Piazza De Nava, Fondazione Mediterranea e Comitato illustrano il vecchio progetto della Soprintendenza

La cittadinanza vorrebbe «una Soprintendenza vecchio stile, magari non po’ barbosa ma certamente più esteticamente orientata ed eticamente aderente alla sua mission». È quanto è emerso dalla conferenza stampa indetta dalla Fondazione Mediterranea e dal Comitato Civico Piazza De Nava sul tema del progetto “Demolitivo di Piazza De Nava proposto dalla Soprintendenza Reggina”.

Una conclusione a cui si è arrivati partendo dall’inedita documentazione, acquisita con accesso agli atti presso gli uffici amministrativi del Comune di Reggio, sul vecchio progetto di riqualificazione di Piazza De Nava. Sono emersi, così, degli stringenti vincoli allora posti dalla Soprintendenza, che riguardano la salvaguardia dell’identità dei luoghi e della loro memoria storica, a cui «evidentemente si è rifatto il deliberato unanime del Consiglio Comunale nella seduta del 31 gennaio del 2022, per brevità se ne riporta solo alcuni, riguardanti la tutela della necropoli ellenistica e l’obbligo che ne deriva di analisi che ne definiscano l’ampiezza e la struttura, prima di muovere anche una sola pietra costitutiva della Piazza».

1) 27 giugno 2006 prot. 12083 – Venuti a conoscenza del fatto che è attualmente in studio da parte dell’Amministrazione Comunale una proposta di risistemazione complessiva di piazza De Nava e della viabilità circostante, (…) per quanto riguarda gli interessi di tutela e valorizzazione archeologica del sito che, com’è noto, rientra nella pertinenza di un’ampia necropoli ellenistica, quella detta del quartiere Santa Lucia, è d’interesse acquisire l’esito di una campagna di prospezioni meccaniche, le cui modalità di esecuzione potranno essere indicate in seguito, da affidare a ditta di ampio curriculum e competenza nel campo delle indagini geognostiche con finalità archeologica, così da garantire risultati di sicura affidabilità scientifica al fine di accertare la consistenza dei beni sepolti.

2) 27 settembre 2007 prot. 17927 – (…) Poiché studi scientifici di settore portano a ritenere che l’area suddetta sia interessata da una vasta necropoli di età classica, si presenta l’esigenza di svolgere indagini geognostiche preventive in grado di confermare o smentire tale presunzione, prima dell’approvazione del progetto di cui trattasi. Posto ciò, e ritenendo indispensabile che le indagini siano svolte mediante carotaggi meccanici, occorre acquisire tutti i dati disponibili inerenti i passaggi dei sottoservizi urbani nelle aree sopra individuate.

«Di tutti questi vincoli e prescrizioni – si legge – gestualmente non riguardano solo l’aspetto archeologico, non vi è traccia sul progetto interno alla Soprintendenza che, è bene ricordarlo, ha un onere economico superiore di 25 (venticinque) volte a quello precedente e che di sola progettazione costa 270.000 euro (più dell’intero importo del vecchio progetto di restauro che costava 200.000 euro)».

«Si configura così, con la progettata demolizione della piazza in assenza di analisi geognostiche – continua la nota della Fondazione – un sostanziale tradimento della mission ministeriale di tutela e restauro conservativo stabilita dalla legge (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Denunciato tutto ciò, la Fondazione Mediterranea e il Comitato civico Piazza De Nava, si trovano in pieno accordo con la Soprintendenza, quella vecchio stile, che poneva vincoli al progetto del Comune, ma in netto contrasto con quella attuale che vincoli non ne pone su di un progetto che nasce al suo interno».

Dopo gli interventi di Vincenzo Vitale, Pasquale Amato e Franco Arillotta, sono state evidenziate dal prof. Alberto Ziparo, docente di Urbanistica all’Università di Firenze, le normative che consentono ancora di intervenire per modificare il progetto e renderlo rispettoso della storia cittadina, della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi, come deliberato all’unanimità dal Consiglio Comunale nella seduta del 31 gennaio del 2022. (rrc)

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Stadio Meazza e Piazza De Nava, due pesi e due misure

di VINCENZO VITALE – Gli Italiani sono un popolo di santi, poeti e navigatori, ma anche di tecnici calcistici. E il Meridione, tra le poche cose che l’accomuna al Nord, non è da meno.

Se al posto di Piazza De Nava vi fosse stato uno stadio che la Soprintendenza avesse inteso demolire, il popolo, guidato dal Masaniello di turno, avrebbe fatto le barricate e il Sottosegretario Vittorio Sgarbi, attento all’umore dei media, avrebbe dato il suo placet all’insurrezione. Poste queste differenze, è di palmare evidenza come i due casi si possano sovrapporre e, anche se non dal punto di vista dell’impatto mediatico nazionale, certamente in linea di principio la demolizione di una piazza storica, ben più antica dei settanta anni previsti dalla legge, ha dei rilievi etici ed estetici ben più strutturati della demolizione di uno stadio.

Così Sgarbi si è espresso sul Corriere della Sera del 2 gennaio 2023.
«In merito al vincolo di tutela per lo stadio Meazza a Milano, io non impongo, non ordino, leggo le carte del Ministero e considero serenamente le ragioni della storia, invocando il rispetto della legge. I Comitati tecnico-scientifici del Ministero dei Beni culturali all’unanimità concordarono “sull’esistenza di un valore fortemente simbolico per la città di Milano rivestito dallo stadio San Siro (indipendentemente dall’età del manufatto), nonché sull’opportunità di avviare un percorso amministrativo relativo a un provvedimento di tutela ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. d)”. La Soprintendente, per ragioni non chiare, non ha dato seguito a questa prescrizione. (…)
Andranno valutate le misure disciplinari, quando non le indagini giudiziarie, sulla astensione della Soprintendenza, che non ha “in alcun modo approfondita la possibilità di riconoscere allo stadio un interesse storico-identitario o storico-relazionale di cui all’art. 10, comma 3, lett. d) del Codice (decreto legislativo n. 42/2004)”».

