Irto (PD): Calabria ultima regione nei Lea

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha evidenziato come «l’ultimo  report della Fondazione Gimbe, la Calabria è l’ultima regione d’Italia per i punteggi Lea e nel 2022 è andata peggio che nel 2021», confermando «che l’autonomia differenziata è lo strumento della Lega per spaccare il Paese nei diritti e nei servizi, a partire da quelli essenziali, con la sorda, cieca e irresponsabile complicità di Fratelli d’Italia e Forza Italia».

«Tenuto conto del nuovo sistema di misurazione dei Lea, nel complesso la Calabria – ha proseguito il parlamentare – ha fatto registrare un arretramento di 24,74 punti, nel 2022 rispetto al 2021. Quanto potrà tacere, adesso, il governo regionale calabrese?».

«Sulla scorta dei dati elaborati da Gimbe, risulta, peraltro, che sono molto gravi – ha detto Irto – le criticità della Calabria e del Sud in generale riguardo agli screening oncologici e al livello di vaccinazione dei bambini. Il report, inoltre, fotografa una classifica degli adempimenti Lea che ha sei regioni del Nord in cima, mentre le regioni del Sud occupano le posizioni peggiori».

«Questi numeri ci dicono in maniera impietosa che l’autonomia differenziata è la più grave ingiustizia che sia mai stata concepita nella storia Repubblicana e che – ha concluso il senatore Irto – è imperdonabile giustificarla, sul piano politico, con la menzogna oppure con il silenzio permanenti». (rp)

Il Consiglio di Anci Calabria delibera l’istituzione di una commissione consultiva per l’autonomia

Sarà istituita una Commissione consultiva e di studio sull’applicazione della legge in materia di autonomia differenziata. È quanto è stato deliberato dal Consiglio di Anci Calabria, «in linea con le indicazioni dell’Anci nazionale noi 20 presenti sui 25 componenti del Consiglio, abbiamo scelto in piena unità di approfondire, tramite apposita Commissione consultiva, la concreta applicazione della legge sull’autonomia differenziata, di monitorarne gli effetti e di indicare tutti i necessari correttivi al Governo e al Parlamento, in modo che l’Anci Calabria sia protagonista attiva nell’interesse esclusivo delle comunità locali»», ha spiegato la presidente di Anci Calabria, Rosaria Succurro.

Dell’organo, poi, faranno parte l’avvocato amministrativista Oreste Morcavallo, l’avvocato Alfonso Rende, segretario generale della Provincia di Cosenza, l’avvocato Nicola Midonno, segretario generale della Provincia di Crotone, e l’avvocato Giorgio Vercillo, docente universitario di Diritto amministrativo.

«Abbiamo voluto confrontarci a modo –  ha chiarito la presidente dell’Anci Calabria – e trovare una linea comune riguardo alla legge sull’autonomia differenziata. Mi spiace che si siano assentati i sindaci di Cosenza, Crotone, Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria, che hanno deciso di non venire a discutere, rinunciando al confronto e al voto democratico sulle azioni da intraprendere».

«Nessuno – ha concluso Succurro – ha impedito a questi cinque colleghi, di cui rispetto la posizione pur non condividendola, di esprimere e far valere le loro idee nella sede del Consiglio dell’Anci Calabria. Il buon senso ci dice che, quando si diserta un appuntamento, ci si colloca nel torto». (rcz)

L’OPINIONE / Giuseppe Terranova: Autonomia occasione per il Sud di creare inedita alleanza sociale e politica

di GIUSEPPE TERRANOVA – Per avere una visita medica occorrono due anni, per sistemare (e non ricostruire) un viadotto di 100 metri più di 4 anni, per quale motivo un calabrese deve scegliere di restare in Calabria?

Mentre al Nord, nei fatti, non ci sono liste di attese e i ponti e viadotti lunghi più di un kilometro si ricostruiscono integralmente di sana pianta in meno di un anno. Al Sud , invece, vi sono più aziende sanitarie commissariate per infiltrazioni mafiose.

I dati ci dicono che una buona parte di Calabresi rinuncia a curarsi perché non ha i soldi per rivolgersi al sistema privato. I dati ci dicono anche che l’ospedale più grande e affollato della Calabria è al Nord, perché sono centinaia di migliaia i calabresi costretti a fare il viaggio della speranza, anche per patologie di bassa entità.

Da questa drammatica realtà occorre ripartire e assumere una coscienza collettiva. È un compito per le classi dirigenti di questa terra e non solo per la Politica.

