Il vicesindaco di RC Brunetti: Dati report errati, a Reggio la differenziata cresce

Il vicesindaco del Comune di Reggio, Paolo Brunetti, ha evidenziato come «i dati relativi alla raccolta differenziata dei Comuni calabresi diffusi quest’oggi alla Cittadella nel corso della sesta edizione dell’Ecoforum con la presentazione del report “Comuni ricicloni”, non corrispondono affatto alla realtà».

«Reggio Calabria non è al 18,1% di differenziata come gli autori del report affermano, ma a più del 41% – ha evidenziato –. A certificarlo sono i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale per il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, organismi scientifici nazionali che indicano, nonostante le difficoltà, dati di tutto rispetto per la nostra città».

«Siamo consapevoli che la raccolta differenziata debba ancora crescere a Reggio Calabria – ha spiegato Brunetti – ma ci stupisce l’assoluta disinformazione diffusa da certe associazioni che rischia di vanificare il lavoro fatto in questi anni. C’è da dire che la nostra città, la più grande e popolosa della Calabria, incontra certamente maggiori difficoltà nella gestione del circuito della differenziata rispetto a Comuni più piccoli e con una minore densità abitativa, ma il dato ufficiale del 41,2%, peraltro riferito al 2022 e probabilmente cresciuto nel 2023, costituisce un segnale certamente incoraggiante, che deve farci comprendere la necessità di aumentare le quantità di rifiuti differenziati».

«Non ci convincono affatto le modalità con le quali gli organizzatori dell’Ecoforum abbiano diffuso pubblicamente dati completamente errati. Per quanto ne sappiamo – ha proseguito – le percentuali di tanti comuni calabresi, diffuse durante la conferenza stampa odierna, sono state completamente erronee».

«Grave – ha concluso – che un istituto che dovrebbe incoraggiare i Comuni nella pratica della raccolta differenziata diffonda dati così macroscopicamente imprecisi».

La risposta di Legambiente: I dati basati su Report 2023 di Arpacal

Legambiente in una nota ha precisato come «i dati presentati da Legambiente, nell’ambito della sesta edizione dell’Ecoforum rifiuti, contenuti nel dossier “Comuni ricicloni”, sono basati sul report 2023 dell’Arpacal (dati 2022), consultabile sul sito della stessa Arpacal e trasmessi direttamente dall’Agenzia all’Associazione in seguito ad apposita richiesta».

«I dati in oggetto, riferiti all’anno 2022 – viene spiegato – sono stati poi oggetto di un recentissimo aggiornamento, successivo alla redazione del dossier. Di tale circostanza l’Associazione ambientalista ne ha dato atto nella nota stampa inviata ieri al termine dell’Ecoforum, specificando che nei prossimi giorni saranno analizzati i dati che Arpacal ha aggiornato da qualche giorno e saranno aggiornati i dati sul Report».

«Nella nostra nota stampa, infatti – ha aggiunto l’Associazione – Legambiente ha rilevato come la raccolta della città di Reggio Calabria fosse pari ad appena il 18,1%, in discesa rispetto all’anno precedente, specificando che si trattava dei “dati Arpacal sinora analizzati».

«È evidente, dunque – prosegue la nota – che Legambiente ha utilizzato e diffuso i dati ricevuti direttamente da Arpacal in un tempo antecedente alla redazione del dossier “Comuni ricicloni”. Vi è da dire, però, che effettivamente nel recente aggiornamento Arpacal, effettuato sempre sui dati 2022, la percentuale di raccolta differenziata di Reggio Calabria passa dal 18,1 al 39,41%, così come cambiano le percentuali di altri Comuni. Tutti i dati saranno naturalmente aggiornati per come già anticipato».

«Siamo, quindi, lieti – ha detto ancora – che dall’aggiornamento dei dati da parte di Arpacal il Comune di Reggio Calabria raggiunga performance migliori e che le politiche messe in campo abbiano portato ad un trend positivo, nonostante le difficoltà che hanno interessato in più fasi soprattutto i conferimenti e le numerose emergenze. Certamente il dato positivo, che incoraggia a proseguire l’Amministrazione e l’assessore Brunetti su questa strada, resta ancora tra i più bassi dell’intera regione, che nel complesso continua a non raggiungere il 65% di raccolta differenziata, che costituiva l’obiettivo temporale del 2012, e gli obiettivi, sempre più sfidanti, fissati dalla normativa comunitaria (direttiva UE 2018/851)».

«La Calabria, attualmente – ha ricordato Legambiente – resta sempre in fondo alla classifica nazionale, terz’ultima prima della Sicilia e del Lazio. Con la città di Reggio Calabria siamo sempre disponibili ad un confronto e ad una collaborazione sulle problematiche esistenti nel ciclo di gestione dei rifiuti e sulla loro risoluzione».

«Invitiamo, sin da ora, il Comune di Reggio Calabria – conclude la nota – ad un incontro-confronto sul modello di economia circolare da realizzare su cui costruire un nuovo paradigma di sostenibilità ed innovazione e competitività in cui anche i rifiuti si trasformano da problema in risorsa creando anche opportunità occupazionali». (rrc)

Anna Parretta eletta nella segreteria nazionale di Legambiente

La presidente regionale Anna Parretta eletta nella segreteria nazionale di Legambiente. Nel corso dell’Assemblea nazionale dei delegati di Legambiente, che si è tenuta sabato nella sede di via Salaria a Roma, sono state rinnovate le cariche dei responsabili di settore ed eletta la segreteria nazionale che sarà in carica fino al 2027.

Molte riconferme, ma anche alcuni nuovi ingressi tra i quali la presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta, che farà parte della segreteria insieme ad altri 23 rappresentanti tra i quali il presidente nazionale Stefano Ciafani ed altri autorevoli componenti: Mauro Albrizio, Claudia Cappelletti, Serena Carpentieri, Nunzio Cirino Groccia, Katiuscia Eroe, Fausto Ferruzza, Enrico Fontana, Domenico Fontana, Angelo Gentili, Mariateresa Imparato, Antonio Lanorte, Luigi Lazzaro, Mattia Lolli, Maria Maranò, Barbara Meggetto, Andrea Minutolo, Antonio Nicoletti, Vanessa Pallucchi, Roberto Scacchi, Sebastiano Venneri, Giorgio Zampetti, Maurizio Zara.

