PORTO GIOIA TAURO, GIGANTE IN CRESCITA
DOVRÀ PUNTARE SULL’AREA RETROPORTO

di PIETRO MASSIMO BUSETTA«La capitaneria di porto di Gioia Tauro è l’unico ufficio marittimo nazionale che è nelle condizioni di poter autorizzare l’ingresso e l’ormeggio delle più grandi navi porta container esistenti al mondo. Si tratta delle cosiddette ULCS (Ultra Large Container Ships), veri e propri giganti del mare che con i numeri che le contraddistinguono – 235.000 tonnellate di stazza lorda, 400 metri di lunghezza (un campo di calcio é lungo 100 metri) e 61,5 di larghezza-testimoniano più di ogni parola il successo dello scalo di Gioia Tauro». 

Così il comandante della capitaneria di porto Vincenzo Zagarolo, nella prefazione del bel volume di Giuseppe SorieroAndata in porto, Gioia Tauro la sfida vincente

La costruzione del porto di Gioia Tauro ha avuto inizio cinquant’anni fa, nella prima metà degli anni ’70, nell’ambito del progetto speciale per la realizzazione delle infrastrutture sul territorio della provincia di Reggio Calabria.

All’inizio degli anni ’80 si è arrestato il programma dei lavori ufficialmente per la crisi del comparto siderurgico. Lo scalo è stato quindi riconvertito da porto industriale a polifunzionale con l’esigenza di rimodulare i programmi di infrastrutturazione, l’assetto operativo ed i piani di sviluppo.

La prevalenza della tipologia del traffico container, che si è affermata alla fine degli anni ’80, deriva dalla sua posizione geografica. Infatti frontaliero di Suez e baricentrico nel mar Mediterraneo, ha recuperato la sua caratterizzazione quale scalo di transhipment di contenitori e merci  in genere. 

L’attività operativa ha avuto inizio nel 1995 e si è sviluppata a ritmo elevato fino a far assumere allo scalo il primato nel settore del transhipment che ad oggi lo contraddistingue.

I dati che lo riguardano sono tutti da primato: la circoscrizione portuale ha una superficie complessiva di ettari 440, esclusi gli spazi acquei. L’imboccatura ha una larghezza di circa 300 metri ed è ad essa contiguo un bacino di evoluzione del diametro di 750 m.

In direzione nord si sviluppa il canale portuale della lunghezza di circa 3 Km e larghezza minima di 200 m, ampliato a 250 metri nel tratto iniziale. Il porto è un gigante, si pensi all’area di 440 ettari che lo contraddistingue, che il nostro Paese ha lasciato dormiente per anni, forse per non disturbare l’attività di Genova e Trieste

L’ha lasciato praticamente nella sua impossibilità di muoversi considerato che i collegamenti ferroviari con il resto del Paese, come in tutta la Calabria, in realtà  da Napoli in giù, sono praticamente fermi alle linee del 1860. 

Il tema è sempre analogo grandi progetti, individuazione di drivers importanti per lo sviluppo del Mezzogiorno, lasciati in sospeso, senza completare l’ultimo miglio. Anche la lotta alla criminalità organizzata, che poteva essere condotta con molta determinazione, considerato che l’area è relativamente contenuta, non è stata portata a termine con la determinazione dovuta e il gigante è rimasto bloccato a terra a vegetare, mentre i giovani calabri continuavano ad emigrare non avendo prospettive di lavoro adeguate nella loro terra. Il sistema ha registrato più contraddizioni che soluzioni politiche tecniche.

Un progetto di sicuro rilievo internazionale, che mai è stato fatto proprio dai governi italiani, tanto da non investire nell’alta capacità del trasporto ferroviario per collegarlo. Addirittura, dopo lo stop del ponte sullo stretto di Messina, deciso in Parlamento col decreto legge numero 93 del 2008, si sono impantanati finanziamenti prima destinati agli svincoli e raccordi che avrebbero potuto velocizzare la rete ferroviaria fino alla Calabria ed alla Sicilia, sottintendendo un progetto Paese di tagliare lo stivale e farlo affondare da solo.

