ADOTTARE MODELLO VIBO PER RISOLVERE
E FRONTEGGIARE LE CRITICITÀ AMBIENTALI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Un modello Vibo Valentia per affrontare e risolvere le criticità ambientali presenti in un territorio di straordinaria bellezza». È la proposta avanzata da Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità, nel corso della presentazione del Dossier di Legambiente, a Santa Domenica di Ricadi, sull’inquinamento diffuso nei corsi d’acqua del vibonese.

Il dossier, illustrato dalla socia del circolo Legambiente Ricadi, Caterina Viscomi e realizzato dai Circoli della Provincia di Vibo, ha esaminato i parametri microbiologici (escherichia coli ed enterococchi intestinali) di alcuni corsi d’acqua attraverso 11 punti di prelievo nei Comuni di Pizzo, Vibo Valentia, Briatico, Zambrone, Parghelia, Joppolo e Nicotera. È importante evidenziare che le criticità riscontrate, in alcuni casi ambientalmente gravi come il caso emblematico di Parghelia, sono riferibili non solo ai Comuni in cui è avvenuto il prelievo ma anche ai Comuni dell’entroterra collocati lungo tutte le aste fluviali di riferimento.

I dati più significativi, come superamento dei limiti di legge, riguardano in particolare i prelievi effettuati nei torrenti La Grazia e La Morte, Fosso Bevilacqua, Rivo Zinzolo, Fosso La Badessa.

Un dossier che «non vuole sostituirsi in alcun modo ai campionamenti e alle attività svolte dalle autorità competenti», ha spiegato Franco Saragò, presidente del Circolo di Legambiente Ricadi, sottolineando come questo report «parte dalla consapevolezza che la causa prevalente delle criticità del mare è determinata, in misura consistente, dall’apporto di sostanze provenienti dai corsi d’acqua, che originano dall’entroterra per giungere al mare, a causa del malfunzionamento e/o sottodimensionamento di alcuni depuratori, dalla carenza nel collettamento fognario e di scarichi abusivi».

Alla presentazione, avvenuta nella Green Station gestita dal locale Circolo di Legambiente, sono intervenuti, oltre al presidente Saragò, la presidente regionale di Legambiente Anna Parretta, il Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo, il Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri Luca Toti, il Comandante della Capitaneria di Porto Luigi Spalluto, il Comandante del Nucleo di Polizia Ambientale ed Agroalimentare di Vibo Valentia Clizia Lutzu, il Comandante del reparto Carabinieri biodiversità di Mongiana, Rocco Pelle, ed il dirigente del Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente della Regione, Salvatore Siviglia.

Ma non è solo il Vibonese a destare preoccupazione: Nella nostra regione, infatti, c’è un grande problema di depurazione, criticità ataviche sullo sversamento dei rifiuti, con la presenza di vere e proprie discariche piccole e grandi lungo i fiumi, in particolare plastiche che, oltre a pregiudicare i corsi d’acqua, la flora e la fauna, finiscono in mare, invadono le spiagge ed inquinano l’ambiente creando problemi gravissimi per gli ecosistemi marini e per la salute umana.

Ed ancora taglio indiscriminato di alberi, ostruzioni e sbarramenti artificiali dei corsi d’acqua, abusivismo edilizio che concorrono a creare forti situazioni di rischio, anche sotto il profilo idrogeologico destinati ad aumentare in connessione all’ incremento degli eventi meteorologici estremi effetto della crisi climatica.

Secondo i dati raccolti nelle ultime cinque edizioni del Rapporto Ecomafia di Legambiente, Vibo Valentia, come indice di illegalità ambientale per km2 di territorio, è stata dal 2017 al 2022 la seconda provincia della Calabria, con 0,95 reati accertati dalle forze dell’ordine, preceduta solo da quella di Reggio Calabria, con 1 reato ambientale per ogni km2 di territorio

In Calabria, invece, sono stati accertati circa 14mila reati contro l’ambiente, collocando la Calabria al quarto posto della classifica nazionale, dopo Campania, Sicilia e Puglia, a conferma delle strette correlazioni che esistono tra l’aggressione criminale all’ambiente e gli interessi delle mafie, dal ciclo illegale dei rifiuti a quello del cemento.

Una situazione intollerabile per una regione come la Calabria, in cui accanto alla «bellezza del proprio mare e del proprio territorio, si affiancano situazioni ancora insostenibili relativi alla depurazione, all’abusivismo edilizio, alla mala gestione del ciclo dei rifiuti, che incidono sui corsi d’acqua arrivando sulle coste», ha detto ancora Fontana.

Il Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo, dopo aver illustrato gli enormi sforzi posti in essere negli ultimi tre anni dalla magistratura e dalle specialità delle forze dell’ordine impegnate nella task force appositamente creata – che interviene praticamente “in tempo reale” ogni volta che si presenta una problematica di tipo ambientale connessa all’inquinamento delle acque – ha evidenziato quanto siano complessi i problemi esistenti, frutto di decenni di trascuratezze e negligenze.

Secondo il Procuratore Falvo vi è la necessità di importanti interventi strutturali e, soprattutto, di agire in via preventiva più che repressiva, diffondendo la cultura del rispetto dell’ambiente negli operatori dei vari settori produttivi e nella gente comune, in un’opera di vera e propria alfabetizzazione in materia. Ha inoltre sottolineato come, della salute del mare e dei corsi d’acqua, non ci si debba preoccupare solo nel periodo estivo, trascurandone l’esistenza o, peggio, inquinando nel resto dell’anno.

Dal canto suo, il dirigente del Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente della Regione, Salvatore Siviglia, ha evidenziato le attività strutturali svolte negli ultimi anni dalla Regione per la messa in efficienza del sistema di depurazione, del collettamento e contro gli smaltimenti illegali.

Diversi gli interventi dei sindaci del territorio, dei rappresentanti delle istituzioni, degli operatori turistici, delle associazioni di categoria tra cui Confindustria e la Federazione degli albergatori, del mondo della scuola con il Dirigente dell’Istituto d’Istruzione superiore di Tropea.

Per Anna Parretta «il futuro della regione Calabria e dei suoi abitanti passa dalla tutela, dalla salvaguardia e dalla cura del territorio e del mare. In questo quadro i corsi d’acqua sono ecosistemi complessi ed estremamente importanti la cui tutela deve essere rigorosa a maggior ragione in una fase storica in cui è ancora più preziosa la risorsa acqua».

«Attraverso i monitoraggi compiuti, che speriamo di replicare in altri territori – ha spiegato – abbiamo voluto creare un’occasione di incontro e di confronto per attivare con tutti gli attori coinvolti processi condivisi che portino alla soluzione dei problemi e per incentivare la partecipazione attiva dei cittadini».

Quello che è emerso dall’iniziativa organizzata da Legambiente, come evidenziato da Fontana,  «è un vero e proprio “modello Vibo Valentia”  già sviluppato dal procuratore Falvo con la collaborazione delle Forze dell’Ordine e della Capitaneria di porto, grazie al lavoro straordinario di citizen science dei volontari e delle volontarie dei circoli di Legambiente, ai progetti di educazione ambientale da sviluppare nelle scuole del territorio, alle iniziative illustrate dal dirigente regionale Siviglia, alla partecipazione di sindaci e associazioni di categoria».