«Sono onorata e commossa – spiega Parretta – per il prestigioso incarico che sono lieta di rivestire per portare la Calabria al tavolo nazionale, ma è anche un onere perché la regione nei prossimi anni dovrà affrontare importanti questioni che riguarderanno il futuro non solo del nostro territorio, ma di tutto il Paese. Ringrazio il presidente nazionale Ciafani e tutti i delegati dell’assemblea nazionale per la stima e la fiducia che hanno riposto in me e tutti i circoli calabresi con i quali stiamo portando avanti il grande lavoro che in questi 4 anni ci ha visti impegnati con notevole dedizione e passione».

EDILIZIA SCOLASTICA, CALABRIA BOCCIATA
TANTI RITARDI E INTERVENTI MAI AVVIATI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Mancanza di programmazione e un atavico e cronico ritardo dominano l’edilizia scolastica in Calabria. Una scuola su tre – non solo in Calabria, ma anche in Sicilia – necessitano di interventi urgenti di manutenzione e, negli ultimi cinque anni, non sono state costruite nuove scuole. Questa è solo una parte della fotografia desolante scattata dal Report Ecosistema Scuola di Legambiente, giunta alla 23esima edizione, perché, mentre «per il Governo la priorità è il Ponte sullo Stretto, a discapito dello stato di salute delle scuole e della mobilità sostenibile, due priorità sui cui sarebbe urgente lavorare».

Insomma, è tutto da rifare e ripensare per l’Associazione, soprattutto nella nostra regione, in cui non ci sono edifici costruiti con i criteri della bioedilizia – anche se a livello nazionale sono soltanto l’1,3% – così come non risultano essere state edificate scuole nuove negli ultimi 5 anni. Eppure, in Calabria ci sono 153 Istituti scolastici con una popolazione scolastica di 24.328 studenti.

Ma avere scuole nuove e innovative sembra essere un miraggio: «ammonta a 6 milioni di euro – ha rilevato Legambiente – l’entità di fondi necessari a singola scuola mediamente. Investimenti che occorre programmare in un medio lungo periodo e che difficilmente si possono trovare nei bilanci ordinari dei Comuni, se non accedendo a fondi nazionali. Nonostante lo stanziamento delle risorse, nella Penisola la realizzazione di nuove scuole è un miraggio: negli ultimi 5 anni è stato dello 0,6%».

«Così come – si legge nel Rapporto – l’attivazione del tempo pieno, mediamente presente nel 33,2% delle classi del Centro-Nord e nella più modesta media del 20% nel Sud e nelle Isole. Preoccupante è lo stato di avanzamento dei progetti riguardanti i piani del Pnrr: asili nido, messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica, estensione del tempo pieno – mense, infrastrutture per lo sport, costruzione di nuove scuole, nell’iter che va dal progetto, alla gara e all’aggiudicazione: in Calabria su 539 progetti per una media di oltre 1 milione e trecentomila euro a progetto sono stati aggiudicati solo per il 28,8%».

A tal riguardo, l’Associazione ha ricordato come «ammontano a 519 milioni di euro i fondi stanziati dal Pnrr per 767 nuove realizzazioni o ampliamenti/potenziamenti di spazi mensa.Sembrano aver fatto richiesta di questo tipo di finanziamenti in maniera importante le regioni del Sud e delle Isole, che attualmente non superano una media di classi a tempo pieno nel 20% dei casi.Un incremento che dovrebbe muovere il basso dato di edifici con mensa scolastica che mediamente al Nord è presente in 3 scuole su 4 mentre nelle Isole, nemmeno nella metà degli edifici».

«Non va dimenticato poi che in Sicilia e Calabria – dove tutti i capoluoghi di provincia, con la sola eccezione di Caltanissetta, sono in area sismica 1 e 2 – mediamente, nel 65% dei casi non è stata effettuata la verifica di vulnerabilità sismica. Sul fronte messa in sicurezza, altro osservato speciale è il Centro Italia colpito dal sisma 2016 dove negli ultimi 5 anni – ha denunciato Legambiente – gli edifici in cui sono stati realizzati interventi di adeguamento sismico sono solo il 3,4%».

«A livello nazionale – viene rilevato nel Report – nel 2022 gli edifici costruiti secondo i principi di bioedilizia rimangono relegati al 1,3% del totale. L’efficientamento energetico, pur affrontato da alcune amministrazioni su un numero consistente di edifici di propria pertinenza,riguarda solo il 12,7 % del totale degli edifici scolastici tra quelli realizzati negli ultimi 5 anni, distribuito in modo piuttosto disomogeneo».

«Questo a fronte di un dato sconfortante rispetto alla pressione del problema energetico: di tutti gli edifici scolastici, solo il 5,4 % si trova in classe A, mentre ben il 73% in classe E, F e G.Nota positiva riguarda invece l’interesse delle amministrazioni (90%) a realizzare comunità energetiche scolastiche – continua la nota –. Le scuole in cui è presente un servizio di mobilità collettiva, fattore che potrebbe migliorare molto la congestione delle nostre città, sono ancora solo un 20,8% per gli scuolabus e il 10,7% per le linee scolastiche. Sempre molto bassi e concentrati al Nord i servizi di pedibus (4,1%) e bicibus (0,2%), che pure potrebbero rappresentare una mobilità non solo sostenibile ma anche più salutare e divertente. Sul fronte sicurezza, gli edifici scolastici posti all’interno di isole pedonale sono l’1,9%, in ZTL il 4%, in Zone 30 il 13,6%, in strade scolastiche il 6,9%».

Dati che dimostrano, ancora una volta, come «i fondi nazionali destinati all’edilizia scolastica risultano essere fortemente penalizzanti per la Calabria», hanno rilevato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e Stefania Rotella, responsabile Settore Scuola di Legambiente Calabria.

«Si sta, inoltre, verificando un ingente spostamento di risorse, come sta accadendo per il fondo perequativo per superare i gap infrastrutturali del Sud, con 1,1 miliardi sottratti al comparto istruzione e dirottati sul ponte sullo stretto di Messina. Appare evidente l’esigenza – hanno concluso Parretta e Rotella – di agire sulle vere priorità di Calabria e Sicilia, considerando la primaria importanza del sistema Scuola, sia in termini di adeguamento delle infrastrutture a partire dalla basilare verifica di vulnerabilità sismica sino all’efficientamento energetico, all’ incremento di servizi quali ad esempio, impianti per lo sport, mobilità sostenibile, mense biologiche».

