LA MANCANZA DI VISIONE DELLA POLITICA
SUL VALORE DEGLI AEROPORTI PER IL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Centonovantasette milioni di passeggeri nel 2023. Il presidente di Assaeroporti, Carlo Borgomeo, ha commentato: «il 2023 si è chiuso con quasi 200 milioni di passeggeri, un record assoluto per gli aeroporti italiani, un’importante soglia psicologica raggiunta. Si conferma una straordinaria voglia di volare, a riprova della resilienza del nostro comparto, che è in ottima salute e resta strategico per il Paese».

Certamente il fatto che la gente si muova potrebbe essere un indicatore di benessere. Ma se vogliamo andare a indagare sui dati possono anche essere interpretati in maniera più articolata e complessiva. Se confrontiamo infatti i dati degli aeroporti italiani con quelli degli aeroporti francesi ci accorgiamo che la Francia ha 30.000 passeggeri meno in un anno. Circa 160 milioni e se consideriamo che il reddito pro capite francese è più alto di quello italiano qualche domanda ce lo dobbiamo fare.

Infatti il grande traffico aereo può derivare, oltre che da una capacità economica maggiore dei paesi interessati, anche da altri due fattori: il primo è quello di una mobilità all’interno del paese particolarmente elevata dovuta al fatto che vi sia una sviluppo economico diseguale che porta, come accade in Italia, molta gente a viaggiare da un lato all’altro, perché si sposta dalla sua residenza al lavoro. Magari non giornalmente ovviamente, ma avendo parenti, amici, radici, in una parte e il lavoro in un’altra i viaggi diventano abbastanza numerosi e frequenti. 

Tale visione è confortata dai dati degli aeroporti meridionali che rappresentano, con i circa 60 milioni di passeggeri, quasi un terzo del traffico complessivo. Tale dato è anomalo e non è collegato al reddito pro capite, ma alla popolazione. In realtà, avendo un reddito pro capite che è la metà di quello del Centro Nord, dovrebbe avere un traffico di gran lunga inferiore, invece unico dato rispetto a tasso di occupazione, export pro capite, a tasso di povertà e potrei continuare a lungo, dati che sono ovviamente a dimostrare un diverso sviluppo, il numero di passeggeri invece é in linea con la popolazione ed evidenzia che è così alto proprio perché vi è questa mobilità interna dovuta alle migrazioni.

Il secondo aspetto, che mette in evidenza, é la carenza di alternative ferro aria o gomma aria. Cioè il fatto che le movimentazioni attraverso le ferrovie e attraverso le strade sono così carenti che l’unico mezzo disponibile diventa l’aereo. 

Tale riflessione è confermata abbondantemente dallo stato delle infrastrutture del Sud, abbandonate da anni da parte di Rfi, ma anche di Anas, che scontano un ritardo ventennale rispetto ai collegamenti del Centro Nord. Ormai da Roma a Milano si utilizza spesso l’alta velocità ferroviaria come è noto a tutti, mai da Roma a Palermo. Tali riflessioni possono aiutare a cambiare visione adesso che il Piano Nazionale degli Aeroporti, di prossima pubblicazione, deve definire le  linee strategiche per il comparto. Perché le riflessioni fatte possono aiutare  a individuare le esigenze dei nuovi scali. 

Perché evidentemente, considerato che per completare una linea di alta velocità velocità ferroviaria o un’autostrada sono necessari 10 anni e costi incredibilmente alti e che invece per fare un aeroporto bastano pochi mesi, e poco più del costo di 2 km di autostrada, se non si considerano i tempi burocratici necessari per le autorizzazioni, che teoricamente potrebbero essere ridotti, si potrebbe pensare a soluzioni provvisorie che consentano di collegare i territori più  periferici e marginali, in modo da potenziare le loro possibilità di sviluppo, in attesa di quelle infrastrutture stradali e ferroviari che possano rendere inutile una struttura aeroportuale, che come si apre potrebbe pensarsi anche che possa chiudersi, laddove le esigenze di collegamento aereo venissero meno.

