NONOSTANTE ATTRAVERSI TRE REGIONI E TOCCHI QUATTRO CAPOLUOGHI, È UNA LINEA A BINARIO UNICO;
FERROVIA JONICA, LA VERGOGNA DEL SUD SERCE UNA RADICALE RIQUALIFICAZIONE

FERROVIA JONICA, LA VERGOGNA DEL SUD
SERVE UNA RADICALE RIQUALIFICAZIONE

di ROBERTO DI MARIA – Della Strada Statale 106 abbiamo tutti sentito parlare, con particolare riferimento alle traversie relative alla sua riqualificazione: da vecchia e pericolosa “strada nazionale” a moderna strada di grande comunicazione che non decolla, come invece è successo per strade come la pedemontana veneta o la BreBeMi, prima realizzate e poi rivelatesi molto meno utili (ed utilizzate) del previsto.

Ma accanto a questa strada dalle mille vicissitudini corre un’infrastruttura altrettanto sfortunata e dimenticata: la ferrovia Jonica. 

Una linea ancora oggi a binario unico, per la maggior parte non elettrificata, nonostante attraversi tre regioni italiane e tocchi quattro capoluoghi.

Sulle sue prestazioni, bastano soltanto alcuni dati: l’orario Trenitalia prevede, ogni giorno, due sole possibilità di percorrere l’intera linea per tutti i 472 km che separano Reggio Calabria Centrale da Taranto. Si tratta di viaggi effettuati con treni “Intercity”: la percorrenza migliore è quella del 564 che impiega 6 ore e 35 minuti, con una velocità media di 71,7 km/h. 

L’altro Intercity, il 562, riesce a fare di peggio: impiega 7 ore e 13 minuti (velocità media 65,4 km/h).

In realtà, Trenitalia dà la possibilità, al viaggiatore, di guadagnare qualche minuto, attraverso improbabili quanto avventurosi percorsi che non interessano interamente la Jonica. 

Il sito Trenitalia.com prevede altre quattro possibilità, infatti, per andare da Reggio Calabria a Taranto; di queste, due prevedono l’instradamento lungo la linea tirrenica fino a Paola. La più veloce prevede ben tre cambi: a Paola per prendere un treno verso Cosenza, quindi un secondo cambio a Castiglione Cosentino in direzione Sibari e poi un terzo cambio in quest’ultima stazione per “recuperare” l’Intercity 562 sulla Jonica. 

Nonostante queste peripezie, il viaggio consente di risparmiare la bellezza di 35 minuti (su oltre sette ore…!) ma questo vantaggio costa caro: il biglietto si paga più del doppio rispetto a quello del viaggio senza cambi (46,80€ contro 21,90 €), probabilmente perché coinvolge un “Frecciarossa” tra Reggio C. e Paola.

Ma le stranezze non finiscono qui: altre due opzioni di viaggio, tra le sei possibili, prevedono l’utilizzo del… pullman. Si, proprio il mezzo su gomma, che mai ci aspetteremmo sulle pagine del gestore ferroviario. Tralasciando quella che propone addirittura il cambio a Battipaglia (raggiunta da Reggio C. con un Frecciargento) per procedere da qui a Taranto, il potenziale cliente può scegliere di effettuare tutto il viaggio su gomma: l’opzione è quella più veloce di tutte (“solo” 5 ore e 45 minuti) a fronte di un extra-costo di 10 €; ma si parte alle 23:00 e si arriva alle 4:00… Tornando ai due lentissimi Intercity giornalieri, occorre aggiungere che il materiale rotabile con cui vengono formati appare spesso nella composizione dei “treni storici”. 

Se i vagoni risalgono agli anni ’80, con le opportune “revampizzazioni” ovvero riqualificazioni funzionali che li rendono più consoni al comfort richiesto dai passeggeri degli anni Duemila, le locomotive non possono che essere delle vecchie D445, che risalgono agli anni ’70 (le prime entrarono in esercizio nel 1975). Si, perché da allora, in Italia, non si sono più prodotte locomotive diesel per la trazione dei convogli.

Per quanto concerne i collegamenti di tipo regionale, nella maggior parte del tracciato, quella calabrese, vengono utilizzate automotrici modello ALn663/668, realizzate anch’esse, manco a dirlo, negli anni Settanta del secolo scorso. Materiale rotabile inadatto, spesso decrepito e fonte di innumerevoli disservizi per guasti e sostituzioni. Ma le prestazioni che si registrano sulla Jonica, invero, non dipendono tanto dai convogli, quanto dalla vetustà della linea: si consideri che questa ferrovia si presenta per la maggior parte nelle condizioni in cui fu inaugurata nel lontano 1875.

Fanno eccezione il tratto Taranto-Sibari (circa 122,2 km), elettrificato, ed il Reggio Calabria C.le-Melito di Porto Salvo (km 29,8), che, oltre ad essere stato elettrificato è anche stato raddoppiato alla fine del secolo scorso. Per il resto, l’andamento della linea rimane pertanto pressoché immutato da circa 150 anni, con tutte le sue criticità, raggi di curvatura in testa. In queste condizioni, non c’è materiale rotabile che tenga: le velocità massime di tracciato sono spesso limitate a 70 km/h. Senza contare che il singolo binario obbliga i treni a sostare in stazione, di tanto in tanto, per far passare i convogli in direzione opposta (i cosiddetti “incroci”); se solo uno dei due treni è in ritardo, salta la tabella di marcia anche per l’altro treno.

