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Per Mimmo Lucano sono tornati i giorni della gloria

di GREGORIO CORIGLIANO – I giorni della gloria sono, finalmente, tornati. Ero in aeroporto, a Fiumicino, con la dirigente scolastica Anna Maria De Luca, oggi a capo dell’istituto italiano di cultura a Mosca, dopo esser passata per l’ufficio stampa di Sgarbi, quando vedo arrivare, in splendida forma, Mimmo Lucano.

Tornava da una ospitata da Lilli Gruber e non aveva più batteria sul suo cellulare. Mi chiede di poter fare delle telefonate, poi saliamo sull’aereo per Lamezia, mi alzo in piedi e gli faccio fare un applauso dai passeggeri. Arriveranno dopo i giorni dell’ira che sono durati troppo a lungo, rispetto a quanto quelli che un tempo chiamavamo gli uomini di buona volontà avrebbero potuto prevedere. Noi che siamo della scuola di padre Cristoforo, abbiamo atteso il suo “giorno verrà!” ed è venuto.

C’è voluta Mara Teresa Santaguida a farcelo rivedere in diretta da Riace al Tg della Calabria, qualche ora dopo quella che nei fatti è stata la sua assoluzione, dopo la pena della sofferenza della richiesta, incredibilmente vergognosa, di tredici e più anni di carcere. Anche nel viso il trascorrere degli anni si è fatto notare, anzi solo nel viso, perché nello spirito si è dimostrato battagliero come e forse più di prima. Aveva patito in silenzio gli anni del batticuore e dell’attesa di un verdetto che altri uomini, guidati da una donna che si è dimostrata energica e tosta, avrebbero dovuto pronunciare.

Sì, Lucano – che avrebbe potuto parlare eccome – si è dimostrato, come prima, ossequioso della legge ed è rimasto senza parole. Avrebbe potuto fare tutte le considerazioni che avrebbe voluto, godeva di buona stampa, infatti, a partire dall’eccellente Francesco Merlo che, su Repubblica, con Alessia Candito, lo ha sempre supportato perché convinto, e non solo lui, della sua innocenza anche di fronte alla legge. Non era andato a Reggio in Corte d’appello a seguire l’udienza e l’uscita dei magistrati dalla lunga camera di consiglio.

Ha atteso nella sua Riace, in collegamento con Giuliano Pisapia e Andrea d’Acqua, i suoi angeli custodi, che la presidente Palumbo, leggesse la sentenza, poi l’esplosione di gioia, dopo anni di muta attesa. E che dice subito alla Santaguida? Che adesso poteva respirare, che non aveva più la bocca amara e che si sentiva rinascere.

Lui, convinto come non mai, di aver fatto solo il suo dovere di sindaco alla guida di una città che, dopo il ritrovamento dei Bronzi, è conosciuta in tutto il modo per la svolta impressa con i migranti. Forse non ci sarebbero stati quei decreti Cutro se Lucano non fosse stato condannato in primo grado, forse la storia dei migrantes, sarebbe stata diversa, forse le cose avrebbero preso una piega diversa se avesse accettato, il buon Mimmo, a candidarsi al Parlamento europeo. Sarebbe stato sicuramente eletto sull’onda dell’entusiasmo per quanto aveva fatto per Riace. Non sarebbe stato lui, però. Avrebbe dato ragione ai suoi detrattori. E che ancora non pensi a tornare in politica, a livelli alti, lo dimostra il fatto che ancora non ci abbia pensato. Vedremo, dice.

E’ un fatto che Elly Schlein lo abbia chiamato. Adesso sembra più interessato a far in modo di non criminalizzare i migranti. Un’altra Riace è possibile, aggiunge, quasi commosso. Non tutto è perduto, sembra dire. Ci sono ancora tanti rifugiati, qui. L’accoglienza non è morta. Cosa l’ha fatta soffrire di più? Non esita a dire che la sola idea che abbiano sospettato che lui avesse potuto rubare lo faceva andare in bestia, che avesse costruito addirittura un progetto criminale. Ingegnere della malavita? Neanche geometra di frantoio, pare voglia dire. E’ felice e ne ha ben donde, Mimì Lucano. A Merlo dice che torneranno gli aquiloni, i vasi di Kabul, gli asili nido a Riace. «Probabilmente, a questo punto, mi hanno reso ancora più importante, proprio io che dico tante cazzate e che sono una testa di minchia». E dai, non lo sei: commendator Lucano dell’Ordine al merito della Repubblica, vero presidente Mattarella? (gc)