Le opere da realizzare, indicate meticolosamente in due distinti accordi del governo per un importo di 1 miliardo e 363 milioni di euro vengono stoppati. E tali finanziamenti sono dirottati, accentuando il dualismo ferroviario ben messo in evidenza dal grafico riportato nel 2022 dalla Svimez, con la figura che mette in evidenza l’assoluta mancanza di collegamenti nel Mezzogiorno d’Italia. 

Così Giuseppe Soriero, nel suo recente volume sul porto, denuncia lo stop di qualunque ipotesi di investimento serio. Adesso che il gigante malato si sta lentamente rialzando, anche se i maggiori investimenti continuano ad essere programmati prevalentemente per i porti di Genova e Trieste, malgrado tutti i limiti denunciati per quello di Genova, con progetti faraonici difficilmente realizzabili, bisogna fare il passo decisivo. 

Un porto nel Sud ha senso in una doppia logica: quella di avere uno scalo frontaliero di Suez, missione alla quale può rispondere ancor di più Augusta, se il collegamento ferroviario raggiungerà, con il ponte sullo stretto costruito, le ultime lande siciliane, ormai centrali rispetto alla proiezione euro mediterranea,  ma anche quella di creare quei posti di lavoro indispensabili per raggiungere quel rapporto 2 a 1 tra popolazione ed occupati, tipico delle realtà a sviluppo compiuto. 

Condizione  necessaria per evitare lo spopolamento e l’emigrazione che caratterizza tali aree, oltre che per combattere la criminalità organizzata e consentire la crescita sociale di una parte importante del Paese. 

Ma non è il solo transhipment che porta a tali risultati, in quanto ormai i porti, come quello di Rotterdam, sono talmente meccanizzati che assorbono una quantità di occupazione, interessante ma non di grandi numeri. 

Che invece provengono dalla lavorazione dei semilavorati nei retroporti attrezzati, che consentono al porto olandese di occupare tra diretti ed indiretti quasi 700 mila lavoratori. Questa era la vocazione di Gioia Tauro, per la quale il porto é stato creato nella visione che uno dei driver importanti per lo sviluppo del Sud dovesse essere quello della logistica. 

Adesso peraltro, entrato nella area Zes, questa vocazione potrebbe essere esaltata. Occhiuto ha chiesto che nell’area vada avanti il progetto del rigassificatore, ma tale realizzazione, strumentale anche per realizzare una catena importante del freddo per i prodotti agricoli, non va messa nei ricavi ma nei costi, che possono essere affrontati per dare energia al Paese solo se in cambio vi é la creazione di un’area manifatturiera che crei quei 300-400 mila posti di lavoro complessivi che risolvano l’esigenze di occupazione della Calabria.  Un progetto che preveda una sistematicità negli interventi, che riguardino la infrastrutturazione, la lotta alla criminalità organizzata, un cuneo fiscale azzerato, una tassazione degli utili molto contenuta per i primi dieci anni di insediamento e una semplificazione amministrativa che faccia partire le iniziative in tempi reali.  Ma in fondo serve una volontà vera di far partire la seconda locomotiva. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Presentato a Roma “Andata in Porto”, la storia di Gioia Tauro raccontata da Pino Soriero

Sul Porto di Gioia Tauro la pubblicistica sui media è gigantesca: passare da isola infelice e destinata a morire a 15° Porto del mondo ha dato il pretesto a migliaia di articoli che hanno raccontato vita morte e miracoli di un’infrastruttura portuale che oggi rappresenta il fiore all’occhiello del Paese nel e per il Mediterraneo. E anche i libri si sono sprecati, ma fino a oggi nessuno si era lanciato a raccontare con competenza, passione e orgoglio calabrese la storia del Porto di Gioia Tauro. Ci ha pensato l’arch. Pino Soriero, oggi presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma e del Consiglio delle Accademie d’Italia, un passato di politico di primo piano con una parentesi – molto positiva – di sottosegretario ai Trasporti e alla Navigazione col Governo Prodi. Un profondo conoscitore della materia (25 anni fa fu lui a inaugurare la Capitaneria di Porto istituita a Gioia Tauro) e insieme uno studioso con gusto dell’indagine e della scoperta.

