Il presidente Mancuso: Arginare con ogni mezzo la violenza sulle donne

Il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, ha ribadito la necessità di affrettarsi nel «mettere a punto una normativa rigorosa e stringente che metta al sicuro le donne dalla violenza belluina di maschi che hanno con l’altro sesso una relazione patologica».

«Non è più tollerabile – ha proseguito Mancuso – che si intervenga a protezione delle donne che denunciano, solo dopo che le vessazioni e gli abusi degli uomini si consumano drammaticamente, com’è accaduto a Perugia e a Palermo e come accade da Nord a Sud del Paese. Se nella filiera delle responsabilità c’è chi prende alla leggera gli Sos delle donne, è giusto che se ne accolli le conseguenze. Tra sentenze che attenuano la gravità di comportamenti esplicitamente violenti e inerzie dinanzi al pericolo imminente, l’impressione è che la violenza sulle donne sia trattata come una violenza di serie b».

«Come asserisce la responsabile Giustizia della Lega, on. Giulia Bongiorno, non è accettabile che la donna sia tradita dall’uomo che la uccide e, contemporaneamente, dallo Stato che la ignora – ha continuato –. I ministri competenti stanno adoperandosi per fermare questa strage infinita, ma è necessario che ogni ingranaggio della giustizia funzioni alla perfezione e che vi sia una reazione forte e decisa della società civile».

«Come Consiglio regionale, con l’Osservatorio sulla violenza di genere – ha concluso – stiamo predisponendo, per il mese di novembre, un ‘focus’ a Reggio Calabria di tutti gli Osservatori delle Regioni e dei soggetti che, a vario titolo, si occupano del fenomeno, con l’obiettivo, attraverso la predisposizione di tavoli tematici, di analizzare l’efficacia della legislazione vigente per, eventualmente, proporre osservazioni e idee con cui arginare l’aumento di femminicidi e maltrattamenti». (rrc)

Centro Comunitario Agape: Bene iniziativa Osservatorio per alloggi alle donne vittime di violenza

Il Centro Comunitario Agape di Reggio Calabria ha espresso apprezzamento  per l’iniziativa avviata dal Presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso e dall’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, coordinato dall’avv. Giusy Pino per favorire l’assegnazione di alloggi alle donne vittime di violenza.

«L’Associazione, nelle settimane scorse, – viene ricordato in una nota – si è fatta promotrice di una lettera aperta inviata alle istituzioni che hanno competenza in materia e firmata da trenta organizzazioni che nella Regione sono particolarmente attive nella tutela dei diritti delle fasce svantaggiate».

«Da questo primo segnale di attenzione servono ora altri passaggi importanti che devono vedere coinvolti, tramite l’Anci, i Comuni titolari nella assegnazione degli alloggi, compresa la Città Metropolitana di Reggio Calabria. Un ruolo importante – viene evidenziato – è chiamata a svolgere l’Agenzia dei beni confiscati e sequestrati che dispone di tantissimi alloggi che in atto sono inutilizzati e che potrebbero essere destinati a questa importante finalità sociale».

«A tale scopo l’Agape – viene reso noto – ha chiesto al Direttore dell’Agenzia dei beni confiscati e sequestrati, sede secondaria di Reggio Calabria, Massimo Nicolò, un incontro per avviare un tavolo tecnico che faccia un censimento dei beni disponibili e preveda delle procedure per le assegnazioni ai sensi della legge regionale n.20. Analoga richiesta è stata avanzata al Delegato per i beni confiscati del Comune di Reggio Calabria, Consigliere comunale Francesco Gangemi».

«Chi si occupa di violenza di genere sa benissimo quanto sia importante per le donne che denunciano la violenza – conclude la nota –, ma anche per le forze dell’ordine che intervengono, avere la certezza di potere contare subito su un alloggio disponibile quando, per la loro tutela, sono costrette, assieme ai figli, ad allontanarsi dalla loro casa». (rrc)

 

CATANZARO – Un progetto nelle scuole per prevenire la violenza sulle donne

La violenza di genere rientra nella violazione dei diritti umani ed è tra le più diffuse a livello planetario. Un terzo della popolazione femminile, come evidenziato da recenti dati, è vittima di abusi o violenza perpetrate molto spesso da uomini vicini alla vittima. Questo fenomeno si consuma, nella quasi totalità dei casi, tra le mura domestiche e vede coinvolte donne di ogni età, estrazione sociale e livello culturale, con conseguenze spesso irreparabili.

