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Il Consiglio regionale sottoscrive una mozione per fermare la direttiva Ue

Impegnare la Regione Calabria a farsi portavoce al Governo e alle competenti istituzioni comunitarie, affinché vengano apportati i necessari correttivi alla normativa “Fit for 55” che rischia di arrecare danni irreversibili all’economia prodotta dal Porto di Gioia Tauro. È quanto chiede la mozione presentata dal presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, e dai capigruppo capigruppo di centrodestra in Consiglio regionale: Michele Comito (FI), Giuseppe Neri (Fd’I), Giuseppe Gelardi (Lega), Giacomo Crinò (Forza Azzurri), Giuseppe Graziano (Unione di Centro)  e Giuseppe De Nisi (Coraggio Italia).

«Il  nuovo regime fiscale che  entrerà in vigore il 1 gennaio 2024 – hanno spiegato – con l’applicazione della direttiva Ue ‘Fit For 55’, se non tempestivamente stoppato, rischia di arrecare danni irreversibili all’economia prodotta dall’infrastruttura portuale principale della Calabria e, più in generale,  a tutte le infrastrutture portuali italiane, oltre che all’economie del sistema sociale di tutti i paesi ospitanti analoghi realtà portuali».

«Rendere più conveniente, per i grandi vettori marittimi – hanno aggiunto – utilizzare porti di transhipment extraeuropei piuttosto che quelli comunitari, significa generare un’inaccettabile e consistente perdita di competitività degli scali europei, incluso il Porto di Gioia Tauro, una vera eccellenza della regione e del Paese».

Nella mozione si ricorda che «la Commissione Europea recentemente ha adottato un pacchetto di misure, denominato “Pronti per il 55 %” (Fit for 55”, in inglese), finalizzate al contenimento dell’inquinamento climatico, che propone una serie di iniziative legislative per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi del Green Deal europeo; – in particolare, l’Unione Europea con tale pacchetto si propone di giungere alla riduzione delle emissioni di gas serra del 55 per cento (da qui il nome del pacchetto) rispetto ai livelli del 1990, avendo come obiettivo di arrivare alla “carbon neutrality” per il 2050».

«Tale normativa – viene spiegato – entrerà in vigore il prossimo 1 gennaio 2024 e, nel settore del trasporto marittimo, comporterà l’immediata applicazione di una tassazione aggiuntiva a carico degli armatori proprietari di navi con una stazza superiore alle cinquemila tonnellate; – nello specifico, tale tassazione andrà a colpire le grandi navi portacontainer, utilizzate esclusivamente per le lunghe tratte, in quanto, sfruttando la loro stazza oggi è possibile abbattere i costi di spedizione consentendo di caricare e trasportare molta più merce in un unico viaggio; – nel pacchetto di misure “Fit for 55” è previsto che la nuova tassazione sia calcolata, oltre che in relazione alla tipologia di nave, anche in rapporto alla rotta ed alla distanza da questa percorsa, (infatti, è prevista l’applicazione del 100 % della tassazione se gli scali di partenza o destino sono ubicati in territorio comunitario ovvero, un abbattimento della tassazione del 50% se lo scalo di partenza o destino sono ubicati in territorio extra-Ue)».

Nella mozione, la maggioranza ha rilevato che «l’applicazione del nuovo regime fiscale renderà, con ogni evidenza, più conveniente, per i grandi vettori marittimi, utilizzare porti di transhipment extraeuropei piuttosto che quelli comunitari, avendo come conseguenza una consistente perdita di competitività degli scali di transhipment europei, (a titolo esemplificativo, una nave proveniente da uno scalo extraeuropeo, attraverso il canale di Suez, potrà facilmente aggirare la tassazione al 100% approdando in un porto di trasbordo nordafricano e non più, come accade oggi a Gioia Tauro, prima di arrivare alla sua destinazione finale in Europa ed ancora, una nave di passaggio nel Mediterraneo, per raggiungere l’oceano atlantico o indiano, potrà eludere tale tassazione evitando di toccare i porti Ue)».

Questa direttiva, dunque, se rimanesse così com’è stata concepita, «creerà – si legge nella mozione – uno scenario molto preoccupante poiché nel breve termine comporterà la perdita di competitività e di centralità degli scali italiani a partire da Gioia Tauro, con gravi conseguenze dal punto di vista economico, sociale ed occupazionale per l’intero sistema economico nazionale; – l’applicazione della misura Eu-Ets rischia non solo di penalizzare i porti europei a vocazione transhipment, come il porto di Gioia Tauro, ma creerà una condizione di scarsa competitività per tutti i porti di trasbordo collocati all’intero del territorio comunitario».

«In Italia quasi il 28% di tutti i container movimentati ed il 77% di quelli trasbordati (magari su navi più piccole per raggiungere porti di dimensioni inferiori) passano da Gioia Tauro – viene rilevato – e che l’hub portuale calabrese dà lavoro a quasi seimila lavoratori, 1.600 direttamente e 4.000 indirettamente (secondo i dati dell’Autorità portuale); – il porto di Gioia Tauro è evidentemente, uno tra i principali porti europei in virtù della sua capacità di accomodare le grandi navi portacontainer».

Per la maggioranza di Palazzo Campanella «imporre un tributo così esoso per i mercantili che scelgono di fare scalo nei porti europei del Mediterraneo, prima di approdare in quelli del Nord Europa o americani – viene evidenziato – appare una scelta illogica che riflette la distanza tra la visione burocratica dell’Europa e gli interessi reali dei Paesi aderenti ed al contempo, non garantisce nel complesso alcuna riduzione di gas nocivi per il nostro pianeta».

Da qui la mozione, affinché si intervenga non solo per impedire gravissimi danni al Porto di Gioia Tauro, ma anche «a tutte le infrastrutture portuali italiane oltre che all’economie del sistema sociale di tutti i paesi ospitanti analoghi realtà portuali». (rrc)