola (11 milioni di euro) per la realizzazione del film che il regista Gabriele Muccino ha proposto alla Regione per “promuovere efficacemente le esperienze turistiche che il territorio offre e non più solo luoghi da visitare”, non deve spaventare. Un film non si fa con quattro spicci, soprattutto quando si pensa a un cast internazionale per dare all’opera un alto profilo. Quello che lascia perplessi sono le modalità con cui la Regione pianifichi i dovuti investimenti per la promozione turistica, trascurando totalmente il primo problema che andrebbe affrontato: la reputazione.

Se indicate a qualcuno un locale dove mangiare bene, la prima domanda che vi sarà posta non è “come si mangia”, ma “cosa dicono del locale?”, ovvero qual è la sua reputazione? Ormai non basta più dire che un luogo è bello e merita di andarci in vacanza, occorre che ci siano “referenze” solide e affidabili. In altre parole è necessario costruirci intorno una buona reputazione. Cosa che la Calabria, purtroppo, non ha: per ignoranza, cattiveria o stupidità, frutto di vieti luoghi comuni e di cattiva stampa, male informata. Occorre dare preliminarmente l’immagine di California d’Europa (quale potrebbe diventare la nostra terra) sfruttando ogni opportunità di carattere artistico-culturale, ambientale e paesaggistico, nel solco di tradizioni suggestive: materia prima ce n’è a bizzeffe, a partire dai Bronzi di Riace alle preziose testimonianze della Magna Grecia per finire al Mosaico del Drago, per stare in ambito archeologico, o gli 800 km di costa incontaminata (14 bandiere blu), i tre parchi naturali (Aspromonte Sila, Pollino), le tre minoranze linguistiche (grecanica, occitana, arbereshe), e via discorrendo. Un’immagine che non può essere affidata all’improvvisazione ma richiede grandi investimenti e, soprattutto, l’importante apporto di specialisti del marketing con comprovata esperienza e risultati alle spalle. Se prima o contestualmente ad altre iniziative (tipo il promofilm di Muccino) non si “svecchia” lo stereotipo di Calabria terra di briganti (una volta) di ‘ndrangheta e malaffare (ieri), di Sud desolato e dimenticato, qualunque buon proposito svanirà nello spazio di un mattino. La comunicazione, oggi, corre velocissima: si può costruire ex novo un’immagine positiva in tempi straordinariamente brevi, ma allo stesso tempo i social possono smontare in due click qualsiasi percorso di “riabilitazione” e apprezzamento. Attenzione, nel nostro caso nessuno s’azzardi a parlare di “riabilitazione” perché non c’è alcuna reputazione perduta, è che non c’è proprio reputazione. Il mondo conosce la gente calabrese attraverso i suoi tantissimi rappresentanti sparsi in ogni angolo della terra (spesso apprezzati scienziati, amministratori pubblici, artisti) ma sa poco o niente della Calabria. Dov’è, come ci si arriva, quale storia ha dietro, ecc. Non è nostro compito raccontare come si costruisce una reputazione (non è il nostro mestiere), ma ci permettiamo di insistere nel dire che la Calabria ha quasi sei milioni di testimonial “autentici” sparsi dovunque: i calabresi nel mondo non sono un “fastidio” sono una risorsa inestimabile. Non come serbatoio di voti, come qualcuno in passato ha inteso il ruolo, ma come affidabili testimonial di una terra dai tesori inestimabili. Partiamo da qui, favoriamo il turismo di ritorno per le generazioni successive dei calabresi che vivono in Australia, in Canada, in Europa, per far conoscere con agevolazioni vere (non con un semplice buffet d’accoglienza) la terra dei loro avi. Sono migliaia, ogni anno, i calabresi d’America o d’Australia, solo per citarne qualcuno, che vengono a trascorrere le vacanze in Calabria, al paese che li ha visti nascere e si portano – quando possono – generazioni di figli e nipoti che conoscono solo in video e foto la terra delle proprie origini. La Regione cominci a studiare la possibilità di promuovere le vacanze dei calabresi che vivono fuori della Calabria, avremmo il pienone degli alberghi (destinati a modeste presenze, quest’anno) e un ritorno d’immagine straordinario. Ma, per favore, non si continui a improvvisare: gli esperti servono a dare suggerimenti e nel campo della reputazione è necessario l’intervento di specialisti se si vogliono portare a casa risultati. La Giunta Santelli può vantare ottime personalità, ma a ognuno il suo mestiere. L’errore delle passate consiliature è stato quello di considerare il turismo alla stregua di una delle tante opportunità per il possibile sviluppo della Regione: è sbagliato. Il turismo, associato alla cultura e all’ambiente “è” l’opportunità numero uno di qualsiavoglia ipotesi di crescita. Quindi ben vengano i Muccino e tanti altri maestri narratori (Mimmo Calopresti ha dipinto col suo Aspromonte-La terra degli ultimi uno straordinario affresco della Calabria, ma il suo film, un capolavoro, non ha trovato il sostegno dovuto), ben vengano attori e protagonsiti, magari calabresi, a far parlare di Calabria, ma non si riduca il tutto a un’operazione spot del “ciak si gira” e finisce lì.

La Regione, nella sua delibera del 15 giugno, tenuta, – chissà perché – quasi nascosta fino a quando qualche giornale non ha cominciato a parlarne, dichiara che tra «gli obiettivi strategici di è quello di adottare tecniche di comunicazione di tipo “emozionale”. E la presidente Jole ha proposto di prendere in considerazione «la proposta artistica audiovisiva del maestro regista e scenografo Gabriele Muccino», su cui la Giunta ha deliberato di esprimere il proprio apprezzamento, trasmettendo al Dipartimento Turismo, Spettacolo e beni culturali «per quanto di competenza».

Non sappiamo cosa abbia proposto Muccino, sul cui nome non c’è nulla da dire, ma abbiamo l’impressione che il rischio maggiore sia quello di “bruciare” risorse su un prodotto occasionale ed episodico. La narrazione che Gabriele Muccino ha in mente di fare sulla Calabria sarà importante, stimolante, originale: lo scopriremo più avanti. Ma non fermiamoci qui e, soprattutto, si metta mano alla reputazione. Da essa vengono le campagne marketing, le iniziative di promozione, le attività di informazione sui media mondiali. Solo così si potrà cominciare a parlare di Calabria, California d’Europa. (s)