Ernesto Carbone un cosentino al Csm

di PINO NANO – È calabrese Ernesto Carbone, l’avvocato eletto dal Parlamento in seduta comune come membro del Consiglio Superiore della Magistratura, e come consigliere laico di opposizione.

Avvocato, in passato anche parlamentare eletto alla Camera dei deputati per il PD, membro della Segreteria nazionale del Partito Democratico come Responsabile della Pubblica Amministrazione e del Made in Italy, amico personale e fidatissimo di Matteo Renzi da tempi non sospetti, e da giovane tra i migliori ricercatori di Nomisma, il gruppo degli intellettuali e degli analisti che ruotavano attorno all’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi.

Nato a Cosenza il 25 giugno del 1974, mai come nel suo caso il segno zodiacale rende perfettamente aderente e reale il racconto del personaggio. «Quello del Cancro è un segno molto complesso. È fortemente orientato alla difesa dei propri spazi, conscio degli innumerevoli pericoli del mondo. Per questo motivo, è molto legato alla famiglia e alla casa. Sa che, creandosi una propria sfera protettiva, potrà affrontare gli imprevisti in maniera efficace. L’ospitalità all’interno di questo mondo è concessa soltanto a pochi e fidatissimi eletti, i quali vengono però accuditi e assistiti come nessun altro segno sa fare. Non a caso, il Cancro è associato al culto del letto e del sonno sereno».

La storia di Ernesto Carbone è la classica storia dell’enfant prodige, che lascia Cosenza per Bologna, e all’Università diventa uno dei “primi del suo corso”. Si laurea nel 1998 con tesi di laurea in Diritto Costituzionale dal titolo Il finanziamento pubblico dei partiti politici, relatore il famoso Prof. Augusto Antonio Barbera, e da qui poi il salto in politica. Dal 2001 al 2004 lavora con ruoli diversi in Nomisma, la società di consulenza bolognese fondata da Romano Prodi, e nel 2002 incomincia ad esercitare la professione forense.

Tra il 2004 e il 2005 è direttore delle relazioni istituzionali di Alma Graduate School dell’Università di Bologna, e questo lo rende personaggio di spicco e di riferimento del grande ateneo boglognese, ma già a Cosenza, da giovanissimo studente del Liceo Telesio, Ernesto Carbone si era contraddistinto per questo suo carattere aperto gioviale ed estroverso, e per questa sua capacità di sintesi rispetto ai problemi da risolvere. Probabilmente suo padre Antonio, storico direttore del Banco di Napolia Cosenza tutti lo ricordano per il suo garbo estremo e la sua disponibilità umana – sognava per lui una futuro da commercialista o da bancario, ma Ernesto aveva deciso invece di girare il mondo e di fare cose diverse dalla solita routine che suo papa ogni sera si portava a cena a casa, e così ha fatto.

Tra il 2005 e il 2008 ricopre l’incarico di Direttore Generale della Fondazione “Governare Per” guidata da Romano Prodi, qualche anno più tardi trasformatasi in Fondazione per la collaborazione tra i popoli e da aprile 2012 ad aprile 2013  diventa Presidente e Amministratore Delegato della Sin Spa, società pubblica controllata dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, società che si occupa di sviluppare e gestire il sistema informativo agricolo nazionale (Sian) ed ha, come soci di minoranza, Ibm, AlmavivA, Telespazio, Agriconsulting e Cooprogetti.Poi nel 2014 diventa membro della Fondazione Italia USA, un ruolo strategico e anche internazionale.Sei anni dopo, nel 2020 viene nominato membro del consiglio d’amministrazione di Terna dalla Cassa Depositi e Prestiti. Un curriculum dunque di tutto rispetto.

Ma il giovane cosentino svoilge anche un ruolo di primo piano nelle vicende della Seconda Repubblica. Tra il 1998 e il 2000 è membro della segreteria tecnica del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, nel ruolo di esperto di problemi giuridici relativi all’impresa e nello stesso tempo è assistente del presidente della Commissione europea.Tra il 1999 ed il 2000 è membro del gruppo di lavoro della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il coordinamento della Missione Arcobaleno in Albania, città di Durazzo e Kukes. E tra il 1999 ed il 2000 è membro del nucleo di supporto tecnico del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali.

Ma non è tutto. Da gennaio ad aprile 2000, diventa parte fondamentale del nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, legge 144 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali , e tra il 2006 e il 2008 assume il ruolo di capo della segreteria particolare dell’allora ministro per le politiche agricole Paolo De Castro. Poi ancora tra il 2009 e il 2012 collabora con la Presidenza della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo.

Non soddisfatto però di far parte della macchina burocratica del Paese, si candida al Parlamento e alle elezioni politiche del 2013 viene eletto deputato nella circoscrizione III Lombardia per il Partito Democratico. Una volta a Montecitorio diventa componente della Commissione Finanze e della Commissione Giurisdizionale per il personale della Camera dei deputati.

Per tre anni di seguito, dal 2014 al 2017, sarà poi ogni sera in televisione, come responsabile nazionale del Partito Democratico con delega alla Pubblica Amministrazione, innovazione e Made in Italy, Segretario del partito Matteo Renzi, e di cui Ernesto Carbone è uno degli amici più fidati e inseparabili.

