Piazza de Nava, si è riunito il Comitato: in programma molte iniziative

Nei giorni scorsi si è svolta, su input del prof. Alberto Ziparo, a Reggio, una riunione sul tema di Piazza De Nava, a cui hanno partecipato i rappresentanti delle sigle associative aderenti al Comitato.

In breve, viene spiegato in una nota della Fondazione Medierranea, «viene confermato l’incontro sulla storia urbanistica di piazza De Nava e sul milieu culturale dei tempi della sua edificazione oltre che sul progetto della Soprintendenza riguardante la sua demolizione. L’incontro si svolgerà nel pomeriggio di venerdi 21 ottobre nei locali e sotto l’egida del Circolo di Società».

Inoltre, per domenica 23 ottobre, è prevista l’organizzazione di un concerto in piazza. «Ampio appoggio – si legge in una nota – alle idee e progetti che deriveranno dalla riunione della Consulta della Cultura, programmata per sabato 01 ottobre alle ore 17». Si è parlato, poi, dell’organizzazione di una manifestazione per metà novembre, oltre che della possibilità di un flash mob in occasione della processione di ritorno della Madonna della Consolazione.

Tra le altre azioni previste, dal Comitato non viene escluso che ci sia «una possibile occupazione della piazza per non far aprire il cantiere», oltre che una riunione dei legali per un’ulteriore valutazione dei documenti in possesso del Comitato. (rrc)

Piazza De Nava, il prof. Aragona: Progetto stravolge identità del luogo

Continua a diventare sempre più ampio la fazione contraria al progetto di demolizione di Piazza De Nava a Reggio Calabria che, come detto dal prof. Stefano Aragona, «stravolge l’idenittà del luogo».

Il prof. Aragona, sentito dalla Fondazione Mediterranea, ha spiegato che «questo progetto stravolge la morfologia urbana, l’identità del luogo, che diverrebbe un “non luogo” del tutto simile a tanti altri posti…».

«Come si fa a scordare la “Carta di Gubbio” del 1960  – ha aggiunto – redatta dall’Associazione Nazionale Centri Storici e Artistici, che proprio ha dichiarato l’importanza del tessuto urbano e non solo dell'”emergenza” storico-architettonica andando oltre la tutela puntuale del 1939? Od anche la Convenzione del paesaggio ed il Codice dei Beni Culturali?».

«Cerchiamo di portare qualità ed identità nelle periferie – ha proseguito – e poi la togliamo ai luoghi che c’è l’hanno? Ricordate Settis, quando nel ricevere la laurea ad honorem in Architettura alla Mediterranea, nella Lectio Magistralis parlò di responsabilità etica di architetti, ingegneri, urbanisti nel loro agire citando Vitruvio. Ed anche Francesco Rosi che ricevette la laurea ad honorem in Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale per il film “Le mani sulla città”… I cittadini, la gran parte delle Associazioni sono contro questo progetto». 

«Quello che serve – ha evideniztao – è un restauro conservativo a scala vasta così come intendeva essere il Concorso di idee del 2010 che fece Barca, allora Ministro della Coesione territoriale, per l’area del Museo Nazionale di Archeologia di Reggio Calabria e per l’area di Pompei e non una distruzione di memoria, storia ed identità locale, elementi di attrazione culturale e turistica a scala nazionale e internazionale».

Si citano, come concettualmente contrari a ogni demolizione, non solo la “Carta di Gubbio”, la “Convenzione del paesaggio”, il “Codice dei Beni Culturali” (che la Soprintendenza con il suo progetto su Piazza De Nava dimostra di non conoscere o volutamente ignorare), ma anche il prof. Settis e regista Francesco Rosi, in occasione del conferimento delle lauree ad honorem dalla Mediterranea, e il ministro Barca con il suo concorso di idee del 2010 per il restauro conservativo dell’area circostante il Museo Archeologico reggino. 

«Insomma, cosa vogliamo di più – si legge in una nota della Fondazione Mediterranea –.  Non c’è un solo accademico, cominciando dal già rettore Bianchi, che si sia espresso positivamente sulla demolizione di piazza De Nava». 

«L’ambiente accademico – conclude la nota – si aggiunge alla sostanziale totalità delle associazioni ambientaliste e professionali, alla unanimità del Consiglio Comunale e a quel più del 90% della cittadinanza reggina che boccia il progetto, che comunque va avanti in spregio alla volontà popolare. Tra gli altri primati negativi di Reggio, purtroppo si corre il rischio di aggiungerne un altro». (rrc)

SCILLA (RC) – Si presenta progetto “Scilla libera da mozziconi di sigaretta”

Lunedì 4 luglio, al Castello Ruffo di Scilla, alle 11, sarà presentato Scilla libera da mozziconi di sigaretta – Scilla free from cigarette butts dell’Amministrazione comunale e della Fondazione Mediterranea.

Il progetto, realizzato in collaborazione con Philip Morris, è teso a combattere la riprovevole abitudine di spegnere sulla spiaggia e lì abbandonare i mozziconi di sigaretta.

