Klaus Davi: Escludere la Calabria dal Recovery Fund è un assist alla mafia

Il massmediologo e giornalista Klaus Davi, al Tg4 ha dichiarato che «escludere la Calabria dal Recovery Fund è un formidabile assist alla mafia e alla ‘ndrangheta».

«Non posso credere – ha aggiunto – che chi ha scritto quel documento voglia sancire la morte civile e sociale della Calabria. Confido nella preparazione e nelle promesse di persone che stimo, come il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri e la ministra dei Trasporti Paola De Micheli, che queste terre le conosce bene. Confido in un immediato intervento del Presidente Conte che proprio in occasione di un Consiglio dei ministri qui in Calabria aveva definito come priorità la ripresa economica di queste terre».

«Se questo è il modo – ha concluso – con cui vogliono aiutare il Sud siamo alla frutta. Spero che gli oltre 40 deputati e senatori che paghiamo al Parlamento escano dal torpore e battano un colpo».

Alla puntata, ha partecipato anche Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia(rrc)

La sottosegretaria Anna Laura Orrico: i fondi per il Sud e la Calabria ci sono

La sottosegretaria ai Beni Culturali, la consentina Anna Laura Orrico, pentastellata, è l’unica calabrese del Governo Conte 2. A proposito del Recovery Plan e delle polemiche scoppiate dopo l’articolo-denuncia di Calabria.Live sulla beffa dei fondi irrisori destinati alla Calabria, ha dichiarato alla Gazzetta del Sud che i fondi per il Sud e la Calabria ci sono e ci saranno.

«È legittimo e comprensibile – detto al giornalista Antonio Ricchio della Gazzetta – che si apra un dibattito, anche anima­to, riguardo gli investimenti del Reco­very Plan per il Sud e per la Calabria. Io, però, ritengo che i fondi per il Meridio­ne e per la mia terra ci saranno e saran­no investiti in maniera efficace».

Se­condo Orrico – riferische Ricchio –, «bisogna, tuttavia, con­siderare anche due elementi essenzia­li affinché la discussione sia completa. Il primo è che la destinazione finale delle risorse seguirà un iter parlamen­tare, quindi il tema sarà ampiamente discusso e massima sarà l’attenzione dei parlamentari calabresi e meridio­nali del MSS che vigileranno e soprat­tutto lavoreranno, me compresa in prima linea, affinché le aspettative dei territori non vengano mortificate ma, anzi, sostenute e realizzate. D’altron­de, ai ministri competenti, alcune que­stioni come Gioia Tauro, l’arteria joni­ca stradale e ferroviaria e l’Alta velocità Salerno-Reggio sono state già solleva­te ed è stato fatto notare come siano strategiche per lo sviluppo dell’intero Mezzogiorno e del Paese. Il secondo punto di cui parlavo, invece, è che il Re­covery Pian prevede progetti imme­diatamente cantierabili con risorse che debbono essere spese nell’arco di sei anni, quindi è necessario che la Calabria sia effettivamente pronta alla sfida». (rp)

Recovery Fund, l’assessore Catalfamo: Scarsa attenzione del Governo per i problemi del Sud e della Calabria

C’è «una scarsissima attenzione del Governo verso le problematiche del Sud e della Calabria in particolare» ha dichiarato l’assessore regionale alle Infrastrutture, Domenica Catalfamo, nel commentare il  programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation Eu.

«Il Pnrr – ha dichiarato la Catalfamo – dovrebbe rappresentare lo strumento per rilanciare l’insoddisfacente crescita italiana e rimediare agli effetti della pandemia da Covid 19 che ha aggravato la situazione economica con ricadute in termini di forti contrazioni del Pil»

.Nella bozza del piano, tuttavia, spiega l’assessore, «a caratterizzare l’intervento per il Sud è l’anticipo di 20 miliardi del fondo Sviluppo e coesione aumentando gli investimenti rispetto a quelli già previsti nel bilancio dello Stato. In pratica, si confermano gli investimenti del Piano Sud di un anno fa e si cerca la quadra per garantire il 34% del volume di investimenti».