Ma non è solo la Calabria a essere penalizzata: È l’intero Sud a essere “dimenticato” dalle Istituzioni. Lo dimostrano i dati rilevati per quanto riguarda i servizi scolastici che, «nonostante rappresentino una parte importante per la crescita, la socialità e l’inclusione tra i ragazzi sono poco garantiti nelle scuole del Sud della Penisola. Il tempo pieno è praticato mediamente solo nel 20% delle scuole del Sud e delle Isole, contro una media del 35% delle classi del Centro Nord. Grandi assenti anche le palestre e gli impianti sportivi: nel Sud Italia una scuola su due non ha palestre o impianti sportivi e dove gli impianti sono funzionanti, quelli che sono aperti oltre l’orario scolastico sono a poco più del 40% nelle città del Sud e del 33% nelle Isole, contro l’oltre 60% nei capoluoghi di provincia del Centro-Nord».

«L’investimento complessivo del Pnrr per la costruzione o la ristrutturazione di edifici nuovi o adattati, adibiti a palestre o impianti sportivi – ha ricordato Legambiente – è di circa 350 milioni per 445 progetti, di cui più della metà nelle regioni del Sud e delle Isole che in parte dovrà colmare divari infrastrutturali anche se in realtà sono presenti carenze un po’ in tutta la penisola, con 1 scuola su 2 che non ha la palestra e che vede in un impianto su tre la necessità di manutenzione urgente (al Sud diviene quasi uno su due)».

«A fronte di ciò – ha rilevato Legambiente – se le risorse stanziate con il Pnrr, dovrebbero rappresentare in generale un’importante opportunità per rinnovare in tutta la Penisola la qualità degli edifici e dei servizi scolastici attraverso nuove scuole e più servizi tra cui tempo pieno, palestre, mense e asili nido, ad oggi fatica la messa a terra degli stanziamenti previsti con più del 40% degli interventi bloccati nella fase iniziale di progetto».

Di fronte alla fotografia che emerge, Legambiente ha indirizzato al Governo Meloni e al Ministro dell’Istruzione le sue proposte chiedendo, in primis, di «dare priorità nell’indirizzo dei fondi, compreso il Pnrr, alla messa in sicurezza e adeguamento sismico delle scuole in area sismica 1 e 2 e all’efficientamento energetico degli edifici raggiungendo una diminuzione dei consumi almeno del 50%; di istituire una struttura di governance per la facilitazione all’accesso e alla gestione dei fondi per l’edilizia scolastica da parte degli Enti Locali e di rendere di facile consultazione i dati dell’anagrafe scolastica e dello stato di avanzamento dei fondi e interventi per l’edilizia scolastica».

Per Claudia Cappelletti, responsabile nazionale Scuola di Legambiente, «la transizione ecologica passa anche per l’edilizia scolastica e i relativi servizi, ma oggi questo percorso è fin troppo timido e fatica a decollare come raccontano i dati del nostro Rapporto Ecosistema Scuola».

«Occorre accelerare il passo – ha rilanciato – per evitare che la scuola rimanga indietro e che aumentino ancor di più le disuguaglianze. Le risorse del Pnrr rappresentano un’opportunità importante e preziosa che non deve essere assolutamente sprecata. Quello che ci auguriamo è che l’infrastruttura scolastica e tutto ciò che attiene all’istruzione venga considerato asse strategico per la crescita del Paese, con un costante e ampio investimento in una programmazione che assicuri la capacità di intervento ordinario e straordinario».

«Non dimenticando, in un Paese in cui persistono molti divari – ha concluso – che l’autonomia differenziata non è la risposta ad una tale esigenza di perequazione».

«Dove esistono problemi più acuti di povertà educativa e di carenze di servizi – ha dichiarato Elena Ferrario, presidente di Legambiente scuola e formazione – la scuola non riesce ad essere quel presidio educativo presente e aperto anche in orario extrascolastico, come sarebbe auspicabile. Non basta dare fondi per le strutture murarie, come sta avvenendo nel Pnrr, se su funzioni socialmente strategiche come palestre, mense, asili nido, non si prevedono fondi ulteriori per la loro gestione».

«Il Paese, in sintesi – ha concluso l’Associazione – ha bisogno di scuole innovative, più sicure e inclusive come raccontano anche le buone pratiche, come servizi di mense scolastiche a km zero, “Nidi comunali gratuiti per tutti”, attività di scuolabus e pedibus o laboratori di CER (Comunità Energetiche Rinnovabili), riguardanti edifici scolastici». (ams)

IL MARE VIOLATO: LA CALABRIA È QUINTA
SI DEVE TUTELARE DI PIÙ IL TESORO BLU

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria c’è ancora illegalità nel mare. Nella classifica del mare violato in Italia 2022, la nostra regione è quinta con 84.303 controlli, 1490 reati (7,6%), 1630 persone denunciate e arrestate, 380 sequestri penali, 3405 illeciti amministrativi e 3320 sanzioni amministrative. Per quanto riguarda gli illeciti per km di costa, se ne contano il 6,8% del totale.

È la fotografia desolante emersa dal report Mare mostrum di Legambiente, in cui sono stati accertati, solo nel 2022, 19.530 reati ambientali accertati nel 2022 lungo le coste italiane, con un +3,2% rispetto al 2021, mentre gli illeciti amministrativi, 44.444, sono cresciuti del 13,1%.Diminuiscono, anche se di poco (-4%), il numero delle persone denunciate e arrestate (19.658) e in maniera più significativa quello dei sequestri (3.590, con una riduzione del -43,3%).

Sommando reati e illeciti amministrativi in Italia è stata accertata, grazie ad oltre un milione di controlli (esattamente 1.087.802, +31% rispetto al 2021) svolti dalle Capitanerie di porto e dalle forze dell’ordine,una media di 8,7 infrazioni per ogni km di costa(erano state 7,5 nel 2021), una ogni 115 metri.

Per quanto riguarda i reati ambientali lungo le coste, nel 2022 a farla da padrone è il ciclo illegale del cemento (dalle occupazioni di demanio marittimo alle cave illegali, dagli illeciti negli appalti per opere pubbliche fino all’abusivismo edilizio) che rappresenta da solo il 52,9% dei reati (10.337),seguito dai diversi fenomeni d’illegalità (dalla mala-depurazione allo smaltimento dei rifiuti) che Legambiente classifica con la voce “mare inquinato” con 4.730 illeciti penali e dalla pesca di frodo, con 3.839 reati.Infine, ammontano a624 le violazioni del Codice della navigazione relative alla nautica da diporto, anche in aree protette,un dato in netta crescita rispetto ai 210 del 2021 (+197,1%), con 286 persone denunciate/ arrestate e 329 sequestri. Le diverse filiere delle illegalità ambientali hanno anche un forte impatto economico: il valore dei sequestri e delle sanzioni amministrative è stato nel 2022 di oltre 486 milioni di euro (in calo del -22,3% rispetto al 2021).