Considerato che la presenza di cicche di sigarette per le strade e nelle spiagge non è solamente un problema di natura estetica, il progetto si baserà sulla sensibilizzazione al problema dell’inquinamento ambientale prodotto dai filtri delle sigarette, fatti di materiale poco biodegradabile, e sulla distribuzione ai fumatori, turisti e frequentatori estivi della località balneare, di bustine/posacenere in materiale ignifugo. (rrc)

La denuncia della Fondazione Mediterranea: Soprintendenza ignora la Necropoli Ellenistica a Piazza De Nava

La Fondazione Mediterranea e il Comitato Piazza De Nava hanno denunciato come la Soprintendenza ignora l’esistenza della Necropoli Ellenistica a Piazza De Nava di Reggio Calabria e di come «la presenza di questa necropoli ellenistica in piazza De Nava, pur non entrando nel merito di valutazioni etiche ed estetiche e di opportunità, avrebbe dovuto imporre quantomeno una pausa di riflessione sull’idea di stravolgere l’attuale impianto storico della piazza».

«I lavori di demolizione di piazza De Nava – si legge in una nota – progettati dalla Soprintendenza per edificare uno “spazio ampio” in cui tenere “mostre ed eventi folkloristici”, rischiano di rimanere un’incompiuta: appena iniziati, potrebbero essere interrotti per il ritrovamento di importanti reperti archeologici. È un fatto la presenza di una necropoli ellenistica appena sotto il livello di calpestio innanzi al Museo. Non v’è traccia nelle carte progettuali di mappatura del sottosuolo da parte della Soprintendenza».

«Nel 1977 – continua la nota – durante lavori di rifacimento della rete fognaria, emerse la presenza di fronte al Museo Archeologico della Magna Graecia di ben sei tombe di età ellenistica, come riportato nella Carta Archeologica prodotta dall’associazione Amici del Museo e dal Comune di Reggio Calabria. In questo documento, la cui acquisizione e studio suggeriamo alla Soprintendenza, si può leggere: Raggruppamento B, Area II, Necropoli Nord, Sito n. 10, Piazza De Nava, schede a) e b). (…) Oggetto: a1) sei tombe; a2) strato di scarico antico di materiale frammentato. Descrizione: a1) due tombe disposte EW senza cadavere e corredo; delle altre quattro solo resti, per precedenti manomissioni; a2) strato alto fino a metri 3,65 su base sterile sabbiosa. Datazione: a1) del III-II sec. a. C.; a2) databile al I sec. a.C. (…) Segue una descrizione puntuale di dove sono posizionate le tombe: due sul lato mare della trincea all’altezza della 3° e 4° finestra del Museo partendo da nord; quattro sul lato monte; a2) a 1,80 metri di distanza dalle tombe, per una lunghezza di 4 metri, fino all’angolo della v. Romeo».
«La legge, peraltro – viene spiegato – sulla questione è chiarissima. Art. 733 del Codice Penale (R. D. del 19 ottobre 1930 n. 1398 aggiornato al 29 aprile 2022) Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale: Chiunque distrugge o deteriora o comunque danneggia un monumento (…) di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale con l’arresto fino a un anno (…)».

«Stando così le cose, – continua la nota – con una gara già espletata e i lavori già assegnati, cosa sarebbe opportuno fare da parte della Soprintendenza? Non dovremmo essere noi a suggerirlo ma, oltre al comune buon senso, gli studi che certamente i dirigenti della Soprintendenza avranno fatto. Comunque, giusto per non sbagliare, diciamo ciò che andrebbe fatto. Al giorno d’oggi vi sono delle metodiche di analisi del sottosuolo talmente precise che poco lasciano all’immaginazione. Mi riferisco all’uso di prospezioni geofisiche indirette (geoelettriche, radar, elettromagnetiche e magnetiche) come anche dell’uso del classico carotaggio. Nel nostro caso basterebbe un buon georadar, ovvero un radar a penetrazione del suolo, GPR (Ground Probing Radar), che fornisce all’archeologo un mezzo di rilevazione attendibile e preciso ma non intrusivo il sottosuolo. Visto che sappiamo della presenza della necropoli, non sarebbe stato doveroso, prima di progettare la demolizione della piazza e la sua ricostruzione, effettuare un’analisi del terreno e una mappatura del sottosuolo quantomeno con un semplice georadar?».
«Se non è stato fatto prima (non v’è traccia di analisi nel progetto preliminare né in quello definitivo né in quello operativo) – prosegue la nota – non sarebbe il caso di effettuare comunque una mappatura del sottosuolo prima di iniziare i lavori di demolizione della storica piazza De Nava? La progettata fontana a zampilli, che dovrebbe sostituire il demolendo perimetro in stile razionalista, con i suoi tubi di carico e scarico idrico, è progettualmente compatibile con la sottostante tomba ellenistica? Le fondamenta dell’altissimo palo d’illuminazione saranno posizionate in un interno funerario? Dobbiamo aspettare che la Soprintendenza sia costretta a bloccare i lavori demolitivi che lei sessa ha progettato? O non sarebbe meglio pensarci prima?». (rrc)

La Fondazione Mediterranea risponde al riscontro della Soprintendenza su Piazza De Nava: è lacunoso e impreciso

La Fondazione Mediterranea, guidata da Enzo Vitale, ha respinto la risposta della Soprintendenza in merito al chiarimenti richiesti in merito a Piazza De Nava di Reggio Calabria, definendo tale riscontro «impreciso e lacunoso» in quanto «non va al cuore della questione: non affrontava minimamente la vera questione posta dalla Fondazione Mediterranea: rispetto per la storia cittadina, la memoria collettiva e l’identità dei luoghi».