In parlamento molti lo chiamano il “Turborenziano”, come per indicare l’energia con cui Carbone si è sempre dato a Matteo Renzi.Il 4 marzo 2018 si ricandida alle elezioni politiche al Senato della Repubblica in Emilia-Romagna, ma non viene eletto.Nel 2019 lascia poi definitivamente il Partito Democratico e aderisce ad Italia Viva, seguendo Matteo Renzi in questa nuova avventura politica. Come dire? Renzi for ever. (pn)

Addio a Giovanni Puccio, storico dirigente del PD

Cordoglio, in Calabria, per la scomparsa di Giovanni Puccio, storico dirigente del PD, ex responsabile organizzativo regionale e sindaco di Botricello.

Era molto conosciuto in tutta la regione per la sua lunga militanza nell’ex Pci prima e appunto nel Pd dopo, con incarichi a livello provinciale, regionale e nazionale. È stato, anche, coordinatore del PD per l’area Metropolitana di Reggio Calabria.

«Il Partito Democratico della Calabria – si legge in una nota – annuncia con dolore e commozione la dipartita del compagno Giovanni Puccio, storico dirigente leale e solidale, per tutti amico sincero, uomo onesto e generoso».

«Giovanni lascia in tutti noi il ricordo del suo impegno costante e integerrimo – continua la nota – sempre disponibile, sempre pronto a sostenere il partito ed i nostri valori. La nostra affettuosa vicinanza alla famiglia, a coloro i quali fino alla fine gli hanno voluto bene ed hanno lottato insieme a lui, a chi come noi lo porterà sempre nei suoi ricordi».

Il segretario regionale del Pd, Nicola Irto, ha detto: «con lui se ne va un uomo di partito di alto valore. Un compagno di tante battaglie politiche del Partito Democratico».

«Ha dato tutto al partito, sempre – ha continuato –. Presente sia nei momenti dei successi sia, soprattutto, nei passaggi più critici e di difficoltà. Giovanni c’era. Pronto a sostenere la comunità, le idee condivise, l’organizzazione di una grande comunità politica. Per me un punto riferimento per la lucidità dell’analisi e la concretezza. Ci mancherai, Giovanni».
Anche Giusy Iemma, vicesindaco di Catanzaro, ha espresso il suo cordoglio per Giovanni Puccio, «per gli amici Già Già».
«Una lunga malattia lo ha portato via, dopo tanta sofferenza – ha scritto su Facebook –. Eppure lui ha combattuto come sempre, in silenzio e con la dignità e la discrezione che lo hanno contraddistinto in questa vita terrena. L’anima del Partito, che tanto ha dato al popolo di sinistra e nulla ha chiesto, se ne va in punta di piedi».
«Tante le battaglie fatte con lui, Giovanni ha sempre avuto visione politica e generosità – ha concluso –. Un pezzo della nostra storia se ne va via. Faremo tesoro dei tuoi insegnamenti».
«Giovanni Puccio è stato un uomo e un dirigente politico di grande valore – ha scritto su Facebook, Ernesto Magorno – competente e appassionato. Una figura d’altri tempi per onestà intellettuale, spirito di servizio e umiltà con il quale ho avuto modo di condividere parte del mio percorso politico, trovando in lui sempre un prezioso e insostituibile punto di riferimento».
«La notizia della sua morte addolora moltissimo e con lui la Calabria – ha continuato – perde un custode e un autentico interprete della storia politica regionale. Lucido e generoso nelle analisi politiche, non ha mai fatto mancare il suo sostegno nella crescita e nella formazione delle nuove generazioni che si affacciavano alla militanza politica. Giovanni ha fatto tanto, perché ha sempre creduto nella politica come strumento di cambiamento e di servizio alle comunità. Un sentimento di vicinanza e affetto in questo momento di addi e saluti mi lega alla sua famiglia e a tutti coloro che gli hanno voluto bene».
«Oggi è un giorno molto triste. Abbiamo perso un riferimento, un compagno, un caro amico – hanno scritto i Giovani Democratici Locri –.

Giovanni Puccio rappresentava la generazione dei valori politici e dell’onestà, del confronto sincero e diretto e degli sguardi speranzosi verso i giovani e il futuro. Ci uniamo al dolore dei suoi cari nella speranza che con l’esempio che ci ha lasciato e con il ricordo, Giovanni illumini la nostra azione. Riposa in pace, Compagno Puccio». (rrm)

Addio a Francesco Bruno, tra i padri della criminologia italiana

di PINO NANOAveva 74 anni, e se ne è andato in silenzio per come aveva scelto di vivere, dopo essersi ritirato nella sua Celico, dove era nato il 10 maggio del 1948, alla ricerca probabilmente delle sue origini e del suo passato. Con lui scompare uno dei padri della criminologia italiana- lo chiama così Giancarlo Costabile, suo collega e compagno di lavoro all’Università della Calabria- dove il prof. Francesco Bruno era approdato dopo aver lasciato la Sapienza di Roma e la nevrosi di Roma Capitale.

Aveva una dote rara Francesco Bruno, non sapeva mai dirti di no, e ogni qualvolta dalla Rai lo cercavamo per una sua analisi o la lettura complessa di un vicenda di cronaca, lui c’era sempre, puntuale, preciso, preparato fino alla nausea, come se il caso trattato fosse già passato dalle sue mani e lui lo avesse già vivisezionato fino in fondo. Incredibilmente chiuso, malinconico, severo, prima di tutto con sé stesso, non concedeva nulla della sua vita privata agli altri, e per chi non conosceva a fondo la sua storia professionale pareva di avere a che fare con un intellettuale schivo e riservatissimo, che aveva scelto di vivere sommerso dai libri e con la testa immersa nei testi che più amava rileggere.