La Calabria è quinta, tra le regioni costiere, nel ciclo illegale del cemento ( 8,4% ), quarta nella classifica del mare inquinato ( 7,3% ), settima per pesca di frodo ( 6.8%) e nona nella violazione del Codice della navigazione e nautica di diporto anche in aree protette ( 2,1%). Questi ultimi dati, vista la rilevanza del sistema costiero calabrese, inducono riflessioni sulla necessità di ancora maggiori controlli.

Una situazione su cui bisogna intervenire. Per questo l’Associazione ha suggerito otto proposte per tutelare, in modo più efficace, il patrimonio ambientale contro l’abusivismo, la maladepurazione e le illegalità.

Nello specifico, Legambiente propone di ripristinare, se necessario anche con modifiche normative, l’efficacia dell’art. 10bis della legge 120/2020 che affida ai Prefetti il compito di demolire le costruzioni abusive oggetto di ordinanze di abbattimento emesse ma non eseguite dai Comuni;  rafforzare l’attività di contrasto delle occupazioni abusive del demanio marittimo; rilanciare a livello nazionale e su scala locale la costruzione e l’adeguamento e/o messa in regola dei sistemi fognari e di depurazione, migliorando in generale l’intero sistema di gestione, integrando il ciclo idrico (collettamento fognario e depurazione) con quello dei rifiuti (gestione fanghi di depurazione).

Ancora, efficientare la depurazione delle acque reflue, valorizzandole come risorsa e permettendone il completo riutilizzo in settori strategici come l’agricoltura, superando gli ostacoli normativi nazionali (DM 4 185/2003) con l’attuazione del regolamento UE 741/2020; migliorare e rendere più efficienti ed omogenei i controlli delle Agenzie regionali di protezione ambientale messe in rete nel Sistema Nazionale di protezione ambientale coordinato da Ispra (SNPA), approvando i decreti attuativi della legge 132 del 2016; regolamentare in maniera stringente lo scarico in mare dei rifiuti liquidi (acque nere ed acque grigie, acque di sentina, ecc.), istituendo, per esempio, delle zone speciali di divieto di qualsiasi tipo di scarico, anche oltre le 12 miglia dalla costa; promuovere politiche attive per la prevenzione nella produzione di rifiuti e per la migliore tutela del mare e della costa; attuare da parte del governo e del Parlamento adeguati interventi normativi contro la pesca illegale, non dichiarata e non documentata.

Proposte che, tuttavia, devono essere accompagnate «da un impegno decisamente più significativo da parte di tutte le istituzioni coinvolte, dai singoli comuni alle Regioni, dal parlamento al governo», ha sottolineato Enrico Fonata, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità dell’Associazione.

Lo scorso agosto, Legambiente plaudiva l’iniziativa de Governatore, Roberto Occhiuto, per il commissariamento da parte della giunta regionale dei Comuni che non eseguono le ordinanze di demolizione, lanciando l’appello affinché «la Calabria dia l’esempio per liberare il Mezzogiorno da un fenomeno illegale che l’Istat definisce insostenibile».

«Un cambio di passo importante – scriveva l’Associazione – rispetto al passato rispetto al quale ribadiamo il “meglio tardi che mai”, sottolineato lo scorso dicembre all’annuncio di un provvedimento atteso e necessario poiché la Calabria, per come reiteratamente segnalato da Legambiente nei propri dossier, è interessata da un persistente e grave fenomeno di abusivismo edilizio a cui non sono estranei interessi riconducibili alla criminalità organizzata».

«L’Istat, nel suo ultimo “Rapporto Bes 2022” – ha ricordato Legambiente – sul benessere equo e sostenibile definisce come “insostenibile” l’abusivismo edilizio nel Mezzogiorno, con un’incidenza di 42,1 case illegali ogni 100 costruite nel rispetto della legge (la media nazionale è di 15) e segnala una crescita netta dell’abusivismo del 9,1%, come non si riscontrava dal 2004».

«Dall’ultimo report pubblicato nel 2021 nell’ambito della campagna di Legambiente “Abbatti l’abuso” – si legge ancora – che monitora le ordinanze di demolizione emesse dai Comuni per verificare quante ne siano state effettivamente eseguite, emerge, sulla scorta dei dati comunicati dalle amministrazioni, che le demolizioni in Calabria sono state pari solo all’11,2% delle ordinanze emesse».

«L’abusivismo edilizio – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – è un fenomeno grave che molto spesso compromette luoghi di straordinaria bellezza e pregio ambientale e contro il quale servono, anche in funzione di deterrenza e prevenzione degli abusi, azioni efficaci di rispristino della cultura della legalità, con l’abbattimento degli immobili non sanabili. Si tratta di interventi essenziali non solo per tutelare l’ambiente ma anche per porre in sicurezza il territorio, frenare il consumo di suolo, affermare economie locali trasparenti e salvaguardare l’incolumità delle persone».

Quindi, come si sono fatti passi avanti per quanto riguarda l’abusivismo edilizio, è tempo che in Calabria si faccia altrettanto anche sul lato del mare violato, in modo da non vedere più la nostra bella regione sempre tra i primi in questi rapporti desolanti. ν

Legambiente Calabria: Fermare taglio degli alberi a Rende

Legambiente Calabria ha definito «insensate le operazioni di taglio degli alberi a Rende» e si è detta al fianco dei residenti, dei cittadini e delle associazioni di Rende giustamente indignati per le operazioni di taglio, in parte già effettuate ed in parte in corso, delle alberature lungo alcune strade cittadine di Commenda, Quattromiglia e Roges di Rende.

«Con una nota inviata al Commissario prefettizio del Comune di Rende – ha reso noto Legambiente – e per conoscenza al Presidente del Comitato per lo sviluppo del verde urbano ed al Capo del Dipartimento Unità di Missione per il Pnrr, l’associazione ambientalista, dopo avere effettuato una verifica sul posto e preso visione  della nota redatta da un tecnico agronomo sulla cui base è stato redatto dalla precedente Giunta guidata dal sindaco Manna il progetto esecutivo da parte del Comune di Rende, ora commissariato, ha rilevato l’inadeguatezza e l’inopportunità degli interventi posti in essere».

Per questo ha chiesto al Commissario prefettizio del Comune di Rende «di fermare il cantiere e sospendere immediatamente ogni operazione di taglio degli alberi per attuare una più adeguata valutazione degli interventi in essere».

