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A Lamezia inaugurata l'esposizione dell'opera "Giuditta mostra la testa di Oloferne"

A Lamezia inaugurata l’esposizione dell’opera “Giuditta mostra la testa di Oloferne”

Fino al 3 dicembre, al Circolo di Riunione di Lamezia Terme, sarà possibile visitare l’esposizione dell’opera Giuditta mostra la testa di Oloferne, del 1640 circa, appartenente alla Collezione Giuseppe Speziali.

L’evento, organizzato dall’Associazione Culturale Arete Ets, col sostegno di Fineco Bank, ha disvelato un altro prezioso dipinto, allo scopo di diffondere e valorizzare il patrimonio artistico calabrese, come volano di crescita culturale, ma – in questa occasione – anche come strumento di comunicazione sociale.
L’esposizione, inaugurata alla vigilia della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, pone al centro dell’attenzione una delle figure femminili più rappresentate anticamente dai grandi maestri dell’arte.
«Giuditta è una eroina biblica – ha spiegato la presidente di Arete, Raffaella Gigliotti – è una combattente, una donna che difende la propria patria dimostrando di non avere paura alcuna, forte dei suoi valori e del suo coraggio; una donna che reagisce alla schiavitù, all’assedio, alla prepotenza; una donna che testimonia il riscatto di un popolo, e soprattutto del popolo delle donne, di quelle che non si rassegnano alle prevaricazioni, agli abusi, alle ingiustizie. Gregorio Preti immortala una donna libera, fiera, con gli occhi senza acredine, che mostra la sconfitta di Oloferne, di uomo privo di ogni senso di umanità».
«L’esposizione porge al pubblico un evidente messaggio culturale – ha aggiunto – ma anche fortemente sociale, che si aggiunge al coro delle voci che intendono affermare e sostenere il rispetto delle donne. E abbiamo scelto per questo evento il salone del Circolo di Riunione, una location sempre diversa dalle precedenti, perché riteniamo che l’arte non debba entrare solo nei luoghi vocati all’arte, ma ovunque, per il benessere degli occhi e dell’anima di una intera comunità» .
Francesco Iannazzo, group manager di Fineco, ha sottolineato l’importanza di creare un sistema virtuoso e sinergico per la promozione della cultura e dei territori. «La scelta di affidare ad Arete l’organizzazione del Fineco Day a Lamezia Terme è segno di un progetto condiviso col proprio territorio, che porta con sé il desiderio comune di una nuova narrazione della nostra terra attraverso i suoi tratti identitari più belli. L’intento della Banca di essere attore sul territorio e stimolo di iniziative è coerente con la sua mission di mettere “le persone al centro” partendo sempre dai loro bisogni, interessi e proiettandole verso un futuro migliore».
Scopi ampliamente condivisi e manifestati anche dal Presidente del Circolo di Riunione, Paolo Palaia, nel suo saluto di accoglienza, con il quale ha voluto ringraziare Arete e Fineco per aver dato al Circolo di Riunione il privilegio di ospitare un evento di straordinaria bellezza.
Approfonditi dettagli sull’opera esposta sono stati oggetto degli interventi di alcuni tra i soci fondatori di ARETE.
Domenico Piraina (Direttore di Palazzo Reale Milano e della Direzione Cultura del Comune di Milano) si è soffermato sulla figura di Giuditta nell’arte.
«La figura di Giuditta ha avuto un ruolo rilevante nella tradizione letteraria e artistica occidentale e ha inciso significativamente sulla storia della cultura per le sue valenze politiche, religiose, etiche, di genere – ha detto Piraina –. Quello di Giuditta è, con quelli di Ruth e di Ester, uno dei soli tre libri della Bibbia a portare il nome di una donna; tre donne portate ad esempio di devozione e pietà che, nel caso di Giuditta e di Ester, sono presentate, a dispetto della natura patriarcale della religione e della società ebraiche coeve, come eroine il cui valore salvò il popolo. Tre donne svantaggiate dalla propria condizione (Ruth, la straniera; Ester, l’orfana in esilio e Giuditta, la vedova) che riescono a ergersi a protagoniste».
