Il segretario regionale di Uil Calabria, Santo Biondo, ha rimarcato che «il paventato rischio di restituzione all’Europa dei finanziamenti del Fondo sociale di coesione è inaccettabile. Se questi fondi non dovessero trasformarsi in opere concrete si realizzerebbe una doppia contraddizione, in quanto quella coesione tanto ricercata non verrebbe realizzata tanto nei fatti quanto nelle parole».
«Mettendo da parte le polemiche sterili – ha aggiunto – che non ci sono mai appartenute, crediamo sia determinante trovare i corretti giusti e applicarli tempestivamente per rendere alla Calabria il giusto servizio. Siamo convinti, infatti, che piuttosto di non spenderli e, nella peggiore delle ipotesi, restituirli all’Europa, per mettere a frutto questi fondi la Regione debba dare corpo, coinvolgendo le parti sociali e le amministrazioni comunali calabresi, un piano per il rilancio dell’occupazione e il potenziamento del welfare fondato su due punti: l’incentivo all’occupazione di qualità e il potenziamento della legge sulla non autosufficienza».
«Partiamo dal lavoro – ha illustrato –. I dati occupazionali relegano la Calabria agli ultimi posti, fra le regioni italiane e non solo, per percentuale di donne, uomini e giovani attivi. Un dato, purtroppo, drammaticamente accentuato dalle ricadute economiche e sociali della pandemia da Covid-19. Per l’Eurostat in Calabria lavorano solo quattro giovani su dieci, facendo registrare uno dei tassi di disoccupazione più alti che si è attestato al 37%. Peggio di noi fanno la Sicilia, la Campania, la regione spagnola di Ceuta (56%), le regioni greche della Macedonia orientale, Tracia (45%) e Macedonia occidentale (42%) e ancora la spagnola Melilla (42%)».
«Questi dati, con la loro triste oggettività – ha proseguito – ci dicono che non c’è più tempo da perdere, che la Calabria – in tema di politiche del lavoro – deve voltare pagina e ricercare soluzioni efficaci. Così, in primis sarebbe necessario dare corso ad una politica di concreta defiscalizzazione del lavoro, così da liberare risorse e consentire alle aziende sane, che sono tante sul nostro territorio, di ricercare e assumere lavoratrici e lavoratori accuratamente formati. Questo inciso, naturalmente, apre il ragionamento sulla formazione professionale e sul valore che essa assume nel territorio regionale. Solo una lavoratrice formata, solo un lavoratore formato può diventare un valore aggiunto per la crescita economica dell’azienda presso la quale lavora e per tutto il tessuto produttivo regionale».
«Tutto ciò – ha detto ancora – inserito nel contesto di un piano industriale rinnovato ed operativo e di politiche attive del lavoro realmente produttive, potrebbe rappresentare la chiave di volta della Calabria. Naturalmente, chi amministra la cosa pubblica in Calabria non può dimenticarsi di quella grossa fetta di popolazione inattiva che risiede sul territorio regionale. Le anziane e gli anziani, spesso considerati dal Governo come veri e propri bancomat, non possono essere lasciati da soli. Le ricadute della pandemia da Covid-19 sono state pesantissime su questa numerosa platea, segnata da numerosi lutti, con le famiglie in enorme difficoltà nella gestione quotidiana dei propri parenti in età avanzata».
«Di fronte a questa drammatica situazione – ha spiegato – sosteniamo che sia indispensabile approvare una Legge quadro nazionale per la non autosufficienza, e di farlo oggi anche utilizzando i fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. In Calabria, poi, si sente forte l’esigenza di un potenziamento finanziario della legge esistente che, a causa della disattenzione della classe politica, sino ad oggi non ha potuto dispiegare i propri effetti benefici».
«Ma non solo – ha detto –. In questo territorio appare necessario assicurare l’assistenza alle persone non autosufficienti prioritariamente nel proprio contesto di vita e promuovere la vita indipendente delle persone non autosufficienti e con disabilità, investendo decisamente nell’assistenza sociosanitaria domiciliare e semiresidenziale con investimenti nella robotica e domotica. E, ancora, nell’ottica di una razionalizzazione della rete di assistenza del Servizio sanitario regionale, promuovere strutture di prossimità ed intermedie (del tipo case della salute, Ospedali di comunità) dove collaborano tutti i professionisti della sanità e del sociale».
«Per realizzare tutto ciò – ha concluso – è indispensabile un quadro di riferimento legislativo ed istituzionale nazionale, fondato su un costante coordinamento degli indirizzi normativi e degli atti di programmazione, tra il ministero della Salute, quello del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Dipartimento disabilità, la Conferenza delle Regioni e l’Anci. Siamo convinti, infine, che vada prevista la partecipazione delle organizzazioni sindacali e associazioni sociali nei processi di governance a tutti i livelli del sistema di assistenza per la non autosufficienza». (rrm)