Uno scienziato – in questo ha ragione Arcangelo Badolati nel salutarlo ieri dalle pagine della Gazzetta del Sud – Uno scienziato capace di leggere tra le più nascoste pieghe della psiche umana. Uno studioso che ha analizzato le condotte e i comportamenti dei personaggi più pericolosi della storia del nostro Paese.

I funerali si sono svolti ieri nella chiesa di San Michele a Celico e che lui considerava la sua vera casa. Lo studioso lascia la moglie, Simonetta Costanzo, docente universitaria all’Unical e il figlio Alfredo. A dare notizia della sua scomparsa è stato il sindaco di Celico, Matteo Lettieri. Criminologo di fama internazionale, docente di Psicopatologia forense alla “Sapienza” di Roma e di Pedagogia degli Adulti all’Università della Calabria, lo studioso – ricordano i suoi amici più cari – era malato da tempo.

A suo modo, un mito. Francesco Bruno – ricorda Arcangelo Badolati – ha legato il suo nome alle grandi vicende di cronaca del Paese, dal “mostro di Firenze” al terrorismo, passando per decine di casi di “nera” registrati negli ultimi 40 anni, offrendo il suo illuminato contributo scientifico alle più importanti organizzazioni europee specializzate nella lotta al crimine. Nella veste di consulente ha collaborato anche a lungo con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i servizi di sicurezza.

Nei primi anni ’80, su impulso di Vincenzo Parisi, che allora era al vertice del Sisde, l’illustre studioso calabrese pubblica il primo studio universitario che collega gli omicidi commissionati al “Mostro di Firenze” con l’esoterismo e il fine sacrificale.

Allievo del grande criminologo Franco Ferracuti, Francesco Bruno ci lascia come sua eredità spirituale decine di pubblicazioni scientifiche e di saggi importanti. Durante tutta la sua carriera accademica ha compiuto ricerche fondamentali nel campo delle droghe di abuso, dei crimini mostruosi, dell’adolescenza e dei rapporti tra i sessi firmando originali monografie che hanno poi attirato su di lui l’attenzione del mondo accademico di tutto il mondo. Ricordo che quando veniva da noi in RAI per una delle sue tante interviste e io provavo a ricordargli dei suoi successi lui si schermiva e si nascondeva dietro un semplice sorriso, mai una parola di troppo, mai una battuta superficiale, mai un gesto di insofferenza o di superficialità. 

Eccellenza cosentina prima ancora che italiana. «Il prof. Francesco Bruno – sottolinea il sindaco di Cosenza, Franz Caruso – è stato vanto ed orgoglio per Cosenza, la sua provincia e la Calabria intera e tutto questo ancor prima che la sua notorietà fosse notevolmente accresciuta dalle numerose trasmissioni televisive cui abitualmente veniva invitato e partecipava. Il fatto che oggi non sia più tra noi ci rattrista e ci priva di una grande figura nell’ambito degli studi di criminologia, settore nel quale ha rappresentato una vera eccellenza e  di profilo non solo nazionale».

Va ricordato anche – aggiunge Arcangelo Badolati – che in Calabria, tra le tante cose di cui il famoso criminologo s’è occupato, vi fu a metà degli anni 90 del secolo scorso, «la vicenda riguardante l’unico serial killer individuato nel territorio regionale: Francesco Passalacqua, poi condannato all’ergastolo, responsabile di tre delitti compiuti nell’area dell’Alto Tirreno cosentino. Il professore esaminò la personalità dell’uomo come consulente della pubblica accusa».

Commosso anche il ricordo di Alfredo Antoniozzzi, ex europarlamentare di Forza Italia e oggi deputato di Fratelli d’Italia: «L’Italia perde un grande uomo Piango la morte di un grande concittadino che lascia un grande vuoto in ognuno di noi». (pn)

 

All’Università di Bologna la tesi sul futuro della chemioterapia del calabrese Aurelio Spinoso

di PINO NANOEccellenze fuori casa, o meglio eccellenze calabresi oltre. In questo caso parliamo di un giovane ricercatore calabrese, il dottor Aurelio Spinoso, che si laurea all’Università di Bologna con una tesi di laurea sperimentale sulla terapia fotodinamica, e che a giudizio degli analisti più sofisticati di questo settore traccia i confini dei nuovi orizzonti della lotta contro il cancro.

«Il mio lavoro di tesi – spiega il giovane ricercatore calabrese – è stato incentrato sulla realizzazione di un sistema nanoparticellare da utilizzare in terapia fotodinamica. Questa rappresenta ad oggi una validissima alternativa rispetto alle convenzionali chemio e radio terapia poiché risulta: selettiva, non invasiva (non prevede interventi chirurgici), immunostimolante (e non immunosoppressiva come nel caso di chemio e radio). Per applicare la terapia fotodinamica ci si serve di una molecola fotosensibile e di una specifica radiazione. Tale molecola viene iniettata al pazienta disciolta in una formulazione specifica, dopodiché grazie ad una lampada che emette la radiazione prescelta si irradia la zona interessata dal tumore». 

E qui sta la conclusione più esaltante della sua tesi di laurea.

«Grazie infatti alla luce irradiante – sorride con estrema semplicità il dr. Aurelio Spinoso – la molecola iniettata si attiverà distruggendo selettivamente le cellule tumorali e preservando quelle sane. La ricerca in questo settore è ancora in corso, molti aspetti tecnici vanno ancora migliorati ma di certo si è sulla buona strada». 