Catalfamo ha ricordato che, a fine 2020, «i presidenti di otto regioni del Sud hanno, con un documento indirizzato al Governo centrale e ai vertici della Commissione europea, rilevato che la percentuale di finanziamenti destinati alle regioni del Mezzogiorno, sulla base dei parametri europei, dovrebbe essere di circa il 65%. Da questa scelta penalizzante purtroppo continuano a derivare tutti gli effetti a danno delle aree meridionali del Paese».

«Il Pnrr – ha aggiunto – prevede investimenti per una Alta velocità di rete per la velocizzazione della Napoli-Salerno-Reggio Calabria e l’upgrading ed elettrificazione della linea Ionica Sibari-Catanzaro Lido-Reggio Calabria che, tra l’altro, in parte risultavano già finanziati. La carenza di indicazioni, tra l’altro, si collega in maniera evidente allo studio di fattibilità che, sulla base degli annunci del Mit, discordanti dalle notizie fornite da Rfi, doveva essere pronto per fine novembre e che la Regione Calabria sta ancora attendendo di esaminare nonostante le reiterate richieste. Lo studio non c’è ancora ma le scelte vanno avanti».

«Anche gli interventi del progetto Green Port – ha proseguito Catalfamo – non riguardano la Calabria e si concentrano sulle nove Autorità di sistema portuale nel Centro-Nord. Non ci sono interventi per il porto di Gioia Tauro, tra i più importanti al mondo».

«Non ci sono interventi specifici – ha aggiunto ancora – per gli aeroporti in generale – per i quali sembra essere prevista la sola digitalizzazione – mentre è ormai evidente da anni l’impossibile gestibilità economica degli aeroporti minori. Non c’è la realizzazione del Ponte sullo Stretto, rivendicato dalla Calabria e anche dalla Sicilia su tutti i tavoli istituzionali perché ritenuto infrastruttura necessaria per garantire il collegamento tra l’Europa e il Mediterraneo. Purtroppo, come per l’Av ferroviaria, anche questa assenza era ampiamente prevedibile se non addirittura preannunciata dal Mit».

«In questi ultimi mesi – ha sottolineato Catalfamo – la Regione Calabria e il dipartimento Infrastrutture hanno più volte segnalato al Mit la necessità di accelerare l’iter di progettazione e realizzazione delle grandi infrastrutture di collegamento rapido tra la Calabria e il resto del Paese. Il ministro aveva garantito che i fondi per la progettazione di fattibilità dell’alta velocità ferroviaria, nel tratto tra Salerno e Reggio, stanziati dal Governo nel mese di maggio, sarebbero stati immediatamente utilizzati e che, entro due mesi, sarebbe stato presentato il risultato dello studio. Ad oggi, nonostante siano trascorsi molto più dei due mesi annunciati dal ministro, non si ha traccia di questo studio e Rfi non ha dato neanche informazioni sull’avvenuto affidamento dell’incarico ai progettisti incaricati di redigerlo».

«Tutto ciò – ha  concluso – denota una scarsissima attenzione del Governo verso le problematiche del Sud e della Calabria in particolare. Si assegnano risorse molto inferiori a quelle destinate al Nord e le progettazioni da parte dei soggetti gestori della rete – in particolare Rfi, su cui la Regione non ha alcun potere di controllo e di indirizzo – avvengono con tempi estremamente più lunghi rispetto alle stesse progettazioni in altre aree del Paese». (rcz)

Siclari (FI): Si programmi Recovery Fund pensando ai giovani

Il senatore di Forza ItaliaMarco Siclari, ha chiesto che il Recovery Fund venga programmato pensando ai giovani.

«Vedere i ragazzi – ha dichiarato – scendere in piazza per chiedere il ritorno tra i banchi e i bambini con la mascherina in fila davanti l’ingresso della scuola mi riempie di speranza e di gioia. I signori del Governo colgano il messaggio dai più piccoli, che rappresentano il futuro del nostro Paese, e non indebiti quei bambini, per 40 anni, per elargire il reddito di cittadinanza: loro sperano in un lavoro, un futuro migliore, una vita normale ed è per questo che chiediamo che il Recovery Fund rappresenti il vero rinascimento del nostro Paese con “investimenti in spesa produttiva».

