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Lucia Anita Nucera

REGGIO – La Commissione Pari Opportunità ha affrontato la tematica sull’Afghanistan

La Commissione Pari Opportunità del Comune di Reggio Calabria, presieduta da Lucia Anita Nucera, ha affrontato la delicata tematica riguardante l’Afghanistan, in particolare la condizione delle donne e dei bambini.

«È una catastrofe umana – ha dichiarato la presidente Nucera – vedere immagini terribili che denunciano la violenza, la paura, la disperazione che sta vivendo il popolo afghano, non può lasciare indifferenti. Preoccupa soprattutto, la situazione delle donne costrette a nascondersi per non finire in mano ai talebani e quindi, subire atroci violenze. Altrettanto difficile, è la condizione di totale negazione di diritto vissuta dai bambini, vittime innocenti, di questa violenza che, di certo, non può definirsi governo ma dittatura dei talebani».

«La visione delle madri disperate all’aeroporto di Kabul – ha aggiunto – mentre cercano di salvare i propri figli, consegnandoli nelle mani dei soldati americani è atroce e profondamente ingiusta. La comunità tutta non può rimanere indifferente, ed ognuno nel proprio piccolo deve dare il proprio contributo. Per questo, ho inteso condivide insieme a tutta la Commissione una lettera aperta alla città e alla comunità internazionale, che sarà messa agli atti della Commissione e consegnata anche all’europarlamentare Pina Picierno, componente Commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere,
sulla situazione in Afghanistan, affinché ci sia una presa di coscienza forte e un diniego di ogni forma di violenza».

La lettera

La drammatica situazione che si sta vivendo in Afghanistan impone una riflessione e una presa di coscienza da parte della comunità internazionale. Il protrarsi delle violenze da parte dei talebani che si sono insediati al potere, minerà  seriamente lo sviluppo del Paese, aumentando i livelli di povertà e impoverendo i sistemi di ripresa della popolazione. 
Inoltre,  l’insicurezza alimentare diffusa e l’accesso all’acqua potabile e alle strutture igienico-sanitarie sono sempre più limitati.

Come tutte le guerre, anche quella in Afghanistan è una guerra sui bambini. Oltre 40 anni di conflitto hanno avuto un impatto su diverse generazioni e si riflette in un allarmante aumento delle vittime tra i minori negli ultimi anni. La violenza è parte della realtà della vita di tutti i giorni di bambini, bambine e adolescenti. Al di là del terribile costo in termini di vite umane, il conflitto ha colpito anche tutti gli aspetti della vita dei bambini che si ritrovano ad affrontare ancora enormi ostacoli nell’accesso ai servizi di base come l’assistenza sanitaria e l’istruzione. 

Più di un terzo della popolazione vive a più di due ore dalla struttura sanitaria più vicina e anche prima della pandemia circa 3,7 milioni di bambini, quasi la metà di tutti i bambini in età scolare, non erano iscritti a scuola. 
Il conflitto ha avuto anche un impatto devastante sulla salute mentale e sul benessere psicosociale di milioni di uomini, donne e bambini.

In Afghanistan oltre il 60% dei minori esclusi dal sistema scolastico sono bambine e in alcune province questo tasso è sostanzialmente più alto. Nonostante ci siano stati dei miglioramenti, c’è ancora una significativa resistenza all’educazione delle ragazze nel Paese. 

Norme culturali profondamente radicate, fattori socio-culturali, credenze tradizionali e povertà contribuiscono a minare l’educazione delle ragazze. Le ragazze continuano a sposarsi in giovane età. Le adolescenti sposate hanno possibilità molto limitate rispetto alle loro coetanee non sposate: non hanno accesso all’istruzione, non sono libere di interagire con i coetanei e non riescono ad emanciparsi economicamente. Le ragazze che si sposano molto giovani tendono a subire abusi e violenze e non hanno accesso alle cure o alle informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva.

In Afghanistan le barriere di accesso all’istruzione per le bambine sono molteplici: la distanza dalla scuola, poche insegnanti femminili, strutture senza acqua, indisponibilità di servizi igienici separati e mancanza di sostegno a casa da parte dei genitori che non riconoscono l’educazione delle figlie come una priorità. Inoltre, le ragazze si vedono affrontare la continua paura della violenza in un contesto pericoloso quando viaggiano da e verso la scuola. Le donne vivono ormai nell’incubo di essere vendute, abusate e sfruttate dai talebani. Quelle poche libertà conquistate sono andate perse con l’avvento dei talebani.

Le donne restano chiuse in casa terrorizzate e le più fortunate riescono in queste ore a lasciare l’Afghanistan con voli umanitari spesso insieme ai figli. Gli appelli di aiuto si moltiplicano e non possono essere ignorati da tutta la comunità internazionale. Per tanto, questa commissione auspica che i leader che si riuniranno nel G20 e tutta la comunità internazionale riescano a trovare soluzioni immediate per ripristinare un clima di pace e di rispetto delle regole in Afghanistan.