Cosa farà a questo punto dottore? Rimane a Bologna o è già pronta una nuova valigia e un nuovo biglietto aereo?

«Confesso che il mio obiettivo è quello di proseguire in quel settore della chimica che strizza sempre un occhio al corpo umano, una sorta di ponte con il settore medico, poiché da sempre desta in me fascino ed interesse». 

Me lo traduca in parole più semplici per favore…

«Dato il primato nell’ambito delle nanotecnologie l’obiettivo prioritario è ora quello di partecipare agli studi condotti dai gruppi di ricerca della Nanyang Technological University di Singapore. Ma non per fermarsi alle loro conclusioni, ma per andare oltre e immaginare sempre di più una sanità al servizio di chi soffre».

Il dottor Aurelio Spinoso è nato a Cosenza il 19 settembre 1996, dopo il diploma di maturità scientifica al Liceo Enrico Fermi di Cosenza prende la laurea triennale in Chimica presso l’Università della Calabria, e da qui si sposta a Bologna per la sua laurea magistrale. Titolo della tesi: “Sintesi, caratterizzazione e biocounigazione di nanoparticelle di albumina per applicazioni fototeranostiche”, relatore di tesi: prof. Matteo Calvaresi (UniBo), quanto basta per pensare che la ricerca scientifica non si ferma mai, e in questo caso ha la faccia e lo sguardo disincantato di un ragazzo che fino a ieri l’altro viveva e giocava a due passi dall’Ospedale Civile di Cosenza, dove la sua mamma lavora dodici ore al giorno nel chiuso di un laboratorio chimico con una passione e una professionalità che certamente Aurelio ha assorbito da ragazzo, e che oggi ha prodotto questo suo primo successo professionale. (pn)

 

Il catanzarese Vincenzo Ursini vince il Festival dei Due Parchi di Ascoli Piceno

È il poeta catanzarese Vincenzo Ursini ad aver vinto la 13esima edizione del Festival dei Due Parchi di Ascoli Piceno, con la lirica Tristezze vagabonde.

Ursini,  noto anche come editore, paroliere e presidente dell’associazione culturale “Accademia dei Bronzi”, sarà premiato il 15 dicembre ad Ascoli Piceno. Ursini si è imposto con la lirica Tristezze vagabonde, scritta alla fine degli anni Settanta. Poesia intensa, sofferta, carica di chiari riferimenti personali e dedicata al padre, deceduto nel 1966 a soli 39 anni.

Al 2° posto si è classificata Loretta Stefoni con “Quell’eco di pianto”, mentre la sezione “ragazzi” è stata vinta da Asije Hadziu, Lucia Mazzola e Angela Rodriguez.

«Dal ricordo dell’infanzia, passata a giocare fra divertimenti improvvisati e difficoltà di una condizione non agiata – scrive Alessandro Randone in merito alla lirica di Ursini – emerge un rapporto conflittuale col genitore, fatto di momenti estremi, nei quali il poeta si lascia andare a desideri di rivalsa, espressi in forma di turpi preghiere. Tutto ciò fino al momento in cui il genitore muore, prematuramente, lasciando nel figlio il desiderio del contatto con le sue mani, così forti e ruvide nel trasmettere le proprie carezze, eredi di un’epoca dai tratti eroici che, purtroppo, non esiste più”.

Il Festival dei Due Parchi era articolato in due sezioni: la prima, a tema libero, riservata alla partecipazione di poeti professionisti e la seconda aperta ai ragazzi di età inferiore ai 14 anni che sono stati chiamati a confrontarsi con le problematiche ambientali e dei territori, con la riscoperta e la conservazione delle bellezze naturali ed in particolare di quelle del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

Promosso dal Centro Internazionale Antropoartistico Counseling (CIAC), con il Patrocinio della Regione Marche e del Comune di Ascoli Piceno (Medaglia d’oro al valore militare per attività partigiana), il Festival dei due Parchi è nato, quindi, con l’intento di dar vita ad una sorta di unione simbolica tra i due Parchi Naturalistici, lì dove corrono i confini tra la regione Marche e la regione Abruzzo. Il tutto, proponendo l’utilizzo dell’arte e dei linguaggi artistici universali come veicolo d’incontro e di dialogo tra le persone e tra i popoli.

Dopo il saluto delle autorità e l’intervento della presidente di giuria, Rosa Iarussi, il programma prevede la lettura delle opere poetiche premiate, con omaggio coreografico da parte delle allieve di Danza Classica e Moderna della professoressa Maria Luigia Neroni dell’Istituto Musicale “Gaspare Spontini”. L’incontro si concluderà con la proclamazione dei vincitori e la premiazione di Vincenzo Ursini.

Nato a Pertrizzi, Ursini vive da tempo a Catanzaro. Ha pubblicato: “Senza frontiere” (Perri, 1973), “La terra dei padri” (Gabrieli, 1974), “L’esule” (Gabrieli, 1976), “Storie di periferia” (Gabrieli, 1977), “Il cuore e le pietre” (Isteu, 1981) e – lo scorso mese di novembre – “Eravamo comunisti”, poesie e canzoni di lotta, amore e libertà  (Nuova Accademia dei Bronzi, 2022). 

