IL MUSEO DEL MARE SIA DELLO «STRETTO»
PER VALORIZZARE DAVVERO I TESORI DI RC

di FRANCESCO ARILLOTTA – Come è noto, il governo Draghi, nel 2021, ha inserito, nel nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), il finanziamento del «museo del Mare» cioè della magnifica struttura museale, progettate nel 2009 dalla arch-star iraniana Zaha Hadid su richiesta dell’amministrazione comunale reggina, gestione Scopelliti, e riproposta dalla gestione Falcomatà. Il progetto è stato inserito tra i 14 progetti strategici per il rilancio nazionale, con un finanziamento complessivo di 113 milioni di euro. Nei mesi scorsi, l’amministrazione comunale ha stipulato una convenzione con lo studio di architetti inglese.

Zaha Hadid, per la stesura del progetto esecutivo e direzione dei lavori. Quindi, il grande complesso edilizio, che comprende un Centro Polifunzionale e il Palazzo Museale, straordinario sotto tutti i punti di vista, in tempi accettabili, si farà. E Reggio Calabria si doterà di impianto architettonico di grande pregio, che, è facile ipotizzare, una volta realizzata, diventerà richiamo culturale di altissimo valore, pari al Museo Archeologico Nazionale.

Un dibattito si è aperto negli ambienti e nei circoli culturali cittadini, soprattutto su ciò che in esso dovrebbe essere presentato. L’Associazione “Amici del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria” si è posta da tempo il problema, alla ricerca di una soluzione che consenta la massima e migliore utilizzazione di questo doppio edificio, per ottenere un alto ritorno sulla immagine culturale della Città proiettata a livello internazionale. 

Da qui una riflessione articolata, complessiva, che viene elaborata nell’intento duplice di contribuire nella maniera migliore possibile e con argomentazioni certamente sostenibili, alla definizione di un progetto al quale è indubbiamente legato lo sviluppo futuro della Città, nonché di testimoniare l’attenzione continua con la quale l’Associazione guarda ai fenomeni sociali e culturali che investono la città stessa.

Partiamo dalla titolazione con la quale il progetto viene attualmente identificato: «Museo del Mare»: assolutamente anodina, priva di caratterizzazione, del tutto insufficiente per dare un forte segnale culturale, e per costituire già di per sé stessa motivo di interesse e di curiosità. Escludendo ipotesi di informazioni riguardanti più o meno lontani mondi acquatici, si dovrebbe lasciare il posto ad un preciso indirizzo promozionale della realtà territoriale nella quale questo nuovo Museo si andrà ad innestare significativamente. «Museo del Mare dello Stretto»: questa dovrebbe essere, secondo le valutazioni dell’Associazione, la sua denominazione più consona.

Se così si facesse, l’edificio museale dovrebbe essere destinato ad accogliere tutte le cartografie e tutti gli studi sullo Stretto, una ricca biblioteca di scritti sullo Stretto, tutte le rappresentazioni artistiche – quadri, stampe, fotografie, video, cortometraggi, filmati – che presentano lo Stretto, le rappresentazioni subacquee dello Stretto, gli studi sul microclima dello Stretto, quelli sul moto ondoso inteso come efficace produttore di energia, gli studi sul fenomeno della Fata Morgana, i maremoti. E ancora: i suggestivi Miti dello stretto, Scilla e Cariddi come ce li offrono i versi del cantore greco Omero, ed anche Glauco, perdutamente innamorato della maliosa Sirena.

Si ricorderanno i ritrovamenti archeologici avutisi nello Stretto, a cominciare dalle bronzee ‘testa del Filosofo’, e ‘testa di Basilea’, nonché la storia delle battaglie navali combattute nello Stretto, compreso quella svoltasi tra le flotte spagnola e francese nel 1675. Non mancherà una preziosa raccolta dei fossili marini restituiti dalle sabbie delle colline che caratterizzano le due rive dello Stretto. Si proporrà il racconto dell’attraversamento miracoloso dello Stretto da parte di San Francesco da Paola; e, doverosamente: la documentazione delle attività sportive legate allo Stretto.

