L’OPERA È DIVENTATA UN FATTO IDEOLOGICO: LA SINISTRA, PRIMA FAVOREVOLE, ORA È CONTRO;
IL PONTE SULLO STRETTO, UN’OPERA CHE INVECE DI CREARE UNITÀ, DIVIDE TUTTI

IL PONTE SULLO STRETTO, UN’OPERA CHE
INVECE DI CREARE UNITÀ, DIVIDE TUTTI

di MASSIMO MASTRUZZO Da sempre si edificano ponti per unire terre e genti; sono punti d’incontro e dialogo. Ma anche strutture da cui vedere il mondo o da cui essere osservati. E se un ponte fa capolino in un quadro, in un film o anche solo in un semplice scatto fotografico da mera struttura di attraversamento, quel ponte diverrà occasione di racconto.

Il Ponte sullo Stretto invece è l’unico Ponte che, invece di unire, divide.

Divide perché è diventato un fatto ideologico: D’Alema, Prodi e Rutelli erano favorevoli, ma oggi siccome lo vorrebbe fare la Destra bisogna dire che non è necessario, zittendo di fatto anche quella parte di PD e della Sinistra che in passato non hanno fatto mistero di essere favorevole. 

Anche sul Mose, c’erano i ‘no’, ma poi si è fatto, e di esempi dove le scelte politico-economiche si sono fatte nell’interesse generale della Nazione ce ne sono tanti. Bisogna però sottolineare che si tratta di un modus operandi che in realtà in Italia non esiste, e la dimostrazione che non esiste è proprio nella condizione, da terzo mondo, in cui versa il sistema infrastrutturale meridionale: le scelte politico-economiche in Italia, stante l’attuale distribuzione infrastrutturale e il ritorno economico-occupazionale, si fanno nell’interesse di una sola parte, il Nord, della Nazione. 

Del Ponte sullo Stretto, più che altro, sembra che si esprima la paura che un’opera così colossale su cui si caricano tante aspettative di sviluppo alla fine possa essere una delusione da quel punto di vista della redistribuzione economica nazionale. Che poi quei soldi possano in alternativa essere utilizzati meglio per migliorare, genericamente, i trasporti e la viabilità al Sud dubito fortemente che qualcuno possa imitare Gaio Muzio Scevola per indicare d’essere sicuri su questa soluzione “alternativa”.

Che poi perché il Ponte dovrebbe essere considerata un’opera alternativa è uno dei misteri eleusini che probabilmente Demetra e sua figlia Persefone hanno preferito non rivelare a nessuno.

Non a caso nel nord Italia non sono certamente state considerate alternative, bensì integrative, opere come Mosè, Brembemi, pedemontana, diga foranea di Genova, Alta Velocità, o quelle necessarie per realizzare l’expo o le olimpiadi invernali Milano-Cortina (che dovevano essere a costo zero, invece il conto è già salito ad almeno 3,6 miliardi di euro e la maggior parte dei fondi (2,8 miliardi) li ha stanziati lo Stato.)

Miliardi e miliardi, spesso buttati per la finestra, che fanno economia, per il solo nord (vedi dati su occupazione e reddito pro-capite), ma anche debito pubblico nazionale che pagano tutti gli italiani compresi i meridionali.

Basta soli fare il conto di quanto si sta spendendo nella sola città di Genova per: Terzo Valico (7 miliardi), Gronda (3 miliardi), Nuova Diga foranea (1,2 mld ma diventeranno almeno 3), Tunnel subportuale (2 mld), opere di protezione idrogeologica (pare su sia perso il conto); Oppure osservare come nel Pnrr si siano stanziati per il solo Mose 6 miliardi, pur essendo già operativo.

Per non parlare della richiesta di 9 miliardi per il post alluvione dell’Emilia Romagna: casse di espansione e opere di contenimento in una zona che dovrebbe essere interdetta alla edificabilità. Invece di fare partire una campagna di accusa per consumo di suolo inedificabile hanno nominato un commissario e stimano cifre da paura per abitare aree alluvionali. 

Le pulci pare debbano essere fatte solo per una infrastruttura, un ponte, che altrove le stesse realtà imprenditoriali costruiscono con le stesse tecnologie studiate per il Ponte sullo Stretto:

Tre sul Bosforo ed uno sui Dardanelli, il più lungo attualmente al mondo a campata unica, 2035 m. Il Canakkale Bridge, realizzato da Cowi, presente nel consorzio Eurolink che costruirà il Ponte. Il terzo ponte sul Bosforo lo ha fatto l’italiana Webuild, capogruppo di Eurolink. E la Turchia è ad elevato rischio sismico, come lo è il Giappone e la baia di S. Francisco dove hanno fatto il Golden gate 100 anni or sono. Che poi quello dei terremoti è l’ultimo dei problemi per i ponti sospesi. 

Nel frattempo l’Italia tra le prime 10 economie del mondo si pone tanti problemi per un’opera che nell’ultimo aggiornamento del Documento di economia e finanza dello scorso aprile – 2023 ndr –, ha valutato il costo per la realizzazione del Ponte (escluse le opere connesse su entrambe le sponde) è di 13,5 miliardi di euro». (mm)

[Massimo Mastruzzo è del direttivo nazionale Met – Movimento Equità Territoriale]