IN CALABRIA LE CRITICITÀ DERIVANO DA INFRASTRUTTURE PORTUALI E RELATIVO INSABBIAMENTO;
Spiagge Libere Legambiente

AGOSTO, SPIAGGIA LIBERA NON TI CONOSCO
DA LEGAMBIENTE È ALLARME SU EROSIONE

Al contrario di quello che avviene nel resto d’Italia, dove le spiagge libere sono sempre meno, in Calabria l’occupazione degli stabilimenti balneari è dentro la “norma”: è del 29,4%.

La costa della Calabria si sviluppa per 710 km, di cui 457 di costa bassa e 253 di costa alta (Tnec 2018). Dai dati ufficiali relativi allo Studio della Commissione De Marchi (1970) fenomeni di erosione accentuata erano già presenti in diverse zone del litorale, in particolare nelle aree interessate da opere infrastrutturali, quali porti, autostrade e ferrovie. Si stima che l’arretramento significativo della spiaggia interessasse circa 170 km. 

Secondo fonti Apat del 1995 lungo le coste calabre erano già state costruite 494 opere rigide tra pennelli e scogliere. Gli ultimi dati regionali pubblicati anche nelle Linee Guida Nazionali sulla erosione costiera (TNEC – 2018) sono riferiti al periodo 1985-2013 e riportano la presenza di 278,8 km di tratti di litorale in erosione, pari a circa il 61% del totale delle spiagge basse sabbiose, indicato in 457 km, mentre le spiagge alte sarebbero 253 km. Nello stesso periodo l’area di spiaggia erosa è stimata in 6,5 milioni di metri quadrati. L’ordine di grandezza del fenomeno erosivo ha comportato, data anche la particolare morfologia delle coste calabre, la perdita di almeno 200 km di coste basse negli ultimi 30 anni con un arretramento medio di circa 25 metri, che ha indirettamente prodotto un incremento delle coste alte nel periodo considerato di circa 150- 200 km (coste basse che sono diventate coste alte per la scomparsa della spiaggia). 

Tutto questo nonostante nel rapporto Tnec si riporti che vi sono 178 km di spiagge in accrescimento con 5,5 milioni di metri quadrati di nuove spiagge. Lo squilibrio della dinamica costiera risulta evidente. 

Nel periodo 2008-2013 sono stati anche realizzati ripascimenti per 1,2 milioni di metri cubi e diversi interventi con altre opere rigide. L’incidenza sui fenomeni erosivi della costa della riduzione dell’apporto sedimentario dei fiumi e dell’incremento del livello marino, è certamente sensibile, ma minoritaria rispetto agli effetti legati alla artificializzazione del litorale, dovuta alle opere portuali ed alle varie strutture rigide di “protezione”. 

Secondo i dati Ispra tratti dal “Rapporto sul dissesto idrogeologico 2021” in Calabria, tra il 2007 ed il 2019, il 26,2% della costa bassa ha subito fenomeni di erosione. 

Le maggiori criticità

In Calabria, gran parte delle criticità derivano dalla presenza di infrastrutture portuali e dal relativo insabbiamento, con conseguenti fenomeni erosivi nelle aree adiacenti. È quanto avviene nelle zone di Gioia Tauro (RC), Reggio Calabria, Villa San Giovanni (RC), Vibo Valentia, Corigliano Calabro (CS) e Crotone. 

Le zone più colpite dall’erosione costiera nell’area metropolitana di Reggio Calabria sono quelle di Pellaro e Bocale. In particolare la riduzione degli apporti dei sedimenti da parte delle fiumare (che rappresentano la fonte prioritaria di ripascimento dei litorali) ha contribuito a questo fenomeno, unitamente alla realizzazione di manufatti ed opere, quali il porto di Saline Joniche (nel comune di Montebello Jonico), mai entrato in funzione e danneggiato dalle mareggiate, e responsabile dell’erosione che colpisce il tratto di litorale compreso tra Saline e Melito di Porto Salvo.

Questa condizione si ripete anche nei casi in cui sono presenti porti di minore grandezza. Ad esempio la spiaggia di Sant’Andrea Apostolo sullo Jonio (CZ), a causa del vicino porto di Badolato che accumula sabbia, si è ridotta in 5 anni di 150 metri ed è quasi scomparsa. Altra situazione purtroppo nota è quella del litorale attorno la foce dello Stombi, un porto-canale che rappresenta la via di accesso al complesso turistico-ricreativo del “Laghi di Sibari”, in provincia di Cosenza, e che mostra continui problemi di insabbiamento, mentre a nord della foce è sempre più evidente l’arretramento della linea di costa. 