Eppure la linea presenta potenzialità immense: il tratto Taranto-Sibari è importantissimo per il suo ruolo di collegamento est-ovest fra costa adriatica e costa tirrenica, in funzione merci: attraverso la Paola-Cosenza-Sibari la linea consente alle merci provenienti dal porto di Gioia Tauro di raggiungere il tarantino e da qui Bari, da dove vengono instradate sulla linea costiera adriatica. Con queste potenzialità, la sola elettrificazione rappresenta un semplice upgrade tecnologico, mentre si sarebbe dovuto prevedere, nell’immediato futuro, il suo raddoppio, per incrementarne la capacità.

La parte rimanente del tracciato, va ricordato, tocca due città, rispettivamente capoluoghi di provincia e di regione: Crotone e Catanzaro. Quest’ultima può essere annoverata, insieme a Matera, come la città italiana peggio servita dalle ferrovie. Non soltanto perché la jonica tocca soltanto il quartiere costiero di Catanzaro Lido, ma perché il centro cittadino è collegato ad essa attraverso una vecchia ferrovia a cremagliera.

Nonostante ciò, l’unico sforzo di riqualificazione attualmente in atto da parte di RFI, ente gestore dell’infrastruttura, consiste nella sola elettrificazione, limitatamente alla tratta Sibari-Catanzaro Lido di 172,5 km; nulla si sta facendo per i 147,7 km che separano Catanzaro Lido da Melito di Porto Salvo. I lavori, peraltro, sono in corso da oltre 4 anni ma si sono arenati su una serie di criticità che, per una linea vecchia oltre 150 anni, non sorprendono del tutto. 

La “grana” principale, che ha dell’incredibile, si è verificata dalle parti di Cutro: la galleria (2,722 km) che sottopassa la cittadina poco a sud di Crotone, nell’unico tratto di linea che si allontana dalla costa, andrebbe risagomata per ricavare lo spazio necessario all’installazione della linea aerea di alimentazione.  La galleria è già stata interessata da interventi di consolidamento nel 2017, ovvero un anno prima che si iniziasse a lavorare all’elettrificazione. Interventi che, a quanto pare, si sono rivelati insufficienti, anche perché, probabilmente, realizzati senza tenere conto del successivo, imminente intervento. Un capolavoro di programmazione, che riguarda, per di più, lavori complessi, da realizzare in spazi angusti ed in condizioni di sicurezza critiche: problematiche che hanno comportato un incremento dei costi preventivati, al punto da suggerire ai tecnici di RFI l’abbandono dell’attuale galleria, e la sua sostituzione con una nuova di zecca.  

Nel frattempo, però, tutto si è fermato, e la tanto attesa elettrificazione sarà completata chissà quando. Una situazione che dimostra quanto sarebbe preferibile, per RFI, procedere all’integrale accantonamento delle linee che, come la jonica, presentano opere d’arte talmente “anziane” (oltre un secolo e mezzo di onorata carriera…) che non vale più la pena lavorarci sopra, con inspiegabile accanimento terapeutico. 

Svincolandosi dal tracciato esistente, si potrebbe procedere ad una vera ricostruzione delle linee ferroviarie, ponendo la necessaria attenzione anche a tutti gli altri aspetti che ne incrementano le prestazioni, allineandole definitivamente agli standard del XXI secolo

Costerebbe molto, certo, ma i benefici sarebbero immensi, perché si doterebbero territori dalle altissime potenzialità di infrastrutture in grado di sollevarli, finalmente, dall’attuale condizione di isolamento. Altrove si è fatto, al Sud si ragiona sempre con la logica del “braccino corto”, madre di mille incompiute.

Ed il PNRR, cosa prevede per la ferrovia jonica? Poco o nula, inspiegabilmente: il completamento dell’elettrificazione da Catanzaro Lido a Melito di Porto Salvo, tratta destinata comunque a rimanere rigorosamente a binario unico, e qualche miglioramento nel sistema di controllo della marcia dei treni. 

L’orizzonte temporale è quello assegnato alle opere inserite nel Piano, ovvero il 2026; ma anche su questo, c’è da scommetterci, potrebbero maturare ritardi: per motivi analoghi a quelli verificatisi a Cutro ma anche per la cattiva gestione del PNRR stesso, che già dopo un anno di vita presenta non pochi sintomi di lentezza.

Con buona pace di chi assegna all’estremità meridionale d’Italia un ruolo prioritario, in chiave europea, nello sviluppo della portualità, strettamente legata ai collegamenti ferroviari. 

La  jonica, infatti, costituirebbe insieme alla tirrenica, una indispensabile infrastruttura costiera, di collegamento di tutti i porti calabresi, consentendo loro di guardare a prospettiva molto ambiziose: i porti di Corigliano Rossano, potenzialmente, della stessa Crotone e di altre località della fascia ionica calabrese potrebbero assumere un ruolo fondamentale per la movimentazione del traffico containers su scala internazionale. 

Quindi non soltanto occorrerebbe una radicale riqualificazione della linea, ma l’estensione dei raddoppi, almeno alle tratte che necessitano una capacità maggiore, insieme la realizzazione dei raccordi portuali ed all’adeguamento del binario e delle opere d’arte ai pesi assiali più alti ed alla maggiore lunghezza dei treni merci.

Le ricadute sul territorio sarebbero facilmente immaginabili, non soltanto in termini di benefici diretti, ma anche per la quantità non trascurabile di benefici indotti dalla presenza di una linea ferroviaria rapida ed adeguata alle esigenze del XXI secolo: si pensi al traffico pendolare nelle aree attigue ai grandi capoluoghi ma anche alla facilitata penetrazione turistica verso le aree più affascinanti della Magna Grecia. 

Una visione minimamente lungimirante disegnerebbe un futuro di questo tipo per la ferrovia jonica. Le sue attuali condizioni la dicono lunga sull’attenzione che la politica ha riservato a questo territorio bellissimo e sfortunato. (rdm)