La vicenda incredibile, scellerata e pericolosa dell’autonomia differenziata, voluta dalla Lega, è un’occasione irripetibile per creare in Calabria e nel Mezzogiorno una grande e inedita alleanza sociale e Politica, finalizzata a mantenere e rafforzare l’unità nazionale.
Affermando con chiarezza una riflessione diffusa e partecipata, relativa al fatto, e non all’ipotesi, che questa legge significa nei territori meridionali una ritirata complessiva della presenza dello Stato in settori fondamentali per una reale cittadinanza come l’istruzione, la sanità, i trasporti.

È il momento quindi di allargare il campo e dialogare con tutte le forze democratiche, superando antichi e logori steccati.

Perché l’ Italia divisa in due, perché di questo si tratta, con un Mezzogiorno spopolato e desertificato socialmente ed economicamente, significa avere un Paese che in Europa sarebbe una borgata di Parigi e di Berlino e irrilevante su scala mondiale. Le forze culturali e politiche, portatrici di lungimiranza e responsabilità, invece, devono puntare con decisione sul mezzogiorno e sul mediterraneo, come aree centrali delle relazioni e dei processi internazionali.

Perché attorno a questo grande mare gravità l’80% della popolazione mondiale e a queste latitudini si decide il futuro del pianeta. E noi, popoli di questo limbo d’Europa e dell’Occidente, possiamo svolgere un ruolo incredibilmente importante, come mai successo nella storia dell’umanità.

Il Mezzogiorno quindi come terreno di confronto per generare un nuovo pensiero Politico, un campo di azione sociale con il protagonismo reale di forze culturali che oggi non hanno rappresentanza.

Lo scenario Politico attuale ha necessità di un sussulto culturale, la sinistra non può continuare ad essere divisa e frammentata. C’è bisogno di un chiaro profilo unitario e attrattivo di un mondo diffuso e senza riferimenti.

Partendo anche dal dato elettorale delle ultime elezioni europee, dove le forze dell’area di governo risultano essere minoranza. La cultura moderata presenta i segni chiari della sofferenza e della stanchezza, di essere aggregata ad una destra che è ormai lontana dal liberalismo e si connota sempre più con tratti autoritari.

Il sovranismo non appartiene storicamente alle forze moderate, che invece hanno una cultura Politica molto più consona ad Un’Europa dei Popoli che si oppone al nazionalismo. Il cosiddetto ” centro” è in cerca di nuovi approdi per fare esprimere il proprio respiro politico e un’azione utile per difendere la dignità degli esseri umani. Perché mai come ora è in gioco la prospettiva civile e la vita dignitosa di milioni di esseri umani, per cui le culture politiche che hanno sorretto l’intero novecento, e in Italia sono stati i fautori della Repubblica, hanno necessità di incontrarsi e generare una nuova e virtuosa contaminazione.

Su questi terreni vi sono segnali molto chiari e ampi spazi per edificare solidi rapporti tra sinistra e cattolicesimo democratico.
Le posizioni espresse dai vescovi meridionali e in particolare da Mons. Cecchinato e Mons. Savino, di ferma opposizione alla legge letale dell’autonomia differenziata, ne sono le espressioni più limpide e convinte.

La creazione di un campo nuovo, solidale e democratico, è compito prioritario della Politica. Ripartiamo da qui, da queste tematiche, per rigenerare il rapporto tra Politica, istituzioni e cittadini. (gt)

I cinque sindaci dei Capoluoghi non parteciperanno al Consiglio di Anci Calabria

I sindaci dei Capoluoghi calabresi, Nicola Fiorita (Catanzaro), Franz Caruso (Cosenza), Giuseppe Falcomatà (Reggio), Vincenzo Voce (Crotone) e Enzo Romeo (Vibo Valentia), non partecipano al Consiglio dell’Anci Calabria «poiché è passata infruttuosamente la settimana che doveva servire a trovare una sintesi per un documento unitario dell’Anci sull’autonomia differenziata».