Andata in porto è il felice titolo del suo libro presentato ieri alla sede prestigiosa di Confitarma a Roma, dove a festeggiare l’anteprima del volume edito da Rubbettino, sono arrivati politici, ex ministri, economisti, personalità del mondo imprenditoriale. Non solo per la chiara stima nei confronti di Soriero, ma per sottolineare l’importanza che il Porto di Gioia Tauro sta acquisendo per il futuro del Paese. La Calabria diventa “utile” all’Italia e lo sarà sempre di più con le potenzialità – ancora inespresse – del Porto di Gioia con la sua gigantesca area di 848 km quadrati e un retroporto che potrebbe ospitare imprese, aziende di trasformazione, attività legate ai semilavorati in arrivo nella Piana attraverso il Porto.

E il racconto, soave ma certamente appassionato, di Soriero aiuta non poco a capire quale potrà essere il futuro del Porto di Gioia e con esso il futuro non solo della Calabria e del Mezzogiorno, ma di tutto il Paese.

Soriero fa tesoro delle esperienze personali (insegna all’Università Catanzaro Storia dell’intervento pubblico nel Mezzogiorno ed è consigliere della Svimez) ma raccoglie una messe straordinaria di dati e materiali che saranno di grande utilità all’attuale classe politica, troppo distratta da piccole cose, per poter costruire – finalmente – una visione che abbia al centro la vocazione marittima del Paese.

I porti – ha fatto notare Luca Sisto direttore generale di Confitarma , la federazione nazionale degli armatori, sono un’invenzione del mare: ci sono i porti se ci sono le navi e un porto senza navi non è un porto. E allora bisogna fare pace col mare e cogliere l’opportunità di Gioia Tauro su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo e che invece sta facendo notare a tutti che anche le sfide più difficili, soprattutto al Sud, sono possibili e si possono vincere.

No shipping? No shopping!: ha sintetizzato con una battuta il presidente di Confitarma Mario Mattioli, per sottolineare come l’attività marittima è – ma deve diventarlo sempre di più – una ricchezza del Paese.

Il giornalista Francesco Verderami, notista politico del Corriere della Sera, è nato a Gioia Tauro e ha la Piana nel cuore: c’è stato uno sfregio alla bellezza degli uliveti, degli agrumeti, distrutti per un Centro Siderurgico che non è mai nato, ma a cui è succeduto il miracolo del Porto: allora bisogna conciliare il territorio con questo Porto, serve una riconciliazione culturale per ricostruire il rapporto dei calabresi con il bello che non è deturpato, ma offre chances di occupazione, lavoro e futuro per i giovani.

Presenti all’evento il presidente della Svimez Adriano Giannola, l’ex ministro Alessandro Bianchi, il presidente dell’Autorità portuale di Gioia (Mari Tirreno meridionale e Jonio) ammiraglio Andrea Agostinelli, il nuovo Capo Dipartimento per la programmazione strategica del MIT Enrico Maria Pujia, l’on. Luciano Violante, il comandante generale delle Capitanerie di Porto Nicola Carlone, l’editore Florindo Rubbettino, il comandante del Porto di Gioia Vincenzo Zagarola, e tanti politici di lungo corso.

Accoglienza calorosa e meritata  a un libro che disvela il miracolo meridionale cui nessuno voleva credere. (s)

Giuseppe Soriero eletto presidente della Conferenza dei Presidenti delle Accademie statali italiane

Il catanzarese Giuseppe Soriero, Presidente dell’Accademia Belle Arti di Roma, architetto, è stato eletto per acclamazione Presidente della Conferenza nazionale dei Presidenti delle Accademie statali italiane. La riunione si è tenuta a Roma nella sede del Ministero dell’Università alla presenza del ministro Maria Cristina Messa, accompagnata dalla direttrice generale dott. Marcella Gargano.

Soriero succede all’avv. Fabio Moretti, presidente dell’ABA di Venezia, adesso chiamato ad una nuova prestigiosa responsabilità come presidente del Conservatorio musicale della Città lagunare.