In una vasta e appropriata sala dell’edificio museale, andrebbe sistemato il ‘plastico animato dello Stretto di Messina’. Per ‘animato’, si vuol intendere un plastico che presenti, in animazione, vari momenti della vita dello Stretto: lo Stretto all’asciutto, per evidenziare i suoi fondali; i movimenti delle correnti dello Stretto; i fenomeni sismici ed i conseguenziali effetti di maremoto, quali si presentano nello Stretto; lo scontro navale del 1675, fra le flotte francese e spagnola, conclusosi con l’affondamento, davanti la spiaggia di Cannitello, di due navi dei rispettivi schieramenti: un galeone spagnolo e un brulotto francese, incastrati fra di loro; il movimento di navi-traghetto tra Messina e Villa San Giovanni, e di aliscafi tra Reggio Calabria e Messina; San Francesco da Paola e il suo compagno che solcano lo Stretto su un semplice mantello. Infine, potrebbe essere mostrato il Ponte dello Stretto, che si erge dalle acque – fra gli applausi degli astanti…–.

In un’altra sala andrebbe attivato un ‘Museo Virtuale’ dai precisi contenuti scientifici, nel quale, utilizzando le più moderne ed avanzate tecnologie, si presentino le varie sezioni nelle quali il Museo si articola, fornendo così una fruizione totale delle singole raccolte  

Tutto questo prevede la costituzione di una organizzazione gestionale congrua e rispondente alle esigenze del Museo, intendendo per ‘congrua’ un qualificato Consiglio di Amministrazione, integrato da un Comitato Scientifico che comprenda anche espressioni nazionali ed internazionali del settore, con studiosi di tutto quello che, nei diversi rami dello scibile mondiale, lo Stretto di Messina rappresenta.

Fondamentale sarebbe anche, la istituzione, sotto l’egida del Ministero competente, e con l’ovvio coinvolgimento delle istituzioni pubbliche e culturali reggine, di un Centro Studi, che curi e incrementi le ricerche sulla vasta, complessa realtà naturalistica, ambientale, storica e archeologica del nostro Stretto.

L’impostazione data al problema dall’Associazione “Amici del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria” ha un evidente scopo: costituire un sistema che, avendo uno straordinario contenente, e arricchita di un altrettanto straordinario contenuto, diventi un forte attrattore culturale, capaci di richiamare in Reggio Calabria flussi di visitatori da ogni parte del mondo.

Perché di questo la nostra Città ha bisogno: forti motivazioni culturali che, unite al vasto patrimonio naturalistico e storico di cui già godiamo, possa costituire richiamo permanente; come abbiamo constatato con le due meravigliose statue bronzee greche ritrovate 50 anni fa nel mare di Riace. (fa)

[Francesco Arillotta è presidente dell’Associazione Amici del Museo di Reggio Calabria]

ANCHE QUEST’ANNO I REGGINI SENZA LIDO
CITTÀ SOFFERENTE, TRA INCURIA E OBLIO

di SANTO STRATI – C’era una volta il Lido, a Reggio Calabria. E che Lido: tra i primi in Italia, quando andare al mare cominciava ad essere un’abitudine vacanziera (e portatrice di risorse al territorio), e le spiagge attrezzate, da curiosità, stavano per diventare esigenza di molti. C’era una volta il Lido a Reggio Calabria: oggi è diventato un cumulo di immondizia, ricettacolo per senzatetto e pusher impuniti, una discarica vergognosa e immonda.