Risulta, quindi, necessario implementare le strategie territoriali a sostegno del cambiamento dell’uomo maltrattante, facilitandone la presa in carico e, di conseguenza, il miglioramento delle relazioni familiari ed interpersonali di quest’ultimo attraverso l’assunzione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali e familiari. Ѐ questo, infatti, lo scopo del progetto Sam – Prevenzione e Rieducazione degli Uomini autori di Maltrattamento, affidato dalla Regione Calabria-Assessorato alle Politiche Sociali al Centro Calabrese di solidarietà e concluso in questi giorni dopo un anno di inteso lavoro. C’è da precisare che il progetto ha potenziato, nel corso dell’anno, un servizio di trattamento che il Centro Calabrese di Solidarietà fin dal 2015 promuove sul territorio provinciale e regionale garantendone un’ulteriore diffusione capillare ed arrivando a prendere in carico uomini dell’intero territorio regionale.

Gli obiettivi specifici del progetto sono stati quelli di: sviluppare e realizzare un piano di prevenzione universale e selettiva sul territorio della Regione Calabria; rafforzare le azioni a favore della presa in carico e del trattamento degli uomini maltrattanti nel centro di trattamento già attivo; implementare la sensibilizzazione e l’informazione rispetto alla tematica degli autori di violenza.

Per il raggiungimento di tali obiettivi sono state previste azioni articolate attraverso attività e tempi ben definiti: start up e comunicazione, attività di prevenzione e sensibilizzazione negli Istituti Scolastici della Regione, potenziamento e trattamento di uomini autori di violenza, attività di valutazione qualitativa dell’impatto del progetto attraverso i feedback delle persone coinvolte. Nell’ambito dell’attività progettuale sono stati avviati gli incontri nelle scuole che hanno visto il coinvolgimento di circa 100 alunni e di circa 20 docenti del territorio regionale.

Le attività sono state svolte negli Istituti in orario scolastico ed hanno consentito di soffermare principalmente l’attenzione sull’emozione della rabbia e sulla gestione della stessa pervenendo a riflessioni accurate sulle differenze di genere, identificando quali sono le caratteristiche femminili e maschili e trattando il tema degli stereotipi e delle credenze sul ruolo della donna e dell’uomo riguardo l’ambito lavorativo ed il ruolo in famiglia. (rcz)

Violenza sulle donne, la Garante regionale della Salute ha incontrato Maria Antonietta Rositani

La Garante regionale della Salute, Anna Maria Stanganelli ha incontrato Maria Antonietta Rositani, che ha portato alla sua attenzione una serie di istanze a nome di tutte quelle persone che, purtroppo, hanno subito violenze e, come nel suo caso, delle gravissime ustioni.

Insieme a lei, la presidente della Consulta comunale Città Metropolitana e decentramento, Emilia Condarelli.

«Io mi ritengo una persona fortunata – ha esordito Maria Antonietta, ripercorrendo la sua storia – perché le mie lesioni sono state curate in maniera eccezionale non solo a Bari, dove c’è un centro grandi ustioni ma anche a Reggio dove è presente un reparto di Chirurgia, quello del Gom, che ha fatto davvero miracoli offrendomi il meglio che potessi avere. Però – spiega la forte e determinata donna reggina – coloro che hanno subito ustioni così estese e importanti come nel mio caso – parliamo di oltre il 70% del corpo – per vivere necessitano quotidianamente di terapie, creme idratanti per la pelle e di tutto un percorso riabilitativo che diventa eterno che io, ad esempio, ho dovuto interrompere perché troppo oneroso per le mie possibilità».

«Si tratta di trattamenti – ha spiegato – che non vengono presi in considerazione dai piani di assistenza sanitaria, probabilmente poiché assimilabili a cure estetiche quando poi, in realtà, per chi è nelle mie condizioni non lo sono affatto: ad esempio, il rialzamento della palpebra mi ha salvato la vista ma si tratta di un intervento che senza l’aiuto delle associazioni non avrei potuto mai affrontare».

Maria Antonietta, nonostante percepisca una pensione di invalidità, vorrebbe tornare a lavorare, magari nel suo ambito, ovvero quello infermieristico, sia per sentirsi pienamente realizzata e per compiere definitivamente il suo percorso di riscatto ma anche per una mera questione economica: «non posso dire di sentirmi sola – ha sottolineato – ma è chiaro che subentrano delle necessità anche economiche, con due figli, le scadenze mensili e le cure che devo affrontare e, soprattutto, so di poter essere ancora utile alla società».