La risposta, indirizzata al soprintendente Fabrizio Sudano, ha evidenziato come la risposta fornita «offre una visione dell’insieme approssimativa e distorta; nega dati oggettivi ed evidenza fotografica; più che all’oggettiva analisi del problema, è finalizzato a difendere tesi e proposizioni che non ci si aspetterebbe di trovare in elaborati di servitori dello Stato con ruoli di responsabilità».

«I cittadini reggini – si legge nella lettera – non sono incivili sudditi, non portano l’anello al naso e non si azzuffano per decidere chi si debba ornare della sveglia al collo, ignari di cosa avvenga nelle stanze del vero potere (cosi sembra vengano giudicati quando si affronta il problema dei “pilastrini”, equivalenti di perline e specchietti); la cittadinanza non può accettare una sua risposta, difensiva e in tutela solo degli interessi d’ufficio, in cui non si fa il minimo accenno a ciò che sostanzialmente interessa: rispetto per la storia cittadina, per la memoria collettiva, per l’identità dei luoghi».

«Nella sua – si legge – non un solo cenno a queste tematiche, non una minima apertura al dialogo e al confronto, solo un fermo arroccamento su posizioni che, se ancora mantenute, farebbero entrare Reggio e la sua Soprintendenza del Guinness dei primati. Ciò premesso, si confutano le sue affermazioni, fuorvianti e funzionali alla difesa di tesi francamente indifendibili, non in maniera puntuale ma, tentando di dare una sufficiente visione d’insieme, su diversi intersecanti registri: urbanistico, estetico, storico, identitario, etico e politico».

«Aspetto Urbanistico – Le piazze di una città – prosegue la lettera – si possono intendere in due modi diversi: come bene storico-culturale, da tutelare e proteggere, su cui effettuare restauri conservativi quando necessario; ovvero come strumento urbanistico, da usare senza vincoli di sorta per creare servizi alla collettività. Nel caso di piazza De Nava da parte della Soprintendenza si è scelto di considerarla nel secondo modo: con una “demolizione” (termine usato nel progetto definitivo) completa dell’assetto e delle componenti esistenti per farne una nuova, di servizio al Museo Archeologico e alla viabilità urbana, e renderla uno “spazio ampio” in cui tenere anche “mostre” ed “eventi folkloristici” (testuale dal progetto definitivo)».

«È, quindi, – si legge ancora – palesemente falsa l’affermazione, riportata anche nel suo riscontro, che non vi sarà demolizione bensì solo un restauro conservativo: di quanto c’è ora, tranne la statua, non rimarrà nulla; nel progetto definitivo si vede e si legge che niente resta in piedi dell’impianto storico della piazza, rasato a zero per costruirvi al suo posto una piazza completamente nuova. Se l’italiano è la lingua che parliamo e se le parole hanno un significato condiviso, lei continua a sostenere la falsità che non è prevista nessuna demolizione».

«Aspetto Estetico – La nuova piazza – perché così la si deve definire – è oggettivamente brutta – viene detto – insignificante, senz’alcun colpo d’ala che giustifichi la distruzione di quella storica, un classico non-luogo alla Marc Augé senza storia né identità, buono per una periferia da recuperare in cui sono presenti spazi aperti da utilizzare come strumenti urbanistici per fornire servizi al cittadino. Il progetto, giudicato “fragile” dal prof. Alessandro Bianchi, Urbanista di chiara fama e già Rettore dell’Università Mediterranea, (e si sa cosa un docente intenda comunemente per “fragile”: che un elaborato nemmeno sfiori la sufficienza), è banale, quasi elementare nella concezione, con un uso scolastico degli arredi urbani (fontana a zampilli, panchine e aiuole lineari, ecc.) che a volte scivola francamente nel pacchiano (basta pensare ai festoni a led che passano tra le chiome dei ficus e si illuminano all’imbrunire: forse nemmeno a Las Vegas sono arrivati a tanto)».

«Aspetto Storico – La piazza così com’è  – viene spiegato dalla Fondazione – fa parte della storia cittadina ed è il simbolo della ricostruzione dopo l’immane tragedia del terremoto del 1908, perno su cui urbanisticamente è stato fatto ruotare lo sviluppo a nord della città, intitolata proprio a chi fu di questa ricostruzione il più importante mallevadore. Questa è storia, ampiamente riportata sui testi, agevolmente consultabili ove non la si conosca».

«Nella parte iniziale del suo scritto, invece – ha proseguito il presidente Vitale – lei tratta il sito da perfetto burocrate, citando leggi e regolamenti, trascurando la sua storia centenaria, sostenendo che sull’area non vi sono i vincoli da noi invocati perché “abrogati”. Da chi? Quando? E pur fossero stati incautamente rimossi, lei Soprintendente, in ossequio alla mission ministeriale e ai suoi doveri d’ufficio, non dovrebbe rimetterli piuttosto che pensare a demolire?».

«Aspetto identitario – Fa pendant con quello estetico e storico. Nel suo riscontro – si legge ancora – lei sembra irridere la tesi sulla presenza di tre stili architettonici diversi nella piazza (l’Umbertino, il Liberty, il Razionalista). Ma così è, anche se non poco imbarazzante per chi ha deciso di radere al suolo l’esistente. L’impianto generale è nel classico stile Umbertino che ritroviamo in tantissime città italiane, dove nessuna Soprintendenza si è mai sognata di fare interventi demolitivi. Il basamento della statua è chiaramente liberty: anche questo si vuole mutilare con l’eliminazione delle fontane a conchiglia. Lei scrive non essere vero, ma viene sconfessato platealmente non solo dal rendering ma dalla relazione progettuale dove si descrive la nuova impostazione da dare al monumento».