«È questo il vero volto dell’Italia – ha concluso –. Un’Italia che vuole crescere anteponendo la cultura alla paura, la responsabilità ai rischi, i sacrifici all’assistenzialismo, il rapporto umano alla solitudine. Quei ragazzi, quei bambini sono i veri eroi e rappresentano, oggi più che mai, il nostro tricolore. Si programmi pensando a loro». (rp)

 

Vito Coviello: Green Deal, le strategie per una mobilità intelligente e sostenibile

di Vito Coviello*- La commissione Ue ha presentato, il 10 dicembre,  il piano di Azione.

L’Europa  punta ad essere il primo Continente ad impatto zero entro  il 2050. È un obiettivo sfidante ma anche entusiasmante, perché  l’Ue farebbe  da traino agli altri continenti, ponendosi come leader mondiale nella ricerca di alleanze internazionali per definire le norme  che  dovranno assicurare  la crescita sostenibile.

La legge sul Clima diverrà, pertanto, un obiettivo giuridicamente vincolante per l’azzeramento delle emissioni, e gli Stati membri saranno obbligati a rispettare  e realizzare quanto previsto dal Piano.    

La legge ha tracciato la rotta per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050, fissando nel piano per il clima un target intermedio di riduzione delle emissioni  al 55% entro il 2030. Anche i capi di Stato, di Governo e i ministri dell’Ambiente hanno dato il loro parere favorevole. 

La Commissione dovrà, ora, rivedere entro l’estate 2021 tutta la legislazione sul clima  e sull’energia, al fine di renderla adatta al primo obiettivo fissato  entro il 2030. Saranno riviste le direttive sull’energie rinnovabili, sull’efficienza energetica  e sulle performance energetiche degli edifici.  

Saranno sottoposti a revisione i regolamenti sulle emissioni  di gas ad effetto serra, sull’uso del suolo, sarà rivista la direttiva sul sistema dei trasporti  intelligenti, sugli standard di emissione di CO2, e tanto altro ancora.  

Riguardo ai trasporti,  si prevede  una trasformazione fondamentale:  la Commissione, nel suo piano, prevede una mobilità verde, intelligente e a prezzi accessibili.   

Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, ha dichiarato che  «… Per raggiungere i nostri obiettivi climatici, le emissioni del settore dei trasporti devono registrare una chiara tendenza al ribasso. La strategia odierna cambierà il modo con cui le persone e le merci circolano in tutta Europa, e renderà facile combinare diversi modi di trasporto in un unico viaggio. Abbiamo fissato obiettivi ambiziosi per l’intero sistema dei trasporti per garantire una ripresa sostenibile, intelligente e resiliente dalla crisi della Covid-19…». 

La Commissaria per i Trasporti, Adina Vălean, ha dichiarato che  «… Le tecnologie digitali hanno il potenziale per rivoluzionare il nostro modo di muoverci, rendendo la nostra mobilità più intelligente, efficiente e anche più verde. Dobbiamo offrire alle imprese un quadro stabile per gli investimenti verdi, che dovranno effettuare nei prossimi decenni. Attraverso l’attuazione di questa strategia, creeremo un sistema dei trasporti più efficiente e resiliente, saldamente rivolto a ridurre le emissioni in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo …».

Quali  dovranno essere  le Tappe  per raggiungere gli obiettivi di cui sopra?   