«Che peraltro, contravvenendo a un impegno che aveva assunto a Lorica, non ha inteso consultare i sindaci promotori dell’appello “UnasolaItalia”», hanno spiegato i primi cittadini, sottolineando come sia «evidente che l’Anci calabrese  non ha nessuna intenzione di chiedere il referendum abrogativo della legge Calderoli. La proposta della Presidente Succurro di istituire un osservatorio sull’autonomia differenziata è praticamente una fotocopia della proposta di Forza Italia».
«Un modo elegante – hanno proseguito – di non prendere posizione e consentire comunque l’attuazione della riforma. Mai nella sua storia l’Anci Calabrese si era piegata così al potere Regionale e nazionale. Ci addolora constatare che l’Anci Calabrese non tiene conto della posizione di 130 sindaci, tra cui tutti quelli dei Capoluoghi e delle principali città, rappresentativi di un milione di cittadini calabresi. Noi andiamo per la nostra strada e proseguirei nella nostra battaglia».
«Non è tempo di mediazioni al ribasso – hanno concluso Fiorita, Caruso, Falcomatà, Voce e Romeo – di tattiche dilatorie. Fortunatamente ci hanno pensato le Regioni Sardegna, Campania, Puglia, Emilia Romagna e Toscana a chieder il referendum e se questo non bastasse raccoglieremo mezzo milione di firme. Anci Calabria resti alla finestra e giri pure le spalle al popolo calabrese». (rcz)

ALTRO CHE AUTONOMIA: RISARCIRE IL SUD
È GIUSTA LA CROCIATA DEL MEZZOGIORNO

di MIMMO NUNNARI – Un po’ tardi ma meglio che mai. “La Calabria azzurra in rivolta contro lo spacca-Italia” titolava giorni fa un quotidiano nazionale per spiegare la posizione del presidente della Giunta regionale della Calabria Roberto Occhiuto che chiede al partito di cui è vicesegretario (Fi) di frenare ogni accordo Governo Regioni sull’Autonomia differenziata.

Un passo decisivo per bloccare la legge Calderoli in realtà andava fatto prima, ma Forza Italia e soprattutto il suo leader Tajani non hanno avuto il coraggio, o la volontà, o la convenienza a farlo e adesso trovare una soluzione dignitosa è difficile.

Un po’ ridicola francamente appare l’idea dell’Osservatorio regionale per vigilare proposta dallo stesso Tajani. Assomiglia al sale sulla coda degli uccelli per catturarli, come si diceva un tempo per prendere in giro i bambini. La verità è che il Governo Meloni – Tajani – Salvini passerà alla storia per aver abolito, con la sciagurata legge sull’Autonomia (“La scelta di rafforzare ancora il peso delle regioni è la seconda porcata di Calderoli dopo la legge elettorale” ha detto in un’intervista a Repubblica Claudio Martelli”) la “questione meridionale”, che da irrisolta diventa irrisolvibile, e perciò inesistente. Qualcosa del genere sia pure senza ricorrere a strumenti legislativi era accaduta al tempo di Mussolini, con un sonoro de profundis della “questione meridionale” che allora l’entourage del duce affidò all’Enciclopedia Treccani, pronta ad  allinearsi alle direttive del regime con un aggiornamento della voce “Questione del Mezzogiorno”: «Di una questione meridionale non si può più oggi legittimamente parlare; e perché tante differenze sono scomparse e perché sono ormai in piena attuazione i provvedimenti del governo fascista che mirano intenzionalmente a elevare il tono dell’Italia agricola, specialmente meridionale».

Il problema del Sud nell’anno 1934 per il governo Mussolini non esisteva più.

Sarà la storia adesso o quando sarà a definire in che modo la legge Calderoli avrà risolto l’anomalia italiana delle due Italie, cioè il nodo irrisolto dell’unificazione nazionale che ha pesato su tutta la storia italiana del diciannovesimo e ventesimo secolo. Questo Governo, come tutti i precedenti fin dal tempo dell’unificazione, è nemico del Sud: è padre padrone, è occhiuto ma non governante, come nelle monarchie regna ma non governa. Storicamente il rapporto Governo Sud lo ha spiegato bene in Cristo si è fermato a Eboli Carlo Levi, l’intellettuale torinese perseguitato dal fascismo inviato al soggiorno obbligato in Lucania: «Per tutti i Governi il destino del Meridione è stato sempre di mera occupazione, talvolta di rapina. Nessuno ha toccato questa terra, se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo».

Quale direzione prendessero le cose riguardo al Sud si capì sin dall’inizio della vicenda unitaria già nelle prime riunioni del primo Parlamento quando in una delle prime sedute si discuteva e si approvava il progetto di legge per rilanciare i porti di Livorno, Genova e Venezia, e contestualmente si respingeva un’analoga misura in favore dei porti di Napoli, Salerno e Palermo. È in quel periodo che nasce l’Italia “duale”, con la quale la nazione non ha mai fatto i conti; come non li hanno fatto i partiti, di destra, di centro e di sinistra, la cultura, i media, gli intellettuali. Nei rari tentativi di riunificazione del Paese l’unico esempio positivo viene dal dopoguerra quando dopo la parentesi infausta del fascismo è stato dato spazio al progetto degasperiano di ricostruzione, e l’Italia ha marciato unitamente per un lungo tratto di strada, con profondi cambiamenti sociali ed economici che hanno modificato la fisionomia ed il ruolo del Sud nell’ambito dello sviluppo del Paese. Poi basta; al posto della riconciliazione e integrazione dei territori si è fatta strada una contrapposizione odiosa, discriminatoria, razzista scatenata negli anni Novanta dalla Lega Nord che ha spinto sempre più indietro il Sud, rigettandolo in basso, fino a trasformare la questione meridionale in questione criminale.