«Il cordone delimitante la piazza – si legge ancora – costituito da una serie di pilastrini in pietra di Lazzaro collegati da elementi tubolari metallici, è in puro stile razionalista e, identico e coevo, lo ritroviamo sul sagrato della chiesa di San Giorgio al Corso, trecento metri a sud, sul perimetro di Piazza del Popolo, trecento metri a nord, in tanti altri cortili cittadini e in Provincia, come alla pineta di Gambarie. Questo tipo di recinzione, altamente identitario, è tipico degli anni della ricostruzione reggina e del secondo dopoguerra».

«Problema Pilastrini – Forse perché in pietra di Lazzaro – si legge – la loro prevista demolizione ha determinato un discreto disagio alla Soprintendenza, tanto da doversi arrampicare sugli specchi, come ora fa lei in prima persona. L’arch. Vitetta, progettista, nell’audizione tenuta in Conferenza dei Servizi alla Commissione Cultura, in cui era presente anche lei, ha sostanzialmente affermato che per rispettare l’identità dei luoghi e la memoria cittadina sarebbe stato sufficiente non mandare in discarica il “materiale lapideo” residuo della demolizione ma riutilizzarlo per la nuova pavimentazione della piazza. Tesi esilarante, da lei comunque sottoscritta in quella sede. Successivo cambio di rotta del Segretariato, per la penna del suo direttore dott. Patamia: i pilastrini non verranno demoliti; si demoliranno solo i “tubi di ferro”».

«Ora – si legge ancora – lei scrive che verranno rimossi, restaurati e riposizionati su di un nuovo perimetro, non facendo cenno alcuno agli elementi tubolari metallici. In altri termini, lei continua a negare l’evidenza fotografica insistendo non esservi un insieme architettonico che, appunto in quanto tale, costituisce un valore da tutelare e proteggere: stralcia il pilastrino dal contesto attuale e lo riposiziona in uno nuovo, pensando di risolvere il problema identitario salvando i “pilastrini” che, ripeto, isolati dall’insieme di cui fanno parte perdono il loro valore architettonico e identitario».

«Problema Concettuale – Il concetto che – si legge ancora – un insieme che non è la semplice somma dei suoi costituenti (il Colosseo non è la semplice somma delle sue pietre e, se si demolisce e con queste si costruisce un palazzo, certamente non se ne mantiene storia e identità), comune a tutte le discipline sia scientifiche che umanistiche, è di una tale elementarità che non dovrebbe essere ricordato in questa sede. Eppure si è costretti a farlo: non si può trattare in mero linguaggio burocratico ogni singolo costituente della piazza come un qualcosa avulso dal contesto, un semplice numero ovvero una pratica amministrativa da sbrigare il più velocemente possibile. Come detto nell’incipit, i cittadini reggini non possono tollerare di essere trattati come “primitivi” con l’anello al naso cui si regalano perline e specchietti».

«Questione EticaPoniamola in modo diacronico – ha scritto ancora Vitale –. Lo stesso soggetto giuridico: individua una fonte di finanziamento; allestisce il progetto preliminare; fa sì che il progetto definitivo sia un copia e incolla; individua la direzione dei lavori; controlla la loro esecuzione; rimuove vincoli ove presenti; non pone prescrizioni, contrariamente a quelle stesse poste in abundantiam su un analogo progetto da parte dell’amministrazione comunale; riceve legittimi compensi. Tutto questo senza che un ente terzo minimamente possa interferire. Non le sembra che qualche problema potrebbe esserci? La Procura su tutta questa storia sta svolgendo la sua inchiesta, pertanto non si approfondirà il tema. È nostro dovere essere comunque garantisti, ma l’esserlo non ci esime dal porre grossi interrogativi dal punto di vista etico».

«Questione Politica – È il classico Rasoio di Occam – si legge –. Posto che la piazza è della Città di Reggio Calabria e non certamente della Soprintendenza, se la città non è d’accordo la piazza non può essere demolita. I carri armati li abbiamo già avuti in Città negli anni Settanta, i morti anche; lo Stato ha già dimostrato al Sud come può essere duro e feroce nell’affermare la sua legge. Non sono più quei tempi, naturalmente, ma lo spirito dei reggini è lo stesso: non vanno toccati nella loro dignità. Il 98 per cento degli interventi sui social media è contrario alla nuova piazza e, fatto storico che non accadeva dai citati anni Settanta, il Consiglio Comunale del 31 gennaio 2022 all’unanimità ha votato un ordine del giorno che sostanzialmente pone in stand by tutta la questione».

«Con queste premesse, Lei, Soprintendente di Reggio – viene evidenziato – come fa ancora a insistere sul progetto senza prevedere una sua revisione che sia rispettosa della storia cittadina, della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi? Il prof. Salvatore Settis, archeologo, reggino, presidente del Comitato Scientifico del Louvre, interpellato sul tema, non ha dubbi in proposito: la volontà popolare va democraticamente rispettata, qualsiasi essa sia. Non pensa che su un argomento tanto importante la città vada consultata?».

