Enzo Vitale (Fondazione Mediterranea): La mutilazione del monumento De Nava

di ENZO VITALE – La scomparsa delle eleganti conchiglie vagamente liberty, che ornano la base del monumento a Giuseppe De Nava, al centro dell’omonima piazza che si intende distruggere, non è un refuso del disegnatore che ha accompagnato il progettista nel suo delirio demolitorio.

Se si legge con attenzione il progetto definitivo, peraltro copia e incolla del preliminare e pagato ben 270mila euro, si può notare che lo snellimento del basamento museale è espressamente previsto con l’eliminazione appunto delle conchiglie. Non solo si intende demolire la piazza ma si sceglie anche di mutilare il monumento, banalizzandone il basamento con l’eliminazione dei rimandi al liberty reggino della ricostruzione. Il tutto con un progetto che viene chiamato di restauro. (rrc)

Fondazione Mediterranea: Si demolisce Piazza De Nava per costruire uno spazio per mercati e fiere

La Fondazione Mediterranea, in merito alla questione del restyling di Piazza de Nava a Reggio, ha riferito come, alla fine, «si demolisce un impianto storico, in stile razionalista e probabilmente disegnato dallo stesso Camillo Autore, progettista del palazzo fronteggiante il Museo piacentiniano, per costruirvi uno spazio aperto da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni».

«La lettura del parere positivo – si legge in una nota – dato dall’amministrazione comunale alla demolizione di piazza De Nava in sede di Conferenza dei Servizi, ci fornisce un criterio per ipotizzare come sarà la nuova Piazza De Nava. Cosa resta dell’ambizioso progetto della Soprintendenza? Praticamente nulla. Attraverso la demolizione dell’esistente, secondo l’arch. Vitetta, si sarebbe dovuti arrivare a un’integrazione del Museo con una piazza completamente pedonalizzata e in connessione pedonale con il Monumento a Corrado Alvaro. Per quanto riguarda l’apertura del museo all’esterno, è stata rifiutata la proposta della Fondazione Mediterranea sulla creazione di teche protette in cui esporre materiale non deperibile contenuto negli scantinati museali. Con il diniego da parte del Comune di pedonalizzare via Vollaro, cadono gli altri due obiettivi: non vi sarà l’allargamento della piazza pedonalizzata sul lato sud e non vi sarà la connessione al Monumento Alvaro. Resta solo la demolizione dell’esistente per la creazione di uno spazio aperto, che avrà sostanzialmente la stessa volumetria dell’attuale piazza, da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni” (testuale dal progetto della Soprintendenza)».

«Se è questa – continua la nota – l’idea di città che ha in mente la Soprintendenza, che dovrebbe per sua mission tutelare i beni culturali, ovvero una città che in pieno centro storico demolisce piazze storiche per creare spazi aperti da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni”, siamo messi molto male. La cosa che lascia quantomeno perplessi, è la supina sottomissione dell’Amministrazione alle idee demolitive della Soprintendenza: le firme in calce al documento ne sono un inequivocabile segno. L’arch. Alberto DiMare, il dr. Giuseppe Melchini, l’arch. Domenico Macrì, l’ing. Domenico Scalo, l’arch. Domenico Beatino, come giustificano il loro parere positivo? Nel documento non c’è traccia di approfondimenti e analisi ma un semplice, e direi banale, “non si rilevano motivi ostativi”».

«È questo il modo di gestire i beni culturali di una città? – conclude la nota –. Nessuna discussione, nessun dibattito, nessun approfondimento, nessun coinvolgimento della cittadinanza. Solo un banalissimo “non si rilevano motivi ostativi” alla demolizione di una storica piazza cittadina». (rrc)

Enzo Vitale: Salviamo dalla demolizione il vecchio attracco dei ferry boat al porto di Reggio

di ENZO VITALE* – È ancora lì, ma non per molto. Eravamo abituati a non più usarlo, da molti decenni ormai, ma comunque a farci osservare dalla sua presenza. Il vecchio attracco dei traghetti costituisce un cimelio, è la memoria di un periodo fatto di tempi più lunghi e tutto sommato non spiacevoli.