Da allora il Sud è stato sempre più “crocifisso”: parola giusta e appropriata, usata in  un passato non molto lontano da un  prete del Nord, don Antonio Riboldi vescovo ad Acerra, in Campania, che mise in relazione di somiglianza il Sud con la crocefissione cristiana: «Cristo sulla croce rappresenta molto da vicino il dolore del Sud. Gesù inchiodato che non riesce a muovere braccia e piedi perché qualcuno lo ha messo in quei vincoli l’uomo del Sud lo sente come se stesso».

Che fare? Se fossimo in Francia la popolazione sarebbe  scesa in piazza già da tanto, avrebbe  fatto le barricate, la rivoluzione. Ma qui, al Sud, non è aria. C’è una secolare rassegnazione scambiata per pazienza: un’attesa infinita quanto inutile che qualcuno arrivi da fuori per risolvere i problemi. È questo il contesto. Contesto  sul quale piove di tanto in tanto come un dono o un’elemosina qualcosa che tra l’altro al Sud non serve: «Gocce d’acqua in una terra assetata», scriveva Gaetano Afeltra, giornalista, protagonista in una bella stagione del giornalismo italiano nel secolo scorso. Afeltra era milanese d’adozione, ma col cuore che abitava ad Amalfi, dov’era nato: “Ci si accorge del Sud – diceva – quando succede un cataclisma: il terremoto, il colera, l’alluvione. Solo allora il problema del Mezzogiorno viene riproposto alla coscienza nazionale e subito dopo, a parte qualche rituale giaculatoria, risparisce dall’orizzonte dei politici e dell’opinione pubblica nazionale e si torna al punto di partenza, come nel gioco dell’oca”.

Ecco, questo Sud spinto sempre indietro va risarcito e non ulteriormente punito con l’Autonomia differenziata che altro non è che una reale secessione del grasso Nord. Lo vuole la storia il risarcimento. E bisogna far presto, perché può accadere che alle popolazioni meridionali prima o dopo saltino i nervi e in questi casi le conseguenze possono essere imprevedibili e nocive per tutti, al Sud come al Nord.

Al  Sud serve lo Stato che da un secolo e mezzo c’è, ma è “differenziato”: pende verso Nord. Il risarcimento dev’essere morale ancor prima che economico. Molti anni fa sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia ha scritto che il Mezzogiorno è precipitato nell’irrilevanza nel momento in cui si è dissolto il complesso nodo storico al cui centro c’era lo “Stato nazionale”, e senza tanti giri di parole il più famoso politologo italiano ha affermato che innanzi tutto in Italia si è “dissolto lo Stato”. Ha spiegato che nell’ultimo quarto di secolo lo Stato è andato decomponendosi e la “questione meridionale” che fino ad un certo punto nel bene e nel male era stata una questione di Stato si è eclissata, è sparita: «La prima cosa da fare – diceva Galli della Loggia – è ricostruire la macchina amministrativa dello Stato, rafforzarla, ristabilire il significato politico dei suoi ambiti d’azione, la sua efficienza, la sua capacità d’intervento capillare».

Cioè tutto il contrario dell’Autonomia differenziata, che al tempo in cui Della Loggia scriveva era ancora un progetto lontano, poiché la Lega pensava alla secessione. Questi temi se si vuole essere credibili fino in fondo bisognerebbe inserirli nella “crociata” da combattere col referendum abrogativo  della legge Calderoli per liberare definitivamente l’Italia da un destino malcerto e conflittuale, che è l’esatto contrario della riconciliazione che servirebbe a un Paese mai unito sul serio. (mn)

L’OPINIONE / Gerardo Pontecorvo: Anche l’ambiente nel mirino dell’autonomia

di GERARDO PONTECORVO – C’è preoccupazione, da parte della Federazione Metropolitana di Europa Verde/Verdi per l’approvazione alla Camera dei Deputati della legge che introduce in Italia l’autonomia differenziata delle regioni. Senza giri di parole definiamola pure una secessione silenziosa che ha visto nel corso di due decenni un percorso continuo e ambiguo anche per “merito” di alcune forze politiche che oggi se ne dicono indignate. Sarebbe quasi superfluo ribadirne la pericolosità sociale a discapito dei cittadini calabresi che vedranno l’inizio di ulteriori diseguaglianze nei confronti degli altri italiani delle regioni più ricche.