«Nel chiederle scusa per qualche parola un po’ troppo energica – conclude la lettera – dovuta alla passione civile che ci anima, la prego di considerare la possibilità che lei, secondo scienza e coscienza oltre che nel rispetto del suo mandato e della mission ministeriale, valuti con oggettività tutta la questione e proponga soluzioni alternative che, contemperando le varie posizioni e rispettando la volontà popolare, siano finalizzate al maggiore interesse cittadino. La città le sarà sicuramente grata». (rrc)

Enzo Vitale al soprintendente Sudano sul progetto “demolitivo” di Piazza De Nava

Enzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea, ha rivolto dieci e più domande al Soprintendente Fabrizio Sudano, in merito all’iter progettuale demolitivo di Piazza De Nava di Reggio Calabria.

«Le domande – ha spiegato Vitale – si pongono partendo da dati oggettivi e documentati oltre che citando le fonti. Ci si aspetta una risposta chiara e inequivoca anche per porre rimedio al grave vulnus democratico fin ora generato».

1. Ai sensi del d.l. 490/99 già legge 1497/39, Piazza De Nava è soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale. Così si legge in certificazioni del Comune di Reggio Calabria. Quale valore attribuire a questo vincolo? È compatibile con la progettualità demolitiva approvata in Conferenza dei Servizi?

2. Nel rendering del progetto definitivo si nota un palo di illuminazione che quasi supera in altezza l’edificio museale. Gli scavi per la sua erezione saranno compatibili con i vincoli derivanti dalla sottostante necropoli, la cui esistenza è stata più volte ricordata dalla stessa Soprintendenza?

3. Sempre nel progetto approvato in Conferenza dei Servizi, all’angolo inferiore lato sud è presente una grande fontana a zampilli. La sua presenza è compatibile con il mantenimento dei pilastrini che, secondo quanto dichiarato, dovrebbero essere smontati, restaurati e ricollocati in situ?

4. Il rendering progettuale mostra la totale demolizione (termine ripreso dal progetto) dell’impianto storico della piazza mentre in altra sede si afferma non esservi demolizione ma addirittura un rafforzamento dell’identità dei luoghi. Potrebbe spiegare questa oggettiva contraddizione?

5. Nella piazza abbiamo la convivenza di tre stili: l’umbertino, il liberty e il razionalista. Come contempera la mission ministeriale della Soprintendenza sulla tutela e conservazione della memoria storica dei luoghi con la distruzione di questa particolarità tipica della piazza?

6. Nel rendering, da diverse prospettive, si nota la mutilazione del basamento della statua, peraltro descritta nel progetto, con l’eliminazione delle fontane liberty a conchiglia. Questa evidenza fotografica è stata più volte in altre sedi negata. Come giustifica queste false affermazioni?

7. L’attuale pavimentazione della piazza, pur di materiale non di pregio, è storica ed identitaria in quanto uguale a quella dei marciapiedi di tutta la città. La decisione, sempre ribadita, di eliminarla è in linea con la mission della Sovrintendenza di salvaguardia delle pavimentazioni storiche?

8. Nella piazza sono presenti specie arboree di pregio, come evidenziato dalle associazioni ambientaliste, che nel progetto sono eliminate. È in grado di spiegare questa scelta progettuale che collide con attuali orientamenti architettonici d’arredo urbano?

9. Alle obiezioni della cittadinanza, che quasi all’unanimità non vuole la demolizione della piazza (98 per cento degli interventi registrati sui social), l’ufficio stampa del Mic ha risposto sui social con una nota infarcita di imprecisioni e lesiva dell’onorabilità di chi poneva le critiche. Ritiene che sia questa la modalità più corretta con cui un’importante articolazione territoriale dello Stato debba interloquire con la cittadinanza?

10. In dichiarazioni sulla stampa, ultima quella del 18 dicembre, sembra che alcune richieste di modifica progettuale fatte dalla Fondazione Mediterranea siano state accolte. Ma nulla è controllabile perché l’accesso agli atti le è stato negato. Ritiene che questo rifiuto sia conforme al dovere di trasparenza degli atti amministrativi?

11. Il progetto nasce all’interno della Soprintendenza e viene da questa gestito, senza controlli esterni. Ritiene che, in presenza di interessi personali, pur legittimi e garantiti dalla legge, le decisioni che si assumono abbiano la correttezza e l’imparzialità che dovrebbero avere?

12. Nell’audizione avuta in Conferenza dei servizi da parte della Commissione Regionale Beni Culturali, si afferma che il materiale lapideo dei pilastrini demoliti non andrà in discarica ma verrà riutilizzato per la pavimentazione della piazza, salvaguardando così la memoria storica dei luoghi. Questa oggettiva amenità (non saprei come altro definirla) è stata approvata dalla Commissione. Vuole spiegare come ciò è potuto accadere?

13. Nella stessa audizione si afferma che l’Università ha avallato il progetto. È un’affermazione falsa e, inoltre, alcune raccomandazioni dell’Università sul deflusso delle acque meteoriche sono state disattese. Può chiarire questo imbarazzante particolare?