Entro il 2030:

  • Almeno 30 milioni di automobili che circoleranno sulle strade europee dovranno essere a emissioni zero 
  • almeno 100 città europee saranno a impatto climatico zero
  • il traffico ferroviario ad alta velocità  dovrà raddoppiare  in tutta Europa
  • la mobilità automatizzata dovrà essere diffusa su larga scala dovranno essere approntate  per il mercato navi a zero emissioni

Entro il 2035:

  • dovranno essere disponibili aeromobili di grandi dimensioni a zero emissioni

Entro il 2050:

  • quasi tutte le automobili, i furgoni, gli autobus e i veicoli pesanti nuovi saranno a zero emissioni
  • il traffico merci su rotaia raddoppierà
  • una rete transeuropea di trasporto multimodale (Ten-T) sarà pienamente operativa per trasporti sostenibili e intelligenti con connettività ad alta velocità.

La Commissione Europea sottolinea anche che, in questa evoluzione,  non si deve lasciare indietro alcun Paese, Regione o Area rurale: è indispensabile che la mobilità sia disponibile e accessibile a tutti. 

Per traguardare gli obiettivi di cui sopra occorrono  necessariamente risposte concrete e immediate di ciascun Paese membro dell’Ue. 

Il Recovery Fund  assegnato al nostro Paese per il rilancio dell’economia, da mesi schiacciata dalla  pandemia, consentirà di destinare risorse economiche importanti anche nel settore delle Infrastrutture e dei Trasporti.  

Il Mit ha posto in evidenza diverse priorità, tra queste si segnalano: 

  • porti green e logistica sostenibile,  per migliorare l’accessibilità portuale,  riconvertire  la flotta navale  in chiave ambientale, rinnovare il parco dei mezzi su gomma adibiti all’autotrasporto,  rinnovare  locomotori e i carri merci,  completare la digitalizzazione  nell’ambito del sistema  logistico;  
  • opere ferroviarie per la mobilità dei cittadini e la connessione veloce del Paese,   per  migliorare  l’accessibilità  della popolazione che dovrà avere a meno di 1 ora un collegamento con l’alta velocità (il target è l’ottanta per cento della popolazione al termine del programma a meno di un’ora da una stazione alta velocità);  
  • modernizzazione dei collegamenti stradali e autostradali,  con l’aumento della sicurezza, dell’efficienza delle connessioni,  la transizione digitale e le smart road; 
  • Innovazione digitale nei trasporti,  favorendo alcuni progetti sperimentali specifici  come il Brenner “Digital Green Corridor”, la  piattaforma nazionale per i servizi digitali con sperimentazioni pilota di tecnologie per la cooperazione tra veicoli infrastrutture in realtà urbane individuate, il Tpl 4.0 verde e sicuro,  il living Lab sperimentale nella città di Milano per le tecnologie innovative per il Tpl. (rrm)

*Socio Aidr e Responsabile Osservatorio Tecnologie Digitali nel settore dei trasporti e della logistica.

De Caprio chiede di inserire la Scalea-Mormanno nel Recovery Fund con finanziamento di 150 milioni di euro

Il consigliere regionale e presidente della Commissione regionale anti ‘ndrangheta, Antonio De Caprio, ha chiesto di inserire, nel Recovery Fund, il progetto da 150 milioni di euro della strada provinciale Scalea-Mormanno.

«È un’opera ambiziosa e di valenza straordinaria – ha spiegato il consigliere De Caprio – in grado di cambiare volto ad un territorio tra i più belli della Calabria, apportando benefici considerevoli al tessuto sociale, economico, turistico di una grossa porzione della provincia di Cosenza».

Un’opera attesa da più di tre anni, che potrebbe finalmente trovare le risorse necessarie alla sua realizzazione/completamento proprio grazie al lavoro di Antonio De Caprio. Il politico cosentino ha infatti inserito il progetto, cui ha lavorato a lungo insieme ai tecnici, nel pacchetto di opere che si vorrebbero finanziare attraverso il Recovery Fund.

«Si tratta di una richiesta di 150 milioni di euro – ha spiegato De Caprio – che vogliamo venga inserita nel Recovery Plan che l’Italia sta approntando per utilizzare i 209 miliardi messi a disposizione dall’Unione europea. Con questo tracciato, che fino ad oggi ha purtroppo visto la luce soltanto nella parte iniziale, si metteranno in collegamento la Statale 18 e l’Autostrada del Mediterraneo (A2). Inutile rimarcare l’importanza di questo intervento, sul piano della viabilità, della sicurezza, delle enormi ricadute positive sul tessuto commerciale, produttivo e turistico per l’intera zona dell’Alto Tirreno Cosentino, fino al cuore del Pollino».