Disuguaglianze che si avvertiranno sul lavoro, l’istruzione, la salute e sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio. Infatti, da un punto finanziario, la norma sull’autonomia regionale differenziata permetterà di far rimanere nelle regioni una buona parte dei tributi maturati per il finanziamento delle funzioni trasferite. Risorse che dunque non saranno più a disposizione dello Stato per soddisfare anche le regioni a minore gettito fiscale, a meno che non siano previste aliquote di prelievo fiscale diverse e dunque un maggiore prelievo per quelle più ricche. È decisamente più probabile, invece, che aumenti il peso fiscale a livello regionale per il Sud! I Lep (livelli essenziali di assistenza) secondo la norma dovrebbero compensare la più marcata deficienza di fondi per regioni come la Calabria, e comunque, per la loro definizione in un Paese dai forti divari interni come l’Italia sembra un’impresa impossibile. 

Non è difficile immaginare quali possano essere le conseguenze pure per il settore ambientale in Calabria che come è noto soffre di una secondarietà (marginalità) ormai cronica. Basti pensare ai problemi relativi all’inquinamento delle coste, allo smaltimento dei rifiuti e, soprattutto, all’abbandono delle aree interne che ha conseguenze devastanti sulla stabilità idrogeologica e gli incendi boschivi e di interfaccia (nel 2023 sono stati oltre 2200). Dove sono finiti gli operatori idraulico forestali che, oltre a garantire la manutenzione delle opere idrauliche e dei boschi, erano il cardine del servizio antincendio, e che quest’anno saranno appena 510 tra avvistatori e componenti delle squadre addette allo spegnimento?

Dunque, in Calabria l’autonomia ridurrà ancora di più le risorse per la tutela ambientale che invece avrebbe bisogno di una centralità decisionale e finanziaria perfino sovranazionale anche per un’efficace lotta ai cambiamenti climatici di cui le frane sempre più diffuse e gli incendi sempre più numerosi sono già effetti evidenti.

Il 26 febbraio u.s. è stata approvata dal Consiglio Comunale di Reggio una mozione sull’autonomia differenziata. Il testo impegnava il sindaco e la giunta comunale a promuovere un Consiglio Comunale aperto alla cittadinanza attiva. La federazione metropolitana di Europa Verde/Verdi chiede che si dia seguito al più presto a quanto deciso dalla mozione perché in quella sede si possa aprire un dibattito sull’autonomia, e si dia inizio a un movimento di opinione che veda partecipi tutte le forze sociali e politiche realmente contrarie all’attuazione di questa riforma deleteria per il futuro della Calabria e dell’Italia intera. (gp)

[Gerardo Pontecorvo è portavoce della Federazione metropolitana di Europa Verde/Verdi Reggio Calabria]

Il PD Calabria: La proposta per il referendum abrogativo per autonomia arrivi in Aula senza passaggi in Commissione

La proposta di provvedimento amministrativo per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata, già depositata al Consiglio regionale della Calabria, arrivi direttamente in Aula senza passaggi in Commissione. È quanto hanno chiesto i capigruppo Mimmo Bevacqua (Pd), Davide Tavernise (M5s) e Antonio Lo Schiavo (Misto) in occasione dell’iniziativa pubblica che si è svolta a Bisignano e che ha registrato una grande partecipazione da parte della cittadinanza. 

“Dalle parole ai fatti”, lo slogan scelto per l’iniziativa e che è stato il leitmotiv della giornata di mobilitazione, cominciata nel pomeriggio a Lamezia, con la conferenza stampa alla quale hanno preso parte anche il segretario regionale Nicola Irto e il responsabile nazionale per le riforme in seno alla segreteria del Pd Alessandro Alfieri, oltre agli altri componenti del gruppo regionale e ai dirigenti del partito. 

Da Bisignano, però, dove l’iniziativa del Pd ha registrato anche l’adesione di diverse forze sociali e sindacali, a partire dalla Cgil, è stata lanciata la vera sfida al centrodestra guidato da Occhiuto: basta cincischiare, si affronti subito il dibattito sull’autonomia e sulla proposta di referendum in Aula e il presidente della Regione dica finalmente da che parte sta. (rcs)

 

Conclusa la prima assemblea di Anci Calabria: 296 sindaci e 9 tavole rotonde

Sono stati 296 sindaci e nove tavole rotonde il bilancio della prima assemblea regionale di Anci Calabria, svoltasi a Lorica nei giorni scorsi. Una due giorni convocata dalla presidente regionale, Rosaria Succurro, «intense e straordinarie, con contenuti di elevata qualità, la condivisione di buone pratiche amministrative e tante necessità espresse» e che si è conclusa con la convocazione, per il 19 luglio a Lamezia Terme, di un Consiglio dell’Anci Calabria per formulare delle proposte unitarie sull’autonomia.