«Un “modello” a cui occorre dare da subito concretezza – ha concluso – prima che parta la stagione estiva». (ams)

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Legambiente e Regione Calabria insieme contro il ciclo illegale del cemento

«Con l’approvazione, ieri, da parte della Giunta regionale, su impulso del Presidente Roberto Occhiuto, della proposta di collaborazione avanzata da Legambiente per il coordinamento e il monitoraggio in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, si segna in Calabria un punto di svolta nel contrasto all’illegalità nel ciclo del cemento». È quanto hanno dichiarato Stefano CiafaniAnna Parretta, rispettivamente presidente di LegambienteLegambiente Calabria, ritenendosi soddisfatti dell’accordo.

Il protocollo d’intesa, il primo del genere in Italia, prevede di realizzare, nell’anno in corso, un’attività di monitoraggio sulla base di quella sviluppata a livello nazionale. La richiesta di collaborazione verrà rivolta ai Comuni, alle Province e alla città metropolitana di Reggio Calabria, alle Procure e alle Prefetture, con la richiesta di dati sulle ordinanze di demolizione emesse, quelle eseguite, le trascrizioni al patrimonio pubblico degli immobili abusivi, i dati trasmessi alle Prefetture dai Comuni, i provvedimenti di abbattimento emessi e quelli eseguiti dagli uffici giudiziari.

Al termine del monitoraggio sarà redatto un rapporto che consentirà di valutare le dimensioni del fenomeno, per come emergeranno dai dati raccolti, le azioni da intraprendere e le criticità da risolvere. Nel rapporto verranno anche condivise proposte per rendere più efficace l’azione di contrasto, a livello regionale e nazionale, del fenomeno dell’abusivismo edilizio.

La Giunta ha, poi, stabilito che, per tutto il periodo di svolgimento delle prossime elezioni europee, al fine di garantire la più ampia trasparenza e neutralità, non dovranno essere effettuate nomine o designazioni, salvo che non siano strettamente necessari o per funzioni non procrastinabili.

La decisione riguarda, nello specifico, la permanenza nelle rispettive funzioni degli organi commissariali individuati dalla Giunta regionale e nominati dal presidente della Regione, senza soluzione di continuità con gli incarichi già conferiti, e gli incarichi dei commissari straordinari degli Enti strumentali e dei commissari degli Ambiti territoriali di caccia.

Pertanto rimarranno nell’esercizio delle rispettive funzioni fino al 31 luglio 2024 i commissari dell’Ambito territoriale di caccia delle province di Vibo Valentia e Crotone; il commissario straordinario di Azienda Calabria lavoro e Arpal; il commissario straordinario dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpacal).

«La conoscenza del fenomeno attraverso la risposta da parte delle diverse istituzioni coinvolte, infatti – hanno sottolineato Ciafani e parretta – è il primo passo fondamentale per mettere in campo una vera e propria strategia regionale di contrasto dell’abusivismo edilizio, che rappresenta in Calabria e più in generale nel Mezzogiorno una grave e persistente minaccia all’ambiente, alla sicurezza dei territori e all’economia sana, a partire dalla stessa edilizia».

«Quello del mattone illegale, diffuso soprattutto lungo le aree costiere, ma anche l’entroterra, è un vero macigno per la Calabria – hanno proseguito Parretta e Ciafani – destinato ad aggravarsi per gli effetti della crisi climatica. Quando si verificano eventi metereologici estremi, ormai con puntualità drammatica e con un sempre più pesante carico di danni e di vittime, la questione del “costruito dove non si doveva” torna alla ribalta e tutti, politici, media, cittadini, concordano sul fatto che una casa abusiva non vale la vita delle persone».

«Poi, passata la tragedia, ci si dimentica – hanno concluso – come in un incantesimo, dei rischi enormi costituiti dalle costruzioni abusive realizzate spesso, persino nei letti dei fiumi o in zone franose».

La Calabria è tra le regioni più esposte alla pressione del “mattone illegale” collocandosi stabilmente ai primi posti per numero di reati relativi al ciclo del cemento nell’annuale Rapporto Ecomafia di Legambiente, realizzato in collaborazione con le forze dell’ordine e le Capitanerie di Porto.

Ma non solo, la nostra regione presenta un tasso di trasparenza molto basso: nel monitoraggio già effettuato lo scorso anno da Legambiente soltanto 54 Comuni su 404 hanno fornito risposte complete. In base ai dati, le ordinanze di demolizione emesse sono state 6.197, quelle eseguite appena 598, pari al 9,6% del totale, a fronte di una media nazionale molto più alta e le trascrizioni al patrimonio immobiliare pubblico, dal 2004 al 2023, sono state appena 75, pari all’1,2%. Una situazione di stallo che ha indotto l’amministrazione regionale a commissariare diversi Comuni, nell’ambito di un cambio di passo caratterizzato anche dalla demolizione di “ecomostri” come quello di Melissa. (rcz)

 

DIFFERENZIATA, CALABRIA RESTA INDIETRO
REGGIO CONTESTA I DATI: SIAMO IN SALITA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria è rimandata nella raccolta differenziata. La nostra regione, infatti, con i suoi 1.841.300 abitanti e 404 comuni, raggiunge una percentuale del 54,6 %, contro una media nazionale che, ormai, tocca il 65,2%, come da dati Ispra 2022. È il quadro desolante emerso alla sesta edizione dell‘Ecoforum rifiuti Calabria di Legambiente, nel corso del quale è stato presentato il dossier Comuni Ricicloni, presentato in Cittadella regionale.

Dati che, nonostante confermino la crescita della raccolta differenziata in regione con realtà territoriali che stanno progressivamente raggiungendo percentuali molto alte come Soveria Simeri, primo tra i Comuni rifiuti free, con l’88,5 %, seguito da Tiriolo e Frascineto,  «non consentono di raggiungere gli obiettivi, sempre più sfidanti, fissati dalla normativa comunitaria».

In Calabria, i Comuni Rifiuti Free, nei quali oltre all’alta percentuale di raccolta differenziata la produzione annuale pro-capite di secco residuo è inferiore a 75 kg, sono in totale 36 tra i quali, diversi raggiungono punti di eccellenza di oltre l’80% di raccolta differenziata.

Tuttavia, a incidere molto – e in maniera negativa – sono anche i dati analizzati da Arpacal (che recentemente ha diffuso un proprio report sulla raccolta differenziata), in cui è emerso come Reggio e Crotone sono i capoluogo di provincia ad aver registrato i dati peggiori: Reggio, infatti, raggiunge appena il 18,1% (peggiorando ancora la propria performance dell’11% rispetto all’anno precedente), e Crotone il 22%, nonostante l’incremento del 4,4%.

Il capoluogo più virtuoso è Vibo Valentia con il 69,9% (+ 3%) seguito da vicino da Catanzaro con il 69,2% ( -0,8%) e da Cosenza con il 62,4% (+ 0,3%). A livello di territorio provinciale, la più virtuosa è la provincia di Catanzaro con il 65,1% mentre la peggiore è quella di Crotone con il 39%.

Una vera e propria «disomogeneità territoriale», l’ha definita la presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta, in cui ci sono dei Comuni Rifiuti free in cui oltre all’alta percentuale di raccolta differenziata, la produzione annuale pro-capite di secco residuo è inferiore a 75 kg, sono in totale 36 tra i quali, diversi raggiungono punti di eccellenza di oltre l’80% di raccolta differenziata» e Comuni in cui, invece, si registrano performance negative come Reggio e Crotone.