Il presidente dell’ABA di Carrara, Antonio Passa, è stato eletto presidente onorario della Conferenza, per il notevole impegno culturale profuso nella ricostituzione della Conferenza dei Presidenti.

Il ministro Messa, apprezzando il ruolo incisivo svolto dalla Conferenza, ha auspicato uno sforzo ulteriore d’innovazione e proiezione internazionale delle Accademie per portare a compimento il loro allineamento ai livelli universitari.

Secondo Soriero, che in passato è stato presidente dell’ABA di Catanzaro, «l’alta formazione artistica può e deve contribuire alla maturazione di un “nuovo Rinascimento” nel nostro Paese, misurandosi con più audacia sulle attuali sfide dell’innovazione tecnologica e dell’internazionalizzazione sia dell’offerta formativa che della ricerca».

La Conferenza si prepara così a un confronto serrato su queste tematiche strategiche, dopo le elezioni, col nuovo Parlamento e con il prossimo Governo. «La convinta valorizzazione dell’arte italiana e dei nostri artisti è una delle leve più poderose per accrescere il prestigio dell’Italia nel mondo». (rrm)

Il presidente dell’Aba di Roma Soriero al Quirinale per la cerimonia del Ventaglio

Il grande ruolo delle Accademie di Belle Arti del Meridione è emersa durante la tradizionale cerimonia di consegna del “Ventaglio” al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare.

Il “Ventaglio” è stato realizzato quest’anno da Annibale Trani dell’Accademia di Belle Arti di Lecce. Lo ha sottolineato il presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma, il catanzarese Giuseppe Soriero, presente alla cerimonia al Quirinale, assieme alla direttrice professoressa Cecilia Casorati e alla docente dell’ABA di Lecce, Grazia Tagliente.

Il presidente Soriero, che in passato è stato anche presidente dell’ABA di Catanzaro, ha auspicato una sempre maggiore collaborazione tra le Accademia del Meridione, su cui costruire un grande progetto di rilancio della formazione artistica nelle regioni del sud. Arte, cultura e turismo culturale possono diventare uno straordinario volano per lo sviluppo del Meridione ed un ruolo assolutamente strategico possono svolgerlo le Accademia di Belle Arti.

È quello che stiamo facendo a Roma dove, sotto l’ottima guida della professoressa Casorati, l’ABA, la più antica e prestigiosa d’Italia, sta contribuendo alla rinascita artistica della Capitale in collaborazione con il Ministero e il Comune. (rrm)

Il catanzarese Giuseppe Soriero è il nuovo presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma

Prestigioso incarico per il catanzarese Giuseppe Soriero, che è stato eletto presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma, succedendo alla dott.ssa Alberta Campitelli. La nomina è stata fatta dal ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica, prof. Maria Cristina Messa.

Il neo Presidente, da parte sua, ha rivolto un ringraziamento innanzi tutto al Ministro Messa, per la sua attenzione verso le istituzioni Afam, alla direttrice Casorati e al Consiglio Accademico, «per un riconoscimento – ha detto – che lo carica di forti responsabilità e di nuove sfide culturali e sociali».

Soriero dopo aver salutato cordialmente la dott. Campitelli, nell’aprire oggi il Consiglio di Amministrazione, ha rivolto la sua attenzione agli studenti, a tutti i docenti e a tutti i dipendenti e collaboratori dell’Aba di Roma, che ha definito «una formidabile squadra, nonché un ” presidio di eccellenza” esemplare nel campo dell’Alta Formazione Artistica nel nostro Paese, ancor più in questa fase storica che affida la ripresa nazionale anche e soprattutto all’arte e alla cultura».

La direttrice dell’Aba di Roma, prof. Cecilia Casorati, ha espresso vivo apprezzamento per questa nomina: «Il nuovo presidente Soriero saprà assicurare, con la sua esperienza e le sue competenze, un ulteriore impulso alle attività dell’Accademia più antica d’Italia, nonché una forte interlocuzione con le Istituzioni nazionali, regionali e locali». (rrm)