Il primo collegamento tra le sponde con mezzi navali in grado di trasportare carri ferroviari è datato 1 novembre 1899 ed è organizzato in base agli studi dell’ingegnere navale Antonino Carabetta. Questi, insieme all’ammiraglio Giovanni Bettolo, aveva superato in Parlamento le critiche dell’allora Ministro ai Lavori Pubblici, che definiva ridicolo pensare di impiegare risorse pubbliche “per quattro ceste di frutta che passano da Messina a Reggio”.

Fu così che una prima coppia di navi, lo Scilla e il Cariddi, con locomozione a pale, di 50 metri di lunghezza e in grado di trasportare sei carri, cui si aggiunsero dopo un paio di anni il Calabria e il Sicilia, aprirono la nuova era di trasporti sullo Stretto. La tragedia del 1908 e i successivi eventi bellici del 1915/18 solo rallentarono i collegamenti, che ripresero con più vigore e mezzi più moderni nel ventennio tra le due guerre. Il secondo dopoguerra diede un ulteriore impulso ai collegamenti, che si adattarono alle nuove esigenze ferroviarie.

Ed è a questo periodo che risalgono i resti degli attracchi, vero esempio di archeologia industriale più che di modernariato, che fanno bella mostra di sé in prossimità dall’attuale stazione marittima.

Le Ferrovie, notoriamente molto poco attente ai dettagli culturali, hanno deciso per la demolizione. L’Autorità di sistema portuale ha necessità di spazi per nuovi attracchi di mezzi veloci e per attualizzare il concetto di metropolitana del mare. Nel piano regolatore portuale, approvato dal Comune, non c’è spazio per queste cosucce da intellettuali brontoloni (d’altronde, se si decide di demolire la storica piazza De Nava è comprensibile che non si capisca chi parla di archeologia industriale).

Quale soluzione per operare un saggio intervento conservativo? Si potrebbe, vista la programmata costruzione del Museo del Mare, smontare la struttura per riposizionarla all’interno di un percorso museale dedicato al traghettamento sullo Stretto, dai tempi delle barche a vela ai primi ferry boat fino ai recenti aliscafi. Con la pioggia di milioni in arrivo non ci dovrebbe essere un problema economico; nulla in contrario avrebbero le Ferrovie e nemmeno l’Autorità portuale. La decisione se buttare alle ortiche un altro pezzo di storia cittadina, peraltro sfruttabile in senso turistico, spetterà al Comune. (ev)

*Presidente Fondazione Mediterranea

Su piazza De Nava a Reggio interviene lo storico dell’arte Salvatore Settis

Sulla questione del contestato restyling di piazza De Nava interviene un calabrese doc, storico dell’arte e archeologo di grande prestigio internazionale, Salvatore Settis.

Il prof. Settis (che è originario di Rosarno) che è stato dal 1999 al 2010 Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, dal 2011 è  presidente del Comitato Scientifico del Louvre di Parigi. Con il suo intervento sostiene le tesi portate avanti dalla Fondazione Mediterranea contro la “distruzione” della memoria storica della piazza, prospiciente al Museo dei Bronzi, tanto cara ai reggini.

È, dunque, un’autorità culturale riconosciuta anche a livello internazionale. A questa autorità, che conosce bene la realtà reggina e i luoghi di cui si parla – si legge in una nota di Enzo Vitale a nome della Fondazione Mediterranea di cui è Presidente –, ci si è rivolti per sottrarre il dibattito sulla prevista demolizione di Piazza De Nava all’animosità che contrappone la passione civile all’interesse di parte. Gentile e affabile, ma con la incondizionabile precisione e nettezza di giudizio che gli sono rinomati, dopo aver analizzato le carte risponde ai nostri quesiti ponendo una premessa, in linea con l’eleganza dialettica e la discrezione relazionale tipica delle personalità di alto ingegno: «Sono un archeologo, non sono né architetto né urbanista, pertanto non entrerò nel merito del progetto limitandomi a delle considerazioni generali di natura etica ed estetica».

Ecco sintetizzato, su specifica autorizzazione, il suo pensiero.
«La città moderna, pur non potendosi considerare come un museo, avendo continuamente bisogno di rimaneggiamenti urbanistici tali da renderla utile strumento di crescita sociale, dev’essere maneggiata con estrema cura e delicatezza, limitando all’indispensabile gli interventi nel suo centro storico, al fine di rispettare la storia cittadina, la memoria collettiva e l’identità dei luoghi». Così dal punto di vista concettuale/progettuale.