Alla pratica, il consigliere regionale ci sta lavorando da mesi, ben conscio che il deficit infrastrutturale è fra le principali cause dell’arretratezza economica del Meridione. D’altronde, la stessa opera era stata considerata strategica già nel 2002, quando il governo nazionale stipulò con la Regione Calabria un Accordo di programma quadro, destinando 10 milioni di euro per il primo lotto dei lavori, individuando la Provincia di Cosenza come soggetto attuatore.

Ma, a distanza di 15 anni dall’approvazione dei preliminari, di quella strada c’è ben poco, se non una prima lingua d’asfalto ed una rotatoria inaugurata solo nel giugno di quest’anno.

«Qui bisognerebbe dire la verità ai cittadini – ha aggiunto De Caprio – e la verità è che, dei 100 milioni quantificati inizialmente per completare il progetto, non un centesimo in più del finanziamento iniziale è arrivato. E, soprattutto, diciamolo chiaramente, niente più arriverà da quell’Apq. Non possiamo permettere che quella strada si trasformi nell’ennesima incompiuta, per giunta abbandonata al degrado, come documentato da diversi resoconti giornalistici».

«Ragion per cui – ha spiegato – ho chiesto che la Scalea-Mormanno venga inserita nel Recovery Plan con un finanziamento di 150 milioni di euro. A questo punto, toccherà al governo centrale decidere se questa terra merita pari dignità del resto d’Italia, e se i cittadini calabresi hanno diritto ad una viabilità decente, o se dobbiamo continuare ad essere considerati “sacrificabili” da chi, in questo momento, ha il potere di decidere le sorti del Paese. D’altronde, proprio in questi giorni alcuni governatori del Mezzogiorno si sono espressi contro l’ennesima – speriamo scongiurata – beffa nei riguardi dei meridionali e delle prospettive di sviluppo che garantirebbero lo sfruttamento delle risorse del Recovery».

«Ci auguriamo davvero, per il bene di tutti – ha concluso De Caprio – che il governo dimostri coi fatti la sua considerazione verso il Sud, e che la deputazione calabrese voglia fare propria questa iniziativa, nell’esclusivo interesse dei cittadini». (rcs)

Siclari (FI): Non rispettata clausola del 34% per il Sud col Recovery Fund

Il senatore di Forza ItaliaMarco Siclari, ha ribadito che «al Sud vanno destinati almeno 71 miliardi del Recovery Fund e questo solo per rispettare la clausola del 34%, stabilita dal Governo che ha sempre ribadito di volersi attenere a tale vincolo di destinazione».

«Queste risorse straordinarie – ha aggiunto – da destinare ad un piano di rilancio del meridione, tra l’altro devono essere aggiuntive e non sostitutive delle risorse previste dalla programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali e dal Fondo di Sviluppo e Coesione, con una cifra complessiva stimata di 181 miliardi di euro, cioè di circa 26 miliardi di investimenti all’anno».

«Finalmente – ha aggiunto – ci sono le condizioni economiche e finanziarie per attuare il piano straordinario per il rilancio del Mezzogiorno, sbandierato da quasi tutti i governi del dopoguerra e mai attuato. Lo stesso presidente Giuseppe Conte ha più volte annunciato un piano decennale di sviluppo del Sud per rilanciare l’intero Paese che, però, non ha mai presentato».

