DOPO LA DÉBÂCLE UMBRA NESSUNA INTESA CON I DEM - OLIVERIO STUDIA UNA MOSSA A SORPRESA PER LA DATA ;
Nicola Irto

Di Maio: «Alle regionali il M5S correrà da solo». E il PD punta sul presidente Irto a Governatore

di SANTO STRATI – Dopo il niet di Luigi Di Maio a intese con i dem per le prossime regionali, tra gli umori contrastanti dei parlamentari Cinque Stelle calabresi, il PD si trova in serio imbarazzo: nega il simbolo al presidente uscente Mario Oliverio ma non ha l’uomo giusto da candidare a governatore. Anzi, no. In realtà l’uomo c’è e si chiama Nicola Irto, attuale presidente del Consiglio regionale, unica carta da giocare in una competizione che si preannuncia burrascosa e imprevedibile. La figura di Irto è pulita, potrebbe raccogliere il consenso di una base sempre più disorientata e smarrita, ma il presidente del Consiglio si schermisce e ha qualche riserva a diventare l’antagonista dell’«amico» Oliverio (che si presenterà con una sua lista civica).

Nicola Zingaretti, del resto, in una lettera al Corriere della Sera di oggi individua la debolezza del partito: «Negli anni della dispersione – ha scritto – ci abbiamo messo anche qualcosa di nostro: una storia di conflitti, separazioni, di chiusure e a volte di egoismi: il rintanarsi nel proprio io, quando era essenziale far sentire al popolo la forza del noi e la voglia di sentirsi parte di una comunità». Contro la deriva conservatrice che continua a mietere successi è il riconoscimento dell’incapacità di valorizzare la propria forza: se ci fate caso, quello democratico è l’unico in parlamento che si presenta come “partito”. Le altre forze giocano coi nomi e con le suggestioni, come se essere “partito” fosse diventato un peccato originale da cui redimersi. Invece, la forte affluenza umbra indica chiaramente che esiste, nel Paese, la voglia di essere protagonisti e vivere la politica da parte dei cittadini, delusi sì ma non rassegnati.

Il primo partito in Calabria è quello degli astenuti: alle passate elezioni votò poco più del 43%, il rischio di un incremento delle astensioni è concreto a fronte dell’indebolimento della politica intesa come strumento del fare per il bene comune. Come, naturalmente, in Calabria non è stato, sin dalla nascita delle Regioni. Il regionalismo doveva diventare il fulcro di una rinnovata partecipazione di popolo alle scelte decisionali per il futuro: le percentuali dell’astensionismo indicano la risposta che viene fuori nella valutazione di quello che è stato. Delusione, sconforto e mancanza di fiducia. Gli elettori calabresi hanno bisogno di ritrovare questa fiducia: lo capiranno mai i candidati a Governatore?

Il prossimo 24 novembre la consiliatura regionale della Calabria sarà ufficialmente conclusa, ma il presidente Oliverio continua a traccheggiare sulla data, tormentato da una duplice tentazione: votare subito, il 15 dicembre, e spiazzare gli avversari che avranno così pochissimo tempo a gestire una difficile campagna elettorale, o rinviare al 26 gennaio, “godendo” di altri due mesi di legislatura regionale (esercizio del potere, stipendi, nomine, ecc). Politicamente, la scelta più azzeccata sarebbe quella di dicembre, ma dal centro destra fanno notare che Oliverio non avrebbe ancora pronte le liste, dato che sperava fino all’ultimo a un ripensamento da Roma sulla sua ricandidatura. In ogni caso, è opportuno sottolineare che questa altalena di rinvii sulla decisione della data delle elezioni crea ulteriore sconforto su un elettorato fin troppo confuso. Una sfida sulla data ravvicinata l’ha lanciata il candidato indipendente Giuseppe Nucera (vedi l’intervista di Calabria.Live), già presidente degli industriali reggini, che sta facendo una promettente campagna elettorale incontrando i calabresi in lungo e in largo: «Non abbiamo alcuna paura, anche il 15 dicembre – nonostante gli inevitabili problemi organizzativi che deriverebbero da questa scelta – per noi andrebbe bene». La data del 15 dicembre equivarrebbe a una campagna di un mese e mezzo, troppo poco, secondo i tradizionali canoni cui si era abituati prima dell’avvento dei social, ma in 45 giorni si possono fare miracoli in termini di comunicazione mirata.

