di SANTO STRATI – Non più “Santa subito”: ad appena otto giorni dalla prematura scomparsa di Jole Santelli, più d’uno ci ripensa e si rimangia il finto cordoglio unanimemente mostrato in pubblico. Il fuoco alle polveri lo dà l’assalto, a volte ridicolmente violento, al minifilm di Gabriele Muccino, regista di fama internazionale, chiamato dalla presidente Jole a realizzare un corto “emozionale” che facesse innamorare della Calabria. La sensazione è che il minifilm – discutibile su alcune scelte artistiche del regista – sia, in realtà, il pretesto per attaccare il governo di centro destra che ha retto la Regione per soli otto mesi. Il prossimo 10 novembre ultima seduta a Palazzo Campanella, poi tutti a casa, anche se stipendiati fino all’insediamento del nuovo Consiglio. È già cominciata la campagna elettorale. Anzi, per la verità, come abbiamo già riferito nei giorni scorsi, le prime avvisaglie della “guerra” prossima ventura tra i papabili e gli “aspiranti” si erano già avvertite fuori della chiesa dove si svolgevano i funerali della povera Jole. La politica, prima di tutto, anche se può apparire sgradevole e inopportuno discuterne a qualche metro dai funerali o dalla successiva camera ardente a Germaneto.
L’entusiasmo per intitolarle subito la Cittadella della Regione improvvisamente registra una battuta d’arresto. La scelta emotiva, che visto il voto unanime della Giunta, e del presidente del Consiglio Mimmo Tallini di dare subito un pubblico riconoscimento alla defunta presidente, registra, inopinatamente, qualche ripensamento e non si ancora se il Consiglio confermerà l’unanimità della scelta. Una decisione, peraltro, contro la legge che vieta di intitolare strade, palazzi o qualsiasi altro a personalità meritevoli di lustro, se non sono trascorsi almeno dieci anni dalla morte. Una norma già derogata in qualche occasione, quindi non si vede perché non potrebbe esserci una nuova eccezione. Il punto, per la verità, è che otto mesi sono, indubitabilmente, troppo pochi e non ci sono iniziative clamorose avviate tali da giustificare una “santificazione” così immediata. Povera Jole, amata/odiata da viva, subito celebrata in maniera trasversale da morta, rimessa in discussione appena qualche giorno dopo.
L’occasione, ovvero il pretesto, sono Muccino e il suo corto Calabria terra mia, su cui si stanno riversando valanghe di critiche e di insulti, anche beceri. Ma soprattutto immeritati, a nostro avviso: abbiamo scritto che emoziona e piace, ma che non sarebbe piaciuto ai calabresi. Non ci voleva molto a immaginarlo. Provate a raccontare in sei minuti un’idea della Calabria che possa far breccia a un americano, tanto per fare un esempio: serve un mix di amore, emozioni e bella fotografia. Quello che si ritrova nel minifilm di Muccino. È un promofilm, non è un documentario di National Geographic né una puntata di Alberto Angela, né meno che meno un’indagine sociologica sui calabresi, tra virtù, vizi e tradizioni. È un’opera cinematografica e come tale può piacere o meno, ma è ingeneroso attaccare le scelte artistiche di chi firma il soggetto, la sceneggiatura e la regia. Gabriele Muccino, un nome famoso negli Stati Uniti (è stato 12 anni a Hollywood), è molto apprezzato e quotato, un nome che – al di là dei gusti cinematografici di ciascuno – rappresenta il “cinema”.
Non sarebbe piaciuto ai calabresi, avevamo detto, perché ognuno avrebbe voluto vedere uno scorcio di casa sua, l’angolo del cuore, ma questo film non è un album di cartoline: racconta una storia che fa da pretesto a un rapidissimo tour di alcune parti della Calabria. Voleva giocare sui colori e sui sapori, ecco la scelta di puntare sui frutti di Calabria che hanno colore ed esprimono un sapore inconfondibile. Ma perché privilegiare, per dire, il limone di Rocca imperiale e il cedro dell’omonima riviera e non, per esempio, la ‘nduja, i mostaccioli, o il peperoncino? Qui vale la regola che le scelte di chi racconta una storia (scrittore, regista, autore) non possono essere messe in discussione: la libertà creativa non deve rispondere a vincoli e imposizioni. Sono storie, non è realtà. Muccino ha immaginato una Calabria “vintage” con l’asino e le coppole (qualcuno avrebbe dovuto suggerirgli, leggendo la sceneggiatura, che sono cambiate tante cose in Calabria), ma vanno rispettate, con ampia libertà di critica, le sue scelte artistiche.
L’obiettivo di un corto “firmato” da un grande regista era evidente: il nome di grido fa glamour e attrae e, soprattutto, funziona mediaticamente. Giovedì il TG5 ha dedicato un paio di minuti nell’edizione delle 13 al minifilm di Muccino e, ovviamente, ha parlato della Calabria. Tutti i giornali nazionali ne stanno parlando: ma cosa vogliamo di più? C’è Klaus Davi che ogni giorno, tra media, giornali e televisioni, non perde occasione per parlare di Calabria e, soprattutto di Reggio: sarebbe stato un ottimo assessore comunale alla Reputazione e al Turismo, ma il sindaco Falcomatà segue la logica del consenso tra i suoi portatori di voti, piuttosto che prendersi “gratis” una promozione permanente della città. Ma di questo parleremo un’altra volta. Era solo per dire che il concetto di marketing del territorio è apparso da sempre astruso a chi ha governato la Calabria. Ci siamo dimenticati dell’orrida quanto imbarazzante animazione dei Bronzi voluta da Scopelliti? O della campagna mediatica affidata a Oliverio Toscani? Ci siamo dimenticati che per due legislature regionali non c’è stato neanche l’assessore al Turismo? Ci dimentichiamo che per i nostri governanti promuovere il turismo è stato sempre e solo aprire uno stand alla Bit di Milano o allestire qualche stand con soppressate (senza finocchietto, Muccino questa non gliela perdoneranno mai!) e peperoncino di Calabria? È mancata in 50 anni una politica del turismo e la Santelli ha voluto, forzando la mano per scelta (e denaro investito) tentare di invertire la rotta, puntando sull’effetto mediatico di un cortometraggio con una regia importante.