Per come constatato da Legambiente, «il Comune sta procedendo al taglio indiscriminato delle alberature così impoverendo la dotazione di verde pubblico ed agendo in direzione contraria rispetto agli obiettivi europei di mitigazione richiesti dalla crisi climatica in atto. Si tratta di interventi, finanziati con fondi Pnrr – si legge nella nota dell’Associazione – profondamente dissonanti rispetto all’obiettivo di rigenerazione urbana, basati su una relazione tecnica molto carente e generica nelle motivazioni che hanno determinato la pericolosità delle piante. Sarebbe stata, invece, necessaria un’indagine strumentale, puntuale ed approfondita, per verificare lo stato di salute e di pericolosità delle singole piante, per poi scegliere, in maniera selettiva, gli interventi più appropriati non essendo sufficiente la Visual Tree Assessment (tecnica del controllo visivo) a supportare l’invasività degli interventi attuati».

«La finalità  di un intervento di riqualificazione urbana – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria ed Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette e biodiversità di Legambiente nazionale – dovrebbe essere, palesemente,  quello di utilizzare gli alberi per migliorare la vivibilità e il benessere dei cittadini, orientare le strategie per il verde nella direzione di creare boschi nelle città, utilizzando specie autoctone coerenti con la vegetazione locale gestita secondo moderni criteri di arboricoltura, promuovere interventi di gestione del verde con azioni basate sulla natura (Nature Based Solution NBS), certificare le foreste urbane e applicare i principi del Green pubblic procurement negli appalti pubblici».

«È utile in questa sede ricordare –  continua la nota dell’Associazione – che un accurato posizionamento degli alberi nelle aree urbane può raffreddare la temperatura dell’aria dai 2° agli 8°C, e se posizionati in maniera appropriata attorno agli edifici, gli alberi possono ridurre l’utilizzo del condizionatore del 30% e far risparmiare dal 20% la 50% dei costi per il raffrescamento e la presenza di spazi verdi dotati di alberi aumenta il valore immobiliare di almeno il 20%.  Un albero può assorbire fino a 150Kg di CO2 all’anno e i grandi alberi all’interno delle aree urbane sono eccellenti filtri di agenti inquinanti, la vegetazione incrementa la permeabilità dei terreni e attenua il run-off (scivolamento dell’acqua) su superfici impermeabili e riduce il dissesto, e passare del tempo nel verde migliora la salute fisica e mentale».

«Insomma, per una città importante come Rende – ha continuato Legambiente – ci saremmo aspettati un intervento di riqualificazione del verde urbano che facesse scuola e fungesse da esempio per altre città della nostra Regione, in realtà ci troviamo a commentare un intervento invasivo che incide pesantemente sul patrimonio pubblico di verde urbano. Un intervento attuato senza una adeguata giustificazione tecnica e peggiorativo del contesto urbano». (rcs)

SERVE UNA SVOLTA PER LA FORESTAZIONE
È INDISPENSABILE SUPERARE I RITARDI

di FRANCESCO CANGEMI – In Calabria la strada è ancora lunga per garantire sostenibilità e trasparenza a un comparto strategico come quello boschivo. Tuttavia, piccoli passi sono stati fatti dalla Regione, decidendo di non concedere più deroghe per l’esercizio della Centrale del Mercure.

Una decisione che ha raccolto il plauso di Legambiente Calabria che sottolinea come «Occorre cambiare la filiera legno energia per dare garanzie di sostenibilità e di trasparenza a un comparto economico come quello boschivo importante per la nostra Regione. Oggi, invece, la filiera boschiva è, per come hanno accertato diverse indagini della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, in gran parte nelle mani delle cosche e trova nella filiera energetica un punto di interesse economico e criminale. Occorre invertire la tendenza e passare ad un utilizzo sostenibile del patrimonio forestale attraverso la tutela efficace degli ecosistemi, e un uso consapevole delle biomasse per promuovere la nascita di comunità energetiche e sostenere piccoli impianti cogenerativi che favoriscono le economie locali e l’utilizzo delle risorse boschive secondo i principi della gestione forestale sostenibile».

«È una decisione clamorosa – aggiungono da Legambiente Calabria riferendosi al Mercure – importante ed opportuna quella annunciata dal presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto che, in sede di approvazione del Piano del Parco nazionale del Pollino, atteso da oltre 30 anni, ha dichiarato che non ci saranno altre deroghe a garanzia dell’esercizio della grande Centrale a Biomasse del Mercure, nel Comune di Laino Borgo.  La centrale del Mercure, lo ricordiamo, ha una potenza di 35 mw ed è inserita in un contesto territoriale estremamente delicato come il Parco nazionale del Pollino e su cui si pongono una serie di questioni estremamente rilevanti e nessun vantaggio concreto, perché contraddice i più elementari criteri di sostenibilità ambientale: produce solo energia elettrica ed è poco efficiente, per funzionare deve essere alimentata con grandi quantità di biomassa, 340-500mila tonn/anno e previsioni di crescita fino a 820mila, proveniente da una distanza di 120 km che è ben superiore ai criteri condivisibili e sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale».

«La Regione Calabria – continua la nota – prende atto dell’incompatibilità dell’impianto con il Parco nazionale, e sebbene avvenga con ritardo dobbiamo sfruttare l’occasione per favorire una profonda riflessione sulla filiera energetica regionale delle biomasse che non è sostenibile, economicamente deficitaria e, anche alla luce delle inchieste della procura distrettuale antimafia di Catanzaro ha dimostrato, socialmente pericolosa perché condizionata dalla criminalità organizzata».

«La Regione Calabria, emettendo un provvedimento che prelude alla chiusura della centrale del Mercure sta andando nella direzione giusta – commenta Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria – La nostra associazione ha sempre espresso un giudizio molto critico sulla realizzazione di questa centrale sia per la sua localizzazione, del tutto incongrua, all’interno di un Parco nazionale, sia sulle dimensioni dell’impianto con i conseguenti riflessi in termini di emissioni e consumi. Una centrale vecchia nella sua concezione, oggi inadatta a rispettare gli obiettivi climatici e di tutela delle foreste perché si pone in contrasto con la Strategia Europea che punta a migliorare la qualità delle foreste e delle sue filiere compresa quella energetica. Tra le fonti energetiche rinnovabili, la biomassa forestale per essere realmente sostenibile, deve rispettare il principio di uso a cascata delle risorse agroforestali, provenire da filiere corte, avere riguardo alle emissioni in atmosfera e garantire la salvaguardia della salute delle persone e la tutela dell’ambiente: il contrario della grande centrale del Mercure».

