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I tirocinanti calabresi: Da Roma non ci sono sviluppi sulla nostra vertenza

Continua la vertenza dei 7 mila tirocinanti calabresi, che non hanno ricevuto notizie da Roma in merito alla loro situazione.

«Questa situazione d’incertezza – si legge in una nota – rischia di pesare notevolmente sulla devastata e infelice di questo bacino di lavoratori, che hanno vissuto per anni con la speranza che le false promesse del politico di turno potesse risolvere la loro situazione per poi trovarsi a vivere, anno dopo anno , con le varie proroghe concesse al loro tirocinio (senza diritti contributivi e previdenziali) e con la somma irrisoria di 500 € concessa soltanto al raggiungimento del monte ore previsto, e con la compiacenza da sempre della regione Calabria che ha potuto avvalersi, così, di manodopera qualificata però a basso costo di persone giovani e soprattutto di meno giovani (molti tirocinanti sono ultra 50enni)».

«I circa 7.000 tirocinanti calabresi – è stato spiegato – sono madri e padri di famiglia che prestano da anni servizio presso Enti Pubblici e Privati e presso Ministeri (Giustizia, Miur, Mibact) e che hanno visto i loro anni più belli tingersi di grigio per quei anni trascorsi nella precarietà cronica e con le continue lotte per rivendicare un’ancorata dignità al lavoro in termini di contrattualizzazione. Si tratta di manovalanza a basso costo e che garantisce da anni quei servizi strategici ed essenziali in tutto il territorio calabrese. I circa 7.000 tirocinanti calabresi hanno principalmente famiglie monoreddito e un’età anagrafica difficilmente ricollocabile nel mondo lavoro. E sul calvario dei circa 7.000 tirocinanti calabresi prostrato da anni di precarietà (benché prestino servizio con le medesime mansioni di un vero e proprio dipendente pubblico) incombe il temibile spauracchio di trovarsi presto sulla strada».

«Proseguono, nel frattempo – conclude la nota – le protese da parte dei tirocinanti calabresi che chiedono una volta per tutte dignità al lavoro e pertanto una regolarizzazione della loro annosa e precaria situazione lavorativa rifiutando nuove iniziative di proroghe che rimanderebbe la loro problematica ulteriormente e privando al contempo del loro prezioso supporto nello svolgimento di servizi essenziali per l’intera comunità». (rrm)