«L’Anci regionale sostiene nel concreto le amministrazioni locali e questa prima Assemblea serve a consolidare le sinergie istituzionali esistenti, a garantire tutti insieme i diritti, i servizi e la crescita delle nostre comunità, al di là delle diverse appartenenze politiche», ha detto Succurro durante la prima giornata in cui, assieme ad altri sindaci, ha accompagnato il prefetto di Cosenza, Vittoria Ciaramella, che dal prossimo lunedì prenderà servizio a Latina, a visitare la vetta del monte Botte Donato e il lago Arvo a bordo di un battello elettrico.

Il prefetto Ciaramella, che ha salutato con emozione le autorità presenti, ha sottolineato la propria vicinanza ai Comuni, che «sono – ha detto – gli enti più vicini ai cittadini».

Roberto Pella, presidente facente funzioni dell’Anci nazionale, ha ringraziato Succurro e gli altri sindaci calabresi, si è soffermato sull’unità dei sindaci all’interno dell’Anci e ha evidenziato l’attenzione del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, per le comunità locali.

Il presidente Occhiuto, intervenuto in collegamento dalla presidenza della giunta regionale, ha rivolto un «sentito augurio» a tutti i primi cittadini e detto che «la Calabria non sviluppa grandissima capacità fiscale».

«In passato – ha aggiunto – il malgoverno regionale sui rifiuti o sull’idrico si è riverberato sui sindaci. In quanto a noi, nei due anni e mezzo di mandato siamo riusciti a costruire un racconto diverso di quello degli ultimi 20 anni e abbiamo dato esempi di buone pratiche amministrative. La pessima reputazione che le amministrazioni calabresi hanno avuto negli anni passati è stata una barriera per lo sviluppo economico e infrastrutturale».

«Il modo migliore per combattere la criminalità organizzata – ha detto ancora – è conferire trasparenza ed efficienza alla pubblica amministrazione. Il ruolo dei sindaci è dunque fondamentale e noi continueremo a sostenere le amministrazioni locali. Il mio auspicio è che le ragioni della contrapposizione politica possano essere superate dalla volontà di ciascuno di mostrare quanta eccellenza ci sia nella nostra Calabria e quanto questa eccellenza possa essere determinante per lo sviluppo della regione».

Nel suo intervento, Succurro ha illustrato l’attività che ha finora svolto l’Anci Calabria, «la cui missione – ha precisato – è quella essere una voce autorevole per i Comuni presso le istituzioni superiori».

«Finora, ha proseguito – ci siamo occupati – tra l’altro, di sostegno amministrativo, erosione costiera, Tirocini di inclusione sociale, interlocuzione con le associazioni di categoria e sostegno agli agricoltori. Inoltre, abbiamo affrontato il tema della stabilizzazione dei tecnici per il Sud e del futuro dei precari dei Centri per l’impiego. Abbiamo interloquito con Arrical per la revisione delle tariffe della depurazione e con la Protezione civile regionale per la realizzazione o l’aggiornamento dei Piani di protezione civile. Ne emerge un’Anci regionale attiva, operativa, che intende portare con orgoglio il peso della propria responsabilità».

Succurro ha poi chiesto un applauso per i sindaci dei piccoli Comuni, poiché «spesso mostrano anche capacità dirigenziali e fanno di tutto per i loro cittadini».

Veronica Nicotra, segretaria generale dell’Anci nazionale, si è complimentata con Succurro, ha sottolineato l’approccio concreto delle donne ai problemi e riassunto le iniziative dell’Anci in tema di autonomie locali, attuazione del Pnrr e regionalismo differenziato.

Nel complesso, la prima Assemblea regionale dell’Anci Calabria è stata ricca di osservazioni, testimonianze di buone pratiche amministrative e proposte su diversi argomenti: transizione digitale e prevenzione dei crimini informatici; efficientamento energetico; politiche sociali; ambiente e risorse idriche; autonomia differenziata; unione, fusione e scioglimento dei Comuni; valorizzazione e potenziamento delle risorse umane negli enti locali; sport come strumento di tutela della salute; agricoltura, commercio, turismo e peculiarità dei borghi.