«Tale norma, infatti, viene considerata applicabile anche qualora manchi il requisito della ultrasettantennalità, per tutti quei beni sia immobili sia mobili, a chiunque appartenenti, che rivestano un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose».

Così Sgarbi sullo Stadio. E piazza de Nava. Le sovrapposizioni concettuali e di principio sono inoppugnabili ed evidentissime: tutte le considerazioni di Sgarbi per lo Stadio Meazza possono tranquillamente essere estese a Piazza De Nava. Il caso della Piazza, inoltre, rispetto allo Stadio ha una connotazione più definita dal punto di vista giuridico e di principio: l’età è ben più antica dei settanta anni previsti dalla legge per il vincolo; il vincolo – certificato dal Comune – era stato doverosamente posto e poi rimosso per effettuare la demolizione; il rapporto con l’identità dei luoghi e la storia cittadina è indubbio che ci sia; nella struttura vi sono rimandi artistici e architettonici che non possono essere trascurati.

Eppure siamo al Sud, in una delle ultime colonie meridionali, dove si può tranquillamente demolire un manufatto storico stiracchiando le norme e in obbedienza a interessi che non sono certamente quelli della comunità. Sgarbi cita più volte, nel seguito dell’articolo, l’art. 10, comma 3, lett. d) del Codice (decreto legislativo n. 42/2004). Al Sud non valgono le stesse leggi in vigore al Nord? Sembrerebbe di no. (vv)

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Quali interessi per rifiutare il confronto per Piazza De Nava

di VINCENZO VITALE – Parliamo di interessi, perché il mondo si muove solo dietro interessi, perché nessuna cosa viene fatta da nessuno se a monte non vi è un interesse a farla. Questi interessi possono essere illegittimi, configurando un crimine contro persone o proprietà, oppure legittimi, non solo materiali o economici ma anche culturali o narcisistici.

Comunque sia, tutto si muove solo per interessi che, pur legittimi, a volte possono collidere con il maggiore interesse della comunità. Vogliamo credere che a monte dell’ostinata determinazione a portare avanti il progetto demolitivo di piazza De Nava siano interessi di quest’ultimo tipo, a meno che il procedimento penale aperto dalla Procura reggina non dica il contrario. Ma quali potrebbero essere nel dettaglio questi interessi?

Prendiamo il caso del Sindaco f.f. Paolo Brunetti che, contro il parere sostanzialmente negativo espresso dal Consiglio Comunale del 31 gennaio 2022, è possibilista sulla demolizione di un manufatto architettonico storico in pieno centro urbano. Precisato che quando il Sindaco ha mentito alla città (affermando che la Soprintendenza in Conferenza dei Servizi aveva in parte accolto le istanze della Fondazione Mediterranea e che successivamente vi era stata un’interlocuzione) secondo noi lo ha fatto in buona fede dando maldestramente credito a ciò che gli era stato riferito, qual è il suo interesse a portare avanti questa linea di condotta? Riteniamo possibile che, pensando di agire nell’interesse della città, abbia ceduto alle richieste della Soprintendenza per far sì che questa si impegni attivamente su piazza Garibaldi; ovvero, ritenendolo il maggiore interesse della Comunità, abbia operato una sorta di scambio: vi faccio demolire Piazza De Nava e voi sistemate Piazza Garibaldi.

Quindi riteniamo che il Sindaco f.f., pur agendo in buona fede, nell’assecondare la Soprintendenza nel suo progetto demolitivo di piazza De Nava, stia commettendo un grosso sbaglio, negando la dignità di bene culturale a Piazza De Nava e disattendendo i deliberata del Consiglio Comunale.

Passando alla Soprintendenza, dobbiamo dire che in generale la sua immagine più che offuscata è decisamente compromessa, non solo culturalmente. Tanto per citare uno dei tanti casi, pensiamo solo al soprintendente Mario Pagano, ristretto nelle patrie galere perché accusato di ricettazione, e al suo assenso dato a un complesso turistico spacciato per agriturismo a ridosso dell’antica Torre Scifo sul promontorio di Capo Colonna. Lui dichiarava, mentendo, di avere le “carte a posto” rispondendo al Direttore Generale per l’Archeologia dei Beni Culturali (protocollo 5098). Noi riteniamo che la Soprintendenza reggina, che afferma avere le “carte a posto”, una volta dichiarati i suoi legittimi interessi per fugare ogni possibile dubbio sulla condotta fin ora tenuta, abbia il dovere di sedersi a un tavolo e, spiegati i motivi che l’hanno determinata a programmare la demolizione di Piazza de Nava, ascolti i pareri negativi sul progetto da parte della Fondazione Mediterranea e del Comitato Civico.

Una volta fatto ciò, a nostro avviso la Soprintendenza dovrebbe proporre le modifiche progettuali necessarie e sufficienti a rendere l’intervento di riqualificazione della piazza rispettoso della storia cittadina e della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi, per come deliberato dal Consiglio Comunale nella sua interezza e unanimità il 31 gennaio del 2022.

