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L'isola di Ortega

L’isola di Ortega di Claudia Perfetti

di DEBORA CALOMINO – Tutto ciò che rimane del pianeta Terra è l’isola di Ortega sulla quale vi sono soltanto due luoghi: Casa e Bosco. L’umanità è molto cambiata, per sopravvivere si è mescolata ad altre razze e qualcuno di questi nuovi esseri ha acquisito poteri particolari come, per esempio, è accaduto alle dodici soldatesse che abitano nella Casa insieme alle donne. Le soldatesse non hanno nome, vengono identificate con un numero, imparano a usare i propri poteri grazie all’aiuto di una maga feroce, sono duramente allenate alla battaglia da un centauro e non conoscono pietà o tenerezza poiché esistono solo per proteggere le donne dal popolo dei Lupi che abita il Bosco. Quando però la soldatessa Cinque viene catturata capisce che esistono luoghi magici che non si trovano all’esterno ma dentro l’anima e, percorrendoli, scoprirà una forza selvaggia e primitiva in grado di sbloccare porte che conducono ad altre dimensioni, a un’altra vita e, forse, perfino alla salvezza.

Claudia Perfetti, autrice cosentina classe 1985, ha da poco pubblicato il suo terzo romanzo L’Isola di Ortega con la casa editrice tedesca Oakmond. Il suo libro è un viaggio in un mondo tra il distopico e il fantastico, una mescolanza di generi che ha dato vita a una storia che tiene il lettore incollato alle pagine con il fiato sospeso. Per conoscere meglio lei e il suo nuovo romanzo, le abbiamo rivolto qualche domanda. 

Da dov’è nata l’ispirazione per scrivere l’isola di Ortega?

«Non è semplice rispondere a questa domanda, perché non penso che l’ispirazione per scrivere nasca in un momento preciso, o per ragioni determinate. Quello che so è che c’era questa idea che mi seguiva da anni, come un’ombra; mi si era letteralmente cucita addosso. È l’idea di un mondo che rinasce dopo una distruzione, e che rinasce in modi che non possiamo prevedere. Quando ero più giovane, leggevo Brendon, un fumetto firmato Sergio Bonelli che narra le avventure di un cavaliere di ventura, che vive su una Terra post-apocalittica, distrutta da un meteorite che ha riportato il mondo a un nuovo Medioevo. Quest’idea di rinascita mi ha sempre affascinato e avevo l’intenzione di creare un mondo nuovo, che nasce dalle macerie e che fa di tutto per salvarsi e per ritrovare una stabilità.

In particolare, nel mio romanzo della Terra non rimane altro che un’isola, l’isola di Ortega, nella quale ci sono solo due luoghi: Casa e Bosco. Nella Casa vivono le Donne e nel Bosco vivono i Lupi. Ognuno combatte seguendo le proprie regole e i propri principi, anzi posso dire che ognuno combatte la propria guerra, in un duplice senso: una guerra contro il nemico, ma soprattutto una guerra interiore. 

Nella mia realtà non c’è spazio per ciò che è giusto e per ciò che è sbagliato, quello che conta è sopravvivere. Sarà la soldatessa Cinque, la protagonista, a scoprire che esistono altri luoghi, oltre Casa e Bosco, che non sono luoghi materiali, ma magici e che per sbloccarli è necessario abbandonarsi a un sentimento nuovo, primitivo, sconosciuto, a una forza che si sprigiona, inevitabilmente, dopo la distruzione di tutto».

– Il libro è distopico, ma contiene anche tanti elementi fantasy: come mai hai scelto di unire vari generi per dar vita alla tua storia?

«Non ho mai seguito un genere preciso, ma non è qualcosa che faccio in modo intenzionale: non mi piace stabilire limiti entro i quali muovermi, nella vita come nella scrittura. Se c’è qualcosa che mi rende realmente libera è il raccontare le mie storie e penso che il potere creativo, questo dono immenso che abbiamo, non possa incontrare barriere o ostacoli lungo il proprio cammino.

Il mio amore per il fantasy, in particolare, nasce quando era solo una bambina, e mia sorella mi raccontava delle storie fantastiche su astronavi e sirene che abitavano sott’acqua. Ricordo la mia delusione nello scoprire che queste creature, queste realtà non esistevano davvero, e il mondo mi sembrò davvero troppo piccolo; decisi allora di scrivere io delle storie per quelle creature, di inventare dei mondi nei quali potessero abitare.

Io non ho figli, ma sono convinta che esistano tanti modi di dare la vita e che la scrittura sia uno dei più nobili che abbiamo».

– Qual è il tuo background? Hai scritto altri romanzi? Quali temi hai trattato?

Sono laureata in filosofia e credo che il mio background sia fatto essenzialmente di questo: di come si muove il pensiero, lo studio della sua forza, l’infinità dei sentieri che riesce a percorrere. Prima di pubblicare L’isola di Ortega con la casa editrice internazionale Oakmond Publishing, ho scritto un romanzo intitolato Il dottor Nabokov e la bicicletta alata (edito dal Bookabook), che non saprei in che altro modo definire, se non come una favola filosofica, che ripercorre in modo allegorico (anche in questo caso non mancano gli elementi fantasy), la filosofia di Jean Paul Sartre. È il percorso della coscienza che cerca fondamento prima nelle cose, poi nell’altro e infine si libera della nullità dell’esistente grazie al potere creativo dell’estetica.

Di recente ho inoltre vinto il Premio Torre Crawford, seconda edizione, classificandomi in quarta posizione con il racconto Ombre sui cristalli (pubblicato nella raccolta Innamorarsi di un fantasma, edito da Oakmond Publishing). 

È la storia di Linda e della sua Ombra, Karin, che si innamora di lei. È la storia dell’equilibrio tra la nostra bellezza e la nostra parte più oscura. Da questo racconto sta prendendo forma il mio terzo romanzo». (dc)

L’ISOLA DI ORTEGA
di Claudia Perfetti
Oakmond Publishing
ISBN 9783962072544