Nella giornata dell’11 luglio, oltre ai diversi sindaci, hanno fornito contributi specifici Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione, intervenuto da remoto sul potenziamento degli organici del personale degli enti locali; il senatore Francesco Silvestro, presidente della Commissione bicamerale per le questioni regionali, che ha trattato in profondità il tema dell’autonomia differenziata; il senatore Mario Occhiuto, segretario della VII Commissione di Palazzo Madama; Gianluca Gallo, assessore all’Agricoltura della Regione Calabria; Pierluigi Caputo, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria; la sindaca Donatella Deposito in rappresentanza  dell’Uncem Calabria; Fulvia Caligiuri, commissaria dell’Arsac; i giuristi Oreste Morcavallo e Pietro Manna; il docente universitario Luigino Sergio; Antonello Graziano, vicepresidente nazionale di Federsanità, e Giuseppe Varacalli, presidente di Federsanità-Anci Calabria.

Alla fine, Rosaria Succurro, presidente dell’Anci Calabria, ha ringraziato tutti i sindaci per il loro lavoro quotidiano, i relatori e i vari rappresentanti istituzionali presenti.

«L’Anci, ribadisco, è la casa di tutti e continuerà a dare risposte ai territori. Prima della prossima Assemblea, che si terrà in altra sede, lavoreremo con ulteriore spinta sugli argomenti già trattati e su altri, sempre convinti che i sindaci siano i primi riferimenti delle comunità locali, di cui rappresentano i bisogni e le istanze». (rcs)

I sindaci dei 5 capoluoghi all’Anci: Il Consiglio regionale può impugnare legge Calderoli e chiedere referendum

I cinque sindaci delle Città capoluogo di provincia della Calabria – Nicola Fiorita (Catanzaro), Franz Caruso (Cosenza), Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria), Vincenzo Voce (Crotone), Enzo Romeo (Vibo Valentia) hanno esposto all’Assemblea Anci di Lorica le ragioni della forte richiesta, indirizzata al presidente Roberto Occhiuto e al Consiglio regionale, di adottare due delibere per bloccare la legge “spacca Italia”.

La prima per chiedere il referendum abrogativo seguendo l’esempio di Campania, Toscana, Emilia Romagna, Puglia e Sardegna; la seconda per impugnare davanti alla Consulta la “Calderoli”, non nella sua interezza, ma su specifici punti.

«La nostra sia un’unica voce, non c’è spazio per mediazioni o fantomatici osservatori sull’autonomia. O si è a favore, o si è contro. Anci dimostri un volto unitario e autonomo. In caso contrario, andremo avanti da soli», hanno detto i primi cittadini, anticipando le risultanze di uno studio preliminare compiuto, su sollecitazione dei sindaci, da alcuni autorevoli giuristi. Ci sono almeno cinque possibili argomenti di impugnazione che possono essere individuati dall’Assemblea Regionale, con buone possibilità di successo.

Primo punto

La legge n. 86 del 2024 disciplina la procedura per la “specializzazione” delle Regioni a Statuto ordinario che vogliano acquisire ulteriori forme di autonomia, ai sensi dell’art. 116, c. 3, Cost. Tuttavia, tale disposizione stabilisce che l’attribuzione di tale autonomia debba avvenire nel rispetto dei principi di cui all’art. 119 Cost., sicché la legge in questione, oltre a non essere espressamente richiesta dall’art. 116, risulta con essa in contrasto in quanto la procedura ivi prevista, oltre a prevedere la previa determinazione dei Lep, conduce all’attribuzione di tali forme ulteriori di autonomia senza che sia stato previamente ultimato il processo di realizzazione dell’autonomia finanziaria regionale previsto dall’art. 119 della Carta. Si potrebbe decidere di chiedere l’annullamento di tutta la legge oppure, come sembra preferibile, una decisione manipolativa con la quale la Corte dichiari illegittimo l’art. 11 della legge (in particolare, il c. 1), recante disposizioni transitorie e finali, nella parte in cui non condiziona il raggiungimento dell’intesa definitiva in relazione agli atti di iniziativa delle Regioni, già presentati al Governo o presentati in futuro, alla previa attuazione completa dell’art. 119 Cost.