«Con la Garante – ha rimarcato – abbiamo fatto una splendida chiacchierata, mi sono potuta aprire e lasciar andare alle mie sensazioni, senza timori, non solo a nome mio, mi auguro davvero – ha concluso – che insieme possiamo raggiungere dei risultati».

Una proposta in tal senso verrà avanzata nei prossimi giorni al Garante da Emilia Condarelli: «chi subisce queste violenze – ha esordito – e ha la forza di recuperare emotivamente come Maria Antonietta, che tende a porgere di sé un’immagine forte, con determinata volontà, poi, però, si trova a combattere nella quotidianità, poiché magari non si è nelle condizioni di lavorare, si ha necessità di un supporto per le cure, di avere una rete di sostegno intorno».

«Il suo – ha aggiunto – è sì un caso personale ma è anche la parabola della società rispetto all’inclusione delle persone vittime di violenza. Serve una battaglia di carattere generale che sia per tutte le donne, iniziando con Maria Antonietta che rischia delle ricadute pesanti senza un adeguato aiuto».

Portatrice delle loro istanze si farà certamente la Garante Stanganelli che, a margine dell’incontro, ha commentato: «ho avuto modo di ricevere una donna meravigliosa; devo dire che, nei giorni scorsi, ho letto una dichiarazione che non mi era piaciuta affatto perché Maria Antonietta aveva detto che lo Stato e le istituzioni l’avevano abbandonata: ho voluto quindi cogliere l’appello di questa donna per dirle che le istituzioni non l’hanno abbandonata».

Come Garante – ha precisato – sono tante le segnalazioni che arrivano relative a donne vittime di violenza e quella di Maria Antonietta è la storia di tante donne che ogni giorno combattono per l’affermazione dei propri diritti. Dal governo regionale ci sono segnali positivi importanti, delle leggi regionali a tutela delle donne e anche dal Consiglio regionale, con l’istituzione del Garante delle vittime di reato, fortemente voluta dal Presidente del Consiglio Regionale, Filippo Mancuso e dell’Osservatorio sulle violenze di genere ma tutto questo non basta: ci vogliono dei segnali ulteriori sia a tutela della storia di Maria Antonietta, e in questo senso insieme alla presidente Condarelli vedremo come sostenerla in questo percorso, ma bisognerà individuare delle strategie d’azione mirate che possano coinvolgere tutte le donne del territorio calabrese che ogni giorno si trovano ad affrontare questo calvario».

«L’auspicio – ha concluso – è che da oggi per Maria Antonietta inizi una nuova vita e che possa tornare a sorridere per lei e per i suoi figli». (rrc)

Al via il progetto “Pa.o.la” del Centro Calabrese di Solidarietà per le donne vittime di violenza

Si chiama Pa.o.la. – Pari Opportunità Lavoro il progetto finanziato dal Fondo di Beneficienza Intesa San Paolo e gestito dal Centro Calabrese di Solidarietà guidato dalla presidente Isolina Mantelli, dedicato alle donne vittime o potenziali vittime di violenza.

Tale progetto, infatti, permetterà a dieci donne vittime o potenziali vittime di violenza presenti nelle case rifugio o afferenti ai Centri Antiviolenza della provincia di Catanzaro, di iniziare oggi un corso di OSS (articolato in 13 moduli).

Un corso, quello affidato alla professionalità del CCS partito lunedì scorso, prevede una formazione teorica in aula di 550 ore, e 450 ore di tirocinio presso l’ospedale di Catanzaro e le strutture private.

«Puntiamo ad offrire un’opportunità formativa ed una qualifica spendibile nel mercato del lavoro – ha spiegato la coordinatrice del progetto, Katia Vitale –. Il mondo del lavoro, insieme a quello della formazione, rappresenta la via maestra per la costruzione di una democrazia paritaria: dare alle donne riconoscimento sociale e sostegno all’autorganizzazione permette loro di emergere come attori sociali ed economici ed influenzare e plasmare le politiche».