Dare un servizio alla città, rispettando la mission ministeriale di tutela e restauro dei beni culturali, si concretizza anche nel tenere nella giusta considerazione la sacrosanta richiesta di democratica interlocuzione da parte della cittadinanza. (vv)

Piazza De Nava Reggio: anche il Premio Nosside contro la demolizione

Anche il Premio Mondiale di Poesia Nosside, che ha sede a Reggio Calabria, ha aderito al Comitato di tutela di Piazza de Nava, per richiedere un restauro conservativo ma opponendo una fortissima reistenza al progetto di demolizione.

Il prof. Pasquale Amato, apprezzato storico e docente reggino, presidente e fondatore del Nosside, ha espresso chiaramente i motivi del dissenso con la Sovrintendenza e le amministrazioni cittadine: «Occorre soltanto un restauro conservativo e migliorativo, senza stravolgere e cancellare l’impianto originario del dopo 1908, che rappresenta l’anima, il cuore e la memoria del popolo reggino ed è patrimonio storico e culturale di una delle città più antiche d’Europa».

In sei punti, il Presidente del Nosside spiega in una nota le ragioni del dissenso:

1. Il Premio Nosside (giunto nel 2022 alla sua XXXVII Edizione con la partecipazione di poeti di 104 Stati del mondo), Progetto Culturale di ispirazione universale nato e organizzato a Reggio Calabria, ha aderito al Comitato per salvare un Bene storico, culturale e artistico, patrimonio del popolo reggino. Ha espresso così la volontà di non sottrarsi a un dovere civico del mondo culturale, in coerenza con la missione che anima il Nosside sin dalla sua fondazione: l’impegno in difesa di tutte le lingue e culture del mondo – e in particolare di quelle a rischio di estinzione – di fronte all’imposizione di un pensiero unico e di una lingua unica che schiacciano le identità storiche, linguistiche e culturali dei popoli.

2. Il Premio Nosside rileva che in tutto il mondo e soprattutto nell’Occidente intriso della cultura dell’agorà di origine ellenica, le Piazze sono considerate da millenni un patrimonio collettivo appartenente alle comunità, con una forte impronta simbolica che testimonia la storia e la memoria di un popolo. Citiamo tra i tanti un caso emblematico in Europa: nella  seconda Guerra Mondiale, su ordine di Hitler, la Piazza centrale di Varsavia (Rynek Starego Miasta) venne rasa al suolo come spietata rivalsa della Rivolta della Città durata 60 giorni nell’estate del 1944. Ebbene, quella Piazza venne ricostruita integralmente, compresi i Palazzi che la attorniano riedificati con lo stesso stile e gli stessi colori del tempo della loro costruzione, in quanto testimonianze e simboli di un periodo di storia del suo popolo. Per rispettare al massimo l’impianto urbanistico e gli edifici si ricorse ai dipinti dell’artista italiano Bernardo Bellotto, realizzati dal 1768 al 1780. 

3. Il Premio Nosside evidenzia che il progetto di demolizione della storica Piazza De Nava va purtroppo in direzione opposta: è contro la storia e l’identità del popolo reggino. Fu pensata e edificata sulle macerie di un Rione popolare abbattuto dal catastrofico terremoto del 28 dicembre 1908, che distrusse il 95 % degli edifici pubblici e privati. Si decise nel 1911 (col Piano di Ricostruzione di Pietro De Nava) di prolungare verso Nord il Corso Garibaldi e di costruire una Piazza che fungesse da salotto di ingresso al Corso. Alle sue spalle venne edificato, su progetto di Camillo Autore, il Palazzo dell’Ente Edilizio, istituito per gestire la ricostruzione con Legge dello Stato nel 1914 su proposta dell’on. Giuseppe De Nava. Dopo la sua morte nel 1924 la Piazza venne intitolata a lui come maggiore esponente politico reggino, più volte Ministro e decisivo per la ricostruzione. Nel testamento egli donò la sua splendida Villetta in stile Liberty al Comune con l’obbligo di intitolarla a Pietro De Nava e di destinarla esclusivamente a sede della Biblioteca Civica. Con una sottoscrizione popolare il popolo gli volle dedicare un Monumento, affidandolo al grande scultore polistenese Francesco Jerace. Il monumento, inaugurato nel 1936, fu collocato di fronte al Museo della Magna Grecia voluto da Paolo Orsi, progettato da Marcello Piacentini e iniziato a costruire nel 1932. Alla base della statua l’artista pose due fontane di stile liberty a forma di conchiglie e al centro un grande bassorilievo in ricordo del sisma del 1908 e della ricostruzione.

4. In sostanza, Piazza De Nava non è soltanto un salotto elegante in armonia con il Museo, il Palazzo dell’Ente Edilizio e l’inizio del Corso. Ma è soprattutto un concentrato di simboli, di memorie e di testimonianze, un luogo denso di significati per il popolo reggino e oggetto di ammirazione per i visitatori della Città e del prestigioso Museo Archeologico, i cui Beni Identitari sono i Bronzi di Riace che con i due Bronzi di Porticello costituiscono la Sala Archeologica più importante del mondo.

5. Questo insieme armonico, che rappresenta l’anima, il cuore e la memoria del popolo reggino, sta per essere violentato e demolito, offendendo il patrimonio storico e culturale di una città che è tra le più antiche d’Europa e ha regalato il nome all’Italia. Aspetto ancora più grave è che l’autore dell’atto (con il titolo di “Restyling per avvicinare il Museo alla Città” come se ci fosse un muro che ostruisce l’entrata all’edificio) è il Segretariato Regionale dei Beni Culturali della Calabria, che ha come compito istituzionale la difesa dei Beni Culturali e artistici e non la loro distruzione.

6. Il Premio Nosside ritiene pertanto che sia imprescindibile fermare l’avvento delle ruspe distruttive e indifferibile concordare con la Cittadinanza un “Restauro conservativo” che migliori e renda ancora più bella la Piazza, senza stravolgere e cancellare l’impianto originario con la rottura della sua armonica funzione di Salotto pubblico rispetto ai Palazzi di Piacentini e Autore e all’ingresso del Corso. 