Nel 1973 è stato insignito del Premio di Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha, inoltre, promosso e presieduto centinaia di iniziative artistico-letterarie, tra le quali il premio “Città di Valletta” (realizzato per dieci anni consecutivi a Malta, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Maltese che consegnava personalmente i riconoscimenti ai vincitori) e il premio “Alda Merini” giunto, quest’anno, all’undicesima edizione. (rrm)

Addio al calabrese Nicola Signorello: fu sindaco di Roma

di PINO NANOGloria e vanto di una intera generazione politica, certamente un protagonista di primissimo piano della Prima Repubblica, quando la DC governava il Paese e quando un Ministro democristiano era considerato quasi un re. Per la storia di Roma Capitale il senatore Nicola Signorello è forse uno dei pochissimi sindaci di Roma diventato primo cittadino dopo essere emigrato dalla sua terra natale, e che in questo caso era la Calabria.

Nicola Signorello era nato infatti a San Nicola da Crissa il 18 giugno 1926 e dopo una folgorante carriera politica era anche diventato Sindaco di Roma. L’illustre uomo politico è morto la notte di Santo Stefano nella sua casa romana. A darne notizia sono stati i suoi due figli Domenico e Clemente. 96 anni, senatore della Democrazia Cristiana per 5 legislature, era stato ministro del Turismo e dello Spettacolo nel governo Rumor tra luglio 1973 e marzo 1974, e della Marina Mercantile con Cossiga premier tra marzo e ottobre 1980, ma era stato anche presidente della Commissione di Vigilanza Rai (1983-1985), e quindi sindaco di Roma dal 31 luglio 1985 al 10 maggio 1988. 

Inizia il suo impegno politico accanto a Mario Scelba, in seguito aderisce alla corrente di Giulio Andreotti, diventandone uno degli esponenti più in vista a Roma insieme ad Amerigo Petrucci e a Franco Evangelisti. Eletto senatore nel 1968, viene rieletto in tutte le successive elezioni; si dimette nel 1985 per incompatibilità con il mandato di sindaco di Roma.

Una storia politica degna di questo nome, all’insegna della tradizione repubblicana di quegli anni, quando per diventare deputato dovevi come minimo aver fatto almeno il consigliere comunale o provinciale del tuto territorio di appartenenza. Laureatosi in giurisprudenza, entra giovanissimo nella Democrazia Cristiana. Eletto consigliere provinciale di Roma nel 1952, rieletto nel 1956 e nel 1960, guida la provincia di Roma dal 1960 al 1965, primo presidente democristiano dal 1948 dopo due giunte di sinistra a guida comunista.

Ma gli anni passano e Nicola Signorello diventa Ministro del turismo, sport e spettacolo nel IV governo Rumor (7 luglio 1973 – 14 marzo 1974) e il 4 marzo 1980 Ministro della Marina Mercantile nel I governo Cossiga, in sostituzione di Franco Evangelisti, dimissionario. Viene confermato allo stesso posto nel II governo Cossiga (4 aprile 1980 – 18 ottobre 1980), e poi ancora successivamente ricopre il ruolo di ministro del turismo, sport e spettacolo dal 18 ottobre 1980 al 4 agosto 1983, nei governi Forlani, Spadolini I e II e Fanfani V. Un uomo di enorme carisma e peso politico, che non ha mai dimenticato la sua terra di origine e che quando poteva tornava sempre a San Nicola da Crissa per rivedere vecchi amici di infanzia e parenti ancora residenti alle porte di Vibo.

Diventa Sindaco di Roma Capitale per una strana coincidenza, forse neanche prevista. In vista delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Roma del maggio 1985, l’allora segretario nazionale del partito Ciriaco De Mita lo vuole commissario del comitato romano della Dc. Capolista, è eletto consigliere comunale, ed è sindaco dal 31 luglio 1985 al 6 agosto 1988, a capo della prima giunta di pentapartito Dc-Psi-Psdi-Pri-Pli dopo nove anni di amministrazioni di sinistra a guida comunista. Si dimetterà dall’incarico il 10 maggio 1988, per essere sostituito il 6 agosto dello stesso anno da Pietro Giubilo alla guida di una giunta di pentapartito.

Le cronache politiche di quegli anni e di quei mesi non gli rendono forse giustizia, lo accusano invece di eccessivo immobilismo, gli attacchi più diretti e più feroci gli vengono dall’ala socialista in consiglio comunale, fatto sta che sarà la sua una delle gestioni più tranquille della capitale, dove tutto sembrava essersi fermato in attesa di chissà che cosa. In compenso si guadagnò immediatamente la nomea di politico al di sopra delle parti, e la sua indiscussa integrità morale gli garantì l’ammirazione e il rispetto degli avversari politici, soprattutto dei comunisti.

Il 1989 è l’anno in cui annuncia di volersi definitivamente ritirare dalla vita politica, dopo essere stato anche Presidente del Credito Sportivo Italiano. Ricordo ancora il giudizio forte che di lui dava continuamente il senatore Antonino Murmura, democristiano come lui e come lui originario del vibonese “La Calabria deve andare fiera di questo figlio di San Nicola da Crissa che a Roma ha insegnato il senso dello Stato e della democrazia a leader di partito molto più illustri e forse molto più fortunati di lui”. Ai funerali che si terranno domani a Roma si prevede una folla enorme di calabresi, ma non dimentichiamo mai che i calabresi di Roma ormai sono oltre 500 mila.