Il progetto si prefigge anche di migliorare le condizioni delle donne, rafforzandone il ruolo nel lavoro, porta anche a maggiori investimenti in istruzione dei propri figli. L’intervento mira a differenziare gli strumenti, tenendo in considerazione i bisogni espressi delle donne, attraverso una de-standardizzazione dei servizi, attraverso tre azioni previste: servizi integrati di presa in carico, orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro, in grado di rimuovere tutti quegli ostacoli che si frappongono alla concreta possibilità di recupero dell’autonomia economica delle donne che terminano il percorso di fuoriuscita dalla violenza; elaborazione di strumenti innovativi di valutazione e convalida delle competenze informali con standard definiti in base all’indice di svantaggio delle beneficiarie; misure di conciliazione che permettano alle donne di armonizzare tempi di lavoro e tempi di vita, in particolare per coloro che hanno responsabilità di cura.

Il progetto è sostenuto dal “Fondo di beneficenza ed opere di carattere sociale e culturale”, costituito dai soci della Banca Intesa San Paolo che “in coerenza con i principi di responsabilità e di solidarietà nella relazione con la Comunità enunciati nel Codice etico” contribuisce allo sviluppo sostenibile “anche tramite la promozione di iniziative di solidarietà, ricerca, attenzione all’ambiente e alla cultura in genere”. (rcz)

Sei Comuni del Catanzarese in rete contro la violenza sulle donne: Nasce il progetto “4women”

Si chiama 4Women: Tgether against violence il progetto e importante iniziativa promossa da sei Comuni del Catanzarese, con Maida come capofila, Curinga, San Pietro a Maida, Jacurso, Cortale, Girifalco, insieme al CDA Calabria odv, Centro di ascolto antiviolenza e fragilità contro la violenza sulle donne.

Lo scopo è quello di costituire la Associazione Temporanea di Scopo “Resilia” per potenziare le azioni già intraprese a livello territoriale in materia di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne, per promuovere la cultura della genitorialità e parità di genere tra donne e uomini e per fornire sostegno ed assistenza oltre che per offrire alle donne vittime di violenza nuove opportunità professionali per entrare agevolmente nel mondo del lavoro e ritrovare la loro libertà.

«L’intento di questo progetto è quello di mettere in campo tutte le migliori strategie affinché la donna prenda sempre più consapevolezza del proprio ruolo, della propria dignità e trovi la forza per denunciare e chiedere il supporto di figure competenti che i comuni in maniera associata vogliono mettere a loro disposizione con l’ausilio delle expertise del CDA Calabria odv, partendo proprio dalle esperienze maturate da quest’ultimo sul nostro territorio», afferma in una nota il sindaco di Maida, Salvatore Paone.

«Le sei amministrazioni coinvolte hanno prontamente dato la propria disponibilità ed il massimo supporto per la definizione di tutte le azioni necessarie per fornire un aiuto concreto contro la violenza di genere, superando il mero individualismo a vantaggio della rete “con e per” le donne” – continua Salvatore Paone – si tratta, infatti, di un progetto dagli obiettivi ambiziosi che prevede azioni mirate, “cucite su misura” alle esigenze delle donne del nostro territorio grazie alle informazioni raccolte negli anni dal CDA Calabria».

«È intenzione di tutti i soggetti proponenti attuare degli interventi capaci di scardinare il crescente trend di violenze registrato ad oggi affinché le vittime sentano le istituzioni più vicine ai loro bisogni. Per questo – spiega ancora il sindaco di Maida – è volontà della costituenda ATS Resilia, in caso di ammissione a finanziamento, potenziare i centri di ascolto presenti sul territorio maidese con attivazione di nuovi sportelli presso gli altri comuni coinvolti, attivare campagne di sensibilizzazione e informazione, sottoscrivere protocolli d’intesa e partenariati tra attori istituzionali (Forze dell’Ordine, ASL, Aziende Ospedaliere, Questure) ed organizzazioni del privato sociale per la creazione di protocolli integrati di prevenzione, assistenza e presa in carico delle donne vittime di violenza e maltrattamento, organizzare percorsi formativi specialistici per gli operatori che si occuperanno della presa in carico delle vittime di maltrattamenti e abusi, erogare corsi di formazione di base e/o professionalizzanti per l’inserimento socio – lavorativo delle donne vittime con la conseguente sottoscrizione di convenzioni e/o protocolli con associazioni datoriali e/o imprese per la costruzione di percorsi individualizzati per il loro inserimento lavorativo, erogare voucher gratuiti per corsi di autodifesa personale, creare una piattaforma digitale per la gestione – anche in forma anonima – delle denunce da parte delle donne ad opera dei volontari e del personale coinvolto nel progetto, attivare una rete tra i sei comuni per garantire la prima accoglienza delle vittime di violenza, inclusi gli eventuali minori, al fine di un celere ed immediato allontanamento dalla propria abitazione».