Da l punto di vista politico/amministrativo il prof. Settis rileva che «Comunque tutti i rimaneggiamenti di una certa consistenza, soprattutto quelli che prevedono demolizioni et similia, devono avere il consenso di una maggioranza qualificata della cittadinanza, che potrà essere chiamata a esprimere la propria opinione anche attraverso l’ascolto delle associazioni che non siano in conflitto di interessi».

Nelle sue considerazioni finali, il prof. Settis afferma «essere possibile e auspicabile l’apporto di modifiche progettuali nel rispetto dell’opinione espressa dalla cittadinanza».
Afferma il prof. Vitale: «Sia consentita una chiosa a commento del riporto oggettivo dell’opinione sul tema espressa da uno dei maggiori maître à penser italiani. Oltre che discreta, nel senso che non si è inteso entrare nel merito delle altrui professionalità, e culturalmente qualificatissima, l’opinione del prof. Settis è anche di comune buon senso. Non mettendo in discussione le finalità (apertura all’esterno del Museo, pedonalizzazione dell’area e sua integrazione con il Monumento Alvaro), si potrebbe modificare il progetto (renderlo più rispettoso della storia cittadina e della memoria collettiva oltre che dell’identità dei luoghi) per venire così incontro ai desiderata della maggioranza delle associazioni. Mutatis mutandis, è quanto la Fondazione Mediterranea si affanna ad affermare fin dall’inizio della querelle». (rrc)

Fondazione Mediterranea: Dubbi su parere positivo Commissione regionale Beni Culturali su Piazza De Nava

La Fondazione Mediterranea, in una nota, ha illustrato che «molte ombre e dubbi sono evidenziabili sul parere positivo della Commissione Regionale Patrimonio Culturale al progetto della nuova piazza De Nava avanzato dalla Segreteria Regionale del Mibact».

«Il parere, acquisito il 20 di aprile e basato esclusivamente sulla relazione fatta dall’arch. Vitetta – continua la nota – è inattendibile perché la citata relazione presenta alcune inesattezze e imprecisioni che ne delegittimano la validità. Pur tralasciando che venga erroneamente adombrata una maggioranza di associazioni dichiaratesi favorevoli al progetto, la qual cosa è palesemente falsa essendo vero l’esatto contrario, non è vero, come afferma la dott.ssa Vitetta, che la piazza così com’è faccia parte di un “contesto urbano fortemente degradato dal punto di vista sociale e strutturale”. Non può accadere che azzerando la storia e la memoria di un luogo lo si predisponga a essere pulito e ben frequentato. La piazza, addossata ai luoghi della movida reggina, non sarà mai, se non la si rende tale con un’attenta manutenzione, pulita e ben frequentata. Ma non è questo il motivo principale per cui la relazione della Vitetta debba essere contestata».

La commissione, infatti – continua la nota – sulla base di quanto dichiarato dalla Vitetta, afferma di prendere atto che il materiale storicizzato, ovvero il materiale lapideo della cintura, sarà oggetto di riutilizzo. Sono solo parole, in quanto in nessuna parte del progetto che ci è stato sottoposto si prevede il riutilizzo dei materiali lapidei di risulta dalla demolizione. A questo punto le ipotesi sono due. Prima. La Vitetta ha indotto la Commissione in errore fornendo indicazioni imprecise o quantomeno fuorvianti. Seconda. Esistono delle variazioni progettuali che non sono state fornite in visione agli aventi diritto come avrebbero dovuto.
Comunque, alla base dell’induzione in errore della Commissione, vi sono due equivoci di fondo. Il primo è costituito da fatto che a giustificare la demolizione della piazza storica la Vitetta si rifà a un solo schizzo preparatorio del Piacentini, subito rinnegato dallo stesso perché collidente con il progetto della piazza, deliberato antecedentemente a quello del museo. Il secondo è di palmare evidenza. Pur tralasciando la constatazione che vi è un’insanabile contraddizione tra il termine “restauro”, come si intitola il progetto, e il termine “demolizione”, chiaramente espresso nel progetto, non è che riutilizzando il materiale di risulta della demolizione si mantiene la memoria storica della piazza, come affermato dalla Vitetta e incautamente recepito dalla Commissione. Ovvero non è che si mantiene la memoria di Roma demolendo il Colosseo e usando il materiale lapideo di risulta per costruirci uno stadio. Mutatis mutandis, in piccolo, è questo che propone l’arch. Vitetta e che inopportunamente la Commissione ha avallato».
«La memoria di Reggio della ricostruzione – conclude nota – non risiede nella singola pietra del pilastrino ma nel complesso architettonico della piazza che si vuole demolire. È una considerazione di tale semplicità ed evidenza che getta delle lunghe ombre di inattendibilità sulle motivazioni della Commissione. Comunque, che sia stata indotta in errore o che l’errore l’abbia prodotto autonomamente, il parere della Commissione non può essere accettato e, in quanto collidente con i basilari principi di buon restauro e conservazione del patrimonio culturale, è suscettibile a essere impugnato nelle opportune sedi».