«Allo stesso tempo – ha rilevato Parretta – ci sono province nelle quali invece si collocano prevalentemente i Comuni “rifiuti free” che riescono a raggiungere percentuali di raccolta differenziata molto vicine al 65%». Ma, nonostante ciò, non bisogna abbassare la guardia anzi, i dati emersi ribadiscono, ancora una volta, «la necessità di una decisa accelerazione di tutti i processi regionali che possano incrementare percorsi virtuosi nella gestione del ciclo dei rifiuti: dalle attività ed iniziative per ridurre i rifiuti alla fonte, al riuso, al riciclo», ha detto la presidente dell’Associazione.

«Su tutto il territorio regionale, supportando i progetti attraverso percorsi di partecipazione della cittadinanza, occorre, celermente — ha aggiunto – aprire i cantieri dell’economia circolare, costruendo impianti tecnologicamente avanzati per il trattamento, il riciclo e la valorizzazione dei rifiuti. Non smetteremo mai di sottolineare che la Calabria ha bisogno di una visione complessiva guidata dalla consapevolezza che i temi ambientali sono quelli che condizionano il presente, disegneranno il futuro e creeranno economia in grado di sviluppare occupazione di qualità in vari settori».

«L’economia circolare –  ha spiegato la responsabile nazionale Comuni Ricicloni, Laura Brambilla – è una fase importante della transizione ecologica: non dobbiamo limitarci solo alla raccolta differenziata, ma bensì dobbiamo fare in modo che l’intero sistema, che vede coinvolti produttori, cittadini, enti, municipalizzate, impianti di trasformazione in materie prime seconde e il loro successivo mercato, possa funzionare in modo efficace».

«Per questo motivo riteniamo che ogni soggetto coinvolto abbia ancora ampi margini di miglioramento ma, per farlo – ha sottolineato – diventa fondamentale una visione d’insieme per consentire al massimo la circolarità dell’intero processo che oggi purtroppo, in Calabria, è ancora poco performante. Ed è questa la sfida che lanciamo alla Calabria, non possiamo più permetterci dei ritardi e le realtà virtuose protagoniste di questa giornata, dimostrano che si può fare la differenza oltre che la differenziata».

«La gestione dei rifiuti, pur non essendo una competenza diretta degli enti gestori delle aree protette – viene evidenziato – se non viene realizzata in maniera corretta comporta degli effetti negativi per questi territori. Attraverso il progetto “Parchi Rifiuti Free” Legambiente promuove la corretta gestione dei rifiuti e l’accompagnamento dei Comuni delle aree naturali protette che hanno dei tassi di raccolta differenziata ancora troppo bassi».

Inoltre l’associazione, d’intesa con le aree protette, promuove azioni di riduzione e la gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti per garantire una corretta tutela dell’ambiente e del territorio qualificando, al contempo, l’offerta turistica delle strutture e delle località interessate dalle aree protette.

Alla prima sessione dell’Ecoforum, dal titolo “Calabria lavori in corso”, moderato dalla responsabile nazionale Comuni Ricicloni, Laura Brambilla, ha visto la partecipazione di Salvatore Siviglia, dirigente dipartimento ambiente e territorio; Bruno Gualtieri, commissario straordinario dell’autorità rifiuti e risorse idriche Calabria; Michelangelo Iannone, commissario Arpacal; Francesco Sicilia, direttore generale Unirima; Carmine Pagnozzi, direttore generale Biorepack; Fabio Costarella, responsabile area progetti territoriali speciali Conai. Ha concluso i lavori, collegato da remoto, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani.

La seconda sessione, La Calabria che c’è già, moderata da Emilio Bianco, coordinatore ecoforum regionali Legambiente sono intervenuti: Alessandro Cittadino, direttore tecnico Calabra Maceri e Servizi Spa; Massimo Gelli, presidente “R-accogliere” società cooperativa sociale; Rossana Melito, presidente “Fare eco”; Maria Gramendola, dirigente dell’I.I.S. ITG-ITI di Vibo Valentia.  (ams)

 

Il vicesindaco di RC Brunetti: Dati report errati, a Reggio la differenziata cresce

Il vicesindaco del Comune di Reggio, Paolo Brunetti, ha evidenziato come «i dati relativi alla raccolta differenziata dei Comuni calabresi diffusi quest’oggi alla Cittadella nel corso della sesta edizione dell’Ecoforum con la presentazione del report “Comuni ricicloni”, non corrispondono affatto alla realtà».

«Reggio Calabria non è al 18,1% di differenziata come gli autori del report affermano, ma a più del 41% – ha evidenziato –. A certificarlo sono i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale per il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, organismi scientifici nazionali che indicano, nonostante le difficoltà, dati di tutto rispetto per la nostra città».

«Siamo consapevoli che la raccolta differenziata debba ancora crescere a Reggio Calabria – ha spiegato Brunetti – ma ci stupisce l’assoluta disinformazione diffusa da certe associazioni che rischia di vanificare il lavoro fatto in questi anni. C’è da dire che la nostra città, la più grande e popolosa della Calabria, incontra certamente maggiori difficoltà nella gestione del circuito della differenziata rispetto a Comuni più piccoli e con una minore densità abitativa, ma il dato ufficiale del 41,2%, peraltro riferito al 2022 e probabilmente cresciuto nel 2023, costituisce un segnale certamente incoraggiante, che deve farci comprendere la necessità di aumentare le quantità di rifiuti differenziati».

«Non ci convincono affatto le modalità con le quali gli organizzatori dell’Ecoforum abbiano diffuso pubblicamente dati completamente errati. Per quanto ne sappiamo – ha proseguito – le percentuali di tanti comuni calabresi, diffuse durante la conferenza stampa odierna, sono state completamente erronee».

«Grave – ha concluso – che un istituto che dovrebbe incoraggiare i Comuni nella pratica della raccolta differenziata diffonda dati così macroscopicamente imprecisi».

La risposta di Legambiente: I dati basati su Report 2023 di Arpacal

Legambiente in una nota ha precisato come «i dati presentati da Legambiente, nell’ambito della sesta edizione dell’Ecoforum rifiuti, contenuti nel dossier “Comuni ricicloni”, sono basati sul report 2023 dell’Arpacal (dati 2022), consultabile sul sito della stessa Arpacal e trasmessi direttamente dall’Agenzia all’Associazione in seguito ad apposita richiesta».

«I dati in oggetto, riferiti all’anno 2022 – viene spiegato – sono stati poi oggetto di un recentissimo aggiornamento, successivo alla redazione del dossier. Di tale circostanza l’Associazione ambientalista ne ha dato atto nella nota stampa inviata ieri al termine dell’Ecoforum, specificando che nei prossimi giorni saranno analizzati i dati che Arpacal ha aggiornato da qualche giorno e saranno aggiornati i dati sul Report».

«Nella nostra nota stampa, infatti – ha aggiunto l’Associazione – Legambiente ha rilevato come la raccolta della città di Reggio Calabria fosse pari ad appena il 18,1%, in discesa rispetto all’anno precedente, specificando che si trattava dei “dati Arpacal sinora analizzati».

«È evidente, dunque – prosegue la nota – che Legambiente ha utilizzato e diffuso i dati ricevuti direttamente da Arpacal in un tempo antecedente alla redazione del dossier “Comuni ricicloni”. Vi è da dire, però, che effettivamente nel recente aggiornamento Arpacal, effettuato sempre sui dati 2022, la percentuale di raccolta differenziata di Reggio Calabria passa dal 18,1 al 39,41%, così come cambiano le percentuali di altri Comuni. Tutti i dati saranno naturalmente aggiornati per come già anticipato».