Sulla scorta di queste solide ragioni il Premio si renderà parte attiva sia con iniziative proprie che partecipando ai momenti e atti del Comitato Civico di tutela per Piazza De Nava. (rrc)

Piazza De Nava Reggio: incontro sulla sua storia e il suo futuro

Organizzato e promosso dalla Fondazione Mediterranea si è tenuto al Circolo di Società di Reggio un incontro su “Piazza De Nava, la sua storia e il suo futuro”. 

Dal confronto cui hanno partecipato il presidente della Fondazione Mediterranea prof. Vincenzo Vitale, il dr Eduardo Lamberti Castronuovo e l’ing. Vincenzo Ziparo, è emersa la forte richiesta di un democratico coinvolgimento popolare nelle decisioni che stravolgono l’assetto urbanistico della Città. In particolare, si raccoglie un sentiment  di rifiuto della “devastazione” della piazza molto cara ai reggini, in nome di un restyling molto discutibile, che prevede demolizioni e stravolgimento dell’idea originaria della piazza.

È stata un’analisi oggettiva, ma non fredda, dell’iter progettuale di “demolizione” di Piazza De Nava che la Soprintendenza reggina sta portando avanti, affermando di avere le “carte a posto”, nonostante  che si siano dimostrate contrarie o fortemente perplesse tutte le maggiori associazioni ambientaliste a base nazionale (Fai, Legambiente, ecc.), l’assoluta maggioranza delle associazioni culturali reggine (Amici del Museo, Fondazione Mediterranea, ecc.), la quasi totalità dei reggini (oltre il 90%) che hanno potuto esprimere tramite i social la loro opinione, le organizzazioni professionali e accademiche degli urbanisti e, last but not least, il Consiglio Comunale nella sua interezza e unanimità nella seduta plenaria del 31 gennaio 2022. 

Ad aprire i lavori Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea, che ha “spersonalizzato” tutta la questione riportando un insieme di fatti e inoppugnabili documenti su come la Soprintendenza reggina, ottenuti i relativi nulla osta ed effettuata la gara per l’affidamento dei lavori impropriamente definiti di restauro, stia portando avanti un progetto di trasformazione urbanistica della piazza antistante il museo archeologico e delle zone limitrofe. Citando tra l’altro il verbale n. 5 della Conferenza dei Servizi e riportando i qualificati giudizi di Alessandro Bianchi, Urbanista già Rettore dell’Università Mediterranea, e di Salvatore Settis, presidente del Comitato scientifico del museo del Louvre, Vitale ha posto l’accento sulla “fragilità” scientifica ed estetica del progetto della nuova piazza e sulla mancata dovuta trasparenza dell’iter progettuale, affermando l’ineludibilità di una consultazione popolare sul tema.

Sul nuovo assetto di piazza De Nava, che non avrà nulla che si riporti a quello attuale e che dovrebbe divenire nelle intenzioni dei progettisti uno “spazio ampio” in cui effettuare “mostre ed eventi folkloristici”, si è polarizzato l’intervento di Eduardo Lamberti Castronuovo, direttore di ReggioTV. La proiezione del filmato del rendering progettuale ha reso tra l’altro evidentissima la mutilazione della base del monumento a Giuseppe de Nava che, secondo il rendering, perderebbe le due fontane in stile liberty alla sua base. Questo pesantissimo intervento nel centro storico della città, con lavori della durata dichiara di tre anni e durata presunta di almeno cinque, anche per il fatto che la popolazione reggina non è stata dovutamente informata e non ha avuto modo di esprimere democraticamente la sua opinione, secondo Lamberti Castronuovo andrebbe bloccato e ridiscusso con opportune modifiche che lo rendano rispettoso dell’identità dei luoghi e della memoria cittadina. 

Ed è appunto sul vulnus storico ed estetico che hanno sostanzialmente parlato gli storici Pasquale Amato e Franco Arillotta che, ognuno secondo i propri studi e sensibilità politica, hanno evidenziato come la demolizione di una piazza in pieno centro cittadino, caso unico in Italia ed Europa, comporterebbe la completa perdita di un pezzo di storia cittadina e come si possa parlare quantomeno di mancato rispetto da parte della Soprintendenza della sua specifica mission di conservazione e tutela.

Alberto Ziparo, urbanista dell’Università di Firenze, affrontato il tema dal punto di vista tecnico e architettonico, ha sottolineato quanto dichiarato dal prof. Salvatore Settis: l’ineludibilità del coinvolgimento popolare in decisioni che comportino la modifica, nel nostro caso stravolgimento, dell’ambiente urbano in cui la cittadinanza si riconosce e la necessità del coinvolgimento delle organizzazioni professionali, come peraltro a suo tempo assicurato dalla Soprintendenza all’epoca del progetto Prosperetti / Di Battista.    

Da registrare gli interventi preordinati di Lidia Liotta, Francesco Suraci, Giuseppe Cantarella, Antonella Postorino e Mario Dito. Secondo le proprie esperienze professionali e la loro visione politica hanno portato il contributo all’incontro di studio, dal quale è emersa una “verità” difficilmente contestabile dagli organi amministrativi reggini e dalle articolazioni periferiche dello Stato: la forte richiesta di un democratico coinvolgimento popolare e della concretizzazione dei deliberati del Consiglio Comunale del 31 gennaio del 2022 che, nella sua interezza e unanimità, si è espresso per il “rispetto della storia cittadina e dell’identità dei luoghi”. 