Occorre una sintesi tra le diverse opinioni sul progetto di restyling di Piazza De Nava

di ENZO VITALE* – In una città normale, la “questione piazza De Nava” si sarebbe già risolta: la ragionevolezza e il buon gusto estetico, per non parlare del senso del bene comune e del rispetto della storia, avrebbero avuto la meglio su atteggiamenti integralisti e irrispettosi dell’idea del bello, o guidati da interessi personali e miopi particolarismi.

In una città normale, l’Amministrazione comunale, prima di procedere alla demolizione di una piazza storica per sostituirla con un assolato “non-luogo” senza storia né memoria, terrebbe conto dell’opinione contraria al progetto espressa sostanzialmente all’unanimità dalla società civile tramite le sue associazioni. Parliamo di unanimità in quanto i pochissimi pareri positivi sono inquinati da conflitti di interesse, da interessi personali e di gruppo, da obbedienza ideologica, da intenzioni adulatorie o, nel migliore dei casi, da una disinteressata ma erronea visione del bello e del bene comune. In altri termini, questi pareri positivi non si possono definire come libere espressioni di pensiero bensì condizionate.

Siccome non siamo in una città normale, ma in una che ha già immesso nel tritacarne prima i suoi palazzi liberty, negli anni Sessanta, e recentemente le sue strade e le sue piazze, c’è il rischio concreto che, in presenza di un attento e vigile gruppo di associazioni, per legittimamente opporsi a un discutibile progetto, ci si avvii a un’ispezione ministeriale sulle attività della Segreteria regionale del Mibact, a interrogazioni parlamentari e a un ricorso al Tribunale amministrativo regionale. Eppure, per non perdere il finanziamento di cinque milioni, cui tanto tengono l’amministrazione comunale e i sostenitori interessati o piaggianti, la soluzione ci sarebbe: operare delle modifiche che, pur tenendo conto dei pochissimi pareri positivi espressi, vengano incontro ai desiderata dell’assoluta maggioranza, che intende rispettare la storia della città e la memoria cittadina.

Le modifiche progettuali sono state presentate nei primi giorni di aprile da parte della Fondazione Mediterranea, che ha per prima sollevato pubblicamente il caso all’Amministrazione comunale ed alla Conferenza dei servizi, fatta in modalità asincrona in modo da non dover sostenere alcun contraddittorio. Di seguito si riportano alcuni sintetici stralci.
Mantenimento inalterato dell’impianto della piazza “dov’era e com’era”, per come si legge in tutti libri di architettura a proposito del restauro; eventuale sostituzione solo della pavimentazione, che non presenta particolarità da tutelare, con pietra di Macellari; accurato restauro di tutti gli elementi decorativi e delle aiuole oltre che dei sedili, caratteristici anche del Lungomare; rimodulazione degli impianti di illuminotecnica previsti a terra, sì da armonizzarli con lo stile della piazza; eliminazione della progettata fontana a zampilli, prevista nell’angolo basso lato via Vollaro; pedonalizzazione delle strade, come previsto, e restauro del basolato originario, senza le programmate rimozioni a scacchiera; creazione di teche espositive esterne al Museo, concretizzando così non a parole ma nei fatti la sua apertura all’esterno; eliminazione dell’alto palo di illuminazione e sua sostituzione con una lampionatura che riproduca quella ora presente; uso di essenze arboree e arbustive originali dei nostri luoghi, al posto delle previste originarie del Sud America; utilizzo dei fondi in esubero per ripristinare il basolato lavico delle strade che affluiscono alla piazza restaurata.