«Non è più tempo di promesse e di annunci – ha concluso –. Bisogna, se c’è la volontà politica, drenare risorse per lo sviluppo delle regioni meridionali approfittando del finanziamento straordinario del Revovery Fund e discutere seriamente di come attuare la clausola del 34% di spesa pubblica e trasferimenti da destinare al Sud, superando il retaggio del vincolo/limite della spesa storica, vera ed unica tara che ha impedito la programmazione e la realizzazione dello sviluppo delle regioni meridionali per farle diventare veramente tali». (rp)

Fragomeni: Inaccettabile decisione del Governo di concedere solo il 34% al Sud dei fondi del Recovery Fund

Mariateresa Fragomeni, candidata a sindaco di Siderno, in merito alla ripartizione dei fondi del Recovery Fund, ha dichiarato che «quella che si prospetta è «l’ennesima mortificazione per il Sud: contrariamente a quanto stabilito dalla Commissione Europea, che aveva stabilito per il Mezzogiorno l’assegnazione del 70% delle risorse del Recovery Fund, il governo ha infatti deciso di dirottare diversamente i fondi, concedendo al Sud solo il 34% dei 209 miliardi destinati al nostro Paese».

«Sottovalutando, o ancor meglio non valutando affatto – ha aggiunto – che la decisione di attribuire all’Italia la parte più importante del Recovery Fund è legata proprio al Sud, e alle condizioni economiche in cui versa la sua popolazione».

La Fragomeni, infatti, ha detto di condividere pienamente «il giudizio negativo di tutti i presidenti delle regioni del Sud, al di là degli schieramenti politici. E condivido anche il monito della stessa Svimez, che con il suo presidente Adriano Giannola, ha parlato dei danni storici subiti dal nostro territorio con la sottrazione di circa 60 miliardi ogni anno, da dieci anni, nonché dello stesso ministro Francesco Boccia, che ha sollecitato la necessità di riequilibrare le risorse Nord-Sud», aggiungendo che «se il criterio di valutazione della Commissione Europea avesse, infatti, tenuto conto esclusivamente della popolazione, il nostro Paese avrebbe ricevuto solo 97 miliardi e mezzo di euro, e non 209 miliardi come è stato, grazie proprio al Sud».

«La decisione del Governo – ha proseguito la Fragomeni – risulta, quindi, inaccettabile, e ingiusta non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello sociale, perché rinforza ulteriormente il gap esistente da sempre tra Nord e Sud. Ma adesso è in gioco il futuro di tutto il Mezzogiorno, e della Calabria stessa: non possiamo perdere questa straordinaria occasione di rilancio che, altrimenti, potrebbe svanire. Dobbiamo pretendere che si rispetti la quota del 70%, come stabilito dalla Commissione Europea in sede decisionale. Solo così potremo garantire infrastrutture, una nuova organizzazione della sanità, un sistema educativo che accompagni in maniera idonea verso il mondo del lavoro, una svolta digitale ed ecosostenibile del tessuto produttivo, e di tutte le piccole e medie imprese di cui è costituito».

«Ricordando, e sottolineando, che – ha concluso – come è stato stimato,  anche un euro investito al Sud produce un ritorno di 1,3 euro in termini di valore aggiunto, il 25% del quale destinato alle regioni del Centro-Nord. E che, quindi, l’auspicata ripresa economica del Sud potrà essere volano per quella di tutto il territorio nazionale». (rrc)

 

Biondo (Uil Calabria): Il Governo vuole assegnare al Sud solo 68 miliardi del Recovery Fund

Santo Biondo, segretario generale della Uil Calabria, ha denunciato l’intenzione, da parte del Governo Conte, di destinare al Sud solo 68 miliardi, di cui 23 recuperati dal Fondo Sviluppo e Coesione, del Recovery Fund, quando la Commissione Europea, dei 209 miliardi destinati all’Italia, 111 erano stati assegnati per la ripartenza del Mezzogiorno.

«Nella gazzarra parlamentare e nella mancanza di trasparenza da parte del Governo – ha detto Biondo – aspetti che stanno caratterizzando l’assurda discussione che la politica sta portando avanti sul Recovery plan, a farne le spese probabilmente sarà la ripresa, post pandemia, del Mezzogiorno e della Calabria. A causa di questo trambusto mediatico, che in parte sta andato in scena in Parlamento, sta sfuggendo l’attenzione sul fatto che, nel Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza, oltre a mancare i progetti e una visione di Paese, mancano anche le risorse economiche per spingere la convergenza del Sud».