L’esempio più calzante che spiega e dimostra che il ragionamento è corretto è quello delle esigenze aeroportuali di Agrigento. Cittadina che è distante oltre due ore da qualunque scalo aeroportuale e che, per i prossimi 10 anni, é certo che non avrà un’alta velocità ferroviaria né un’autostrada che la collegherà agli aeroporti più vicini. Nel frattempo però, nel 2025, sarà capitale della cultura. La sua Valle Dei Templi è un tesoro che aspetta soltanto di essere scoperto adeguatamente da un pubblico che arrivi da tutte le parti del mondo. Considerato che, se adeguatamente valorizzata,  potrebbe rientrare nei primi 10 posti che ognuno nella vita non deve perdersi, come le piramidi d’Egitto per esempio,  Petra, Machu Picchu, le cascate del Niagara, le piramidi Maya, il Partenone o il Colosseo. 

E certo una vera utilizzazione e scoperta può avvenire solo se vi sono dei collegamenti adeguati. La riserva più importante che viene posta, quando si parla di aeroporti, è quella di un traffico minimo che ne consenta la sopravvivenza, senza che vada in passivo. 

Ma è chiaro a tutti che il ragionamento va fatto non a bocce ferme, né pensando che gli aeroporti debbano servire per il collegamento dei residenti con Roma e Milano. Ma capendo perfettamente che si tratta di strutture al servizio soprattutto dell’incoming, cioè quei collegamenti che possono portare i tanti ricchi europei, che sono costretti a vivere  in posti dove, e per sei mesi, sono sotto lo zero, a venire a svernare o a viaggiare per vedere località  dove ai primi di  febbraio la primavera inizia  e inonda di bianco una Valle Dei Templi che festeggia la sua sagra del mandorlo in fiore, normalmente ignorata dalla Rai pubblica, davanti ad un Tempio della Concordia, in una area archeologica  tanto ben conservata da far invidia alla zona archeologica del Partenone. 

Bene, a parte il fatto che con accordi con compagnie tipo Ryanair anche scali come Trapani riescono ad arrivare al milione e mezzo di passeggeri che dovrebbe essere quel dato che consente un break even di utili, bisogna capire che gli aeroporti in alcune realtà possono anche costituire una struttura di servizio all’economia, che anche se può perdere qualche milione di euro in un anno, come succede ai trasporti locali o ad altre utilities, se poi mette in movimento un volano che porta ad una complessiva crescita del sistema economico, può essere una scelta che nella globalità é conveniente. 

Poi considerando come spesso la politica distribuisce mance e mancette, risorse per sagre della ricotta o del carciofo che non hanno alcun significato economico, ci rendiamo conto come le risorse che possono essere dedicate ad un’aeroporto, se non servono per  l’assistenza sociale a disoccupati che vengono assunti per avere un posto non per fare un lavoro, allora la visione può anche essere differente. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Saccomanno (Lega): In 10 anni spariti 400 mila giovani, Ponte sullo Stretto ultima speranza

Secondo il politico della Lega, Giacomo Saccomanno, ben 400.000 giovani sono “spariti” da queste regioni, lasciando un vuoto demografico che rappresenta una sfida per il futuro. In questo contesto, il ponte sullo Stretto di Messina viene considerato come l’ultima opportunità per invertire questa tendenza negativa.
Saccomanno sostiene che il Ponte potrebbe rappresentare una svolta per il ripopolamento demografico della Sicilia e della Calabria, offrendo nuove opportunità di lavoro e sviluppo economico. Tuttavia, Saccomanno critica coloro che si oppongono al progresso e al ponte sullo Stretto, accusandoli di volere solo il male delle proprie comunità meridionali. Secondo il politico, questa opposizione al progresso è disastrosa e antidemocratica, poiché impedisce lo sviluppo e la crescita delle regioni del Sud.
Il ministro Matteo Salvini viene elogiato per la sua visione lungimirante, in grado di comprendere l’importanza di investire nel progresso e nel collegamento tra le due regioni.
Il ponte sullo Stretto, secondo Saccomanno, potrebbe rappresentare un’opportunità unica per rilanciare l’economia e attrarre nuove risorse e investimenti nelle regioni meridionali. In conclusione, il ponte sullo Stretto di Messina viene considerato come l’ultima speranza per invertire la tendenza alla diminuzione della popolazione giovanile in Calabria e Sicilia. Saccomanno sostiene che coloro che si oppongono al progresso stanno danneggiando le proprie comunità, mentre il ponte potrebbe rappresentare una svolta per il ripopolamento e lo sviluppo economico delle regioni meridionali. (rcz)

Il presidente Occhiuto: Calabria e Sicilia hanno bisogno anche di altre infrastrutture oltre che del Ponte

«Abbiamo spiegato al ministro Salvini che la Calabria e la Sicilia hanno bisogno anche di altre infrastrutture, oltre al Ponte sullo Stretto», ha dichiarato il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, nel corso della trasmissione Agorà su Rai 3.