L’OPINIONE / Clelia Giovanna Li Gotti: Reggio è un bene culturale da tutelare, non da distruggere

di CLELIA GIOVANNA LI GOTTILa città di Reggio Calabria ha origini molto antiche, come testimoniano i ritrovamenti nei pressi del Calopinace, che attestano nuclei abitativi risalenti al II millennio A.C. In alcuni casi la città ha anche origini verosimilmente mitologiche, secondo la tradizione che vuole la città fondata da Aschenez o da Eracle o da altri ancora, ma l’epoca in cui  Reggio Calabria comincia ad avere un vero e proprio assetto urbano è certamente quella greca.

È dunque possibile parlare di storia dell’urbanistica e dell’architettura di Reggio Calabria a partire dalla fondazione della colonia greca Rhegion, prima in Calabria, che risale all’ VIIIa.c.  ad opera dei Calcidesi. E, quindi, considerando Reggio Calabria la più antica città d’Europa su può dimostrare che è già un bene culturale e, quindi, non può essere modificata, perché sennò si inciampa nel penale. E La Corte Suprema di Cassazione, Servizio Penale, che ha approvato le seguenti leggi: “Disposizioni in materia dei reati contro i patrimoni culturali” (legge 09/03/2022 n. 22).

518-bis (Furto di beni culturali); 518-ter (Appropriazione indebita di beni culturali); 518-quater (Ricettazione di beni culturali); 518-quinquies (Impiego di beni culturali provenienti da delitto); 518-sexies (Riciclaggio di beni culturali); 518-septies (Autoriciclaggio di beni culturali); 518-octies (Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali); 518-novies; (Violazioni in materia di alienazione di beni culturali); 518-decies (Importazione illecita di beni culturali); 518-undecie; (Uscita o esportazione illecite di beni culturali); 518-duodecies (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento,; imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici); 518-terdecies (Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici); 518-quaterdecies (Contraffazione di opere d’arte); 518-quinquiesdecies (Casi di non punibilità); 518-sexiesdecies (Circostanze aggravanti); 518-septiesdecies (Circostanze attenuanti); 518-duodevicies (Confisca); 518-undevicies (Fatto commesso all’estero); 707-bis (Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli).

Nel codice penale non sono numerose le disposizioni che possono essere specificamente ricondotte alla tutela dei beni culturali; esse hanno natura delittuosa (è il caso del delitto di danneggiamento, di cui all’art. 635 c.p., e di deturpamento e imbrattamento di cose di interesse storico o artistico, di cui all’art. 639, nei quali la qualità della cosa offesa dal reato comporta l’applicazione di una specifica aggravante) o natura contravvenzionale (è il caso del reato di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico, di cui all’art. 733, e del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, di cui all’art. 734 c.p.).

Nel Codice dei beni culturali (d.lgs. n. 42 del 2004), le disposizioni penali sono contenute nella parte IV, titolo II (sanzioni penali), capi I e II (artt. 169-181) che individuano reati di natura contravvenzionale (realizzazione di opere illecite su beni culturali (art. 169), uso illecito dei beni culturali (art. 170), collocazione e rimozione illecita degli stessi beni (art. 171) e inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta (art. 172)); reati di tutela del patrimonio culturale nazionale (si tratta di una serie di disposizioni, di natura tanto delittuosa quanto contravvenzionale, che mirano a impedire il depauperamento del patrimonio nazionale.

Nel caso di Piazza De Nava  il progetto relativo all’ appalto per la riqualificazione di Piazza De Nava risulta sia stato più volte ritoccato e “rappezzato”  da diversi gruppi di lavoro ; fino al disastroso , stravolgente e impattante elaborato oggi al centro delle unanimi critiche dell’opinione pubblica reggina, compresi molti esperti di altissimo livello.  Tutto questo non e’ serio: sono stati stanziati quasi 5 milioni per poter riqualificare Piazza De Nava, che verrebbero invece impiegati per stravolgerla e dequalificarla.

Bisogna smettere di prendere di mira le nostre belle piazze, considerandoli spazi disponibili, da consumare e distruggere per i comodi dei poteri istituzionali e affaristici presenti: il patrimonio storico-culturale della nostra città e del suo hinterland costituisce un enorme bene culturale da tutelare e valorizzare e non da distruggere. Reggio deve salvaguardare i caratteri che ne sottolineano i suoi connotati di città di grande cultura.

Come può affermare tra l’altro il gruppo di esperti (tra cui chi scrive) che ha lavorato per la Carta Archeologica di Reggio Calabria ed  ha anche Catalogato tutti i Beni Ecclesiali di Reggio Calabria e provincia: una  grande ricchezza che dobbiamo essere in grado di saper salvaguardare e valorizzare.

La nostra città è un bene culturale, non deve essere danneggiata. Art. 733 c.p. dove il 3 marzo la Camera ha approvato, in via definitiva, la proposta di legge recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale” pubblicata sulla “ “Gazzetta Ufficiale” n. 68 del 22 marzo 2022, la legge 9 marzo 2022, n. 22 “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale” con l’indicazione della entrata in vigore mercoledì 23 marzo(cglg)

L’OPINIONE / Clelia Giovanna Li Gotti: Piazza De Nava non si tocca

di CLELIA GIOVANNA LI GOTTI – Nel corso dei secoli alcuni eventi distruttivi, sia naturali che causati dall’uomo, hanno profondamente cambiato l’aspetto di Reggio Calabria, che oggi si presenta come una città moderna principalmente per l’effetto delle ricostruzioni avvenute dopo il sisma del 1908.