14. Nei primi anni Duemila il Comune di Reggio ha avanzato un progetto di qualificazione conservativa della piazza, che comportava il rifacimento della pavimentazione, per un importo di duecentomila euro. La Soprintendenza ha posto tanti e tali di quei vincoli che il progetto è abortito. Oggi con una spesa di 30 volte superiore e con un progetto tutto interno alla Soprintendenza, questi stringenti vincoli non ci sono più. Può spiegare questa inversione di 180 gradi di giudizio e valutazione, in modo da sgombrare definitivamente il campo dalle circolanti voci di un interesse, pur legittimo, della Soprintendenza a effettuare i lavori?. (rrc)

L’OPINIONE/ Enzo Vitale: I due pesi e due misure della Soprintendenza: Restauro per il Lido, demolizione per Piazza De Nava

di ENZO VITALE – Cosa ci si aspetta da un’articolazione periferica dello Stato? Passati ormai i tempi dei canuti e severi funzionari pubblici, ci si aspetta quantomeno una linea certa e inequivocabile, un rispetto della mission ministeriale che non faccia eccezioni di sorta. In altri termini, pur prescindendo dalla valenza professionale dei travet della Soprintendenza, sotto alcuni aspetti discutibile, il minimo che si chiede loro è di essere coerenti, almeno con sé stessi.

Invece a Reggio accade esattamente il contrario. Un giorno si decreta che le vecchie cabine del lido comunale, fatiscenti e inutilizzabili e probabilmente irrecuperabili, sono un bene storico e architettonico da tutelare e da salvaguardare con un “restauro conservativo”, nonostante che siano state edificate negli anni Settanta.

Il giorno dopo si decreta che la storica piazza De Nava, simbolo della ricostruzione reggina dopo il sisma del 1908, uno pochi esempi di sincretismo architettonico con presenza di ben tre stili (umbertino eclettico, liberty floreale, razionalista italiano), non sia di nessun valore né artistico né storico e che, pertanto, si debba radere al suolo per edificarvi al suo posto uno “spazio ampio” in cui tenere “mostre, esposizioni ed eventi folkloristici” (testuale dal progetto della Soprintendenza).

Destini incrociati, quindi, ma accomunati da un insieme di atti amministrativi stiracchiati e improbabili con ampie zone razionalmente incomprensibili, che lasciano intravedere la possibilità che la Soprintendenza abbia una visione e un atteggiamento che collide con il maggiore interesse della collettività, in ossequio a interessi pur legittimi ma diversi e distanti.

Basta osservare il tortuoso iter della progettualità del Lido: una ditta ricorre perché nel bando non era esplicitata chiaramente la possibilità della demolizione; la Soprintendenza decreta he le cabine lato nord sono un bene storico perché risalenti agli anni Trenta; la stessa viene sbugiardata perché le cabine sono costruite nel dopoguerra; l’Ente rilancia riuscendo a trovare attestazioni che le cabile lato sud sono “opera artistica”; la ditta ricorrente, che ha presentato il progetto di restauro,  vince la tenzone grazie all’intervento della Soprintendenza; quest’ultima opera in ambiti che sensu stricto non le competerebbero; nelle compagini proprietarie di ditte coinvolte, sembra vi possano essere soggetti vicini a persone in familiarità con Palazzo san Giorgio.

Tutto legale, o almeno così sembra, ma certamente non eccessivamente lineare.

Fatto sta che il lido si trova ancora nelle condizioni in cui lo osserviamo e la maggiore colpa è proprio della Soprintendenza con le sue prescrizioni. Ripetiamo, fatte nel rispetto della legge ma certamente non funzionali al maggiore interesse della collettività. (ev)

[Enzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

La Fondazione Mediterranea risponde al Mic su Piazza De Nava

La Fondazione Mediterranea contesta la lunga nota del Segretariato Regionale del MIC, firmata da Angelina De Salvo, responsabile ufficio stampa MIC, riguardante la progettata demolizione, chiamata “restauro”, di piazza De Nava cui si oppone la Fondazione Mediterranea e il Comitato Civico per la tutela e valorizzazione di Piazza De Nava.

Per la Fondazione, infatti, la «suddetta nota – si legge – presenta inesattezze e imprecisioni oltre ad affermazioni palesemente non vere».

«È evidente che la nota, pur non facendo nomi – si legge – si riferisce alla Fondazione Mediterranea, che da un semestre porta avanti un’informazione puntuale e corretta. La si vuole delegittimare accusandola di falso, infangando così il nome e la professionalità dei cittadini e delle associazioni che democraticamente, tramite la Fondazione, si oppongono al progetto».

In merito alla questione – dichiarata falsa dal Segretariato – della ditta che si è aggiudicata la progettazione che eseguirà i lavori, la Fondazione ha sottolineato come si tratti di un «particolare assolutamente ininfluente, anche se fosse vero. La nostra “denuncia” ha riguardato il fatto che un unico Ente: esegue il progetto preliminare; assegna il compito di redigere il progetto definitivo, che risulta un copia e incolla di quello preliminare; gestisce la conferenza dei servizi; assegna con gara l’esecuzione dei lavori; esprime il RUP; e, dulcis in fundo, designa anche chi avrà la direzione dei lavori. Il tutto valutato da una commissione beni culturali composta dai vertici dello stesso Ente. Un accentramento di poteri senz’alcuna possibilità di controllo esterno, antidemocratico soprattutto perché riguarda lo stravolgimento dell’assetto urbanistico di un tratto centrale della città».

Per quanto riguarda la questione che riguarda la prof.ssa che ha svolto «la propria gratuita consulenza è la stessa che poi si è espressa pubblicamente a favore del progetto» e che il Segretariato ha dichiarato falso, la Fondazione ha, invece, dichiarato che si tratta di una affermazione falsa.

