di ANTONIETTA MARIA STRATI – Medici cubani, “salvatori” della sanità calabrese o ennesimo tappabuchi di un’amministrazione disastrosa? Quella dei medici cubani arrivati in Calabria – ad agosto ne sono arrivati altri 120 – è stata un’idea lanciata dal presidente della Regione e commissario ad acta, Roberto Occhiuto, per sopperire alla grave mancanza di medici negli ospedali del territorio.
Una scelta che ha fatto molto rumore, ma che, alla fine, sta permettendo al sistema sanitario di respirare appena. Questo perché, nonostante il gran numero di professionisti arrivati da Cuba, non bastano, né sono – come più volte detto da Occhiuto – la soluzione. Gli ospedali hanno “fame” di medici, i calabresi hanno bisogno di medici. Hanno bisogno – e diritto – di una sanità giusta, senza la necessità di dover emigrare al Nord per potersi curare.
Intanto, tra un intoppo e l’altro, i medici cubani «hanno dato alla nostra regione un contributo fondamentale per tenere aperti gli ospedali e per dare risposte ai pazienti», come detto dal commissario Occhiuto quando, a inizio agosto, ha accolto i 120 medici che si aggiungono ai 51 che, da dicembre 2022, prestano servizio in quattro ospedali della Provincia di Reggio Calabria.
«All’inizio fui criticato per questa mia iniziativa, per aver portato in Calabria dei medici cubani», ha ricordato Occhiuto, sottolineando come «oggi tutti vorrebbero ripeterla nelle altre regioni. Lo scorso mese di agosto, quando firmai l’accordo presso l’ambasciata cubana a Roma, sostenni che questi medici non avrebbero rubato alcun posto di lavoro agli italiani. E infatti nell’ultimo anno e mezzo abbiamo assunto in Calabria 2.500 unità di personale sanitario».
Una scelta che «mi ha provocato critiche da tutti i partiti – ha dichiarato il presidente Occhiuto in una intervista al giornalista Giuseppe Smorto – e dagli ordini professionali: io devo solo governare una regione molto complicata, le buone idee non sono di destra né di sinistra».
«Questi professionisti – ha sottolineato Occhiuto – non hanno rubato un solo posto di lavoro. Hanno uno stipendio lordo di 4.700 euro, vivono in case in affitto, portano indotto e movimento nei piccoli paesi».
«I medici a gettone, le finte cooperative sono uno scandalo», dice Occhiuto, spiegando che «ci hanno chiesto anche 150 euro l’ora per ognuno, alla fine sono decine di migliaia di euro sottratti all’assistenza pubblica ogni mese. Sulla salute abbiamo fatto giganteschi errori di programmazione, il ministro competente era sempre considerato di serie B, oggi mancano risorse e riforme, speriamo nelle riforme».
«La presenza dei medici cubani sarà fondamentale per allentare la pressione nei Pronto soccorso, ma anche a recuperare i troppi ritardi accumulati nelle liste d’attesa per le visite specialistiche, che sono drammaticamente aumentati a causa della pandemia», ha dichiarato il consigliere regionale Antonio Montuoro, difendendo l’arrivo dei medici.
«Oltre un ventennio di commissariamento e assoggettamento al Piano di rientro – ha ricordato – hanno progressivamente acuito le criticità sia sul piano dell’assistenza ospedaliera che su quello della medicina territoriale e di prossimità si sono progressivamente acuite – scrive ancora Montuoro – La chiusura o il depotenziamento di numerosi ospedali considerati inefficienti e insicuri (in particolar modo i punti nascita e le chirurgie) non si sono tradotti in riqualificazione e riorganizzazione dell’offerta di servizi sociosanitari sul territorio determinando molteplici disfunzioni e traducendosi in tassi di emigrazione sanitaria ancora drammaticamente elevati pari a circa il 20%. A soffrire di questa situazione soprattutto le aree interne».
Per Montuoro, dunque, il «nuovo personale a supporto dell’attività dei pochi medici che resistono e garantiscono con grande professionalità e competenza il proprio operato in condizioni critiche, rappresenta una importante risposta alle preoccupazioni del territorio».
A parte qualche criticità riscontrata a Vibo – che è rientrata grazie all’intervento tempestivo del consigliere regionale del PD Raffaele Mammoliti, che ha fatto collocare i medici cubani dall’ospedale al Pronto Soccorso di Vibo Valentia, dove c’era più necessità – si può dire che la ricetta dei medici cubani sta funzionando.
Ne ha parlato, sul Venerdì di Repubblica Giuseppe Smorto, raccontando una bellissima storia di integrazione di questi medici che, tra un qualche difficoltà linguistica e magari qualche intoppo (hanno riparato un ecografo), quotidianamente danno un prezioso contributo alla sanità calabrese. Smorto, nel suo articolo, non racconta una favola, ma la dura realtà che, ogni giorno, medici, infermieri e personale devono affrontare tra strumenti malfunzionanti, poco personale e nervosismo alle stelle da parte dei pazienti e dei medici stessi.
