di SANTO STRATI – È passato giusto un anno, non ce ne siamo forse nemmeno accorti. La pandemia ha stravolto le nostre abitudini, ha rivoluzionato la personale misura del tempo che ognuno gestisce in maniera diversa e ineguale, ha tranciato socialità e semplici gesti che oggi non sembrano più banali come apparivano. Il 26 gennaio 2020 i calabresi andavano alle urne per rinnovare il Consiglio regionale e sceglievano Jole Santelli. Prima donna presidente di Regione, in tutto il Mezzogiorno, con una insospettata carica di vitalità e voglia di innovazione che avrebbero stupito anche i più scettici e disorientato qualche avversario politico. La compianta Jole pensava di avere più tempo da dedicare alla sua Calabria, invece ha lasciato un grande vuoto, proprio quando stava conquistando gran parte dei suoi conterranei. Un vuoto, ahimè, malamente coperto in attesa di un voto che s’allontana ogni giorno di più.
Sembra una pellicola d’altri tempi: i confronti verbali, animosi e veementi, tra quattro competitor di cui due, in ogni caso, già fuori gioco prim’ancora dell’apertura delle urne. Una legge elettorale che ignorava il voto disgiunto e non prevedeva la clausola della parità di genere. Quest’ultima norma è stata sanata, prima che ci dovesse pensare il Governo per decreto; è rimasta fuori quella del voto disgiunto che mancherà ancora una volta al prossimo appuntamento elettorale. Una norma che permette di scegliere un Presidente e assegnare a una lista avversaria il voto di preferenza, appunto in maniera disgiunta: chissà se con Pippo Callipo avrebbe funzionato. A proposito, secondo la Regione si vota l’11 aprile, la domenica dopo Pasqua, ma è una data che non trova credibilità vista la situazione della pandemia. ufficialmente l’emergenza è stata estesa a tutto aprile, quindi non si capisce come si possa pensare di allestire i seggi elettorali. La data più probabile rimane quella del 9 giugno destinato a diventare un election-day (si vota per il rinnovo dei sindaci di Roma, Milano, Napoli, etc) a cui si aggiungerà, con buona probabilità la consultazione calabrese.
Per la quale, occorre dirlo, si continua a registrare un’incertezza che lascia perplessi gli osservatori, ma soprattutto stranisce gli elettori. Escludendo l’immediata presentazione delle liste di Carlo Tansi (con capofila quella di Tesoro di Calabria, che aveva già corso – senza successo – lo scorso gennaio) e l’annuncio del sindaco di Napoli, non ancora ex, ma pronto alla sfida calabrese Luigi De Magistris, sia nel centro-destra che nel centro-sinistra tutto tace. Ovvero, non è proprio così, ma il vizio della sinistra divisiva più che mai, che non trae alcun insegnamento dalle batoste passate, rimane in primo piano, quasi allineato al silenzio tutt’altro che magico della destra. Circolano, ovviamente, tanti nomi, si prefigurano scenari insostenibili e fantasiosi, ma allo stesso tempo non si creano le condizioni per offrire agli elettori un quadro di riferimento, una sottospecie di programma – dall’una e dall’altra parte – che aiuti a motivare una scelta di campo.
In questa incertezza e nel disorientamento pressoché totale è ovvio che la posizione di De Magistris, amato e odiato in pari misura in Calabria, trova terreno fertile tra i delusi della politica tradizionale, i fuoriusciti del partitismo sopra tutto, i sognatori e i disgustati delle elezioni: il civismo che Tansi ha lanciato (con buoni risultati a Crotone) può trovare ampia replica a livello regionale e una figura come quella del sindaco di Napoli può rappresentare l’elemento di “rottura” con il passato e un segnale di prospettiva per la nascente nuova consiliatura. C’è l’intesa Tansi-De Magistris? Lo ribadiamo: se Tansi accetta di fare il vice ci sono buone possibilità di raccogliere consensi e i numeri necessari a impensierire destra e sinistra; se Tansi continua a credere che senza di lui c’è solo il diluvio, ci sarà solo una corposa dispersione di voti e la battaglia sarà di nuovo a due e nessuno dei due avrà la maglia arancione.