«La direttrice del dipartimento Pau dell’Università Mediterranea, prof.ssa Francesca Martorano– spiega la Fondazione – contrariamente a quanto affermato dal RUP in audizione alla Commissione Beni Culturali, non ha mai approvato il progetto, limitandosi a un’analisi dello stato attuale dal punto di vista storico e urbanistico e, nelle conclusioni, ponendo alcune raccomandazioni, peraltro non accolte, sul deflusso delle acque meteoriche».

«Quindi è stata l’arch. Filocamo che ha affermato quanto riferito dalla De Salvo, non certo noi – ha spiegato ancora la Fondazione – che non abbiamo mai interloquito con la prof.ssa Martorano. Cosa che invece abbiamo fatto con la prof.ssa Marisa Cagliostro, sostenitrice del progetto, in un acceso confronto a distanza sulla stampa. Abbiamo sì parlato di conflitto di interessi, non di tipo economico ma narcisistico/amicale, per i pochi che si sono espressi positivamente sul progetto. Affermazioni che, dimostrate nella sostanza, ribadiamo. L’affermazione della De Salvo, quindi, è falsa, ambigua, tendenziosa e soprattutto sconnessa nei suoi contenuti, mescolando fatti diversi avvenuti in tempi diversi. Una vera fake news».

Altra questione su cui è stata fatta chiarezza, riguarda i compensi, dove la Fondazione ha ribadito che «Abbiamo semplicemente riportato i dati estrapolati dal bando che così dicono: importo cinque milioni, di cui 1.200.000 per Iva al 10%, direzione lavori e progettazione. Il compenso per la progettazione è di euro 270.000. Mai si è detto che questa cifra andasse nelle tasche dell’arch. Giuseppina Vitetta, estensore del progetto preliminare. Le percentuali sui lavori per i progettisti interni all’amministrazione, peraltro, sono regolamentate per legge. Un’altra fake news della dott.ssa De Salvo. Dalle fake stiano tracimando nella diffamazione».

«Nel progetto è prevista la mutilazione del basamento della statua con l’eliminazione delle conchiglie – spiega la Fondazione –. Si nega perfino l’evidenza: finanche l’immagine tratta dal progetto, e posta a corredo della nota pubblicata su CalabriaPost, ritrae la statua mutilata delle conchiglie. Grande scivolone del Mic, che non controlla le foto a corredo. Il bugiardo, si diceva, deve avere buona memoria: nel nostro caso deve stare più attento».

Altra questione, riguarda gli spazi che si ricaveranno da questo “restyling”, dove la Fondazione riporta quanto scritto nelle carte progettuali; «spazio ampio in cui tenere fiere, esposizioni ed eventi folkloristici».
«Anche stavolta si nega l’evidenza. La finalità dichiarata dei progettisti è indiscutibilmente anche questa. Mai parlato di mercati rionali, come “maliziosamente riportato nelle fake news” da parte della dott.ssa De Salvo» ha proseguito la Fondazione,  che ha ricordato come le Associazioni che  di sono opposte al progetto sono quelle presenti sul territorio, a partire dal Fai «per continuare con Amici del Museo, Legambiente, Soroptmist, Fidapa, Lions, ecc. ecc.)».
«Le conclusioni della nota, da noi definite bla bla a ragion veduta – continua la Fondazione – si arrampicano sugli specchi e fanno comunque anche riferimento ad eventuali modifiche progettuali operate dopo la chiusura della conferenza dei servizi. Non le possiamo confutare perché ci sono state negate le documentazioni che avevamo formalmente chiesto. Ma lo stile del bla bla è molto simile a quello usato dall’arch. Vitetta che, in audizione alla Commissione Beni Culturali ebbe a dire che l’identità della piazza, pur demolita, si sarebbe mantenuta riutilizzando il materiale lapideo di pregio residuale della demolizione dell’impianto storico per la pavimentazione della nuova piazza».
«Concludiamo le nostre note con le appena citate affermazioni della dott.ssa Vitetta – conclude la nota – paradigmatiche di tutto il progetto, poste in audizione alla Commissione Beni Culturali. Costituita da chi? Sempre dai soliti dirigenti della Segreteria Regionale del Mic. Sempre solo loro, inattingibili e ingiudicabili, che si audiscono tra di loro e pretendono di imporre i loro progetti demolitivi, a nostro avviso in contrasto con la mission ministeriale, senza un democratico confronto con la cittadinanza». (rrc)

È nato il Comitato Civico per tutela e valorizzazione di Piazza De Nava di Reggio

A Reggio Calabria è nato un Comitato Civico per tutelare e valorizzare Piazza De Nava di Reggio Calabria, promosso dalla Fondazione Mediterranea e intitolato al compianto prof. Vincenzo Pamnuccio.

L’obiettivo del Comitato, che sarà guidato dai rappresentanti delle associazioni culturali reggine che si sono apertamente schierate contro il progetto della Soprintendenza, è quello di «operare, con responsabile senso civico e ponendo in essere tutte le legittime attività che si riterranno opportune, a favore della tutela e della valorizzazione della storica piazza reggina intitolata a Giuseppe De Nava, in un’ottica di maggiore comune interesse cittadino».