Molte opere d’arte ed edifici realizzati nei nei secoli precedenti sono andati perduti, tuttavia la città conserva esempi monumentali di pregio e antiche vestigia che testimoniano la sua storia. Affacciata sul mare e ricca di storia e cultura, Reggio Calabria è una città sorprendente e dinamica. Il clima mediterraneo e la sua storia millenaria la rendono il luogo più adatto per chi cerca relax, buon cibo e non vuole rinunciare a fare un tuffo nel passato. Il centro storico è in prevalenza caratterizzato da palazzi in stile liberty, senza soluzione di continuità. Reggio Calabria è una città ricca di storia. La sua fondazione risale al lontano 734 a.C. ad opera di greci calcidesi.

Da allora la città è sempre risorta sullo stesso sito, anche dopo il disastroso terremoto del 1908 che la distrusse interamente. Fu però a seguito di quell’evento che emersero le vestigia della Reggio classica e della sua ricca storia. Di lì a poco la fondazione del Museo della Magna Grecia contribuirà a far rinascere nei reggini il desiderio di cultura e bellezza. Oggi Reggio è una città culturale e non solo grazie al suo Museo, ma anche la Pinacoteca Civica, il Castello Aragonese, il Teatro Comunale, il Museo del Bergamotto etc.

Bisogna viverla la nostra città e non distruggerla perché noi abbiamo una grande ricchezza noi non siamo l’ultima ruota del carro come possono pensare glia altri. io dico “adesso basta alla nostra distruzione” e Piazza De Nava non si tocca. Dobbiamo, in prima persona, sperimentare le esperienze culturali che può regalare l’area reggina. Può essere un modo davvero unico di vivere la nostra terra. (cglg)

[Clelia Giovanna Li Gotti è storica della critica d’arte]

Lo storico Pasquale Amato: piazza De Nava non si tocca!

Il prof. Pasquale Amato, apprezzato storico reggino e docente di Storia all’Università per Stranieri di Reggio, sta conducendo una strenua difesa di piazza De Nava su cui c’è la minaccia di una insensata demolizione per un presunto “restauro” che in realtà vuole stravolgere l’impianto urbanistico della piazza stessa.

Su facebook, il prof. Amato ribadisce il suo pensiero: «Piazza De Nava è il cuore, l’anima, la memoria del popolo reggino. È il patrimonio storico e culturale della Reggio risorta dopo il catastrofico terremoto del 1908. Piazza De Nava si può migliorare, abbellire, curare. Ma non si demolisce. I suoi pilastrini saranno gli spalti del nostro Forte Apache.La Terza Assemblea della Consulta Metropolitana della Cultura ha deliberato che “PIAZZA DE NAVA NON SI TOCCA”.

Nel mio breve intervento ho lanciato la Giornata per “PIAZZA DE NAVA NON SI TOCCA”. L’idea è stata accolta da un caloroso lungo applauso. Sarà organizzata nella seconda decade di novembre. Noi reggini manifesteremo contro la demolizione della nostra storica Piazza, legandoci ai 20 pilastrini che la delimitano. Sarà un simbolico forte atto d’amore per un luogo collettivo della memoria che nessun burocrate può decidere di demolire scavalcando i sentimenti di un popolo. Reggio, tante volte colpita nella sua storia plurimillenaria, ha rialzato sempre la testa ogni volta che altri hanno pensato di colpirla e umiliarla. Lo farà anche stavolta».

Il prof. Amato nei giorni scorsi aveva spiegato le ragoioni del suo dissenso, che esprime una corale condanna da parte di quasi tutta la città.

«Una cosa – ha scritto il prof. Amato – è ricostruire una città sulle macerie di un terremoto o di una distruzione per aggressione di un nemico esterno. In questi casi si possono effettuare anche modifiche radicali. E Reggio è stata riedificata diverse volte nella sua plurimillenaria storia dopo eventi sismici o devastazioni per attacchi esterni a cominciare da quello del tiranno Dionisio I di Siracusa nel 386 aC. Tutt’altra cosa è invece sconvolgere una Piazza storica come quella dedicata dai reggini a Giuseppe De Nava senza una specifica necessità o emergenza. È un’operazione assurda, di cui si fa fatica a intendere i motivi. E rappresenta un secondo tentativo di distruggere la Piazza, passando dall’orrenda “escavazione selvaggia” che venne neutralizzata da una corale contestazione della città ad uno spianamento altrettanto sconcertante contro cui si sta levando una nuova espressione collettiva di dissenso.

«Si parla di Restyling. Ma è una finzione. Infatti non si tratta di restauro ma di vero e proprio stravolgimento della Piazza ideata e realizzata nella fase epica della riedificazione della città dopo il terremoto catastrofico del 28 dicembre 1908 che distrusse il 95% degli edifici esistenti a Reggio e Messina e nelle rispettive aree limitrofe delle due sponde dello Stretto. Una Piazza dedicata peraltro a Giuseppe De Nava, il più autorevole leader politico a livello nazionale che Reggio abbia espresso dal 1861 ad oggi. De Nava svolse altresì un ruolo preminente nella splendida ricostruzione, supportando nei suoi numerosi incarichi di governo l’azione condotta dall’on. Giuseppe Valentino (prima da Assessore e poi da Sindaco) e dall’ing. Pietro De Nava, Responsabile del Piano Regolatore. Una Piazza su cui fu eretto il pregevole monumento scolpito dall’artista polistenese Francesco Jerace e che fu completata su un lato dall’imponente splendido edificio piacentiniano del Museo Archeologico Nazionale della Magna Grecia e sull’altro dall’edificio dell’Ente Edilizio progettato dall’architetto Camillo Autore. Una piazza armoniosa e legata ad una specifica memoria storica, creata sulle macerie del Rione Santa Lucia raso al suolo dal sisma. Una Piazza la cui configurazione è proporzionata con il nuovo accesso al Corso Garibaldi, prolungato verso Nord sulle macerie del Rione!.