Francesca Liotta, direttrice sanitaria dell’Ospedale-presidio della Piana di Gioia Tauro di Polistena, racconta al giornalista come «l’urgenza era tale che li abbiamo messi subito nei turni, perfino in rianimazione». E così è stato più o meno ovunque, perché in Calabria è una continua urgenza, nonostante la presenza dei medici cubani.
Ai tanti problemi, adesso, se ne aggiunge uno più grave: «la storia dei 497 medici cubani di cui nell’estate del 2022 il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto aveva annunciato l’assunzione a tempo determinato finisce alla Corte penale internazionale», scrive Il Foglio.
Nel giornale diretto da Claudio Cerasa, «grazie ad alcuni accordi, la regione del sud Italia poteva “affittare” da Cuba il personale sanitario – certo, a condizione che venissero prese precauzioni per impedire loro di disertare, ad esempio con pressioni sulle famiglie; e senza considerare che il grosso degli emolumenti li prende il regime dell’Avana».
«Nel caso particolare, in Calabria, su 4.700 euro pagati dalla regione a ogni medico ne vanno solo 1.200», riporta ancora Il Foglio, spiegando che «sono arrivate anche varie accuse di schiavismo: anche dalla ong Prisoners Defenders, che già lo scorso dicembre aveva denunciato appunto Italia, Qatar e Messico come corresponsabili di una tratta di persone e schiavitù in un rapporto che era stato inviato allo studio della Corte penale internazionale».
Un’accusa che è emersa a Miami nel corso del Tink Tank Interamerican Institute for Democracy, sul tema “Tratta di persone da parte della dittatura di Cuba. Schiavismo nel secolo XXI”, in cui «la posizione attiva dei governi della regione Calabria (Italia), del Qatar e del Messico nel contrattare con il governo di Cuba contingenti di operatori sanitari in condizioni di schiavitù avalla l’accusa formale di questi governi presso le Nazioni Unite e presso la Corte penale internazionale per tratta di esseri umani, schiavitù, persecuzione e altri atti disumani, crimini contro l’umanità tipizzati dallo Statuto di Roma all’articolo 7».
Sul caso è intervenuto il sindaco di Polistena, Michele Tripodi, sottolineando come l’indagine aperta dall’Aia abbia trasformato «un’opera di aiuto civile e sociale, addirittura in un crimine internazionale compreso tra i reati che riguardano la tratta degli esseri umani».
«È sorprendente – ha scritto – la doppia retorica inquisitoria fatta da L’Aia. La prima infatti sanziona un impegno solidale ed anche volontaristico di uno stato socialista come Cuba che ha avuto la capacita di formare e istruire migliaia di medici, a differenza di molti stati capitalistici che hanno privatizzato il diritto all’assistenza sanitaria e l’accesso alle cure mediche, di fatto mercificandolo e subordinandolo al profitto. E poi la domanda sorge spontanea. Anche le Ong che basano la loro missione sull’opera umanitaria di volontari, che fanno… tratta di volontari?».
«La seconda. Ma come? La precarietà, la flessibilità del lavoro – ha proseguito – il salario minimo, non sono forse retorica dell’economia capitalistica che nel tempo ha distrutto la cultura del lavoro e del salario garantito sostituendola con la precarizzazione non solo degli stipendi, ma degli orari di lavoro ma anche dei tempi di vita? Per fare un esempio i lavoratori dei Tis, impegnati negli enti pubblici percepiscono al mese un sussidio tra 600 e 700 euro (prima era di 500), senza un’ora di contribuzione a fini previdenziali e la possibilità di godere della indennità di malattia».
«Insomma la Corte penale internazionale di L’Aia si preoccupa dello stipendio dei medici cubani di 1200 euro impegnati a salvare (e menomale) quel che resta della sanità pubblica calabrese dopo anni di ruberie che di certo sono rimaste impunite nel silenzio colpevole di tutte le istituzioni statali e internazionali».
«Ma per un medico cubano uno stipendio di 1200 euro nel proprio Paese vale molto di più che uno di 3000 in #Europa ed in Italia.
È un fatto intuitivo. Per tutti tranne che per la corte penale internazionale. Curiosità… L’Aia è la stessa corte che ha emesso un mandato di cattura contro Putin, e non perché avrebbe aggredito un paese sovrano ma udite udite… perché avrebbe deportato i bambini ucraini in Russia. Ma le Onlus americane che li hanno portati per un periodo in Italia ed in altri paesi, li hanno invece salvati dalle bombe? (Stessa giustificazione data dalle autorità russe…)».
«Come si può notare dipende molto dai punti di vista. Un fatto è certo. Se il Presidente Roberto Occhiuto non avesse ricorso a Cuba, e Cuba non avesse risposto presente alla chiamata solidale, i nostri ospedali sarebbero già collassati prima del tempo», ha rilevato Tripodi.
Quelle del sindaco Tripodi sono parole vere ma, come detto dalla direttrice sanitaria di Polistena, «quando andranno via loro, come faremo?». (ams)