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Covid, in Calabria si sta usando la pillola anti-covid

L’OPINIONE / Antonio Errigo: Si intervenga con urgenza in Calabria per sicurezza economica e privata

di ANTONIO ERRIGO – Del bene e del male, del nostro Paese e della Calabria in particolare, si sa tutto o quasi. Quando si scrive la parola ‘bene’ si è soliti pensare al benessere psicofisico di ogni persona e difficilmente si pensa al significato multiforme di questo termine dal punto di vista giuridico ed economico.

Quando poi ci si riferisce alla ‘sicurezza’, in primis viene in mente il senso di protezione: l’essere preservati e garantiti da qualcosa e/o qualcuno che possa rivelarsi dannoso o pericoloso.
Il bene e la sicurezza sono generalmente riferibili a tutto quello che un individuo desidera per se, per  i propri cari, per i propri famigliari, amici e conoscenti.

Ma veniamo alla nostra terra. In Calabria il bene e la sicurezza non sembrano essere alla portata di tutti, non sono valori diffusi, anzi sono beni pubblici e privati molto limitati.

La mia riflessione oggi va in questa direzione: mentre la sicurezza pubblica economica rappresenta il potere di una nazione o di una determinata regione (nel nostro caso la Calabria) di poter disporre della ricchezza necessaria per garantire benessere e felicità della collettività, la sicurezza privata potrebbe essere sinteticamente definita quella particolare situazione giuridica di vantaggio che permette al singolo cittadino di vivere e agire in tutta tranquillità all’interno della propria abitazione-domicilio con il proprio nucleo famigliare, disponendo liberamente dei propri beni  patrimoniali, economici e materiali.

Ora, non voglio esagerare, ma a me pare che in Calabria spesso accada che la sicurezza economica, pubblica e privata, risenta – non solo in senso deteriore – del recrudescente condizionamento malavitoso (onni)presente nei singoli territori.

Provo a spiegarmi meglio: l’economia illegale in Calabria sembra contribuire effettivamente a generare un senso di sicurezza generale e diffuso. Parlo di una sensazione che porta molti cittadini ad approcciare alla vita e al lavoro nel senso che segue: pur volendo sottrarsi ad un sistema negativo si è indotti a doverne beneficiare per una naturale esigenza umana. In sostanza, sfuggire ai vantaggi economici derivanti dallo stipendio mensile assicurato dai titolari di attività economiche contigue al mondo dell’illegalità, appare una cosa quantomai difficile. Si è in sostanza costretti a scegliere tra il lavoro e il non lavoro.

Mi è capitato di porre una domanda a persone che lavorano quotidianamente  in Calabria alle dipendenze di aziende, o come liberi professionisti in una delle tante società di persone e di capitali attive in Calabria e riconducibili a persone in odore di illegalità, e mi sono sentito rispondere più o meno così: «io, caro amico, lavoro onestamente, fatico con le mie mani, la mia testa e la mia schiena, lealmente, con dedizione e impegno, dalla mattina alla sera e per me non importa e non sono fatti miei chi  è  e cosa fa il mio datore di lavoro. Per quanto mi riguarda la cosa più importante è lavorare onestamente, non rubare nulla a nessuno,  portare a casa  a fine mese quanto occorre, sia  per far mangiare e vivere bene la mia famiglia, sia per poter mantenere i miei figli all’Università».

Bene, la crisi economica e occupazionale nella quale versa la Calabria, che ha un reddito pro capite tra i più bassi d’Italia e d’Europa, non mi sembra permetta di vedere spiragli diversi da questi, spiragli di benessere e di futuro prospero.

Ritengo quindi di poter affermare liberamente che, in assenza del necessario e urgente intervento dell’economia pubblica, con un massiccio intervento dello Stato, la Calabria continuerà ad essere una regione destinata al fallimento economico e sociale.

Ma non mi limito all’analisi critica. Sarebbe infatti interessante e utile, a mio avviso, pensare ad un serio programma di sviluppo mediante una azione di delocalizzazione sul territorio calabrese di rami d’azienda pubblica e/o di partecipate di Stato. Così facendo si smuoverebbe l’economia reale e si potrebbe generare nuova occupazione, incrementando certamente il reddito pro capite a tanti cittadini calabresi.

L’auspicio in definitiva è sempre lo stesso, ahimè da troppo tempo: quello di vedere azioni solerti dal Governo centrale. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, vista la disastrosa situazione economica e sociale in Calabria, dovrebbe prendere  seriamente atto della sempre crescente economia illegale regionale, emanando  con urgenza una serie di decreti atti ad intervenire a beneficio di un territorio storicamente sottovalutato ma evidentemente strategico per la   sicurezza economica pubblica e privata dell’intero Paese. (ae)