E, guarda caso, come ormai avviene da anni, l’Amministrazione comunale si sveglia a fine maggio (praticamente quando dovrebbe cominciare la stagione) e ripropone lo stanco refrain che “bisognerà sistemare il Lido”. Nessuna vergogna, ma tanta indignazione da parte dei reggini e dei (pochi) ardimentosi turisti che partono convinti di trovare un Lido e scoprono un immondezzaio, alimentato certamente da “lordazzi” (copyright Falcomatà jr) e cittadini incivili. Ma i nostri amministratori non sono meno incivili, visto che stanno facendo morire la città, in un’agonia che cresce ogni giorno di più e lascia spazio alla rassegnazione, che pure non è sentimento comune tra i calabresi. Lo hanno fatto sempre credere, perché fa comodo così, ma i calabresi – e in particolare i reggini – non cedono mai alla rassegnazione, solo che all’indignazione non riescono a far seguire fatti concreti: prevale l’avvilimento e lo scoramento, ma non la rassegnazione. Basterebbe una rivoluzione “gentile” il giorno delle elezioni e, forse, qualcuno capirebbe che la pacchia è finita (a destra, a sinistra, al centro: non si salva nessuno) e che il popolo si è veramente scassato gli zebedei e non intende più andare avanti. È un discorso lungo, che riprenderemo, oggi parliamo del Lido, di questo putridume di baracchette semidiroccate che la Sovrintendenza alle Belle Arti vuole tutelare e proteggere (bloccando di fatto, da anni, qualsiasi intervento di restauro). Per intenderci, è la stessa Sovrintendenza che autorizza la demolizione e lo sventramento di piazza De Nava, non si occupa delle scalinate storiche e permette di buttare giù palazzine Liberty della Reggio che fu senza alzare un dito.

C’è evidentemente qualcosa che non va in questa città che la storia ci racconta più volte attaccata, depredata, violentata, ma sempre rinata (probabilmente grazie alla parte buona dei suoi abitanti) e pronta, disgraziatamente, a subire nuove invasioni, nuove rapine, soprusi e sopraffazioni che non trovano alcuna giustificazione.

Il Lido era il fiore all’occhiello della Città: è lì, nel suo disastroso abbandono, a mostrare l’incapacità di spendere fondi già stanziati, arrivati (e finiti dove?) e la noncuranza totale nei confronti di una città che si consuma tra invidie, gelosie e risentimenti. I peggiori nemici di Reggio sono gli stessi reggini, incapaci di mettere da parte l’invidia, e pensare in termini di condivisione. Un vecchio detto reggino dice che l’aspirazione più grande del reggino era quello di vedere morire la capra del vicino: non ci sono più capre, ma il sentimento di rivalsa verso chi ha successo o riesce a fare qualcosa è rimasto immutato.

Fatto sta che per il secondo anno consecutivo i reggini dovranno fare a meno del loro Lido. Ma, c’è una ragione perché ci si ricordi del Lido non il giorno dopo della chiusura della stagione, bensì quello prima dell’apertura? Quale giustificazione si può avanzare quando è sotto gli occhi di tutti lo schifo in cui è stato ridotto quest’angolo di mare, sullo Stretto, che qualsiasi altra località al mondo avrebbe manutenuto con la massima cura, per offrire opportunità di svago ai reggini, occasione di turismo per i forestieri, possibilità di lavoro e affari? Questa è la città dei “nani”: scriveva il grande poeta dialettale Nicola Giunta nani su’ iddi e vonnu a tutti nani, e lo dico col cuore spezzato di reggino che vive da lontano le amarezze continue che arrivano dalla riva dello Stretto.

La vecchia Rotonda sula mare al Lido Comunale di Reggio Calabria
La vecchia Rotonda sul mare al Lido Comunale

Il Lido per l’Amministrazione comunale non esiste, come non esistono le altre “ricchezze” di Reggio: si è fatto il waterfront, con inaugurazione in pompa magna, ma si sono lasciati i ruderi delle baracchette, i cancelli sfondati , i cornicioni sbriciolati e pericolanti, le migliaia di topi che festeggiano giornalmente nei quintali di spazzatura che continua ad ammassarsi davanti, dietro, dentro e in ogni dove nel perimetro di quello che fu lo stabilimento balneare voluto dall’ammiraglio Giuseppe Genoese Zerbi, sindaco della Città, che scelse la Rada dei Giunchi come luogo da destinare a Lido comunale. Erano gli anni Venti: le baracchine una sorta di palafitte in legno, con specifica distinzione uomini/donne e una bella spiaggia di fronte allo Stretto: sarebbe nato lì il primo Lido del Mezzogiorno d’Italia. Un vanto (a primeggiare c’era quello di Venezia) che sarebbe durato poco, a causa della guerra prima e dell’inettitudine della classe politica dopo, nonostante fosse diventato il salotto mondano e culturale dei reggini. Si dovette aspettare il 1962 per creare il “nuovo” Lido, ma i lavori cominciarono solo nel 1968: mentre si accendeva la ribellione giovanile in tutto il mondo, a Reggio edificavano la bella rotonda sul mare e le aree attrezzate degne di uno stabilimento balneare serio. Quello che è successo negli anni successivi non si può raccontare senza soffrire: la Rotonda venne sostituita da quella attuale, progettata da Pierluigi Nervi, che è il simbolo stolido della mancanza di cura e manutenzione. Il bel ristorante (privato) che si affaccia sul Lido è curatissimo, pulito, elegante, ma si affaccia prima che sul mare su un cumulo (indecente) di macerie. Un’area di quasi 30mila metri quadrati abbandonata all’incuria, con un verde che solo grazie all’affettuosa attenzione di qualche giardiniere non è completamente devastato. Un bel biglietto da visita, non c’è che dire, per chi viene a Reggio: turista, forestiero, vacanziero di ritorno. Per tutti c’è solo la mestizia di un abbandono intollerabile, che è sotto gli occhi di tutti.