«Siamo sicuri – conclude Paone – che solo la sinergia e la collaborazione tra enti pubblici, soggetti privati e del terzo settore possa dare il giusto impulso al contrasto della violenza di genere e intraprendere il percorso virtuoso della parità, occupandosi anche della tutela dei figli minori delle vittime di violenza affinché crescano con il giusto insegnamento sul “valore” della donna». (rcz)

Il femminicidio di Montebello Jonico. Daniela de Blasio: «Non chiamatela gelosia!»

La presidente della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu) Daniela De Blasio ha commentato il nuovo drammatico caso di femminicidio avvenuto a Montebello Jonico. «Ci stiamo abituando  – ha scritto in una nota – a un’escalation continua di violenza basata sul genere, ogni 72 ore, in Italia, una donna viene uccisa, quasi sempre dalle persone che le sono vicine. L’ultimo caso lo registriamo a Montebello Ionico dove, come al solito, una donna subisce l’ultima efferata violenza, dopo anni di maltrattamenti, violenze sia psicologiche che molto probabilmente anche fisiche, associate agli atteggiamenti di minaccia e di sopraffazione, legati ad un vortice di follia incontrollabile da parte del suo partner, gelosia?? Non chiamatela gelosia!!! questo è il frutto di ignoranza e incultura, rivelatrice della profonda e ancestrale misoginia dell’assassino assuefatto da un ingiustificabile istinto primordiale di predominio e prepotenza del maschio sulla femmina e che vuole la donna subalterna e “inferiore” all’uomo.

«Purtroppo quelli sopra descritti sono tutti segnali premonitori di violenze estreme che sfociano troppo spesso in omicidi o tentativi di omicidio. Ma questi segnali quando non sono raccontati dalle donne che vivono questi disagi non potranno mai essere raccolti e utilizzati per salvarle. Il silenzio ha ucciso, sta continuando ad uccidere e, probabilmente, lo farà ancora. Il silenzio è una mancanza, è una solitudine di una donna che non riesce a reagire, è il sintomo di un malessere più grande che prende il sopravvento.

«C’è realmente bisogno di dare sostegno e vicinanza alle donne, a quelle poche donne che ce l’hanno fatta, a quelle pochissime donne che hanno affidato la propria vita ad un’Istituzione, credendoci.

«Nonostante i numeri, purtroppo, in Italia, solo pochissime strutture sono in grado di raccogliere le istanze delle donne che chiedono aiuto.

«È necessario insistere con diverse campagne di sensibilizzazione rivolte soprattutto ai giovani e agli studenti delle scuole al fine di trasmettere il messaggio che perdonare una violenza non è amore. Siamo tutti chiamati a contrastare con azioni concrete questo fenomeno in crescita costante, c’è bisogno soprattutto di prevenirlo perché troppo spesso da una “piccola” violenza psicologica si passa inevitabilmente alla violenza fisica.

«Il cambio di passo che abbiamo auspicato nel recente passato, ad esempio con l’entrata in vigore del cosiddetto Codice rosso piuttosto che gli altri progetti delle forze dell’ordine a contrasto della violenza sulle donne, ancora ad oggi, deve fare i conti con un problema culturale che è spesso causa e origine delle violenze. Ma non solo. Ciò che spesso rende la donna “subalterna” all’uomo è sicuramente la mancanza di indipendenza economica che crea una condizione d’inferiorità nel rapporto di coppia e aumenta il rischio di violenza nei soggetti predisposti. A mio avviso è’ proprio il lavoro ad essere lo strumento cardine per far uscire le donne dal contesto familiare violento. Infatti, spesso le donne non denunciano per la mancanza di un lavoro e per paura di non poter sostentare i propri figli. Sarebbe opportuno avviare iniziative che sostengano realmente anche l’occupazione femminile, quella delle donne che vogliono uscire dalla violenza domestica.

«Le donne vittime di violenza devono avere l’opportunità di usufruire di un percorso di enpowerment e di indipendenza economica, attraverso percorsi di formazione professionale dedicati, incentivi e percorsi di sensibilizzazione rivolti alle imprese che, incentivate, potrebbero inserire le donne vittime di violenza nelle proprie aziende. È certamente sul genere femminile che occorre puntare nel futuro e per il futuro». (rrc)