«A seconda del contesto storico e culturale il personaggio di Giuditta – ha proseguito – ha assunto varianti iconografiche e gestuali differenti seguendo una linea evolutiva che passa da un momento in cui la sua figura è caratterizzata da una mescolanza di seduzione e di devozione a Dio – con la prima qualità in funzione servente la seconda, nel senso che la vedova di Betulia agisce seduttivamente per adempiere il volere del  Signore – ad un altro in cui, in un completo capovolgimento di senso, si autonomizza il lato seducente della personalità della Betuliense diventando l’archetipo della donna autocompiaciuta, libera e indipendente e perdendo il carattere di salvatrice casta e pura. Giuditta si oppone alla codardia e alla rassegnazione dei capi del suo popolo, si fa carico di salvarlo e con la metis, l’astuzia di omerica memoria, Giuditta coglie la favorevole occasione per ribaltare i tradizionali rapporti di forza tra uomo e donna. Nella modernità, questo sarà l’aspetto che avrà più fortuna, perché Giuditta usurpa un ruolo tradizionalmente maschile, quello dell’eroe che salva il suo popolo: Giuditta non è più la principessa salvata ma l’eroina salvatrice».
Mario Panarello (Storico dell’Arte, Docente di storia dell’arte antica e medioevale all’Accademia di Belle Arti di Lecce) ha trattato la figura artistica di Gregorio Preti e guidato il pubblico nella lettura dell’opera.
«Lo stemperato tenebrismo che connota la produzione di Gregorio, rispetto a quella più caratterizzata del fratello Mattia – ha detto ancora – è chiaramente evidente in quest’opera la cui gamma cromatica è organizzata prevalentemente su tonalità fredde, facendo riaffiorare il temperamento classicista che ha contraddistinto la formazione del pittore nella Roma dei primi decenni del Seicento che vede più nettamente contrapposte le tendenze naturalistiche e quelle classiciste. Tendenze di sapore più reniano che domenichiniano, che trovano nell’opera in questione un giusto compromesso fra la gamma cromatica scelta e l’addensarsi di zone d’ombra, quasi notturne, felicemente coniugate da un abile ductus pittorico, con effetti che sembrano ricordare, sebbene stemperati, certi momenti della produzione guercinesca a cui rimanda anche il taglio di alcune figure».
«Il dipinto in collezione Speziali sviluppa il tema del trionfo dell’eroina, nel momento in cui fa ingresso nella cittadina di Betulia – ha detto ancora – esibendo la testa di Oloferne. La figura di Giuditta e della sua inserviente anziana dominano la sezione destra dell’opera, mentre a sinistra tre personaggi sono colti nell’atto di esultare e ringraziare Dio della liberata minaccia del nemico; la testa di Olofene è sollevata dall’eroina, sospinta in avanti, quasi tangente al bordo superiore del dipinto a perfetta mezzaria della tela; la testa è allineata con la figura in secondo piano di un vecchio che la osserva dando un’idea di profondità rimarcata più concretamente dalla bella figura del giovane, sapientemente resa fra contrasti di luce e ombra. Il soggetto è sviluppato orizzontalmente riproducendo le figure non nella loro interezza ma per tre quarti, secondo la prassi consolidata presso i pittori naturalisti caravaggeschi».
Antonio Pujia Veneziano, artista e maestro d’arte, ha posto al centro dell’attenzione il “valore” del sistema virtuoso delle relazioni umane e delle professionalità nella costruzione dell’evento.
«Questo incontro è riuscito a creare un esempio di sana sinergia, che ha qualificato il lavoro che abbiamo fatto – ha concluso – anche insieme ad altri, unendo esperienze, competenze, valori e missioni, nel segno della bellezza dell’arte». (rcz)