«Siamo, quindi, lieti – ha detto ancora – che dall’aggiornamento dei dati da parte di Arpacal il Comune di Reggio Calabria raggiunga performance migliori e che le politiche messe in campo abbiano portato ad un trend positivo, nonostante le difficoltà che hanno interessato in più fasi soprattutto i conferimenti e le numerose emergenze. Certamente il dato positivo, che incoraggia a proseguire l’Amministrazione e l’assessore Brunetti su questa strada, resta ancora tra i più bassi dell’intera regione, che nel complesso continua a non raggiungere il 65% di raccolta differenziata, che costituiva l’obiettivo temporale del 2012, e gli obiettivi, sempre più sfidanti, fissati dalla normativa comunitaria (direttiva UE 2018/851)».

«La Calabria, attualmente – ha ricordato Legambiente – resta sempre in fondo alla classifica nazionale, terz’ultima prima della Sicilia e del Lazio. Con la città di Reggio Calabria siamo sempre disponibili ad un confronto e ad una collaborazione sulle problematiche esistenti nel ciclo di gestione dei rifiuti e sulla loro risoluzione».

«Invitiamo, sin da ora, il Comune di Reggio Calabria – conclude la nota – ad un incontro-confronto sul modello di economia circolare da realizzare su cui costruire un nuovo paradigma di sostenibilità ed innovazione e competitività in cui anche i rifiuti si trasformano da problema in risorsa creando anche opportunità occupazionali». (rrc)

Anna Parretta eletta nella segreteria nazionale di Legambiente

La presidente regionale Anna Parretta eletta nella segreteria nazionale di Legambiente. Nel corso dell’Assemblea nazionale dei delegati di Legambiente, che si è tenuta sabato nella sede di via Salaria a Roma, sono state rinnovate le cariche dei responsabili di settore ed eletta la segreteria nazionale che sarà in carica fino al 2027.

Molte riconferme, ma anche alcuni nuovi ingressi tra i quali la presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta, che farà parte della segreteria insieme ad altri 23 rappresentanti tra i quali il presidente nazionale Stefano Ciafani ed altri autorevoli componenti: Mauro Albrizio, Claudia Cappelletti, Serena Carpentieri, Nunzio Cirino Groccia, Katiuscia Eroe, Fausto Ferruzza, Enrico Fontana, Domenico Fontana, Angelo Gentili, Mariateresa Imparato, Antonio Lanorte, Luigi Lazzaro, Mattia Lolli, Maria Maranò, Barbara Meggetto, Andrea Minutolo, Antonio Nicoletti, Vanessa Pallucchi, Roberto Scacchi, Sebastiano Venneri, Giorgio Zampetti, Maurizio Zara.

«Sono onorata e commossa – spiega Parretta – per il prestigioso incarico che sono lieta di rivestire per portare la Calabria al tavolo nazionale, ma è anche un onere perché la regione nei prossimi anni dovrà affrontare importanti questioni che riguarderanno il futuro non solo del nostro territorio, ma di tutto il Paese. Ringrazio il presidente nazionale Ciafani e tutti i delegati dell’assemblea nazionale per la stima e la fiducia che hanno riposto in me e tutti i circoli calabresi con i quali stiamo portando avanti il grande lavoro che in questi 4 anni ci ha visti impegnati con notevole dedizione e passione».

EDILIZIA SCOLASTICA, CALABRIA BOCCIATA
TANTI RITARDI E INTERVENTI MAI AVVIATI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Mancanza di programmazione e un atavico e cronico ritardo dominano l’edilizia scolastica in Calabria. Una scuola su tre – non solo in Calabria, ma anche in Sicilia – necessitano di interventi urgenti di manutenzione e, negli ultimi cinque anni, non sono state costruite nuove scuole. Questa è solo una parte della fotografia desolante scattata dal Report Ecosistema Scuola di Legambiente, giunta alla 23esima edizione, perché, mentre «per il Governo la priorità è il Ponte sullo Stretto, a discapito dello stato di salute delle scuole e della mobilità sostenibile, due priorità sui cui sarebbe urgente lavorare».

Insomma, è tutto da rifare e ripensare per l’Associazione, soprattutto nella nostra regione, in cui non ci sono edifici costruiti con i criteri della bioedilizia – anche se a livello nazionale sono soltanto l’1,3% – così come non risultano essere state edificate scuole nuove negli ultimi 5 anni. Eppure, in Calabria ci sono 153 Istituti scolastici con una popolazione scolastica di 24.328 studenti.

Ma avere scuole nuove e innovative sembra essere un miraggio: «ammonta a 6 milioni di euro – ha rilevato Legambiente – l’entità di fondi necessari a singola scuola mediamente. Investimenti che occorre programmare in un medio lungo periodo e che difficilmente si possono trovare nei bilanci ordinari dei Comuni, se non accedendo a fondi nazionali. Nonostante lo stanziamento delle risorse, nella Penisola la realizzazione di nuove scuole è un miraggio: negli ultimi 5 anni è stato dello 0,6%».

«Così come – si legge nel Rapporto – l’attivazione del tempo pieno, mediamente presente nel 33,2% delle classi del Centro-Nord e nella più modesta media del 20% nel Sud e nelle Isole. Preoccupante è lo stato di avanzamento dei progetti riguardanti i piani del Pnrr: asili nido, messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica, estensione del tempo pieno – mense, infrastrutture per lo sport, costruzione di nuove scuole, nell’iter che va dal progetto, alla gara e all’aggiudicazione: in Calabria su 539 progetti per una media di oltre 1 milione e trecentomila euro a progetto sono stati aggiudicati solo per il 28,8%».

A tal riguardo, l’Associazione ha ricordato come «ammontano a 519 milioni di euro i fondi stanziati dal Pnrr per 767 nuove realizzazioni o ampliamenti/potenziamenti di spazi mensa.Sembrano aver fatto richiesta di questo tipo di finanziamenti in maniera importante le regioni del Sud e delle Isole, che attualmente non superano una media di classi a tempo pieno nel 20% dei casi.Un incremento che dovrebbe muovere il basso dato di edifici con mensa scolastica che mediamente al Nord è presente in 3 scuole su 4 mentre nelle Isole, nemmeno nella metà degli edifici».

«Non va dimenticato poi che in Sicilia e Calabria – dove tutti i capoluoghi di provincia, con la sola eccezione di Caltanissetta, sono in area sismica 1 e 2 – mediamente, nel 65% dei casi non è stata effettuata la verifica di vulnerabilità sismica. Sul fronte messa in sicurezza, altro osservato speciale è il Centro Italia colpito dal sisma 2016 dove negli ultimi 5 anni – ha denunciato Legambiente – gli edifici in cui sono stati realizzati interventi di adeguamento sismico sono solo il 3,4%».

«A livello nazionale – viene rilevato nel Report – nel 2022 gli edifici costruiti secondo i principi di bioedilizia rimangono relegati al 1,3% del totale. L’efficientamento energetico, pur affrontato da alcune amministrazioni su un numero consistente di edifici di propria pertinenza,riguarda solo il 12,7 % del totale degli edifici scolastici tra quelli realizzati negli ultimi 5 anni, distribuito in modo piuttosto disomogeneo».