«Si continua, quindi – ha detto ancora – a sacrificare il Sud e la Calabria, nella distribuzione della spesa pubblica nazionale.  La deputazione parlamentare e la politica calabrese, battano un colpo, per provare a dare alla discussione sul Recovery plan, idee e proposte e, soprattutto, una direzione che aiuti a costruire nella nostra regione l’uscita da una crisi che ormai è divenuta strutturale». (rrm)

LA STRANA IDEA DELLA DIGITALIZZAZIONE
RECOVERY: 48 MLD, DI PONTE NON SI PARLA

di SANTO STRATI – Pur avendo a disposizione fior di esperti di informatica e digitalizzazione, il Governo Conte continua a stupire con effetti speciali, complicando la vita ai “poveri” cittadini con l’ultima trovata del cashback, una delle tante “armi di distrazione di massa” a cui l’esecutivo ci ha purtroppo abituato. E se questa è la strana idea che il Governo ha della digitalizzazione c’è da tremare se si pensa che nel piano per il Recovery Fund da 209 miliardi il Governo riserva risorse a questo comparto per 48,7 miliardi di euro, mentre ne prevede appena 27,8 per le infrastrutture. Di Ponte sullo Stretto non si parla proprio se non per mettere in piedi un ridicolo quanto offensivo nuovo tavolo di lavoro per “studiare” la migliore soluzione (ponte o tunnel?) quando, per la verità, esiste ormai da anni un progetto esecutivo, immediatamente realizzabile, con immediati ritorni in termini di occupazione per le aree interessate di Calabria e Sicilia. Un nuovo tavolo serve solo a creare ulteriore dilazione, per prendere tempo, senza scontentare i governatori di Calabria e Sicilia che hanno espresso richieste precise perché si dia inizio ai lavori e allo stesso tempo tenere buoni i Cinque Stelle che continuano a caldeggiare scelte che equivalgono all’assoluta inoperosità: niente cantieri, niente pianificazione territoriale, zero sviluppo. E dire che sono ancora tanti a credere alle strampalate idee dei grillini che una ne fanno e cento ne disfano. Gli italiani al voto, siamo certi, presenteranno il conto a questi dilettanti della politica che in nome dell’anticasta si sono fatti casta loro stessi, facendo, purtroppo danni seri al Paese.

Ma andiamo per ordine. L’operazione cashback, ovvero la restituzione del 10% speso in due mesi in acquisti “fisici” con la carta di credito (supermercati, benzina, elettrodomestici, computer, ristorante, etc) è una colossale presa in giro che, peraltro, penalizza chi la carta di credito non ce l’ha (e sono tanti che la userebbero volentieri se solo avessero un lavoro e un futuro su cui contare) e premia (pazzesco!) chi spende di più. Il meccanismo è semplice: fino a 150 euro di rimborso il prossimo febbraio direttamente sul conto corrente, con un ritorno del 10% delle spese entro il tetto di 1500 euro. Prima bizzarria: chi spende 750 euro al mese con la carta di credito di questi tempi? Chi può spendere questa cifra non ha certo bisogno di vedersi restituito un risibile (per lui) 10 per cento. Quindi chi sono i beneficiari? I pensionati di lusso e i superprofessionisti che spendono e spandono (con carta di credito) senza il minimo problema. Seconda bizzarria: il Governo, secondo noi, non ci ha dormito una notte per varare un meccanismo che più macchinoso non poteva essere: registrazione attraverso lo Spid (la famosa identità digitale che richiede un’ulteriore fastidiosa incombenza), attribuzione di un codice da presentare al negoziante, etc.