Dopo la sua morte ci lascia un saggio quasi autobiografico, “A piccoli passi – Storie di un militante dal 1943 al 1988″, Roma, Newton Compton Editori, 2011, e in cui racconta il percorso di un giovane calabrese che arriva a Roma e diventa suo malgrado protagonista di primo piano della vita e della storia della Capitale. Appunto, la sua vita e la sua storia politica. (pn)

Addio a Geltrude Buffone Guarasci, vedova del compianto Antonio Guarasci

di FRANCO BARTUCCISi è spenta serenamente nella sua casa di Cosenza, in Via Idria, nella tarda serata di lunedì 26 dicembre 2022, la signora Geltrude Buffone Guarasci, vedova del compianto prof. Antonio Guarasci, primo Presidente della Giunta regionale della Calabria.

Per onorarne la memoria nel 1983 fondò la Fondazione Antonio Guarasci che si distinse per oltre un quarto di secolo, con il lavoro dei vari presidenti e  comitati direttivi, con il conferimento di borse di studio a favore di giovani studenti meritevoli e bisognosi del Liceo Scientifico “Antonio Guarasci” di Rogliano; nonché per l’ istituzione, in collaborazione con le Facoltà di Economia e di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria, delle Cattedre intestate alla memoria del marito, prof. Antonio Guarasci, che consentirono a circa duemila giovani laureati calabresi di seguire dei corsi di specializzazione in materia economica, sociale, politica ed umanistica abbastanza partecipate per effetto di valenti studiosi e docenti universitari dell’Ateneo Calabrese e da Altre sedi universitarie.

Non si può trascurare di citare gli innumerevoli incontri e convegni  promossi dalla Fondazione che hanno visto la partecipazione di Ministri e uomini politici di caratura e fama nazionale e regionale sempre disponibili a dare i loro consensi di partecipazione e adesione alle varie iniziative per dare lustro alla figura del Presidente Antonio Guarasci, suo stimato ed amato consorte.

Per farne memoria di tutte le iniziative volle  che la Fondazione si dotasse di un proprio giornale mensile, la cui testata fu regolarmente registrata come “Fondazione Antonio Guarasci”, la cui direzione fu affidata all’inizio al giornalista Anton Livio Perfetti e poi a chi in questo momento ne sta tracciando un breve profilo di ricordo e commemorazione.

Con la Fondazione ha sempre tenuto e si è impegnata con grande dedizione e mobilitazione a celebrare a Rogliano, in collaborazione con l’Amministrazione comunale, nella giornata del 2 ottobre di ogni anno l’evento più avvertito per se e la comunità roglianese che ricordasse la ricorrenza della scomparsa del marito, primo Presidente della Giunta regionale della Calabria, abbinando la consegna dei premi agli studenti meritevoli e bisognosi del locale Liceo Scientifico al grande convegno o giornata di studio su temi di grande attualità, legati allo sviluppo della Regione Calabria. Solo con la manifestazione della pandemia nel 2020 tale iniziativa non ha avuto luogo.

Il suo nome e il suo saper fare, a tutela della memoria del marito, era punto di riferimento e richiamo per i Sindaci della Città di Cosenza,  dei Presidenti dell’Amministrazione Provinciale e della stessa Regione, ai quali oggi, più che mai corre l’obbligo di continuarne l’opera che resta pur sempre un centro di aggiornamento, formazione, crescita culturale e di forte socializzazione. Era cercata, stimata ed amata come donna Geltrude.

Il funerale si è svolto nella mattinata di  mercoledì 28 dicembre nella Chiesa di San Pietro Apostolo di Rogliano, dove per anni nella giornata del 2 ottobre si è svolta la cerimonia celebrativa della scomparsa drammatica del marito, alla presenza di numerosi amici, familiari e tanti studenti delle Scuole Superiori di Rogliano. Da adesso in poi farà il suo riposo eterno accanto ai resti mortali del suo adorato marito Antonio Guarasci. Ai viventi, suoi estimatori, il compito di conservarne la memoria, la storia del loro profondo amore, quale segno di una vita che continua in pace, serenità ed amore nel contesto della società dove si è chiamati a vivere. (fb)

Al calabrese Giuseppe Ferraro il Premio “Giorgio Palmieri”

di ANNA MARIA VENTURAIl prestigioso Premio per la ricerca storica “Giorgio Palmieri”, ideato e organizzato dall’Istituto regionale per gli Studi Storici del Molise “Vincenzo Cuoco“, è giunto alla terza edizione.

È nato al fine di onorare la memoria di Giorgio Palmieri, autore di numerose opere, ma soprattutto ricercatore e studioso appassionato della sua terra, promotore di studi sulla storia del Molise, del Mezzogiorno d’Italia e dei principali protagonisti del mondo culturale meridionale tra il XVIII e XX secolo. L’intento principale del Premio è quello di trasmettere alle nuove generazioni, attraverso il ricordo del rimpianto studioso molisano, lo stimolo a proseguire sulle tracce del suo alacre lavoro che si è sviluppato in oltre vent’anni intorno all’attività “degli uomini del piombo e del libro” e dei protagonisti della storia culturale del Mezzogiorno d’Italia: non solo di quelli maggiori, ma anche di quella “intellighenzia” per lo più dimenticata, che ha contribuito alla conoscenza della storia del territorio meridionale.

Muovendo da tali premesse, lo scopo affidato all’istituzione del Premio è di incoraggiare concretamente la ricerca storica e la sua divulgazione tra gli studiosi, i giovani ricercatori e gli studenti degli istituti scolastici della regione, sostenendo, anche sul piano economico, la promozione di studi e indagini riguardanti le forme della circolazione culturale di uomini, idee, imprese che hanno caratterizzato la storia del Mezzogiorno d’Italia. 