«Questo a fronte di un dato sconfortante rispetto alla pressione del problema energetico: di tutti gli edifici scolastici, solo il 5,4 % si trova in classe A, mentre ben il 73% in classe E, F e G.Nota positiva riguarda invece l’interesse delle amministrazioni (90%) a realizzare comunità energetiche scolastiche – continua la nota –. Le scuole in cui è presente un servizio di mobilità collettiva, fattore che potrebbe migliorare molto la congestione delle nostre città, sono ancora solo un 20,8% per gli scuolabus e il 10,7% per le linee scolastiche. Sempre molto bassi e concentrati al Nord i servizi di pedibus (4,1%) e bicibus (0,2%), che pure potrebbero rappresentare una mobilità non solo sostenibile ma anche più salutare e divertente. Sul fronte sicurezza, gli edifici scolastici posti all’interno di isole pedonale sono l’1,9%, in ZTL il 4%, in Zone 30 il 13,6%, in strade scolastiche il 6,9%».

Dati che dimostrano, ancora una volta, come «i fondi nazionali destinati all’edilizia scolastica risultano essere fortemente penalizzanti per la Calabria», hanno rilevato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e Stefania Rotella, responsabile Settore Scuola di Legambiente Calabria.

«Si sta, inoltre, verificando un ingente spostamento di risorse, come sta accadendo per il fondo perequativo per superare i gap infrastrutturali del Sud, con 1,1 miliardi sottratti al comparto istruzione e dirottati sul ponte sullo stretto di Messina. Appare evidente l’esigenza – hanno concluso Parretta e Rotella – di agire sulle vere priorità di Calabria e Sicilia, considerando la primaria importanza del sistema Scuola, sia in termini di adeguamento delle infrastrutture a partire dalla basilare verifica di vulnerabilità sismica sino all’efficientamento energetico, all’ incremento di servizi quali ad esempio, impianti per lo sport, mobilità sostenibile, mense biologiche».

Ma non è solo la Calabria a essere penalizzata: È l’intero Sud a essere “dimenticato” dalle Istituzioni. Lo dimostrano i dati rilevati per quanto riguarda i servizi scolastici che, «nonostante rappresentino una parte importante per la crescita, la socialità e l’inclusione tra i ragazzi sono poco garantiti nelle scuole del Sud della Penisola. Il tempo pieno è praticato mediamente solo nel 20% delle scuole del Sud e delle Isole, contro una media del 35% delle classi del Centro Nord. Grandi assenti anche le palestre e gli impianti sportivi: nel Sud Italia una scuola su due non ha palestre o impianti sportivi e dove gli impianti sono funzionanti, quelli che sono aperti oltre l’orario scolastico sono a poco più del 40% nelle città del Sud e del 33% nelle Isole, contro l’oltre 60% nei capoluoghi di provincia del Centro-Nord».

«L’investimento complessivo del Pnrr per la costruzione o la ristrutturazione di edifici nuovi o adattati, adibiti a palestre o impianti sportivi – ha ricordato Legambiente – è di circa 350 milioni per 445 progetti, di cui più della metà nelle regioni del Sud e delle Isole che in parte dovrà colmare divari infrastrutturali anche se in realtà sono presenti carenze un po’ in tutta la penisola, con 1 scuola su 2 che non ha la palestra e che vede in un impianto su tre la necessità di manutenzione urgente (al Sud diviene quasi uno su due)».

«A fronte di ciò – ha rilevato Legambiente – se le risorse stanziate con il Pnrr, dovrebbero rappresentare in generale un’importante opportunità per rinnovare in tutta la Penisola la qualità degli edifici e dei servizi scolastici attraverso nuove scuole e più servizi tra cui tempo pieno, palestre, mense e asili nido, ad oggi fatica la messa a terra degli stanziamenti previsti con più del 40% degli interventi bloccati nella fase iniziale di progetto».

Di fronte alla fotografia che emerge, Legambiente ha indirizzato al Governo Meloni e al Ministro dell’Istruzione le sue proposte chiedendo, in primis, di «dare priorità nell’indirizzo dei fondi, compreso il Pnrr, alla messa in sicurezza e adeguamento sismico delle scuole in area sismica 1 e 2 e all’efficientamento energetico degli edifici raggiungendo una diminuzione dei consumi almeno del 50%; di istituire una struttura di governance per la facilitazione all’accesso e alla gestione dei fondi per l’edilizia scolastica da parte degli Enti Locali e di rendere di facile consultazione i dati dell’anagrafe scolastica e dello stato di avanzamento dei fondi e interventi per l’edilizia scolastica».

Per Claudia Cappelletti, responsabile nazionale Scuola di Legambiente, «la transizione ecologica passa anche per l’edilizia scolastica e i relativi servizi, ma oggi questo percorso è fin troppo timido e fatica a decollare come raccontano i dati del nostro Rapporto Ecosistema Scuola».

«Occorre accelerare il passo – ha rilanciato – per evitare che la scuola rimanga indietro e che aumentino ancor di più le disuguaglianze. Le risorse del Pnrr rappresentano un’opportunità importante e preziosa che non deve essere assolutamente sprecata. Quello che ci auguriamo è che l’infrastruttura scolastica e tutto ciò che attiene all’istruzione venga considerato asse strategico per la crescita del Paese, con un costante e ampio investimento in una programmazione che assicuri la capacità di intervento ordinario e straordinario».

«Non dimenticando, in un Paese in cui persistono molti divari – ha concluso – che l’autonomia differenziata non è la risposta ad una tale esigenza di perequazione».

«Dove esistono problemi più acuti di povertà educativa e di carenze di servizi – ha dichiarato Elena Ferrario, presidente di Legambiente scuola e formazione – la scuola non riesce ad essere quel presidio educativo presente e aperto anche in orario extrascolastico, come sarebbe auspicabile. Non basta dare fondi per le strutture murarie, come sta avvenendo nel Pnrr, se su funzioni socialmente strategiche come palestre, mense, asili nido, non si prevedono fondi ulteriori per la loro gestione».

«Il Paese, in sintesi – ha concluso l’Associazione – ha bisogno di scuole innovative, più sicure e inclusive come raccontano anche le buone pratiche, come servizi di mense scolastiche a km zero, “Nidi comunali gratuiti per tutti”, attività di scuolabus e pedibus o laboratori di CER (Comunità Energetiche Rinnovabili), riguardanti edifici scolastici». (ams)

IL MARE VIOLATO: LA CALABRIA È QUINTA
SI DEVE TUTELARE DI PIÙ IL TESORO BLU

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria c’è ancora illegalità nel mare. Nella classifica del mare violato in Italia 2022, la nostra regione è quinta con 84.303 controlli, 1490 reati (7,6%), 1630 persone denunciate e arrestate, 380 sequestri penali, 3405 illeciti amministrativi e 3320 sanzioni amministrative. Per quanto riguarda gli illeciti per km di costa, se ne contano il 6,8% del totale.

È la fotografia desolante emersa dal report Mare mostrum di Legambiente, in cui sono stati accertati, solo nel 2022, 19.530 reati ambientali accertati nel 2022 lungo le coste italiane, con un +3,2% rispetto al 2021, mentre gli illeciti amministrativi, 44.444, sono cresciuti del 13,1%.Diminuiscono, anche se di poco (-4%), il numero delle persone denunciate e arrestate (19.658) e in maniera più significativa quello dei sequestri (3.590, con una riduzione del -43,3%).