«Piazza De Nava rappresenta pertanto un orgoglio per il popolo reggino, che non è disposto ad accettare la sua demolizione rimpiazzata da uno spianamento. Il Segretariato Regionale dei Beni Culturali – titolare del Progetto contestato – deve quindi scegliere tra un suo radicale ridimensionamento e un azzeramento. I segnali sinora espressi sono quelli di un arroccamento sugli spalti di Fort Alamo in una posizione di difesa del progetto, accampando inattendibili motivazioni o meglio giustificazioni. Che senso ha dire che questo disfacimento sia originato dalla volontà di avvicinare il Museo alla Città? Mai sentita una motivazione così avventata, come se davanti all’ingresso dell’edificio di Piacentini ci fosse un muro che ne impedisce l’accesso. Che senso ha parlare di modernizzazione mentre si cancella la memoria storica della magnifica ricostruzione? Piazza Navona a Roma, Piazza della Signoria a Firenze, Piazza Plebiscito a Napoli, Piazza S. Marco a Venezia – e tante altre – sono testimonianze dell’epoca in cui sono state pensate e realizzate. Qualcuno ha mai pensato di stravolgerle per una presunta “modernizzazione”? Perché deve verificarsi solo per la Piazza De Nava di Reggio? E che senso ha azzardare la forzatura di uno scontro di vago segno politico tra conservatori tradizionalisti e innovatori illuminati? Io spero vivamente che non prevalga questo estremo tentativo di alterare un dibattito che è super partes. Se prevalesse tale opzione sarebbe un grave oltraggio alla Città e alla sua storia plurimillenaria». (rrc)

“DEMOLITION-PEOPLE“ CONTRO LA CITTÀ
REGGIO SUBIRÀ UN CRIMINE URBANISTICO

di SANTO STRATI – A ragione, moltissimi reggini sono convinti che il progetto di demolizione di Piazza De Nava, “salotto” della città, dirimpettaia al Museo dei Bronzi, sia un vero “crimine. urbanistico”. A nulla valgono le prese di posizione di intellettuali, professionisti, imprenditori, semplici cittadini che temono il “vandalismo autorizzato” che qualcuno vuol mascherare come “restauro”, ma in realtà, secondo il progetto, una vera e propria “devastazione” della piazza. Senza alcun vantaggio per i cittadini, in spregio a qualunque buonsenso che, quantomeno, inviterebbe a un confronto schietto e senza  prevaricazioni. Il problema è che per fare un confronto occorrerebbe che ci fosse qualcun0 con cui dialogare: purtroppo non si vede nessuno. Tutti sordi e muti, tanto che la domanda che nasce spontanea è: ma dove vivono gli amministratori di Reggio? Si guardano mai in giro a vedere lo stato di abbandono in cui è ridotta quella che un tempo era Reggio “bella e gentile”? Basterebbe fare una passeggiata sul Corso, o in via Marina (senza bisogno di vedere il disastro delle periferie completamente dimenticate) per avvertire un fortissimo senso di vergogna per l’incapacità di agire. E poi qualcuno si chiede perché la gente non va a votare.

Questa brutta storia di piazza De Nava è semplicemente l’esempio tangibile dell’inefficienza, dell’indifferenza e dell’insensibilità che viene dimostrata verso cittadini, tartassati – per fare un esmepio –  da un servizio rifiuti che, pur richiedendo altissimi oneri, funziona malissimo. E non è solo un problema di pulizia e decoro: è tutta la città che si sente dimenticata, non-governata (attenzione non malgovernata) da amministratori comunali e metropolitani che si entusiasmano per qualsiasi iniziativa pseudoculturale (ma ce ne sono state e ce ne sono di ottime da far invidia alle capitali della cultura, con associazioni che fanno tantissimo ricevendo in cambio il nulla totale) e dimenticano di guardare ai problemi di ogni giorno. Eppure, crediamo, non servirebbe molto per trasformare il cosiddetto fancazzismo di tanti in una inedita e inedita operatività. L’efficienza si attiva pensando al bene della città, ma servono modelli (che non ci sono), servono riconoscimenti (solo di merito, non finanziari) a chi si adopera per tenere pulito il pezzo di strada prospiciente il proprio portone o pulire le scalinate storiche di via Giudecca (grazia Angelina De Salvo e tutti gli altri “angeli” della città che continuano imperterriti a mostrare quanto la città è nei loro cuori). Ma sono episodici gesti di civismo e buona volontà, frutto di spontaneismo che deriva dall’amore per la città, e finisce tutto lì. E pensare che ai tempi di Italo Falcomatà, il sindaco della primavera reggina, passavano le autobotti con acqua profumata di bergamotto  (dopo la regolare raccolta della spazzatura) per rendere ancora più pulita e vivibile la città. E il buon Falcomatà (padre) subiva con molta felicità il rito mattutino del caffè con gli spazzini (si chiamavano così perché spazzavano per davvero) felici di avere reso la città più bella e persino profumata. Un altro mondo, difficile da replicare soprattutto perché manca una classe politica e dirigente degna di tale appellattivo.

Piazza De Nava, dicevamo, è l’esempio più orrido di come non si amministra una città, ignorando le elementari basi del buonsenso e del bene comune. Se c’è questa rivolta “popolare” che cresce di giorno in giorno non ci vuole la zingara per capire che il malcontento qualche base la deve pur avere. Ma qualcuno ha pensato  che la “creazione di uno spazio ampio in cui tenere mostre ed eventi folcloristici (inclusi pipi e patate e il panino cu satizzu?) forse non è proprio quello che avevano in mente i progettisti della piazza originaria? Per questo vi invitiamo a leggere quanto scrivono Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea e il prof. Pasquale Amato, apprezzato docente e storico reggino, strenui difensori della piazza, contro l’imbarbarimento del potere (ma quale?) che vuole invece distruggerla.