Il Lido Comunale di Reggio negli anni 50
Il Lido Comunale di Reggio negli anni ’50

Colpa della burocrazia, dicono, se i lavori non possono partire (vedi la “tutela” assurda della Sovrintendenza sulle baracchette in cemento), ma è una scusa che non regge più. Non ci si sveglia soltanto a ogni inizio di stagione per capire che bisogna fare non qualcosa, ma rifare tutto. E si continua a rimpallare, di anno in anno. Non servono interventi di ripristino, bisogna rifare tutto, avere una visione. Non si può immaginare il meraviglioso Museo del mare ideato dalla compianta archistar Zaha Hadid messo a fianco di un decrepito stabilimento balneare. Non è nostalgia dell’antico, è presa di coscienza che questa città è destinata a morire se i reggini, questa volta non s’incazzano sul serio. Se qualcuno ha deciso di demolire piazza De Nava i reggini organizzino un presidio su tutta l’area e impediscano lo scempio, almeno fino a quando il Ministro (Franceschini ha mai risposto al deputato Cannizzaro sulla questione?) non dirà: non facciamo fesserie. E si potrà ragionare senza far danni irreparabili.

Il sindaco “sospeso” Giuseppe Falcomatà aveva detto che voleva fare di Reggio una città “di mare” e non più soltanto “sul mare”: lo hanno fermato i giudici. Lo sviluppo di una città, però, non attiene solo al sindaco, c’è un’intera amministrazione comunale che deve fare le scelte migliori per il bene dei cittadini. Ma nessuno decide, la Città è senza governo (al di là dei rappresentanti democraticamente e legittimamente eletti) e sembra avviata verso il disastro totale. I problemi sono troppi, tantissimi: spazzatura, aeroporto, mobilità, sicurezza e vivibilità i principali. Forse sarebbe il caso di arrendersi e riconsegnare la città ai cittadini che, anche quest’anno, resteranno senza spiaggia e senza mare. (s)

NEL NOME DI ITALO UN’ALTRA PRIMAVERA
FALCOMATÀ: ECCO LA REGGIO DI DOMANI

di GIUSEPPE FALCOMATÀ – È un periodo di grosso fermento in termini di programmazione e sviluppo per una Città che ha iniziato il nuovo decennio, segnato da un’atroce pandemia, con grande speranza ed ottimismo. L’innovazione più importante si può tradurre, in termini sartoriali, nella ricucitura fra il mare e il territorio, un rapporto recuperato e che, a piccoli passi, si sta concretizzando in un unico, immenso e bellissimo lungomare, da Catona fino a Punta Pellaro. 

Venticinque chilometri di bellezza che si possono cominciare ad ammirare partendo dal Waterfront e dai tanti cantieri aperti su tutta la tratta costiera, con un passaggio determinate sul Parco Lineare Sud. Se spingiamo l’orizzonte un po’ più in là, possiamo immaginare il Centro delle Culture del Mediterraneo, il Museo del Mare disegnato da Zaha Hadid, sul quale il Governo ha investito 53 milioni di euro riconoscendolo fra le 14 opere strategiche per il rilancio del Paese dopo la crisi innescata dal Covid.