Sommando reati e illeciti amministrativi in Italia è stata accertata, grazie ad oltre un milione di controlli (esattamente 1.087.802, +31% rispetto al 2021) svolti dalle Capitanerie di porto e dalle forze dell’ordine,una media di 8,7 infrazioni per ogni km di costa(erano state 7,5 nel 2021), una ogni 115 metri.

Per quanto riguarda i reati ambientali lungo le coste, nel 2022 a farla da padrone è il ciclo illegale del cemento (dalle occupazioni di demanio marittimo alle cave illegali, dagli illeciti negli appalti per opere pubbliche fino all’abusivismo edilizio) che rappresenta da solo il 52,9% dei reati (10.337),seguito dai diversi fenomeni d’illegalità (dalla mala-depurazione allo smaltimento dei rifiuti) che Legambiente classifica con la voce “mare inquinato” con 4.730 illeciti penali e dalla pesca di frodo, con 3.839 reati.Infine, ammontano a624 le violazioni del Codice della navigazione relative alla nautica da diporto, anche in aree protette,un dato in netta crescita rispetto ai 210 del 2021 (+197,1%), con 286 persone denunciate/ arrestate e 329 sequestri. Le diverse filiere delle illegalità ambientali hanno anche un forte impatto economico: il valore dei sequestri e delle sanzioni amministrative è stato nel 2022 di oltre 486 milioni di euro (in calo del -22,3% rispetto al 2021).

La Calabria è quinta, tra le regioni costiere, nel ciclo illegale del cemento ( 8,4% ), quarta nella classifica del mare inquinato ( 7,3% ), settima per pesca di frodo ( 6.8%) e nona nella violazione del Codice della navigazione e nautica di diporto anche in aree protette ( 2,1%). Questi ultimi dati, vista la rilevanza del sistema costiero calabrese, inducono riflessioni sulla necessità di ancora maggiori controlli.

Una situazione su cui bisogna intervenire. Per questo l’Associazione ha suggerito otto proposte per tutelare, in modo più efficace, il patrimonio ambientale contro l’abusivismo, la maladepurazione e le illegalità.

Nello specifico, Legambiente propone di ripristinare, se necessario anche con modifiche normative, l’efficacia dell’art. 10bis della legge 120/2020 che affida ai Prefetti il compito di demolire le costruzioni abusive oggetto di ordinanze di abbattimento emesse ma non eseguite dai Comuni;  rafforzare l’attività di contrasto delle occupazioni abusive del demanio marittimo; rilanciare a livello nazionale e su scala locale la costruzione e l’adeguamento e/o messa in regola dei sistemi fognari e di depurazione, migliorando in generale l’intero sistema di gestione, integrando il ciclo idrico (collettamento fognario e depurazione) con quello dei rifiuti (gestione fanghi di depurazione).

Ancora, efficientare la depurazione delle acque reflue, valorizzandole come risorsa e permettendone il completo riutilizzo in settori strategici come l’agricoltura, superando gli ostacoli normativi nazionali (DM 4 185/2003) con l’attuazione del regolamento UE 741/2020; migliorare e rendere più efficienti ed omogenei i controlli delle Agenzie regionali di protezione ambientale messe in rete nel Sistema Nazionale di protezione ambientale coordinato da Ispra (SNPA), approvando i decreti attuativi della legge 132 del 2016; regolamentare in maniera stringente lo scarico in mare dei rifiuti liquidi (acque nere ed acque grigie, acque di sentina, ecc.), istituendo, per esempio, delle zone speciali di divieto di qualsiasi tipo di scarico, anche oltre le 12 miglia dalla costa; promuovere politiche attive per la prevenzione nella produzione di rifiuti e per la migliore tutela del mare e della costa; attuare da parte del governo e del Parlamento adeguati interventi normativi contro la pesca illegale, non dichiarata e non documentata.

Proposte che, tuttavia, devono essere accompagnate «da un impegno decisamente più significativo da parte di tutte le istituzioni coinvolte, dai singoli comuni alle Regioni, dal parlamento al governo», ha sottolineato Enrico Fonata, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità dell’Associazione.

Lo scorso agosto, Legambiente plaudiva l’iniziativa de Governatore, Roberto Occhiuto, per il commissariamento da parte della giunta regionale dei Comuni che non eseguono le ordinanze di demolizione, lanciando l’appello affinché «la Calabria dia l’esempio per liberare il Mezzogiorno da un fenomeno illegale che l’Istat definisce insostenibile».

«Un cambio di passo importante – scriveva l’Associazione – rispetto al passato rispetto al quale ribadiamo il “meglio tardi che mai”, sottolineato lo scorso dicembre all’annuncio di un provvedimento atteso e necessario poiché la Calabria, per come reiteratamente segnalato da Legambiente nei propri dossier, è interessata da un persistente e grave fenomeno di abusivismo edilizio a cui non sono estranei interessi riconducibili alla criminalità organizzata».

«L’Istat, nel suo ultimo “Rapporto Bes 2022” – ha ricordato Legambiente – sul benessere equo e sostenibile definisce come “insostenibile” l’abusivismo edilizio nel Mezzogiorno, con un’incidenza di 42,1 case illegali ogni 100 costruite nel rispetto della legge (la media nazionale è di 15) e segnala una crescita netta dell’abusivismo del 9,1%, come non si riscontrava dal 2004».

«Dall’ultimo report pubblicato nel 2021 nell’ambito della campagna di Legambiente “Abbatti l’abuso” – si legge ancora – che monitora le ordinanze di demolizione emesse dai Comuni per verificare quante ne siano state effettivamente eseguite, emerge, sulla scorta dei dati comunicati dalle amministrazioni, che le demolizioni in Calabria sono state pari solo all’11,2% delle ordinanze emesse».

«L’abusivismo edilizio – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – è un fenomeno grave che molto spesso compromette luoghi di straordinaria bellezza e pregio ambientale e contro il quale servono, anche in funzione di deterrenza e prevenzione degli abusi, azioni efficaci di rispristino della cultura della legalità, con l’abbattimento degli immobili non sanabili. Si tratta di interventi essenziali non solo per tutelare l’ambiente ma anche per porre in sicurezza il territorio, frenare il consumo di suolo, affermare economie locali trasparenti e salvaguardare l’incolumità delle persone».

Quindi, come si sono fatti passi avanti per quanto riguarda l’abusivismo edilizio, è tempo che in Calabria si faccia altrettanto anche sul lato del mare violato, in modo da non vedere più la nostra bella regione sempre tra i primi in questi rapporti desolanti. ν

Legambiente Calabria: Fermare taglio degli alberi a Rende

Legambiente Calabria ha definito «insensate le operazioni di taglio degli alberi a Rende» e si è detta al fianco dei residenti, dei cittadini e delle associazioni di Rende giustamente indignati per le operazioni di taglio, in parte già effettuate ed in parte in corso, delle alberature lungo alcune strade cittadine di Commenda, Quattromiglia e Roges di Rende.

«Con una nota inviata al Commissario prefettizio del Comune di Rende – ha reso noto Legambiente – e per conoscenza al Presidente del Comitato per lo sviluppo del verde urbano ed al Capo del Dipartimento Unità di Missione per il Pnrr, l’associazione ambientalista, dopo avere effettuato una verifica sul posto e preso visione  della nota redatta da un tecnico agronomo sulla cui base è stato redatto dalla precedente Giunta guidata dal sindaco Manna il progetto esecutivo da parte del Comune di Rende, ora commissariato, ha rilevato l’inadeguatezza e l’inopportunità degli interventi posti in essere».