La presidente Jole aveva l’idea di una Calabria a colori e per realizzarla ha affidato a un grande nome – internazionale – di cinema il compito di tradurre la sua idea in un promofilm. Non voleva un album di cartoline – lo ha spiegato Muccino – ma una storia. E la storia – piaccia o no – c’è: un uomo ritorna nella sua Calabria con l’innamorata spagnola e vuole farle conoscere una parte della regione. Una parte! Come si fa a mettere in sei minuti (due sono di titoli di coda) i Bronzi di Riace, il peperoncino, la ‘nduja, il Teatro greco di Locri, il Codex di Rossano, l’annona, il profumo del Bergamotto di Reggio Calabria, le arance di Villa San Giuseppe, le Valli Cupe, l’Arcomagno di San Nicola Arcella, la Cattolica di Stilo e altre centinaia di meraviglie che appartengono alla Calabria? Non si fa, non si può, ci vorrebbero ore, e allora si lascia spazio all’inventiva e alla creatività dell’autore che deve fare l’uso che crede della sua libertà di racconto. No, questo non sta bene ai più e qualunque fotogramma del film è occasione di critica strumentale, feroce e ingiusta, con l’obiettivo (mascherato) di demolire l’iniziativa firmata da un governo regionale di centro-destra e dalla presidente Jole. Non piace la fotografia (è invece bellissima), non piace la musica (è intensa e coinvolgente), non piacciono le scene, le comparse, la Jeep, il vestitino di Rociò, il congiuntivo mancato (dove vuoi che ti porto?), la cadenza imperfetta: un campionario inesauribile di elementi di contestazione. E dura solo sei minuti, figuriamoci se fosse stato uno short film di 30 minuti…
L’unico punto su cui è, invece, facile concordare è il costo dell’operazione. 300mila euro al minuto è obiettivamente un costo discutibile, considerato che in questa cifra non sono incluse le spese di distribuzione via rete. Ma Muccino e il suo produttore hanno presentato il progetto e il relativo budget per la sua realizzazione e la Regione Calabria, nella persona della presidente Jole, ha detto sì. Dov’erano tutti quelli che ora si stracciano le vesti sull’«assurda spesa» quando è stato affidato l’incarico “ad personam” ed è stato approvata la spesa? Qualcuno dei consiglieri di opposizione s’è incatenato a Palazzo Campanella chiedendo spiegazioni? No, c’era il Covid, risponderanno. Bene, niente catene, ma una mail certificata sotto forma di interpellanza o interrogazione urgente a nessuno è venuto in mente di farla prima del primo classico “ciak si gira? Come ha fatto adesso Francesco Pitaro del Gruppo Misto (ex Io resto in Calabria), complimenti per la tempestività!, che pretende con la sua interrogazione a uno smarrito presidente facente funzioni Nino Spirlì di far restituire i soldi dalla produzione.
La verità, purtroppo, sta altrove: il film (mini, corto o come volete chiamarlo, ma sempre film è) di Muccino è il pretesto per una campagna elettorale che sarà infuocata. Un assist formidabile per la sinistra che userà Muccino per scoraggiare gli elettori di destra: «Ecco cos’ha prodotto il Governo della Santelli», «Volete continuare su questa strada?». Argomentazioni miserevoli da una sinistra da cui sarebbe giusto aspettarsi programmi e progetti per sfidare un avversario che, certamente, non è imbattibile. Invece si fa il gioco sporco e si rinnega il finto cordoglio per la presidente che non c’è più per riversarle – indirettamente – fiumi di fiele. Da “Santa subito” a colpevole di lesa maestà e di avere voluto «infangare» la Calabria, con un film che – siamo sicuri – piacerà al resto del mondo.
Non bisogna cadere in questa trappola pre-elettorale. Il film di Muccino suscita emozioni: non racconta la Calabria, i suoi miti, i suoi personaggi, le sue innumerevoli bellezze, ma coglie degli spunti per invogliare alla scoperta diretta. Il problema che nessuno ancora si è posto riguarda i costi di distribuzione: per far girare il film sulle grandi piattaforme, attraverso Google, Facebook, Amazon, Netflix etc servono denari: non si pensi che possa bastare la generosa disponibilità dei calabresi sparsi in ogni angolo del mondo a far circolare ovviamente gratis il video nei propri profili. La diffusione richiede competenza e un piano di distribuzione intelligente con apposite (e tante) risorse. Sono state previste e in quale misura? Questi sono argomenti su cui discutere. Facciamolo circolare il film, farà la sua parte, piacerà a chi non conosce la Calabria. E chi verrà, da oltreoceano o dal Grande Nord, visitando di persona i tantissimi luoghi incantevoli della nostra terra, magari si domanderà: «ma l’asino di Muccino (“u sceccu”) dov’è andato a finire»? (s)