Per l’edizione 2022 il Premio è stato assegnato al calabrese Giuseppe Ferraro per il recente saggio Vincenzo Padula e i briganti. Storiografia e discorso pubblico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2021.

Giuseppe Ferraro, originario di Longobucco, Professore di Storia nei Licei, nonostante la sua giovane età, è uno studioso ricercatore ed appassionato esperto di Storia, che ha già conquistato larga fama con le sue pubblicazioni, che evidenziano  lo spessore storiografico dell’autore, un meridionalista che guarda all’Italia e all’Europa, ma anche alle esigenze formative del sistema scolastico e universitario. La Calabria può essere orgogliosa di questo suo figlio, che operando nella sua terra e per la sua terra porta in alto il nome della Calabria.  Dirige l’Istituto per la storia del Risorgimento italianoComitato provinciale di Cosenza e l’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea.

È socio onorario AIParC Cosenza. Ha collaborato e collabora con diverse università e centri di ricerca. Fa parte dal 2018 del Centro studi Paolo Prodi per la storia costituzionale dell’Università di Bologna, attivo presso la cattedra di Storia contemporanea dell’Università del Salento. Ha redatto voci biografiche per il Dizionario biografico della Treccani. Le sue pubblicazioni riguardano la storia del Risorgimento, la Prima guerra mondiale, il fascismo, la Resistenza, si occupa anche di formazione docenti.  Alla ricerca storica da anni affianca la promozione della didattica della storia nelle scuole e nelle università, in questo settore coordina la commissione didattica dell’ICSAIC ed è membro nazionale della commissione scuola e didattica dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri.

Numerosi riconoscimenti e premi confermano che i lavori di Ferraro sono divenuti un significativo punto di riferimento nel panorama italiano degli studi storici e storiografici. Per citarne alcuni: nel 2015 il “Premio nazionale Pier Paolo D’Attorre” (Ravenna) e “Giovani ricercatori  Ferramonti di Tarsia”; nel 2016 il “Premio nazionale Spadolini(Firenze); nel 2017  il “Premio letterario nazionale Troccoli Magna Graecia”; il “Premio per la storia Mons. Giuseppe de Capua; il “Premio letterario nazionale Amaro Silano”; la menzione speciale della giuria del “Premio Sele d’oro”. Il suo volume “Il prefetto e i briganti. La Calabria e l’unificazione italiana” ,Le Monnier Mondadori,2016, risultava tra i 5 finalisti “Opera prima” del “Premio Società italiana per lo studio della storia contemporanea”. 

Dedicata al brigantaggio è anche l’opera che ha ricevuto il “Premio Giorgio Palmieri dal titolo Vincenzo Padula e i briganti. Storiografia e discorso pubblico, nella quale Giuseppe Ferraro affronta il tema del brigantaggio nella sua genesi storica, ma anche nel dibattito pubblico attuale. 

Il brigantaggio negli ultimi anni è al centro di un dibattito pubblico spesso polarizzato su posizioni contrastanti, ma non sempre suffragato dall’indagine storico-critica. Attraverso gli scritti di Vincenzo Padula, apparsi su «Il Bruzio», l’autore ha voluto approfondire una pagina cruciale di un fenomeno complesso e radicato sia nella storia dell’Italia meridionale che nel discorso pubblico attuale. Dall’analisi degli scritti Ferraro fa emergere  come Padula abbia approfondito la complessità del fenomeno, le sue radici di lungo periodo e le diverse energie che si fronteggiarono al suo interno. I temi e gli interrogativi posti da Padula portano ancora oggi a confrontarci con la storia dell’Ottocento e del brigantaggio meridionale con uno sguardo non solo territoriale. 

In effetti nel marzo 1861, mentre si proclamava l’Unità d’Italia, il Regno delle Due Sicilie era in fiamme. Il Sud, deluso dalle false promesse dei Savoia, la riforma agraria, su tutte, è in rivolta. «Brigantaggio » è il termine dispregiativo con cui fu bollato il braccio armato dello scontento meridionale. Anche sul piano delle definizioni, a briganti e brigantesse i conquistatori non riconobbero mai il ruolo di «nemico». Erano solo briganti, cioè banditi, criminali. In realtà, quel fenomeno è molto mutato nei dieci anni e più che seguirono l’Unità d’Italia. All’inizio è accertato che alcune delle milizie e proteste di popolo mirassero a riportare sul trono i Borbone.

Poi, le motivazioni «politiche» del Meridione in armi andarono via, via, sfumando. Non si combatteva più per i Borbone, si combatteva per fame. Dopo anni di guerra  il Sud era in ginocchio. C’era bisogno di investimenti straordinari, di infrastrutture, di riforme. Non arrivarono nè gli uni, nè le altre e così i meridionali che decisero di lasciare il fucile misero la loro vita in una «valigia di cartone», emigrarono. Ancora oggi l’emigrazione non si è fermata, interi paesi sono abbandonati, i giovani vanno via portandosi dietro sogni e speranze. Quando vedremo un po’ di luce splendere anche al sud? Forse dovremo farci per sempre bastare quella del sole, che invece ha scelto di restare e continua ad elargire il suo calore più intenso alle nostre povere  belle terre! Ma se abbiamo nella nostra Calabria giovani studiosi e appassionati, del calibro di Giuseppe Ferraro, che passano al vaglio della critica le vicende della storia passata, anche quelle piccole della microstoria della nostra regione, per inserirle nel più ampio panorama della macrostoria nazionale, allora possiamo sperare nella rinascita della nostra regione, che pur è stata culla di civiltà.   (amv)

Al giornalista Fabio Belcastro il Premio Locride 2022

Prestigioso riconoscimento per Fabio Belcastro, giornalista de Il Quotidiano del Sud, che è stato premiato col Premio Locride 2022.