«Nella mia Regione, ad esempio – ha spiegato – abbiamo una strada definita ‘della morte’ e si tratta di un’arteria giudicata prioritaria dall’Europa – la Statale 106 Jonica – ma negli anni i vari governi non sono mai riusciti a realizzare gli investimenti necessari per la modernizzazione e la messa in sicurezza. Abbiamo grandi emergenze sul fronte idrico e anche su questo ho chiesto al ministro Salvini un supplemento d’attenzione».

Tornando sul Ponte, il governatore ha auspicato che i lavori «inizino nel 2023 e lo spera soprattutto il ministro Salvini. Io governo una Regione che ha al suo interno il primo porto d’Italia, quello di Gioia Tauro, per cui ho sotto gli occhi quanto importante sia diventato il Mediterraneo».

«Nei prossimi anni – ha spiegato ancora – compreremo l’energia dal Mediterraneo. I Paesi che si affacciano nel nostro mare cresceranno con incrementi del Prodotto interno lordo che saranno di grande utilità anche per le nostre imprese. E allora, se il Mediterraneo è così importante, un’infrastruttura come il Ponte sullo Stretto diventa strategica per dimostrare la volontà dell’Italia di fare della Calabria e delle Regioni del Sud l’hub del Paese e dell’Europa sul Mediterraneo».

Sul tema dei migranti, invece, Occhiuto ha spiegato che «la Rise Above è stata accolta in Calabria, a Reggio, perché la Ong ha operato con il concerto delle autorità competenti. Devo dire, però, che la mia Regione non ha accolto solo questa nave. Dall’inizio dell’anno in Calabria ci sono stati sbarchi che hanno dato ospitalità a 15mila immigrati».

«Ci sono nuove rotte dell’immigrazione che stanno riguardando la Calabria – ha continuato –. C’è un Comune bellissimo, Roccella Jonica, che è stato interessato da numerosi sbarchi. Però non facciamo polemiche sui migranti. La mia è una Regione abituata a subire l’emigrazione. Tanti calabresi nel corso degli anni sono emigrati in altri Paesi del mondo. La Calabria è una Regione accogliente, ma credo che questo sia un processo che vada governato. Quando emigravano gli italiani andavano in Paesi che governavano l’immigrazione. Oggi noi non riusciamo a farlo».

«Sarebbe utile – ha continuato – che ci facessimo sentire un po’ di più in Europa e che tutta la comunità politica fosse più unita. Trovo singolare che addirittura si festeggi quando l’Europa dice no al governo nazionale. Bisogna tifare per l’Italia a prescindere del colore politico dell’esecutivo. Se l’Europa si dimostra solidale se ne avvantaggia il Paese intero, non solo una parte politica».

Il presidente della Regione, poi, dicendosi felicissimo dell’importante scoperta dei 24 bronzi a San Casciano dei Bagni in Toscana, che tuttavia viene «dopo quella dei Bronzi di Riace, che rappresentano un primato assoluto e dovrebbero essere un attrattore culturale non soltanto per la mia Regione, ma per tutto il Paese».

« È un peccato che a distanza di 50 anni non lo siano ancora diventati», ha concluso. (rrm)

Il sindaco Giuseppe Falcomatà: Fare rete per strategia comune sui fenomeni migratori

«Fare rete per costruire strategia comune  sui fenomeni migratori». È quanto ha dichiarato il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, nel corso del Forum internazionale From the sea to the city a Palermo.

Reggio Calabria, infatti, insieme ad altre 100 città fra le quali Valencia, Barcellona, Villeurbanne, Parigi, Marsiglia, Monaco di Baviera, Mannheim, Düsseldorf, Flensburg, Amsterdam, Bergamo, Palermo, Bologna, Bari, Atene, Tunisi e Potsdam, sostiene il network che riunisce organizzazioni della società civile che, da anni, si battono per i diritti dei migranti.