Tutte le modifiche proposte, facilmente implementabili nel progetto, che si potrebbe così realmente chiamare di “restauro e riqualificazione”, non snaturerebbero la piazza e concretizzerebbe con maggior gusto e funzionalità le finalità postesi dal Mibact, sulle quali si può anche convenire: aprire il museo all’esterno, pedonalizzare l’area e raccordarla con il monumento a Corrado Alvaro. Si opererebbe così una giusta sintesi tra le esigenze degli aventi interesse al progetto originario e le idee di chi ha interesse solo al bene pubblico. (ev)

*Presidente Fondazione Mediterranea

Fondazione Mediterranea e Amici del Museo scrivono a Franceschini per il restyling di Piazza De Nava

Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea per l’Area dello StrettoFranco Arilotta, presidente dell’Associazione Amici del Museo di Reggio Calabria, hanno scritto una lettera aperta al ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, in merito al restyling di Piazza De Nava.

«Le scriventi organizzazioni culturali di Reggio Calabria, Fondazione Mediterranea per l’Area dello Stretto e Associazione Amici del Museo – si legge nella lettera – al cui interno opera una qualificata selezione della cittadinanza reggina, recepito l’orientamento di altre strutture associative e culturali oltre che di quella comunemente definita come società civile, si permettono di disturbarla per una questione che, pur a prima vista periferica e marginale, a loro avviso è di fondamentale importanza per un Paese “antico” come l’Italia e per un Ministero, come il suo, che questa antichità intende tutelare e proteggere per una sua ottimale fruizione anche attraverso interventi di restauro e riqualificazione». 

«Questa premessa è d’obbligo – continua la lettera – perché a Reggio Calabria è stato programmato, proprio dalla Segreteria regionale Mibact, un intervento che, impropriamente definito come di “restauro e riqualificazione”, nella realtà dei fatti collide con la mission ministeriale in maniera tanto plateale quanto suscettibile di sanzionamenti da parte dell’autorità giudiziaria, alla quale si adirà ove la nostra richiesta non venga presa in considerazione. L’antico di cui si parla, nella città di Reggio, non è solo quello relativo alle vestigia dei suoi antichi fasti greci e romani ma, avendo subito nel 1783 e poi ancor più nel 1908 devastanti terremoti che ne hanno stravolto la struttura primaria, è anche quello della sua ricostruzione in stile liberty e razionalista della prima metà del trascorso secolo, basato sullo schema urbanistico illuminista di fine Settecento». 

«Le sue strade e le sue piazze del centro – continua ancora la lettera – come quella intitolata a Giuseppe De Nava, che della seconda ricostruzione fu uno dei principali mallevadori, rappresentano un unicum urbanistico che, pur in parte devastato dalla speculazione edilizia degli anni Sessanta e dall’inettitudine amministrativa di una classe politica non all’altezza dei suoi compiti, mantiene comunque una sua coerenza ed eleganza. La citata piazza De Nava, antistante al Museo Archeologico Nazionale del Piacentini e chiusa da un palazzo d’epoca di Camillo Autore, è stata concepita nel Ventennio, con una sua esemplare razionalità di corredo e raccordo tra i palazzi e le strade con il loro caratteristico basolato lavico. Il tutto costituisce un insieme coerente e concluso che ne fa un salotto cittadino, per come anche elogiato nel 1936 dallo scultore Francesco Jerace, autore della statua che vi troneggia». 

«La Segreteria regionale del Mibact – viene spiegato – spaccia per restauro un intervento demolitivo che della struttura originaria della piazza non lascia assolutamente nulla, radendo a zero e spianando tutto ad eccezione della statua del De Nava, e chiama il suo intervento “Piazza De Nava – Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra in Museo Archeologico Nazionale e il contesto urbano”. A testimonianza che questa lettera non deriva da un atteggiamento integralista o dogmaticamente orientato, si ricorda che: la piazza è un bene culturale da tutelare e conservare ai sensi del codice dei beni culturali di cui al DL n. 42 del 22 gennaio 2004; è stata fatta pervenire all’Amministrazione Comunale e alla Conferenza dei Servizi una serie di modifiche che, mantenendo le finalità di “riqualificazione e integrazione …”, facciano divenire il progetto realmente di “restauro” anziché di demolizione, termine esplicitamente usato dai tecnici contrattati dal Mibact». 