Per questo ha chiesto al Commissario prefettizio del Comune di Rende «di fermare il cantiere e sospendere immediatamente ogni operazione di taglio degli alberi per attuare una più adeguata valutazione degli interventi in essere».

Per come constatato da Legambiente, «il Comune sta procedendo al taglio indiscriminato delle alberature così impoverendo la dotazione di verde pubblico ed agendo in direzione contraria rispetto agli obiettivi europei di mitigazione richiesti dalla crisi climatica in atto. Si tratta di interventi, finanziati con fondi Pnrr – si legge nella nota dell’Associazione – profondamente dissonanti rispetto all’obiettivo di rigenerazione urbana, basati su una relazione tecnica molto carente e generica nelle motivazioni che hanno determinato la pericolosità delle piante. Sarebbe stata, invece, necessaria un’indagine strumentale, puntuale ed approfondita, per verificare lo stato di salute e di pericolosità delle singole piante, per poi scegliere, in maniera selettiva, gli interventi più appropriati non essendo sufficiente la Visual Tree Assessment (tecnica del controllo visivo) a supportare l’invasività degli interventi attuati».

«La finalità  di un intervento di riqualificazione urbana – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria ed Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette e biodiversità di Legambiente nazionale – dovrebbe essere, palesemente,  quello di utilizzare gli alberi per migliorare la vivibilità e il benessere dei cittadini, orientare le strategie per il verde nella direzione di creare boschi nelle città, utilizzando specie autoctone coerenti con la vegetazione locale gestita secondo moderni criteri di arboricoltura, promuovere interventi di gestione del verde con azioni basate sulla natura (Nature Based Solution NBS), certificare le foreste urbane e applicare i principi del Green pubblic procurement negli appalti pubblici».

«È utile in questa sede ricordare –  continua la nota dell’Associazione – che un accurato posizionamento degli alberi nelle aree urbane può raffreddare la temperatura dell’aria dai 2° agli 8°C, e se posizionati in maniera appropriata attorno agli edifici, gli alberi possono ridurre l’utilizzo del condizionatore del 30% e far risparmiare dal 20% la 50% dei costi per il raffrescamento e la presenza di spazi verdi dotati di alberi aumenta il valore immobiliare di almeno il 20%.  Un albero può assorbire fino a 150Kg di CO2 all’anno e i grandi alberi all’interno delle aree urbane sono eccellenti filtri di agenti inquinanti, la vegetazione incrementa la permeabilità dei terreni e attenua il run-off (scivolamento dell’acqua) su superfici impermeabili e riduce il dissesto, e passare del tempo nel verde migliora la salute fisica e mentale».

«Insomma, per una città importante come Rende – ha continuato Legambiente – ci saremmo aspettati un intervento di riqualificazione del verde urbano che facesse scuola e fungesse da esempio per altre città della nostra Regione, in realtà ci troviamo a commentare un intervento invasivo che incide pesantemente sul patrimonio pubblico di verde urbano. Un intervento attuato senza una adeguata giustificazione tecnica e peggiorativo del contesto urbano». (rcs)

SERVE UNA SVOLTA PER LA FORESTAZIONE
È INDISPENSABILE SUPERARE I RITARDI

di FRANCESCO CANGEMI – In Calabria la strada è ancora lunga per garantire sostenibilità e trasparenza a un comparto strategico come quello boschivo. Tuttavia, piccoli passi sono stati fatti dalla Regione, decidendo di non concedere più deroghe per l’esercizio della Centrale del Mercure.

Una decisione che ha raccolto il plauso di Legambiente Calabria che sottolinea come «Occorre cambiare la filiera legno energia per dare garanzie di sostenibilità e di trasparenza a un comparto economico come quello boschivo importante per la nostra Regione. Oggi, invece, la filiera boschiva è, per come hanno accertato diverse indagini della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, in gran parte nelle mani delle cosche e trova nella filiera energetica un punto di interesse economico e criminale. Occorre invertire la tendenza e passare ad un utilizzo sostenibile del patrimonio forestale attraverso la tutela efficace degli ecosistemi, e un uso consapevole delle biomasse per promuovere la nascita di comunità energetiche e sostenere piccoli impianti cogenerativi che favoriscono le economie locali e l’utilizzo delle risorse boschive secondo i principi della gestione forestale sostenibile».

«È una decisione clamorosa – aggiungono da Legambiente Calabria riferendosi al Mercure – importante ed opportuna quella annunciata dal presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto che, in sede di approvazione del Piano del Parco nazionale del Pollino, atteso da oltre 30 anni, ha dichiarato che non ci saranno altre deroghe a garanzia dell’esercizio della grande Centrale a Biomasse del Mercure, nel Comune di Laino Borgo.  La centrale del Mercure, lo ricordiamo, ha una potenza di 35 mw ed è inserita in un contesto territoriale estremamente delicato come il Parco nazionale del Pollino e su cui si pongono una serie di questioni estremamente rilevanti e nessun vantaggio concreto, perché contraddice i più elementari criteri di sostenibilità ambientale: produce solo energia elettrica ed è poco efficiente, per funzionare deve essere alimentata con grandi quantità di biomassa, 340-500mila tonn/anno e previsioni di crescita fino a 820mila, proveniente da una distanza di 120 km che è ben superiore ai criteri condivisibili e sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale».

«La Regione Calabria – continua la nota – prende atto dell’incompatibilità dell’impianto con il Parco nazionale, e sebbene avvenga con ritardo dobbiamo sfruttare l’occasione per favorire una profonda riflessione sulla filiera energetica regionale delle biomasse che non è sostenibile, economicamente deficitaria e, anche alla luce delle inchieste della procura distrettuale antimafia di Catanzaro ha dimostrato, socialmente pericolosa perché condizionata dalla criminalità organizzata».

«La Regione Calabria, emettendo un provvedimento che prelude alla chiusura della centrale del Mercure sta andando nella direzione giusta – commenta Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria – La nostra associazione ha sempre espresso un giudizio molto critico sulla realizzazione di questa centrale sia per la sua localizzazione, del tutto incongrua, all’interno di un Parco nazionale, sia sulle dimensioni dell’impianto con i conseguenti riflessi in termini di emissioni e consumi. Una centrale vecchia nella sua concezione, oggi inadatta a rispettare gli obiettivi climatici e di tutela delle foreste perché si pone in contrasto con la Strategia Europea che punta a migliorare la qualità delle foreste e delle sue filiere compresa quella energetica. Tra le fonti energetiche rinnovabili, la biomassa forestale per essere realmente sostenibile, deve rispettare il principio di uso a cascata delle risorse agroforestali, provenire da filiere corte, avere riguardo alle emissioni in atmosfera e garantire la salvaguardia della salute delle persone e la tutela dell’ambiente: il contrario della grande centrale del Mercure».

Perseguire gli obiettivi della Strategia Forestale Europea significa anche rispettare gli impegni sottoscritti a livello internazionale dall’Italia in materia di contrasto ai cambiamenti climatici, conservazione della biodiversità, decarbonizzazione dell’economia, commercializzazione del legno e sviluppo socioeconomico. Le biomasse possono essere considerate sostenibili se: esiste una filiera di prossimità e di piccole dimensioni che non implica lunghi viaggi, non provengono da culture dedicate, si tratta di scarti che non troverebbero una miglior sistemazione ed il ritmo di sfruttamento non è superiore al tasso di ricrescita di boschi e foreste.