Durante il dibattito, moderato dalla giornalista del Tg3 Maria Cuffaro, Giuseppe Falcomatà ha parlato al fianco dei sindaci di Marsiglia, Michele Rubirola, di Palermo, Leoluca Orlando, di Potsdam, Mike Schubert, di Bergamo, Giorgio Gori, di Flensburg, Simone Lange, e di Pozzallo, Roberto Ammatuna, rispondendo alla domanda: Come possono le città assumere un ruolo attivo nell’accoglienza dei rifugiati?

Proprio nell’introduzione, la Cuffaro ha ricordato quello che ha definito «l’atto di ribellione e di disobbedienza civile della Città di Reggio Calabria, quando aprì il porto ad una nave con a bordo 629 persone sfidando la contrarietà dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini». 

«Quando succedono queste cose – ha detto Falcomatà – noi sindaci affrontiamo la situazione da esseri umani, da individui e padri di famiglia. Non potrebbe essere diversamente. Le tematiche dell’accoglienza, dell’integrazione, del sostegno ai rifugiati, infatti, sono cose naturali per chiunque abbia deciso di mettersi a disposizione per l’amore di una città. A Reggio Calabria, in particolare, serve anche per raccontare una terra diversa rispetto alle narrazioni che spesso i media fanno».

«Accogliere, per i reggini, fa parte di una tradizione millenaria», ha aggiunto Falcomatà riprendendo le parole della sindaca di Marsiglia o del sindaco di Palermo che hanno detto d’essere “francesi di Napoli o arabi di Sicilia”.

«La città – ha affermato Falcomatà – è di chi la abita. Noi siamo greci, ebrei, arabi, cattolici, musulmani, atei, etc. Ciò che ci unisce non è quello che è scritto sui nostri documenti, ma sono le nostre storie. Noi del Sud la migrazione l’abbiamo sentita e la sentiamo sulla nostra pelle e non si può rimanere indifferente di fronte a tragedie umane, come istituzioni certo, ma prima di tutto come essere umani nei confronti di altri esseri umani. Reggio Calabria, negli anni intensi del 2016 e 2017, ha avuto una media due, tre, a volte quattro navi per settimana arrivate al porto. Ed i cittadini, in maniera del tutto naturale, hanno creato una rete d’accoglienza anche solo per regalare un sorriso ai migranti».

«C’è un populismo della politica – ha continuato il sindaco di Reggio – e ce n’è un altro e dell’informazione che racconta, spesso parzialmente e senza il dovuto approfondimento, le storie che si nascondono dietro chi arriva sulle nostre coste. Andiamo a vedere i video della Guardia costiera o delle associazioni impegnate in mare per il recupero dei barconi. Sono tragedie immani che, se raccontate nella maniera giusta, ridurrebbero gli effetti del populismo».

«Il 3 giugno 2016 – ha ricordato Falcomatà – il mare ha restituito a Reggio i corpi di 45 vittime migranti che, oggi, trovano una degna sepoltura in un cimitero collinare dove ognuno può andare a piangere i propri cari e pregare i propri simboli religiosi. È responsabilità amministrativa di fronte a questi drammi assurdo. La nostra Commissione rifugiati, per esempio, ha intervistato oltre 10 mila persone che non scappano soltanto da guerre, carestie e tragedie, ma sul loro volto si legge la paura di continuare a sentirsi schiavi come lo sono stati fino al giorno del loro arrivo nel nostro Paese. Il nostro compito è di accompagnarli nel percorso di reinserimento sociale, lavorativo, educativo e culturale».  

«Quella di oggi – ha concluso – è una giornata importantissima e ringrazio il sindaco Orlando per aver voluto organizzare un evento  che permette a noi sindaci di fare rete responsabilizzando le Città nella ricerca di una strada per la soluzione di problemi che, purtroppo, gli Stati hanno deciso di non affrontare o di farlo in maniera non troppo efficace. Idee come il Servizio civile europeo per i rifugiati vanno sostenute, così come il prosieguo di iniziative come questa di Palermo. In questo senso, Reggio Calabria si propone per ospitare i prossimi meeting della rete solidale». (rrc)