;
Nicola Gratteri e Antonio Nicaso all'Unical

Nicola Gratteri e Antonio Nicaso all’Unical

di MARIACHIARA MONACOChe la giustizia abbia un volto rassicurante, lo hanno ben inteso i numerosi studenti, che nell’aula Solano dell’Università della Calabria, hanno accolto con striscioni, canti, e folti applausi, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, ed il prof. Antonio Nicaso, giornalista e scrittore.

Uno spazio trasparente dove legittimità, democrazia, e confronto hanno rappresentato un unicum inimitabile ed emozionante, tanto da far trasparire una tenera commozione sul volto di tutti i presenti, e di chi, come il prof. Costabile, ogni giorno fa germogliare il seme dell’antimafia sugli sguardi attenti dei giovani.

Momenti che restituiscono speranza e dignità ad una terra da sempre martoriata da una patologia del potere, che è la ‘ndrangheta. Una holding economico finanziaria, che si è lasciata alle spalle coppola e lupara per indossare nuovi abiti, più sofisticati. Un’ascesa che, partita dai sequestri di persona negli anni ’70, non si è mai fermata, fino a saturare il mercato della cocaina, e da deciderne addirittura il prezzo. 

Fiumi d’oro, che non scorrono più soltanto ai piedi dell’Aspromonte, ma che si fanno largo in tutta Europa e non solo, grazie a vasti fenomeni di corruzione che, come un fazzoletto colmo d’acqua, ripulisce il denaro sporco di sangue per immetterlo nell’economia legale. Perché, regola fondamentale, si ricicla dove c’è ricchezza e dove ci sono sistemi giudiziari fragili.

«Le mafie fanno un tipo di riciclaggio molto semplice. Comprano hotel, ristoranti, pizzerie che sanno gestire, dopodiché ricorrono ai professionisti, quelli che portano i soldi all’estero e gli fanno fare tanti di quei giri che alla fine se ne perdono le tracce», afferma Gratteri, il quale, si è rivolto anche ai numerosi professionisti presenti: «È  il momento di smascherare i doppiogiochisti, è il momento delle scelte di campo».

Scegliere dunque da che parte stare, tra il bene ed il male, quasi a parafrasare uno dei film più importanti di Ettore Scola: Sceglieremo di essere felici o onesti?

Sceglieremo i soldi, il potere, oppure la libertà e la trasparenza? Una scelta ardua per i cuori impuri, perché, come affermava Lucky Luciano: Non esiste il denaro sporco, il denaro pulito, esiste solo il denaro.

Sta di fatto che si respira una notevole ipocrisia nel contrasto alle mafie, in tutto il mondo. Il professor Nicaso, si è soffermato sulla radicalizzazione delle ‘ndrine anche oltreoceano, riuscendo ad anticipare un fenomeno radicale come quello della globalizzazione. Prima negli Usa, poi in Canada e in Australia, la ‘ndrangheta con la sua mano invisibile gestisce affari in ogni angolo del globo grazie ad una impareggiabile violenza strategica e di relazione. Si tratta di un network criminale, che fa incrociare facilmente domanda e offerta, senza mai tralasciare le “novità”, ovvero le droghe sintetiche.

«Il problema è che parecchi paesi fanno finta di non vedere, minimizzano, dicono che la mafia è solo un problema italiano. Questo avviene perché probabilmente alle società economicamente avanzate i quattrini delle ‘ndrine fanno comodo», afferma.

Una mimesis, che secondo Gratteri, viene alimentata dall’inadeguatezza delle legislazioni di alcuni paesi: «Era il periodo in cui l’Isis si divertiva a passeggiare sui marciapiedi di Parigi, Bruxelles, Costa Azzurra per falcidiare le persone. Ebbene dopo aver individuato un integralista dell’Isis a Bruxelles, abbiamo dovuto aspettare le sei del mattino per fare irruzione in casa sua perché la legge belga vieta di entrare di notte a fare perquisizioni. Poi la norma è stata cambiata, ma solo con riferimento ai reati terroristici. E’ evidente che non c’è nessuna esigenza di sviluppare questo tipo di contrasto, in nome della privacy,  parola magica che spesso si mette davanti quando non si vogliono fare le cose».

Dunque una mafia invisibile, che l’Europa non riesce proprio a vedere, credendo, o volendo credere, che sia un fenomeno puramente italiano.

Si è continuato su questo filone, parlando anche di Ucraina, e dei guadagni che può trarne la criminalità: «Finita la guerra che fine faranno tutte le armi che l’Occidente sta mandando laggiù? La storia ci dice certamente che appena finito il conflitto la mafia siederà al tavolo della ricostruzione. Ma quello è il meno, il vero problema è la tracciabilità di queste armi. Altrimenti si ripete un copione già visto in ex Jugoslavia, quando la ‘ndrangheta andava in Bosnia ed in Montenegro a comprare pistole e fucili».

Ma qual è la ricetta per sradicare questo male incurabile?

«Non è possibile combattere le mafie se non si riesce a creare lavoro, e ad impedire che le forze migliori di una regione debbano andare lontano dai territori d’origine», risponde Gratteri, alla domanda di uno studente.

Parole che pesano, rivolte agli uomini e alle donne del domani, consapevoli delle terribili difficoltà che può partorire una terra, bella e dannata allo stesso tempo. Senza mai dimenticare però che, se un giorno proprio questa terra sarà bellissima, lo si dovrà a pilastri dell’antimafia, come il Procuratore Gratteri.

E a chi, prima di lui, nei difficili anni ’90 ha combattuto il fenomeno mafioso, come il giudice Giovanni Falcone, a 31 anni dalla strage di Capaci: «È ora di tornare ad una memoria attiva perché c’è chi dice no alle intercettazioni, al sequestro ostativo, alla legge Rognoni Latorre, insomma ad un impalcatura che ha permesso di ottenere grandi risultati», conclude Nicaso.

Risultati che devono rimanere impressi nella mente, senza sbiadirsi. Perché il volto della giustizia è temibile soltanto per coloro che si muovono nello spazio opaco della illegalità.

Per tutti gli altri invece, è totale libertà. (mm)