Perseguire gli obiettivi della Strategia Forestale Europea significa anche rispettare gli impegni sottoscritti a livello internazionale dall’Italia in materia di contrasto ai cambiamenti climatici, conservazione della biodiversità, decarbonizzazione dell’economia, commercializzazione del legno e sviluppo socioeconomico. Le biomasse possono essere considerate sostenibili se: esiste una filiera di prossimità e di piccole dimensioni che non implica lunghi viaggi, non provengono da culture dedicate, si tratta di scarti che non troverebbero una miglior sistemazione ed il ritmo di sfruttamento non è superiore al tasso di ricrescita di boschi e foreste.

«Nell’esprimere la nostra soddisfazione per le decisioni prese dal presidente Occhiuto – continua Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente – attendiamo la chiusura effettiva della Centrale del Mercure e di ogni altro grande impianto presente in Regione che abbia caratteristiche simili non rispondenti a criteri di gestione forestale e delle sue filiere effettivamente sostenibili. Ricordiamo che in Calabria sono presenti 4 grandi impianti che utilizzano biomasse solide, sui 32 diffusi su tutto il territorio nazionale, che producono “solo” energia elettrica da biomasse forestali e consumano 1.954.080 tonnellate e vedono la Calabria in testa con l’impiego di oltre un milione di tonnellate di legna (51%). La metà dei consumi di biomasse del nostro Paese sono alimentati da prodotti forestali commercializzati o provenienti dalla Calabria, uno spreco di materia prima e un utilizzo insostenibile dei prodotti forestali e una filiera produttiva inadeguata a sostenere il cambio di passo necessario per raggiungere gli obiettivi di tutela della biodiversità e climatici previsti al 2030».

«Come abbiamo richiesto durante il Forum regionale sulle foreste organizzato nel luglio del 2022 a Cosenza – concludono Parretta e Nicoletti – in Calabria serve una riflessione per superare le contraddizioni ed i ritardi nella pianificazione e gestione forestale, oltre che per sopperire all’assenza di certificazione secondo i principi della gestione forestale sostenibile. Rilanciamo l’invito alla Regione di insediare un Tavolo di filiera del legno con l’obiettivo di una maggiore partecipazione e condivisione tra le istituzioni, il mondo della ricerca e le parti economiche e sociali interessate per attuare la transizione ecologica e la valorizzazione del settore forestale. Occorre superare un sistema di autorizzazione farraginoso e non trasparente che negli anni ha permesso alla criminalità organizzata di infiltrarsi e condizionare un settore economico importante, che nei fatti, alimenta la “monocultura” industriale di produzione di energia da biomasse per le grandi centrali elettriche presenti in Calabria a Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo e Cosenza che sono superate perché ambientalmente insostenibili». (fca)

I LAGHI SILANI ENTRO I LIMITI DI LEGGE
SERVE PREVENZIONE E MONITORAGGIO

di FRANCESCO CANGEMI – I laghi calabresi “galleggiano” a leggere i dati del report di Goletta dei laghi che ha esaminato i bacini idrici della nostra regione. Inquinato uno dei due punti sul lago di Angitola, entro i limiti di legge i laghi Arvo, Cecita, Ampollino, Ariamacina, del Passante.

Nei sei laghi calabresi, sei dei sette punti campionati sono risultati entro i limiti di legge, mentre solo un punto, nel Lago Angitola, è risultato inquinato. Nel mirino della campagna, come di consueto, canali e foci, i principali veicoli con cui l’inquinamento microbiologico causato da cattiva depurazione o scarichi illegali arriva nei laghi.

I risultati sono stati presentati durante la conferenza stampa organizzata presso Palazzo della Provincia di Cosenza, seguita dal convegno Le opportunità della Transizione Ecologica per la fruizione sostenibile degli ecosistemi lacustri. Sono intervenuti Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria; Rosaria Succurro, presidente della provincia di Cosenza; Maria Annunziata Longo, funzionario Regione Calabria; Antonio Nicoletti, Responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente.

«I dati dei monitoraggi effettuati nell’ambito della campagna Goletta dei Laghi sono complessivamente positivi in relazione ai parametri considerati», afferma Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria.

«Infatti, rientrano nei limiti di legge sei dei sette punti campionati in particolare sui laghi Arvo, Cecita, Ampollino, Ariamacina, del Passante, mentre purtroppo è risultato inquinato uno dei due punti campionati sul lago Angitola – afferma Parretta – Come lo scorso anno, oltre ai classici parametri riguardanti una cattiva o assente depurazione, sono state effettuate anche le analisi chimiche per determinare i carichi di azoto e di fosforo. I laghi sono ambienti molto ricchi di biodiversità che forniscono preziosi servizi ecosistemici ma allo stesso tempo sono sistemi molto fragili che subiscono profonde pressioni di origine prevalentemente antropica. Le minacce, oltre dai cambiamenti climatici, provengono soprattutto dall’inquinamento da fonte agro-zootecnica, da reflui urbani o industriali e da scarichi illegali. È essenziale, quindi, una sempre maggiore attività di prevenzione, programmazione e controllo territoriale da parte delle Autorità competenti anche attraverso continui ed opportuni monitoraggi sulla qualità delle acque, anche per rilevare la presenza di pesticidi, erbicidi e metalli pesanti. La tutela dell’ambiente costituisce la priorità assoluta da intersecare con l’utilizzo a scopi agro-industriali delle acque e con la fruizione turistica dei luoghi».

Anche per il 2023, oltre alle analisi microbiologiche, sono state effettuate delle analisi chimiche dei principali parametri utili a determinare i carichi di azoto e fosforo nelle acque lacustri: in tutti e sei i laghi sono stati riscontrati valori entro i limiti di legge per quanto riguarda le concentrazioni di azoto (totale e ammoniacale), nitrati, nitriti, Cod, Fosforo totale, cloruri e solfati.

In occasione della tappa in Calabria, Legambiente ha anche presentato uno speciale dossier di approfondimento sui laghi silani: un documento dettagliato con focus sulla storia e sulle caratteristiche degli ecosistemi lacustri della Sila, sulla depurazione nelle località turistiche del territorio e sui monitoraggi effettuati da Goletta dei Laghi negli ultimi quattro anni nei bacini lacustri silani, e ha presentato dieci proposte per una loro adeguata valorizzazione e tutela. In particolare, occorre: migliorare la conoscenza degli ecosistemi acquatici; ridurre l’inquinamento dei laghi; aumentare la biodiversità degli ecosistemi acquatici; favorire attività lacustri Netzero; frenare il consumo di suolo; garantire il controllo e la vigilanza del territorio; promuovere la balneabilità dei laghi silani; maggiore trasparenza sull’utilizzo turistico e produttivo dei bacini lacustri; valorizzare il turismo lacustre attivo e sostenibile e promuovere la partecipazione dei cittadini nelle scelte.