Insomma, non c’è giorno che, dagli uffici di Palazzo San Giorgio, non arrivi la notizia di qualche bando vinto o di un finanziamento pronto a contribuire al rilancio di Reggio. Si pensi soltanto al programma “Qualità dell’Abitare”, un progetto ambizioso che ha visto premiate le nostre idee con un contributo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pari a 45 milioni e che verrà equamente distribuito per cambiare il volto dei quartieri di Arghillà nord, Modena-Ciccarello e Reggio Sud-Gebbione.

Insomma, iniziamo a dimenticare la Città che, fin qui, abbiamo da sempre conosciuto. La Reggio che, faticosamente, ha resistito a 70 anni di promesse, sprechi ed incompiute è destinata a non esistere più. Oggi, finalmente, c’è una visione. Adesso, esistono programmi capaci di stravolgere in positivo ogni contesto sociale ed urbano del territorio. Perché, il cambiamento, non investirà soltanto il settore dei Lavori pubblici o delle Grandi opere, ma insisterà fortemente sulla vita di ogni cittadino dopo l’approvazione dei Piani di Zona che rappresentano, in tutto e per tutto, la “Magna Carta” del Welfare cittadino col potenziamento e l’avvio di nuovi ed importantissimi servizi. Operazioni di una straordinaria complessità, possibili soltanto grazie a risorse esterne al bilancio ordinario dell’Ente e che classificano Reggio Calabria ai primi posti in Italia in termini di rendicontazione dei fondi comunitari. Ecco, questa è la grande capacità dimostrata da una classe dirigente sempre pronta di individuare e spendere somme che, in altri tempi, tornavano languidamente nelle casse di Roma o Bruxelles. E’ la Reggio delle opportunità quella che sta prendendo forma in questi anni duri di programmazione e ricostruzione. Questa capacità indiscutibile, dunque, ci mette al riparto dalle preoccupazioni che sarebbero potute sorgere di fronte alla mole di finanziamenti pronti ad arrivare attraverso il Recovery fund e il Pnrr. 

Ambiamo a diventare fulcro nel Mediterraneo, una realtà che accetta le sfide sul territorio e si confronta con i cambiamenti globali. Puntiamo a diventare Città che vuole resistere ai danni causati dall’uomo nel corso di un secolo che ha piegato il Pianeta e risponde con Piani di sviluppo ad impatto climatico zero e alla cancellazione del consumo del suolo, con programmi che mirano a rinvigorire la linea verde della Collina di Pentimele e rispettano i nostri magnifici litorali. 

L’approvazione, dopo decenni, del nuovo Piano Strategico Comunale, del Piano di spiaggia o del Piano del verde sta a dimostrare proprio questo. Dal primo giorno del nostro mandato sapevamo di dover ingaggiare una lunga battaglia contro il conservatorismo, il piagnisteo e i pregiudizi. Reggio non sarà più la Città che “non ha mai venduto grano”. Sarà, invece, l’emblema di una rivoluzione culturale e sociale che, con l’aiuto di ogni cittadino, potrà diventare esempio in un’Europa nuova.

[Giuseppe Falcomatà è il sindaco di Reggio Calabria e della Città Metropolitana dal 2015]

Trovato il finanziamento per il Museo del Mare di Zaha Hadid a Reggio

È ufficiale: arrivano i finanziamenti per la realizzazione del Museo del Mare a Reggio, un progetto che porta la firma della compianta archistar irachena Zaha Hadid. Lo ha comunicato, euforico, il sindaco Giuseppe Falcomatà attraverso Facebook.

«Siamo riusciti – ha scritto Falcomatà –, grazie alla disponibilità del Governo ed in particolare del Ministro Dario Franceschini, e grazie all’interlocuzione promossa da Anci con il Presidente Antonio Decaro, a ottenere il finanziamento del progetto del Museo del Mare di Zaha Hadid. In totale 53 milioni di euro destinati a Reggio Calabria, inseriti nel masterplan delle risorse disponibili per gli attrattori culturali delle Città Metropolitane. Il progetto è stato ritenuto dal Governo strategico per lo sviluppo dell’intero Paese, a dimostrazione di quanto sia importante investire le risorse del Recovery soprattutto nel Mezzogiorno.Perché se riparte il Sud riparte l’Italia». (rrc)