«Nell’esprimere la nostra soddisfazione per le decisioni prese dal presidente Occhiuto – continua Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente – attendiamo la chiusura effettiva della Centrale del Mercure e di ogni altro grande impianto presente in Regione che abbia caratteristiche simili non rispondenti a criteri di gestione forestale e delle sue filiere effettivamente sostenibili. Ricordiamo che in Calabria sono presenti 4 grandi impianti che utilizzano biomasse solide, sui 32 diffusi su tutto il territorio nazionale, che producono “solo” energia elettrica da biomasse forestali e consumano 1.954.080 tonnellate e vedono la Calabria in testa con l’impiego di oltre un milione di tonnellate di legna (51%). La metà dei consumi di biomasse del nostro Paese sono alimentati da prodotti forestali commercializzati o provenienti dalla Calabria, uno spreco di materia prima e un utilizzo insostenibile dei prodotti forestali e una filiera produttiva inadeguata a sostenere il cambio di passo necessario per raggiungere gli obiettivi di tutela della biodiversità e climatici previsti al 2030».

«Come abbiamo richiesto durante il Forum regionale sulle foreste organizzato nel luglio del 2022 a Cosenza – concludono Parretta e Nicoletti – in Calabria serve una riflessione per superare le contraddizioni ed i ritardi nella pianificazione e gestione forestale, oltre che per sopperire all’assenza di certificazione secondo i principi della gestione forestale sostenibile. Rilanciamo l’invito alla Regione di insediare un Tavolo di filiera del legno con l’obiettivo di una maggiore partecipazione e condivisione tra le istituzioni, il mondo della ricerca e le parti economiche e sociali interessate per attuare la transizione ecologica e la valorizzazione del settore forestale. Occorre superare un sistema di autorizzazione farraginoso e non trasparente che negli anni ha permesso alla criminalità organizzata di infiltrarsi e condizionare un settore economico importante, che nei fatti, alimenta la “monocultura” industriale di produzione di energia da biomasse per le grandi centrali elettriche presenti in Calabria a Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo e Cosenza che sono superate perché ambientalmente insostenibili». (fca)

I LAGHI SILANI ENTRO I LIMITI DI LEGGE
SERVE PREVENZIONE E MONITORAGGIO

di FRANCESCO CANGEMI – I laghi calabresi “galleggiano” a leggere i dati del report di Goletta dei laghi che ha esaminato i bacini idrici della nostra regione. Inquinato uno dei due punti sul lago di Angitola, entro i limiti di legge i laghi Arvo, Cecita, Ampollino, Ariamacina, del Passante.

Nei sei laghi calabresi, sei dei sette punti campionati sono risultati entro i limiti di legge, mentre solo un punto, nel Lago Angitola, è risultato inquinato. Nel mirino della campagna, come di consueto, canali e foci, i principali veicoli con cui l’inquinamento microbiologico causato da cattiva depurazione o scarichi illegali arriva nei laghi.

I risultati sono stati presentati durante la conferenza stampa organizzata presso Palazzo della Provincia di Cosenza, seguita dal convegno Le opportunità della Transizione Ecologica per la fruizione sostenibile degli ecosistemi lacustri. Sono intervenuti Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria; Rosaria Succurro, presidente della provincia di Cosenza; Maria Annunziata Longo, funzionario Regione Calabria; Antonio Nicoletti, Responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente.

«I dati dei monitoraggi effettuati nell’ambito della campagna Goletta dei Laghi sono complessivamente positivi in relazione ai parametri considerati», afferma Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria.

«Infatti, rientrano nei limiti di legge sei dei sette punti campionati in particolare sui laghi Arvo, Cecita, Ampollino, Ariamacina, del Passante, mentre purtroppo è risultato inquinato uno dei due punti campionati sul lago Angitola – afferma Parretta – Come lo scorso anno, oltre ai classici parametri riguardanti una cattiva o assente depurazione, sono state effettuate anche le analisi chimiche per determinare i carichi di azoto e di fosforo. I laghi sono ambienti molto ricchi di biodiversità che forniscono preziosi servizi ecosistemici ma allo stesso tempo sono sistemi molto fragili che subiscono profonde pressioni di origine prevalentemente antropica. Le minacce, oltre dai cambiamenti climatici, provengono soprattutto dall’inquinamento da fonte agro-zootecnica, da reflui urbani o industriali e da scarichi illegali. È essenziale, quindi, una sempre maggiore attività di prevenzione, programmazione e controllo territoriale da parte delle Autorità competenti anche attraverso continui ed opportuni monitoraggi sulla qualità delle acque, anche per rilevare la presenza di pesticidi, erbicidi e metalli pesanti. La tutela dell’ambiente costituisce la priorità assoluta da intersecare con l’utilizzo a scopi agro-industriali delle acque e con la fruizione turistica dei luoghi».

Anche per il 2023, oltre alle analisi microbiologiche, sono state effettuate delle analisi chimiche dei principali parametri utili a determinare i carichi di azoto e fosforo nelle acque lacustri: in tutti e sei i laghi sono stati riscontrati valori entro i limiti di legge per quanto riguarda le concentrazioni di azoto (totale e ammoniacale), nitrati, nitriti, Cod, Fosforo totale, cloruri e solfati.

In occasione della tappa in Calabria, Legambiente ha anche presentato uno speciale dossier di approfondimento sui laghi silani: un documento dettagliato con focus sulla storia e sulle caratteristiche degli ecosistemi lacustri della Sila, sulla depurazione nelle località turistiche del territorio e sui monitoraggi effettuati da Goletta dei Laghi negli ultimi quattro anni nei bacini lacustri silani, e ha presentato dieci proposte per una loro adeguata valorizzazione e tutela. In particolare, occorre: migliorare la conoscenza degli ecosistemi acquatici; ridurre l’inquinamento dei laghi; aumentare la biodiversità degli ecosistemi acquatici; favorire attività lacustri Netzero; frenare il consumo di suolo; garantire il controllo e la vigilanza del territorio; promuovere la balneabilità dei laghi silani; maggiore trasparenza sull’utilizzo turistico e produttivo dei bacini lacustri; valorizzare il turismo lacustre attivo e sostenibile e promuovere la partecipazione dei cittadini nelle scelte.

«I laghi silani – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette e Biodiversità Legambiente e presidente del circolo Legambiente Sila – sono parte integrante del paesaggio tutelato attraverso il Parco nazionale e la rete natura 2000 ma deve crescere la conoscenza di questi ambienti per organizzare meglio l’utilizzo degli ecosistemi lacustri che, in una logica multifunzionale, devono essere utilizzati in chiave sostenibile e per favorire la transizione ecologica del territorio. A partire dall’utilizzo idroelettrico che deve portare maggiori utilità al territorio a quello turistico che deve cambiare passo e promuovere le località lacustri mete turistiche a partire da Lorica. Per questa ragione le nostre proposte vanno nella direzione di una maggiore conoscenza, gestione e valorizzazione delle risorse naturali presenti nel territorio che devono essere utilizzate in maniera consapevole e garantire benefici alle comunità locali e migliorare le condizioni dell’ambiente». (fc)