«I laghi silani – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette e Biodiversità Legambiente e presidente del circolo Legambiente Sila – sono parte integrante del paesaggio tutelato attraverso il Parco nazionale e la rete natura 2000 ma deve crescere la conoscenza di questi ambienti per organizzare meglio l’utilizzo degli ecosistemi lacustri che, in una logica multifunzionale, devono essere utilizzati in chiave sostenibile e per favorire la transizione ecologica del territorio. A partire dall’utilizzo idroelettrico che deve portare maggiori utilità al territorio a quello turistico che deve cambiare passo e promuovere le località lacustri mete turistiche a partire da Lorica. Per questa ragione le nostre proposte vanno nella direzione di una maggiore conoscenza, gestione e valorizzazione delle risorse naturali presenti nel territorio che devono essere utilizzate in maniera consapevole e garantire benefici alle comunità locali e migliorare le condizioni dell’ambiente». (fc)

A Cosenza si presentano i dati del monitoraggio di Goletta dei Laghi

Domani mattina, a Cosenza, alle 10.30, nella Sala degli Stemmi di Palazzo della Provincia, saranno presentati i dati del monitoraggio di Goletta dei Laghi in Calabria di Legambiente.

A seguire, il convegno su Le opportunità della Transizione Ecologica per la fruizione sostenibile degli ecosistemi lacustri. Intervengono

Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria, Rosaria Succurro, presidente della provincia di Cosenza, Francesca Pisani, sindaco di Casali del Manco, Salvatore Siviglia, Direttore Generale Assessorato Ambiente della Regione Calabria e Antonio Nicoletti, Responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente.

Il 9 agosto, invece, è in programma una escursione guidata al Lago Angitola, organizzata dai dai circoli Legambiente Ricadi, Legambiente Vibo Valentia e Legambiente La Ginestra.

Per info e prenotazioni: Franco Saragò – 3281391146. (rcs)

Legambiente conferma i dati Arpacal: alla foce del Nicà acque balneabii

Il 23 giugno 2023, esattamente il giorno dopo allo sversamento del percolato nella discarica di Scala Coeli, è intervenuta alla Camera dei Deputati l’On. Vittoria Baldino. Nel suo intervento, tra le proposte avanzate dalla deputata del M5S quella rivolata al Ministro Pichetto Frattin affinché «attivi immediatamente il reparto ambientale marino» oltre le solite invettive rivolte al Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto.

Sui fatti della discarica di Scala Coeli pesano principalmente due questioni sin dal principio denunciate dall’Associazione Calabria Excellent: la strumentalizzazione politica di questa vicenda insieme all’allarmismo irresponsabile e poco serio che ha fortemente danneggiato l’interesse generale dell’intero territorio.

Il 12 luglio del corrente anno il Circolo Legambiente “Nicà” attraverso un post sulla propria pagina Facebook informava i cittadini che «Oggi le nostre volontarie Ornella Iemboli e Silvia De Santis hanno effettuato i prelievi nei pressi della foce del Nicá, i risultati verranno diramati nella conferenza stampa che si terrà a Crotone il prossimo 22 luglio con l’arrivo di Goletta Verde lo storico veliero di Legambiente».

Marcello Romano, in uno dei pochi commenti al post, ha ribattuto con un laconico «speriamo che di loro ci si può fidare… e che non siano anche loro o parte di loro al libro paga di qualcuno… come tanti Enti ed organizzazioni di controllo…».

Ciò fa comprendere – oltre ogni ragionevole dubbio – quanto l’allarmismo irresponsabile e poco serio abbia determinato nell’opinione pubblica il legittimo sospetto che persino le autorità competenti (Arpal e gli uomini del Nucleo Operativo Ecologico della Benemerita Arma dei Carabinieri), diramassero dati alterati per tutelare chissà quali interessi.

Così, oggi, tutti i quotidiani calabresi riportano quanto è emerso dalla conferenza stampa di ieri a Crotone di Goletta Verde (un team di esperti scientifici e volontari di Legambiente). Nella provincia di Crotone 2 punti su 3 sono risultati fortemente inquinati: la foce del fiume Esaro a Crotone e il punto presso la Foce del canale nella Spiaggia a destra del Castello di Le Castella.

Mentre è emerso che alla foce del Nicá, dai prelievi effettuati, le acque del mare esprimono dati nella norma e, quindi, sono confermate le risultanze con i dati dell’Arpacal che ha definito le acque alla foce del Nicà – è bene ricordarlo – “eccellenti per la balneazione”.

Dalla conferenza stampa di Goletta Verde, in pratica, emerge che nella provincia di Cosenza sono 7 i punti campionati, di cui 1 fortemente inquinato: la foce del torrente Colognati nel comune di Corigliano-Rossano. Occorre, altresì, precisare che i campionamenti sono stati effettuati tra 28 giugno 17 luglio: quindi dopo il 22 giugno (data in cui è avvenuto lo sversamento di percolato presso la discarica di Scala Coeli).

A questo punto occorre sottolineare che già il 7 luglio il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto attraverso una durissima nota stampa aveva puntato il dito contro i Comuni: «Io non credo ci sia stato mai un presidente che si sia impegnato così tanto sulla depurazione, che è affare dei Comuni, perché i depuratori dipendono dai Comuni, i controlli sugli scarichi abusivi dipendono dai Comuni».

L’Associazione Calabria Excellent, nel ribadire la propria fiducia nella Magistratura e nelle autorità inquirenti, auspica che le Istituzioni possano determinarsi a tutela dell’immagine ormai compromessa del mare del basso jonio cosentino le cui acque sono «eccellenti per la balneazione».

