di GALILEO VIOLINI* – L’interessante articolo di Franco Bartucci in Calabria.live di oggi suggerisce alcune osservazioni.
Anzi tutto, dissipiamo il dubbio su una possibile contraddizione tra i dati della Regione e quelli del Ministero della Salute. Le informazioni dei bollettini giornalieri della Regione Calabria e del Ministero coincidono quasi perfettamente. Per esempio, il confronto relativo al periodo tra il 1 e il 9 maggio mostra dati identici per casi attivi e ricoveri in terapia intensiva, mentre per quanto riguarda i ricoveri si registrano tre minime differenze, di una decina di unità ciascuna, alle date del 3, 4 e 7 maggio.
Potrebbe parere più serio e inesplicabile il contrasto tra i dati del report di monitoraggio nazionale settimanale e i dati della Regione. L’articolo di Bartucci ricorda che il primo riporta un numero di nuovi casi minore che la Regione, per qualche centinaio di unità, nella 16° settimana epidemiologica di quest’anno (19-26 aprile), e che questa differenza per difetto si osserva da molto tempo. Una possibile spiegazione è che il report di monitoraggio considera unicamente i casi in cui la data del prelievo e quella in cui è registrato il risultato positivo cadono entrambi nella settimana considerata. Quindi i due dati possono differire per questa ragione.
Le questioni dei tamponi, invece, e della sperequazione tra le province calabresi non vanno sottovalutate.
La Calabria condivide con il Molise che, però, ha testato il 61% della popolazione contro solamente il 35% della Calabria, l’essere le regioni in cui è minore la ripetizione di tamponi a persone già testate. Nelle altre regioni il rapporto tra il numero di persone testate e quello dei tamponi eseguiti va da un minimo di 0.23 (Veneto) a un massimo di 0.65 (Campania). In Molise questo rapporti è 0.86 e in Calabria addirittura 0.92, mentre il rapporto tra numero di persone testate e popolazione va da un minimo di 0.29 (Puglia) al massimo di 0.69 della provincia di Bolzano.
Se questi dati ufficiali sono corretti, non può non sorprendere che siano così poche le ripetizioni dei tamponi, dato che ne è prevista l’esecuzione periodica per alcune categorie e costituiscono il normale metodo di controllo delle guarigioni. L’ipotesi alternativa di un’imprecisa registrazione del carattere di test a persona non testata in precedenza, non è meno sorprendente o preoccupante perché indicherebbe che la percentuale di popolazione testata sarebbe minore del 35% ricordato, che comunque colloca la Calabria tra le regioni con minor popolazione testata, meglio solamente di Puglia e Sicilia.
Se si considera che i test vengono eseguiti da parecchi mesi, è anche evidente che la percentuale dei tamponi negativi non è in nessun modo rassicurante, riguardo l’effettiva diffusione del virus.
Questa osservazione è suffragata dalla considerazione che la Calabria condivide con la Basilicata l’avere costantemente aumentato durante i mesi di febbraio, marzo e aprile la media su base settimanale dei casi attivi, tendenza che si è interrotta solamente nell’ultima settimana, il che ha permesso alla Basilicata di tornare ai casi attivi di una settimana prima e alla Calabria a quelli di metà aprile.
La situazione è talmente diversa da quella del resto d’Italia, che si pone il problema di quali potranno essere gli effetti local dell’alleggerimento nazionale delle norme antiCovid. Questo problema è particolarmente rilevante nella provincia di Cosenza che ha la maggiore percentuale di casi attivi, rispetto alla popolazione: una volta e mezza quelli di Catanzaro, il doppio di Crotone e Reggio e oltre tre volte quelli di Vibo.
Alcuni mesi fa proponemmo l’esecuzione di un test di massa, come quello fatto a Bolzano, anche in Calabria, o almeno nella provincia di Cosenza la cui popolazione è solamente una volta e mezzo maggiore di quella di Bolzano. La proposta è caduta nel vuoto, ma la situazione ne conferma l’attualità. (gv)
*Docente di Fisica all’Università della Calabria