Ora, la domanda è molto semplice: chiunque utilizza una carta di credito sa perfettamente che viene tracciato ogni suo singolo movimento, dalla farmacia al supermercato, dal cinema al benzinaio, dal ristorante all’albergo. Tutte operazioni tracciate e tracciabilissime dai vari gestori (Visa, MasterCard, American Express, etc) che già come servizio ai clienti offrono un report dettagliato delle spese suddivise per categoria di operazione: acquisti on line, acquisti di beni durevoli, servizi di ristorazione, e via discorrendo. Che motivo c’era di complicare la vita a chi già utilizza la carta di credito per i suoi pagamenti con altri adempimenti, quando bastava assegnare ai vari gestori in compito di “restituire” ai propri clienti il 10% delle spese effettuate de visu presso un esercente? Troppo facile, se no chissà quanti burocrati si troverebbero senza occupazione dalla sera alla mattina. Quindi non è un’operazione per incentivare l’uso delle carte di credito, non è un’operazione a favore delle fasce più deboli della popolazione: è solo una seccatura in più per i negozianti che stanno già smadonnando per i clamorosi buchi di bilancio provocati dalle chiusure forzate e un elemento aggiuntivo di distrazione per “sudditi” distratti che si sentiranno privilegiati di un regalo monetario del Governo.

È questa l’idea di digitalizzazione? Già, perché ci piacerebbe sapere a cosa serviranno 48,7 miliardi di euro (tradotti in lire quasi 94mila miliardi) per la “digitalizzazione”. Secondo la descrizione sommaria del Governo sono destinati a digitalizzare l’Italia (?) e per l’«innovazione, competitività e cultura», ovvero investimenti immateriali  di cui 35,5 miliardi per la “transizione digitale delle imprese (banda larga , 5G e internazionalizzazione) e circa 10 miliardi per l’innovazione della Pubblica Amministrazione: questi ultimi, forse, serviranno a evitare le solite figuracce dei server che crollano ad ogni – prevedibile – super ondata di click?

E, invece, per le infrastrutture, che non solo fanno vivere meglio i cittadini ma producono anche occupazione e lavoro indotto, i miliardi richiesti al Recovery Fund sono poco più della metà, 27,7 per l’esattezza. Di questi 23,6 serviranno per l’alta velocità e la manutenzione delle strade, mentre i rimanenti 19,2 miliardi sono destinati a istruzione e ricerca. Si parla di alta velocità (ma sarebbe più opportuno di parlare di alta capacità) ma dell’infrastruttura principe che farebbe dell’Italia del Sud un modello di sviluppo e ricerca tecnologica, ovvero il Ponte sullo Stretto, non c’è il minimo accenno.

Eppure, quale migliore opportunità del Recovery Fund per attuare il progetto del Ponte sullo Stretto? Costerebbe intorno agli 8 miliardi, con un’occupazione stimata di svariate decine di migliaia di posti di lavoro tra Sicilia e Calabria, ma il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti torna a seminare fumo inventando tavoli di lavoro per decidere qual è la migliore soluzione tecnologica per l’attraversamento stabile dello Stretto. Stiamo ancora a parlare di studi preliminari quando esiste già un progetto esecutivo che aspetta solo di essere messo in esecuzione? Ma credono al Governo di poter ancora prendere in giro i calabresi e i siciliani con la cavolate di nuovi studi di fattibilità sull’attraversamento stabile dello Stretto?

Bene ha fatto l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti l’ing. Domenica Catalfamo, convocata per via telematica a un tavolo di lavoro del Mit a replicare che «il progetto del Ponte esiste già: è cantierato non cantierabile» a fronte di proposte di nuove analisi di costi-benefici. «Il progetto del collegamento sullo Stretto – ha detto la Catalfamo – non può fare a meno dello studio di fattibilità sull’alta velocità e alta capacità, rispetto ai quali il ministro, qualche mese fa, aveva garantito che sarebbero stati presentati entro i primi mesi dell’anno. Studio di fattibilità che non può prescindere dall’attraversamento dello Stretto, che è parte integrante del corridoio 5 europeo».

Il Ponte – lo abbiamo ribadito più volte (vedi il nostro speciale) – sarebbe un capolavoro di ingegneria e tecnologia italiana, oltre a costituire un’eccezionale attrattiva turistica per tutto il mondo. Dev’essere chiaro che chi continua a ostacolare il progetto non vuole il bene della Calabria e dei calabresi. (s)