Ne sanno qualcosa i grillini calabresi che ieri sia alla Camera che in Senato non nascondevano qualche mugugno. Dell’auto-candidatura di Dalila Nesci (vedi l’intervista) abbiamo già riferito qualche settimana fa: oltre al «non se ne parla» di Di Maio la parlamentare di Tropea non trova larghi consensi tra i colleghi calabresi, a partire da Nicola Morra, attuale presidente della Commissione Antimafia, e di cui si ventilava un certo interesse verso la Cittadella di Germaneto. Il sen. Morra, ieri in Senato, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione a Calabria.Live, ma lo si vedeva super impegnato ad ascoltare e troncare suggestioni e proposte che venivano da parte dei parlamentari pentastellati. La crisi all’interno del Movimento Cinque Stelle è evidente e l’assedio al capo politico Di Maio risulta sempre più irreversibile. La base non condivide più le sue scelte, anche se la contestazione viene fatta a bassa voce, fatte salve alcune uscite estemporanee di parlamentari in conclamato dissenso (sono troppi a non perdonargli l’esclusione o il rinnovo di incarichi governativi) e il caso Calabria sarà un elemento che incrinerà ancor di più la supremazia di Di Maio. Il quale, erroneamente, sta sottovalutando gli effetti di un disastro annunciato anche in Calabria, dove il M5S il 4 marzo dello scorso anno, inaspettatamente, divenne il primo partito. La Nesci, provocatoriamente, ha mandato a dire a Morra che lo sosterrebbe se volesse candidarsi, ma, in realtà, la giovane deputata pensa di poter essere ancora in gioco. Nomi per la Calabria in ambiente grillino ne corrono troppi: è un evidente segnale che non c’è, al momento, alcuno spiraglio di accordo, ma soprattutto è rivelatore di una debolezza del Movimento che non ha neanche accennato a un ipotetico programma di governo regionale. Niente candidati, niente programma: facile trarre le conclusioni…

Se però Atene piange, Sparta non ride: nel centro-destra le acque si avviano a diventare molto agitate, soprattutto dopo il successo di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni in Umbria. Il misero 5,5% conquistato (a fatica) da Forza Italia non impedisce agli azzurri a rivendicare la Presidenza della Regione, ma – come abbiamo riferito qualche giorno fa nell’intervista a Cristian Invernizzi, commissario della Lega in Calabria, c’è il veto di Salvini su Mario Occhiuto. Ed è un veto di non poco peso, soprattutto dopo il risultato in Umbria: in questi giorni è previsto un incontro “definitivo” tra le tre componenti del centro-destra per trovare la quadra. Berlusconi ha chiesto un parere legale sulla posizione giudiziaria del sindaco di Cosenza (colpito da diverse indagini e appena rinviato a giudizio insieme con Oliverio per Lande desolate), ma la sensazione è che, salvo compromessi di grande peso politico, Forza Italia sarà costretta a proporre un altro candidato. Le voci che danno “in riscaldamento” l’attuale sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, si scontrano ancora una volta con le inchieste giudiziarie: anche Abramo ha qualche pendenza ancora in sospeso e sicuramente avrebbe un ulteriore veto da parte di Salvini che vuole una figura “immacolata” per Governatore. Quindi, bisogna pensare che, in caso di un (impensabile) ritiro di Occhiuto, il centro-destra dovrà proporre un uomo nuovo (il deputato Francesco Cannizzaro?) da mettere in competizione con Irto (se accetterà di correre) o con gli outsider (Giuseppe Nucera e Carlo Tansi) da cui ci si potrebbe aspettare qualche sorpresa.

Lo scenario regionale, senza il candidato Occhiuto (che potrebbe, però, anche pensare di correre con una lista propria senza il sostegno della Lega) diventerebbe ancora più ingarbugliato: sette-otto candidati con percentuali massime di successo al di sotto del 10-15% (sempre che non ci sia un’inversione di tendenza nel temuto astensionismo). Il centro-destra unito ha buone chances di risultato, la conflittualità della Lega (che comunque in Calabria non vanta le larghe simpatie dichiarate) porterebbe decisamente a una débâcle garantita. Il PD si deve giocarsi quel poco di credibilità che ancora gli resta in Calabria, i Cinque Stelle hanno altri litigi per le mani: dunque, il nuovo Governatore – di qualunque colore esso sarà – che viene fuori da tale scenario avrà una percentuale modesta di suffragi e sicuramente qualche difficoltà a costituire una Giunta in grado di affrontare anni fondamentali per il rilancio e la crescita della Calabria. Questa terra non se lo può permettere. (s)