Il Comitato, infatti, è nato dall’esigenza, da parte della cittadinanza, «di far sentire la sua voce in merito a decisioni che stravolgono il loro vissuto di consapevoli cittadini, ovvero sul progetto di totale demolizione della storica piazza De Nava per edificarvi uno “spazio aperto” in cui tenere anche “fiere, mercati ed esposizioni”».

«Va ricordato – si legge in una nota – che il progetto demolitivo ha origine al di dentro della Soprintendenza reggina per i beni architettonici e paesaggistici ovvero intra moenia alla struttura amministrativa che per sua specifica mission avrebbe dovuto tutelare la memoria cittadina e l’identità dei luoghi. Un plateale quanto incomprensibile abbandono della mission ministeriale, fino a poco tempo prima ribadita con ferrea determinazione a proposito del Lido Comunale, sottoposto a tutela con i risultati di vergognoso degrado che tutti abbiamo sotto gli occhi».

«La cittadinanza, che non può avere più fiducia in un’articolazione dello Stato – continua la nota – che non ha più un indirizzo univoco e coerente ma che inverte totalmente giudizi e metodi a distanza di pochi anni, dopo essersi espressa quasi all’unanimità sui social contro la demolizione della piazza e la mutilazione del monumento, si costituisce ora in Comitato per attuare tutte quelle misure, anche di piazza, che saranno ritenute necessarie a impedire lo scempio della storia cittadina».

«In via estensiva – si legge ancora – tale mission si intende diretta anche a favore di tutto il patrimonio urbanistico storico-archeologico di Reggio Calabria e della Città Metropolitana».

«I termini politici, nel senso alto e nobile del termine – prosegue ancora la nota – la nascita di questo Comitato non va sottovalutata: un movimento civico spontaneo che democraticamente intende delegittimare l’operato di un’articolazione dello Stato sul territorio. La Soprintendenza rappresenta oggi un grumo di potere apparentemente inscalfibile, che incute timore a cittadini e amministratori».

«Lo dimostra – conclude la nota – la posizione ancillare e servente assunta dai dirigenti comunali che hanno dato il consenso alla demolizione di uno storico exemplum razionalista italiano della ricostruzione senza il più banale straccio di commento: un pavido “si” a una richiesta cui non si poteva rispondere negativamente. Ma cittadini liberi e con la schiena dritta non si piegano ai ricatti del potere». (rrc)

L’OPINIONE/ Enzo Vitale: Piazza De Nava e lo strenuo rifiuto al confronto da parte della Soprintendenza

di ENZO VITALE – Un antidemocratico accentramento di poteri esclude, di fatto, da qualsiasi possibile intervento la cittadinanza che a larghissima maggioranza (97 per cento circa degli interventi sui social) è contraria alla demolizione di piazza De Nava e alla mutilazione del suo monumento.

Sebbene più volte sollecitati a un incontro pubblico, nel quale rendere chiare le ragioni del progetto di completa demolizione della storica piazza De Nava e della parziale mutilazione del complesso statuario collocato al suo centro, i responsabili della Soprintendenza e della Segreteria regionale del Ministero non hanno mai risposto. C’è qualcosa che non quadra in questo strenuo rifiuto al confronto. Un motivo ci deve pur essere.

Tra questi vi è, certamente, il desiderio di non perdere il finanziamento di cinque milioni (questa imbarazzante verità è stata, peraltro, affermata apertis verbis), di cui una parte andrà, legittimamente, nelle tasche dei progettisti. Tutto regolare, quindi, tutto secondo legge?

Riassumiamo. La soprintendenza reggina, individuata una linea di finanziamento, elabora un progetto preliminare, che non tiene in nessun conto la memoria civica né elementari canoni estetici. Lo chiama di “restauro”, ma di restauro non ha nulla, perché è una banalissima demolizione totale dell’esistente. La ditta che vince la gara, di Lucca, probabilmente ignara della storia cittadina e dell’affetto che i reggini hanno per la loro piazza, elabora un progetto definitivo che è un copia e incolla di quello preliminare.

La stazione appaltante, sempre costituita dalla solita Soprintendenza, gestisce una Conferenza di Servizi in cui si approva la demolizione. La stessa Soprintendenza esprime il rup, responsabile unico del procedimento, gestisce la gara per l’affido dei lavori, che presumibilmente sarà vinta dalla solita ditta di Lucca, e dulcis in fundo indica anche il responsabile dei lavori. Tutto in casa, quindi, senza che nessuno possa mettere mani o controllare. Tutto in regola e secondo le leggi, ovviamente.

I social sono ormai lo specchio del comune sentire: tra i molti commenti sulla questione, è riscontrabile solo un misero tre per cento di consenso all’intervento demolitivo su piazza De Nava. Ciò acclarato in maniera ampiamente documentabile, se vi fosse qualche interesse non coincidente con quello pubblico, se i fini non fossero condivisi dalla cittadinanza, se la città non volesse questa demolizione della piazza e la sua sostituzione con un non-luogo senza storia né memoria né identità, con quali mezzi potrebbe opporsi?

Questo accentramento in una sola struttura e nei suoi vertici, autoreferenti e inattingibili, è compatibile con il doveroso rispetto della volontà popolare? E se vi fosse qualche intento pur legittimo ma non dichiarato, o se vi fossero conflitti di interesse, con quali mezzi la cittadinanza potrebbe loro opporsi? Solo con il democratico confronto, che i vertici della Soprintendenza però rifiutano. (ev)

[Enzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]