Sembrano maturi i tempi per una netta affermazione del cosiddetto civismo, ma non bisogna dimenticare che in ogni elezione la differenza la fanno i numeri. Tansi viaggia oggi in una forbice tra il 7 e il 10% di consensi, più o meno le stesse percentuali di partenza che potrebbe vantare De Magistris. Con grande generosità si può ipotizzare un 20% di base, cui aggiungere un 3-4% dei Cinque stelle e un altro generoso 3-4% di liste civiche di supporto: arriviamo al 28%. Se si associano i voti dei democratici, la musica cambia e cominciano i dolori per la destra. Ma gran parte degli elettori calabresi del pd non è detto che abbraccino senza riserve l’ipotesi De Magistris, anzi la tendenza è proprio all’opposto. Di certo De Magistris non potrà contare sui voti dei fedelissimi di Oliverio, il quale non si candida ma – secondo noi – ha un asso nella manica da lanciare al momento opportuno – per sparigliare i giochi nel centro-sinistra. Il candidato ideale Nicola Irto (già presidente del Consiglio regionale e oggi uno dei vice) non trova a Roma lo spazio che meriterebbe e provoca conflittualità continue tra le varie posizioni. L’alternativa sarebbe Antonio Viscomi (già vicepresidente della Regione con Oliverio, oggi deputato) che però non trova consensi nella provincia reggina e nel Catanzarese. E allora? C’è il rischio che De Magistris si trovi a correre (e vincere) per assenza di avversari a sinistra. L’esperienza (infelice) con Callipo dovrebbe, però, far riflettere il Nazareno e gran parte della Direzione dem.
Diversa la situazione in casa del centro-destra. Salvini, con mossa intelligente ha sostituito il suo fedelissimo Cristian Invernizzi, commissario per la Calabria, con un segretario vero, espressione del territorio (l’avv. Gianfranco Saccomanno di Rosarno) e gli ha messo a fianco il sindaco di Taurianova, Roy Biasi, che è stata l’unica gioia per la Lega alle ultime elezioni amministrative del Reggino: non cambierà molto per i numeri che può raccogliere in Calabria, ma almeno non ci saranno mal di pancia tra i candidati che Saccomanno non saprà curare.
Forza Italia che detiene il diritto (?) di avere il presidente ha molti nomi da spendere, ma non ne fa nemmeno uno. Non vuole giocare sulla sorpresa, in realtà sta aspettando di capire cosa succede al Governo. Il Conte Ter, che appare la soluzione più probabile, non cambierebbe gli attuali equilibri politici in Calabria, ma se la situazione – assurdamente – dovesse precipitare e si realizzasse la fine anticipata della legislatura, beh, le cose cambierebbero radicalmente. Non c’è posto per tutti i parlamentari uscenti, ognuno cercherà soluzioni alternative e la Presidenza della Regione diventa, allora, un obiettivo seducente. Il riferimento, per chi non l’avesse capito, è per il deputato Francesco Cannizzaro, attuale responsabile provinciale di Forza Italia, che vanta amicizie trasversali e importanti e non scarterebbe l’idea di correre in prima persona, a dispetto dei vari Roberto Occhiuto, Gianluca Gallo, o della valida alternativa femminile Maria Limardo (attuale sindaca di Vibo Valentia).
La giornata di oggi, con il presidente Conte che presenta le dimissioni a Mattarella e sancisce la fine del suo governo è una giornata che fa dimenticare il 26 gennaio di un anno fa: in attesa di aspettare la notizia del reincarico, il pensiero non può non correre a dodici mesi fa. Eravamo felici e non lo sapevamo: non c’era la pandemia, il ministro per il Sud Peppe Provenzano stava limando il suo fantastico Piano per il Sud da 100 miliardi in dieci anni, e i calabresi andavano a scegliere il nuovo Consiglio regionale. Un anno dopo siamo in emergenza covid, in piena crisi economica, e senza governo. Non c’è da stare allegri. (s)