Ma non è solo piazza De Nava: il Lido (per il quale si aspetterà, naturalmente, il prossimo mese di luglio per decidere gli interventi da fare), l’aeroporto su cui sono destinati 60 milioni del Contratto interistituzionale di Sviluppo (che ci auguriamo non saranno utilizzati per chiudere con la rete “il gallinaio” aeroportuale), i rifiuti che appestano l’aria e rendono invibile qualunque angolo della cità,, un Piano Turismo inesistente e tantissimo altro ancora.

Reggio non si merita tutto questo né tantomeno può continuare ad essere una città dei facenti funzione: se è rimasto un briciolo di dignità tutto il consiglio metropolitano e comunale dovrebbe andarsene a casa e riconsegnare la città al popolo. Ma così vincerà la destra! griderà subito qualcuno, per legittimare un’improvvida occupazione del potere. Sceglierà il popolo reggino da chi farsi amministrare, scegliendo – speriamo – chi saprà portare argomenti e ragioni serie per una vera rinascita della città. Augurando ogni bene al giovane Falcomatà, con l’auspicio per lui e per la città che possa uscire indenne dalla brutta storia del Miramare e riprendere il suo posto alla guida della città, non possiamo fare a meno di far notare che, in caso di una nuova sospensione in base alla legge Severino, sarebbe gradito un atto di rispetto nei confronti dei reggini che l’hanno votato (soprattutto per fermare il forestiero leghista). (s)

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Quali sono le “carte a posto” di Piazza De Nava?

di VINCENZO VITALE – In una recente intervista l’arch. Fabrizio Sudano, direttore della Soprintendenza reggina, che in spregio alla sua mission di tutela e conservazione ha progettato la completa demolizione dell’impianto storico della centralissima Piazza De Nava di Reggio Calabria per sostituirla con uno “spazio ampio” in cui tenere “mostre ed eventi folkloristici”, ha affermato che i lavori partiranno appena dopo il 27 novembre perché la Soprintendenza ha “le carte a posto”.

A parte la banale considerazione che avere le “carte a posto” non significa che si è autorizzati a fare una cosa brutta, ingiusta, sbagliata e che nessuno vuole (anche Putin, se deciderà di usare l’atomica tattica dopo la beffa dei referendum, affermerà di avere le “carte a posto”), a quali carte si riferisce il dott. Sudano? Certamente a quell’insieme di pratiche burocratiche che, pur ammettendo che siano formalmente corrette, comunque di fatto configurano un grosso vulnus democratico per la città perché frutto di decisioni prese in oscure stanze da ancora più oscuri travet con l’avallo, che ora tutti si rimangiano, di una politica distratta e di basso livello.
A parte le autorizzazioni superficialmente e colpevolmente rilasciate in modo ancillare e servente, una di queste “carte a posto” illustra il mefitico milieu culturale che ha dato vita al progetto di crimine urbanistico cui stiamo assistendo.
È il 20 aprile del 2021 e, in coda alla Conferenza dei Servizi decisoria e asincrona sul destino di piazza De Nava, prima che venga dato il placet conclusivo, si riunisce la Commissione regionale per il patrimonio culturale della Calabria, costituita da burocrati ministeriali di estrazione locale. Viene ascoltata la progettista arch. Giuseppina Vitetta, che risponde alle eccezioni presentate dalla Fondazione Mediterranea circa la perdita irreversibile di un pezzo di storia cittadina, di memoria collettiva e di identità dei luoghi che deriverebbe dalla demolizione della piazza prevista dal progetto. Cosa afferma la Vitetta? Testuale dal Verbale, il n. 5 del 20 aprile 2021: “nessun materiale lapideo degno di pregio e testimonianza della storia territoriale sarà distrutto, ma verrà recuperato per essere riutilizzato nelle fasi di realizzazione dello stesso progetto … per pavimentazioni, bordure, gradini e cordonali”.
Un’arrampicata sugli specchi che susciterebbe l’ilarità perfino in un bambino appena uscito dal mondo affabulato della prima infanzia. In altri termini, mutatis mutandis, è come se si affermasse che, per mantenere l’identità storica di una Piazza Navona destinata a restyling (inglesismo che piace molto alla Soprintendenza), il materiale residuo della sua demolizione venisse usato “per pavimentazioni, bordure, gradini e cordonali” della nuova piazza. È come se assistessimo a una pièce in un teatro dell’assurdo.
Ebbene questo assurdo, su cui stanno sganasciando dalle risa gli urbanisti di molte università italiane (che figuraccia per la cultura reggina!), è stato approvato dall’arch. Sudano, presente in Commissione, e fatto suo nel proseguo per inserirlo nel carniere delle “carte a posto”.
Posto che “Una professione intellettuale è un’abilità specifica fondata su principi indotti dalle scienze che vengono insegnati normalmente nelle università o scuole superiori e che implica sempre la soluzione di un problema sulla base di quei principi” (così nello statuto dell’Ordine professionale degli architetti); e che per la soluzione del problema identitario di piazza De Nava i progettisti hanno usato soluzioni che non si rifanno a principi indotti dalle scienze e che non vengono insegnati in nessuna università; l’Ordine professionale degli Architetti, che è tenuto a sanzionare questo tipo di comportamenti, potrebbe/dovrebbe intervenire anche solo dal punto di vista deontologico. (vv)