«Naturalmente ci aspettiamo una manifestazione organizzata da Legambiente alla foce de torrente Colagnati (alla quale la nostra Associazione ovviamente aderirà) – dice l’associazione – mentre attendiamo con ansia l’interrogazione parlamentare dell’On. Vittoria Baldino (a cui ricordiamo che oggi 23 luglio, in molti tratti della costa del basso jonio cosentino, il mare era poco pulito), in merito ai dati diramati da Goletta Verde circa le condizioni delle acque del mare alla foce del torrente Colagnati nel comune di Corigliano-Rossano. (rcs)

L’EOLICO OFFSHORE È LA VIA DI SVILUPPO
LA CALABRIA SPINGA SULLE RINNOVABILI

La Calabria potrebbe puntare decisa all’utilizzo delle rinnovabili per il proprio sostentamento energetico. Puntare sempre di più sulle rinnovabili, a partire dall’eolico offshore sbloccando quei progetti in attesa di valutazione statale, e abbandonare la strada delle fonti fossili e dei rigassificatori. È questa per Legambiente la sfida che la Calabria deve affrontare visto che in questo territorio tre quarti dell’elettricità è ancora prodotta da fonti fossili.

La Calabria deve riuscire a trasformare l’emergenza climatica, energetica e sociale in opportunità di crescita e sviluppo del territorio, non solo per contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici, ma anche per portare innovazione nei territori, al settore energetico e nuovi posti di lavoro. Non deve perdere questa importante opportunità, ha tutti i requisiti e le capacità per far decollare le rinnovabili dimostrando al Governo Meloni che la strada da percorrere non è quella dell’hub del gas. Il Meridione può diventare un hub energetico europeo strategico delle rinnovabili e la Calabria in questo contesto può giocare un ruolo importante con i suoi 22 progetti a fonti rinnovabili in attesa di valutazione statale, tra cui i 4 di eolico offshore per complessivi 2,93 GW di potenza. 

L’associazione ambientalista ha fatto il punto in occasione della tappa in programma a Crotone di Goletta Verde, sua storica campagna estiva in navigazione lungo la Penisola e realizzata con le partnership principali di Anev, Conou, Novamont e Renexia e la media partnership de La Nuova ecologia. L’eolico offshore è, anche quest’anno, uno dei temi portanti di Goletta Verde per informare e sensibilizzare i cittadini e per ricordare che l’energia prodotta dal vento rappresenta uno degli strumenti necessari per arrivare alla decarbonizzazione del nostro Paese attraverso la transizione energetica

Sul fronte delle energie pulite, nonostante alcuni continuino a pensare che la regione Calabria abbia già contribuito abbastanza, a fine 2022 nel territorio sono presenti 35mila impianti da fonti rinnovabili, pari a poco più del 2% di quelli presenti sul territorio nazionale, per 2.817 mw di potenza complessiva, cresciuti di appena 52 mw di nuova potenza rinnovabile nell’ultimo anno. In termini di copertura energetica elettrica, il maggior contributo arriva dall’eolico, con il 12%, seguito dalle bioenergie con il 7,5% (in questa percentuale rientrano specifici impianti a biomassa solida che non hanno alcuna caratteristica di sostenibilità, e dal solare fotovoltaico con il 3,8%. Percentuali, tra eolico e fotovoltaico, davvero basse e che, per una Regione come la Calabria, rappresentano solo il primo timido passo verso la decarbonizzazione.

La Calabria è una regione con un potenziale davvero importante, come raccontano i 22 progetti a fonti rinnovabili in attesa di valutazione statale, tra cui i 4 di eolico offshore per complessivi 2,93 gw di potenza. Il più distante dalla costa è il progetto di eolico offshore Calabria, da 555 mw e previsto, se autorizzato, nello specchio acqueo del Golfo di Squillace a largo di Punta Stilo con la pala più vicina alla costa ad una distanza di 55 km. Sempre nel Golfo di Squillace a 43,5 km troviamo anche il progetto Krimisa, il più grande tra quelli monitorati da Legambiente fino a fine maggio, composto da 62 aerogeneratori da 18 MW ognuno, per una potenza complessiva da 1.116 mw.

Tra lo specchio di mare del Golfo del Comune di Squillace (Cz) e i territori comunali di Borgia, Squillace, Grifalco, San Floro, Caraffa di Catanzaro, Cortale e Maida, anch’essi in provincia di Catanzaro, troviamo invece la proposta di progetto Fortevento composto da 39 aerogeneratori da 15 mw ciascuno, per una potenza complessiva pari a 585 mw. In ultimo, il parco eolico La Patrizia, unico non galleggiante, che sarà posto ad una distanza minima dalla costa di 12 km e composto da 45 aerogeneratori da 15 mw ciascuno per 675 mw, e che, se approvato, sarà realizzato tra il Comune di Belcastro (Cz), in località La Patrizia, lo specchio di mare del Golfo del Comune di Squillace (Cz) e i territori comunali di Botricello, Cropani, Sellia Marina, Sersale, Simeri Crichi, Catanzaro, San Floro, Caraffa di Catanzaro e Maida.

«La strada verso la decarbonizzazione è ancora molto lunga: lo scorso anno le fonti fossili hanno coperto il 75% della domanda di energia elettrica della Calabria, con un radicamento legato non solo alla produzione energetica, ma anche al trasporto di gas e all’estrazione di idrocarburi – dichiara Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria –. Ad oggi con i suoi gasdotti la Calabria è territorio di transito di tutto il gas importato dal Nord Africa che approda prima in Sicilia per essere poi spinto verso nord passando per la Centrale di Compressione di Tarsia, in provincia di Cosenza».

«Inoltre, a questa situazione – ha spiegato – si aggiunge il rischio dato dai rigassificatori: il primo a Gioia Tauro, tornato in auge dopo 10 anni dalla sua autorizzazione a causa dello scoppio del conflitto in Ucraina e oggi considerato importante nell’ambito della strategia che vede l’Italia candidata a diventare l’hub del gas verso l’Europa; e l’altro in attesa di autorizzazione a Crotone, da 0,8 miliardi di smc, e che prevede un deposito costiero con capacità di 20.000 smc di gas. Progetti che allontanano la Calabria dalle opportunità di innovazione, miglioramento della qualità di vita e creazione di posti di lavoro».

«È ora di dire basta – ha concluso – l’eolico offshore, insieme alle altre tecnologie pulite, è un’opportunità energetica, economica e sociale che la nostra regione ha tutto l’interesse a perseguire».

Non bisogna dimenticare anche le attività di ricerca e produzione di idrocarburi. Nel 2022, attraverso le 4 concessioni di coltivazione presenti nella Regione e localizzate nei pressi di Crotone tra terra e mare, sono stati prodotti 5.119.484 smc di gas su terraferma e 282.046.919 smc nelle concessioni direttamente di fronte alle coste crotonesi, una quantità pari a circa l’8% della produzione nazionale di gas fossile. A queste si aggiungono ulteriori 3 permessi di ricerca per una superficie di oltre 2.000 kmq destinati ad attività connesse alla produzione di idrocarburi. (fc)