La qualità del mare lungo le coste italiane è un altro fattore cruciale per capire le condizioni in cui versano i litorali nel nostro Paese. Per capire le contraddizioni nel modo di gestire le spiagge in Italia e approfondire la situazione di inquinamento e i tratti di costa non balneabili basta accedere al Portale Acque del Ministero della Salute. In molti casi gli stabilimenti balneari hanno di fronte tratti di mare dove è interdetta la balneazione perché i livelli di Escherichia Coli e/o Enterococchi superano i limiti di legge, quasi sempre per malfunzionamento o assenza di depuratori. 

Il 7,2% dei tratti di coste sabbiose in Italia è di fatto interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento, in linea con lo 7,7% dello scorso anno. 

Questo dato viene fuori dall’analisi di numeri e immagini satellitari del Portale Acque del Ministero della Salute sui tratti spiaggiosi non balneabili, escludendo dunque dal calcolo aree portuali, aeroportuali, industriali e le coste alte rocciose. 

Il numero delle aree interdette è rilevante perché vi sono aree vietate alla balneazione per inquinamento (perché sono stati effettuati campionamenti che hanno dato esiti in tal senso), ma anche aree di fatto “abbandonate”, ossia non campionate, ma comunque non balneabili per motivi che non sono espliciti. In alcuni casi sono foci di fiume e di torrenti, ma in altri casi non si comprende perché non vengano più analizzate e ricomprese tra le aree non balneabili.

Incredibile è la quantità di aree costiere interdette alla balneazione a causa dell’inquinamento, in special modo in Sicilia, Calabria e Campania, che in totale contano circa 65 km su 72 km interdetti a livello nazionale. 

Il risultato è che complessivamente la spiaggia libera e balneabile si riduce al 50% mediamente nel nostro Paese, ma con aree dove diventa perfino difficile trovare quelle al contempo libere e balneabili. 

Ma i maggiori incrementi rispetto alle imprese registrate nel 2011 riguardano le regioni del sud, con la Calabria in testa (+328 aziende), seguita da Sicilia (+198 attività), Campania (+184) e Puglia (+160). 

«Parlare di spiagge significa anche parlare di sostenibilità ambientale», ha spiegato Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e Innovazione di Legambiente, nel corso della presentazione del Report Spiagge 2022, dove è stato registrato un vero e proprio SOS Spiagge libere.

Secondo l’Associazione, infatti, ci sono troppe concessioni balnerari, che toccano quota 12.166, ed è per questo che ha presentato un pacchetto di cinque proposte e sul Ddl concorrenza.

In sostanza, servono «subito i decreti attuativi. Nella prossima legislatura si approvi una legge nazionale per garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge e un quadro di regole certe che premino sostenibilità ambientale, innovazione e qualità».

Per Venneri, infatti, «occorre accelerare nella direzione della qualità e sostenibilità ambientale, replicando quelle esperienze virtuose e green messe in campo già da molti lidi e apprezzate sempre più dai cittadini che cercano qualità e rispetto dell’ambiente. A questo riguardo la Prassi Uni, nata dal lavoro di Legambiente insieme alle principali categorie di balneari, è un’esperienza preziosa e unica che definisce i criteri dei lidi sostenibili e accessibili e che spinge proprio in questa direzione. In più dal 2022 all’interno del Fondo previsto dalla Legge di Bilancio destinato alla realizzazione di interventi per l’accessibilità all’offerta turistica delle persone con disabilità, sono previsti finanziamenti per chi decide di accedere alla prassi UNI codificata grazie a Legambiente».

Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, invece, ha parlato di «un’anomalia tutta italiana a cui occorre porre rimedio», parlando del fatto che non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione.

«L’errore della discussione politica di questi anni – ha evidenziato – sta nel fatto che si è concentrata tutta l’attenzione intorno alla Direttiva Bolkestein finendo per coprire tutte le questioni, senza distinguere tra bravi imprenditori e non, e senza guardare a come innovare e riqualificare. È un peccato che non si sia riusciti a definire le nuove regole in questa legislatura, in modo da togliere il tema dalla campagna elettorale».

«Occorre, infatti – ha concluso – dare seguito alle innumerevoli sentenze nazionali ed europee, altrimenti si arriverà presto a multe per il nostro Paese per violazione delle direttive comunitarie e, a questo punto, anche di una legge nazionale che stabilisce di affidarle tramite procedure ad evidenza pubblica a partire dal primo gennaio 2024». (rrm)