Secondo punto

Ai fini dell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (LEP), l’art. 3, c. 1, della legge delega il Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi, senza indicare direttamente i principi e criteri direttivi della delega, ma individuandoli per relationem, mediante un rinvio a quanto stabilito dall’articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
La Corte costituzionale ha più volte affermato che, spettando la titolarità e l’esercizio stabile della funzione legislativa al Parlamento, sono costituzionalmente illegittime leggi delega prive di principi e criteri direttivi sufficientemente precisi: c.d. deleghe in bianco (106/1962).  Nè può ovviare a tale mancanza il richiamo dell’art. 3 alla legge del 2022, visto che per la Corte costituzionale una determinazione di principi e criteri direttivi risulta praticabile per relationem, con riferimento ad altri atti normativi, se ed in quanto sufficientemente specifici (sentenze nn. 87/1989 e 156/1987), condizione che viene a mancare in questo caso. Ora, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, le Regioni possono denunciare in sede di giudizio in via d’azione un vizio della legge statale diverso dalla violazione della loro competenza laddove – come in questo caso – il diverso vizio comunque si traduca, seppur indirettamente, in una violazione di tale competenza (c.d. ridondanza).

Terzo punto

La legge prevede la determinazione dei Lep unicamente in relazione a materie che possano essere oggetto di differenziazione e che lo richiedano per propria natura (cfr. elenco art. 3, c. 3). Tuttavia, tale scelta determina l’effetto illogico e irragionevole per cui risultano prima determinati i Lep sulle materie su cui è possibile la differenziazione per le Regioni che lo richiedano e solo eventualmente dopo per le materie che, a seconda dei casi, sono già adesso oggetto di competenza (concorrente o residuale) di tutte le Regioni a statuto ordinario.

Quarto punto

L’art. 3, c. 7, stabilisce che i Lep, una volta determinati con Decreto legislativo, possano essere periodicamente aggiornati con d.P.C.M. Seppure non può escludersi che in seconda battuta intervenga un atto secondario, la presenza di una riserva relativa di legge nell’art. 117, c. 2, lett. m), Cost., impone che in tale ambito un atto legislativo fissi in modo puntuale i limiti della discrezionalità governativa, che invece, come ricordato, sembrano mancare in questo caso.

Quinto punto

L’art. 11, c. 1, stabilisce che «gli atti di iniziativa delle Regioni già presentati al Governo, di cui sia stato avviato il confronto congiunto tra il Governo e la Regione interessata prima della data di  entrata  in  vigore  della presente  legge,  sono  esaminati  secondo  quanto   previsto   dalle pertinenti disposizioni della presente legge». Da tale disposizione non sembra possibile evincere con chiarezza se l’intesa raggiunta in relazione a tali atti debba intendersi provvisoria o definitiva, sicché si evidenzia innanzitutto un vizio di «radicale oscurità» della legge (sent. n. 110/2023).
In subordine, si può chiedere l’annullamento di tale disposizione nella parte in cui consente di ritenere già raggiunta la bozza preliminare di intesa, impedendo dunque al Presidente del Consiglio di circoscrivere la portata del negoziato prima di addivenire alla bozza definitiva, ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, c. 2, secondo cui quest’ultimo, «Al fine di tutelare l’unità giuridica o economica, nonché di  indirizzo  rispetto  a  politiche   pubbliche   prioritarie,   (…), anche su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie o dei Ministri competenti per materia, può limitare l’oggetto del negoziato ad  alcune  materie  o ambiti di materie individuati dalla Regione nell’atto di iniziativa».
Si tratta di una valutazione essenziale ai fini di salvaguardare interessi unitari che possono ostare all’attribuzione di ulteriori forme di autonomie in materie particolari, come, ad esempio, l’istruzione, le grandi reti di trasporto, gli aeroporti, la distribuzione nazionale di energia.

Domani a Lamezia il PD presenta la proposta di referendum per l’autonomia

Domani pomeriggio, a Lamezia, alle 16, nella sede regionale del Partito Democratico, sarà illustrata la proposta di referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata, depositata al Consiglio regionale della Calabria, così come avvenuto in altre regioni italiane.

Saranno presenti il senatore e responsabile nazionale per le riforme in seno alla segreteria del Pd Alessandro Alfieri, il senatore e segretario regionale Nicola Irto, il capogruppo dem a palazzo Campanella, Mimmo Bevacqua, oltre agli altri componenti del gruppo regionale e ai dirigenti del partito. 

Alle 18.30, si svolgerà a Bisignano l’iniziativa pubblica “Autonomia differenziata, dalle parole ai fatti”, con la partecipazione delle altre forze di opposizione al centrodestra, tra i quali i capigruppo Davide Tavernise (M5s) e Antonio Lo Schiavo (Misto), e a tutte le forze sociali che non condividono la riforma Calderoli e vogliono fermarla per tenere unito il Paese e difendere il principio di solidarietà. (rcz)