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L'Associazione Città Visibili in visita a Nicotera

L’Associazione Città Visibili in visita a Nicotera

È stato un tour per valorizzare e conoscere Nicotera, quello che è stato fatto dall’Associazione Citta Visibili. Una gita organizzata dalla presidente, Anna Misuraca e dall’assessore alla cultura del Comune, Leone, lungo le strade del borgo, che sorge su un pendio del monte Poro a 212 m sul livello del mare.

 Dall’ampia terrazza che immette nel borgo, è possibile ammirare il bellissimo panorama del golfo di Gioia Tauro e, sul lato opposto, una cinta muraria a protezione del territorio dotata di ben sette porte di accesso( soltanto una, porta Palmentieri, rimasta integra) e l’imponente castello, la cui costruzione risale alla seconda metà dell’XI sec. per volere di Roberto il Guiscardo perché vi alloggiasse una guarnigione a protezione della città. Nel corso dei secoli il maniero è stato oggetto di distruzioni a causa di assalti e di terremoti, ma sempre è stato ricostruito e adattato per rispondere a esigenze diverse nell’ambito di dominazioni diverse, pur conservando la maestosa imponenza strutturale. 

Il borgo ha origini antichissime se si pensa che il territorio fu colonizzato tra il VII e il VI sec a. C. dai greci, che lo considerarono una sub colonia di Locri, con l’appellativo di Medma. Fu una città ricca e con un importante porto ma, ben presto, l’antagonismo commerciale con le altre colonie spinse i soldati greci di Siracusa a distruggerla. In seguito una flotta romana, di ritorno da una vittoriosa battaglia contro Cartagine, notò il porto ancora efficiente di Medma e vi approdò senza che alcuno ostacolasse tale manovra. I romani si stabilirono sulla terraferma e, esplorando il territorio, individuarono cave di granito e cominciarono a sfruttarle per farne colonne, frontespizi, altari e tutto ciò che serviva per abbellire le loro ville, lavorarono la terra e  costruirono in base alle disponibilità di casta: dagli scavi effettuati in seguito è emerso che il territorio fu abitato da almeno quindici famiglie patrizie. 

I nuovi arrivati attribuirono a quella terra il nome di Nicotera per celebrare la loro “vittoria eccezionale” sui cartaginesi. La caduta dell’impero romano, successivamente, fece avvicinare alle coste della Calabria e di Nicotera i saraceni che, con le loro incursioni, costrinsero la popolazione indigena a trovare rifugio nell’entroterra, per proteggersi dai loro attacchi.

Nicotera ritorna ad avere un ruolo di prestigio quando, nel 1065, i normanni con Roberto il Guiscardo giungono sul territorio collinare e vi costruiscono i “castri” per avvistare facilmente il nemico e prepararsi alla difesa. Le prime vere opere volute dai normanni a Nicotera furono la costruzione del castello e della cattedrale che fu eretta sui resti di un tempio greco: più volte distrutta e poi ristrutturata, la chiesa fu rasa al suolo dal terremoto del 1783 e ricostruita con uguali dimensioni ma con la sostituzione di tre navate all’unica originaria. Oggi è concattedrale dedicata a S. Maria Assunta e custodisce un bellissimo Crocifisso del Laudano, la statua della Madonna del Gagini, preziosi arredi sacri e l’altare con marmi policromi. 

Il gruppo di soci, insieme con il signor Leone, si dirige verso il quartiere ebraico “Giudecca”.

«La nostra guida – si legge in una nota – ci spiega che qui una folta comunità di industriosi ebrei vi si insediò nel 1211, allorquando Federico II li invitò a spostarsi dalla Sicilia in terra di Calabria per favorire il settore creditizio e per avviare l’economia attraverso la coltivazione  dei campi, l’allevamento del baco e la successiva lavorazione della seta, la creazione di tintorie e di botteghe artigianali per la lavorazione dell’oro e dell’argento e la creazione di stupendi monili. Queste attività portarono in auge il territorio, permettendogli di conquistare i mercati dei principali Paesi europei».

«Durante il nostro percorso – continua la nota – da diversi punti del borgo, ci soffermiamo a contemplare il panorama che attira la nostra attenzione perché lascia spazio a un’immaginazione che si spinge fino a un lontano orizzonte. Intanto la nostra guida ci fa notare come tutte le abitazioni  del centro storico siano state costruite senza fondamenta perché poggiano direttamente sulla roccia e, inoltrandoci lungo le vie, ci soffermiamo stupiti ad ammirare la bellissima e originale “via del vischio”: una galleria verde con addobbi e musiche natalizie tra luci colorate; poco più avanti ammiriamo il “vico degli ombrelli”: una scalinata su cui sono impressi i versi di una canzone del cantante calabrese Rino Gaetano che la numerosa presenza di ombrelli di ogni colore sembra voglia proteggere dalle intemperie».

«Affascinati da queste originali iniziative, indugiamo per qualche foto ricordo prima avviarci verso la sede dell’ex carcere mandamentale – si legge – dove alcuni locali sono stati adibiti a “Museo della civiltà contadina” per esporre oggetti che oggi sono storia e che un tempo hanno costituito un patrimonio indispensabile per la sopravvivenza: attrezzi per la lavorazione della terra, per cardare e filare lana e fibre vegetali, telai, vasellame e molto altro. La guida ha spiegato l’importanza di alcuni oggetti e il loro utilizzo nella quotidianità. Alla fine di questo tuffo nel passato,  l’appetito ci porta al cospetto di pietanze succulente presso il ristorante dell’Hotel Nautilus».

«Alla fine del pranzo – conclude la nota – le condizioni climatiche alterano le nostre aspettative, la voglia di scoprire antichi valori artistici viene delusa: piove abbondantemente ed è opportuno rientrare a Lamezia per tempo. Certamente ritorneremo per visitare in modo più particolareggiato ogni angolo, ogni chiesa, ogni costruzione che ha in serbo una storia, ma vedremo volentieri anche ciò che la fantasia degli abitanti osa per rendere quei luoghi davvero speciali: Nicotera è da visitare! Non ci resta che apprezzare gli ultimi bagliori di una grigia luce che si fa strada tra gocce di pioggia sempre più intensa e più picchiettante sui vetri appannati del pullman in corsa!». (rvv)