La premiazione è avvenuta nei giorni scorsi nei locali dell’Auditorium del Liceo delle Scienze Umane e Linguistico “G. Mazzini” di Locri.

La rassegna (che ha avuto inizio lo scorso mese di novembre a Cosenza, ove, presso il Teatro Rendano, sono stati insigniti del medesimo riconoscimento i celebri artisti Daniele Silvestri e Piero Monterisi). Assieme al giornalista Fabio Belcastro (figlio d’arte) altri suoi colleghi hanno ritirato il medesimo premio.

«Al Dottor. Fabio Belcastro – così scritto nella targa del Premo Locride 2022 – il ringraziamento più autentico per il meritorio impegno umano e professionale, investito nel tempo con costanza e determinazione, per lo sviluppo culturale e sociale del territorio Locride».

Il “Premio Locride”, voluto dai Licei “G. Mazzini” di Locri e dalla Fondazione Woods Locri (per la direzione artistica di Bruno Panuzzo), s’incarica di rendere omaggio alle innumerevoli Eccellenze locridee che si sono distinte, nel tempo, in merito alla valorizzazione umana, sociale, artistica e culturale del territorio.

«Si è cercato di omaggiare quelle personalità, che con grande impegno e senza nulla a pretendere, si sono spese nella valorizzazione dei progetti realizzati dal mondo della scuola e dall’associazionismo», ha affermato l’ideatore del premio il Patron Bruno Panuzzo.

Fabio Belcastro intraprende la sua carriera di cronista subito dopo la morte del padre Agostino, storico corrispondente del Quotidiano del Sud che circa tre anni e mezzo fa ha abbandonato la vita terrena a causa di una malattia fulminante. Da quel giorno il figlio Fabio, con forte determinazione e incoraggiato dai colleghi della grande famiglia del Quotidiano del Sud, ha impugnato la penna è dietro tante difficoltà ha iniziato a scrivere, giorno e notte, in ogni momento, perché lui stesso afferma “ogni volta che scrivo, mi sento più vicino a mio padre”.

Fabio Belcastro nel mondo dell’informazione regina è inserito in maniera uniforme, come lo era suo padre prima di lui, infatti, oltre che scrivere per una delle più importanti testate giornalistiche del Sud Italia dirige anche l’Ufficio Stampa dell’Istituto Nazionale Azzurro (istituzione no profit, molto conosciuta per la sua opera di carità in ambito nazionale ed internazionale).

Un altro brillante risultato il giornalista Belcastro lo ha incassato lo scorso mese di Agosto dove è stato insignito del Premio Nazionale Reggio Calabria Day, l’ambito premio che è stato distribuito tra coloro che si sono distinti ognuno nei loro settori e che si sono prodigati a dare il giusto valore alla cultura, nel mondo dello spettacolo, dell’imprenditoria, delle forze dell’ordine, mostrando e portando nel resto del pianeta le bellezze naturali e culturali della Città dello Stretto e provincia. (rrc)

Fortunato Amarelli Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana

Prestigioso riconoscimento per l’imprenditore cosentino Fortunato Amarelli, che è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.

Cinquanta anni, laurea in Giurisprudenza e master alla SDA Bocconi, Fortunato Amarelli è Amministratore Delegato della Amarelli Fabbrica di Liquirizia di Rossano e rappresenta la dodicesima generazione di una famiglia di imprenditori che opera sin dal 1731 nella produzione della liquirizia. I prodotti dell’azienda sono conosciuti in tutto il mondo e commercializzati in oltre 26 Paesi. Il Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli”, ubicato accanto allo storico palazzo di famiglia e sede della fabbrica, è il secondo museo d’impresa più visitato in Italia. Fortunato Amarelli ricopre anche gli incarichi di presidente del Digital Innovation Hub Calabria, consigliere nazionale Associazione Italiana delle Aziende Familiari e Unione Imprese storiche d’Italia, componente del Comitato di Presidenza Unindustria Calabria.

«Siamo felici per il riconoscimento che il presidente della Repubblica Mattarella ha inteso conferire al massimo rappresentante degli industriali nella nostra provincia attraverso le mani del Prefetto della provincia Vittoria Ciaramella – commenta il vicepresidente nazionale Ance e presidente di Ance Calabria e Cosenza, Giovan Battista Perciaccante – perché premia un impegno serio e tenace teso alla promozione della cultura d’impresa come generatrice di ricchezza per il territorio, che mette al centro i temi dell’etica e della legalità, che sa valorizzare da protagonista il Made in Calabria ed il Made in Italy. Insieme al collega Natale Mazzuca del Comitato di Presidenza, ai colleghi del Consiglio Direttivo e al Direttore Rosario Branda con la struttura tecnica formuliamo i migliori auguri per il prestigioso attestato».

«Sono onorato per l’onorificenza ricevuta – ha commentato il Cavaliere Fortunato Amarelli – e sono grato alle tante persone che lavorano con me e condividono progetti, impegni, visioni. Mi preme lodare il lavoro di tantissime persone impegnate in Confindustria ai vari livelli e quelle che operano nella mia azienda. Nel lavoro che facciamo dedichiamo tutte le energie possibili. La nostra è una missione, rappresentiamo la Calabria al meglio delle nostre possibilità». (rrm)