«A sostegno delle nostre tesi – proseguono Arilotta e Vitale – si evidenzia che: non esiste un solo testo di architettura e urbanistica che avalli un simile concetto di restauro; dopo gli anni Sessanta in Italia è stato lo stesso Mibact che si è opposto a simili interventi; che proprio la Segretaria regionale del Mibact si è opposta a un progetto sulla medesima piazza, proposto dal Comune nel non lontano 2007.  Non ci si dilunga ulteriormente in questa sede, rendendosi ampiamente disponibili a produrre atti e documenti per chiarire nel dettaglio tutti gli aspetti di questa mortificante esperienza, ma si ribadisce comunque: la richiesta di un suo intervento per valutare se la Segreteria regionale calabrese del Mibact, come da noi ipotizzato, abbia avallato progettualità che collidono con la mission ministeriale; l’intenzione di intraprendere le opportune azioni giudiziarie a tutela della storia della città e della memoria dei suoi cittadini, certi che comunque vi sia un insanabile contraddizione tra il titolo “restauro” e la demolizione prevista nel progetto». (rrc) 

Fondazione Mediterranea: Quello di Piazza De Nava è sbagliato chiamarlo restauro

La Fondazione Mediterranea, in seguito alle dichiarazioni di qualche travet comunale, ha voluto fare delle precisazioni in merito ai lavori di restyling di Piazza De Nava a Reggio Calabria.

«Si cita il mostro sacro G. C. Romby – viene detto in una nota – a proposito della sua idea urbanistica di pedonalizzazione delle piazze come mezzo di fruizione di luoghi urbani arricchiti di spazi e giardini. A parte la considerazione che non è citando Padre Bergoglio che si diventa buoni cristiani, o citando Freud che si diventa buoni analisti, quindi non è citando Romby che si diventa bravi architetti, la citazione è in astratto condivisibile, ma assolutamente fuori luogo nel caso del progetto di restyling di Piazza De Nava».

«Non siamo, infatti, come inopinatamente viene affermato – dice la Fondazione Mediterranea – in presenza di un luogo di per sé destinato a un inguaribile degrado e abbandono, quindi da demolire e ricostruire, bensì di fronte a un insieme coerente e coeso che solo l’incuria degli amministratori e l’inciviltà dei fruitori ha reso così come lo si definisce: quindi è semplicemente da restaurare e riqualificare. Il progetto del Mibact si chiama, infatti, “restauro e riqualificazione”: ma, nei fatti, rinnega il suo titolo per proporre un’impostazione completamente nuova della piazza che con il termine di “restauro” non ha nulla da condividere. Non è necessario essere architetti o urbanisti per capire cosa si intende oggi per restauro. Val la pena, all’uopo, ricordarlo ai travet comunali e tutti gli altri che, per interesse o per ignoranza, tentano di giustificare una delirante operazione di distruzione di storia cittadina e memoria collettiva».

«Come dicono a una sola voce i possessori di quella “scienza e coscienza” citata dalla prof.ssa Cagliostro – continua la nota – con il termine di restauro viene definita un’attività volta a garantire la conservazione di un’opera architettonica o urbanistica per una valorizzazione o riuso, in linea con le sue peculiarità storiche. Svariate sfumature e varianti tecniche a questa forse troppo sintetica formula sono possibili ma, comunque, tutte convergono verso un punto fisso, ineludibile e indiscutibile: l’opera architettonica deve rimanere “com’era e dov’era”. Punto. In altri termini, coerentemente con il titolo del progetto, se si vuole essere professionalmente coerenti e corretti, l’assetto urbanistico e architettonico piazza De Nava deve rimanere così com’è, senza se e senza ma».

«Peraltro – prosegue la nota – c’è da ricordare che proprio la G. C. Romby, che è piaciuto citare ai travet comunali, si è sempre espressa in tal senso e non avrebbe mai avallato un restauro distruttivo, come quello che si vuol fare oggi a Piazza De Nava. All’uopo, si suggerisce loro di dare un’occhiata agli atti dello storico convegno tenutosi il 17 marzo del 2009 in Firenze, nella cui Università la prof.ssa Romby ha insegnato Storia dell’Architettura, dal titolo “Città storica e sostenibilità”. In questo meeting scientifico Marco Romano, che non ha bisogno di presentazioni, ha appunto affrontato i temi di cui oggi si discute con la sua relazione “La città come opera d’arte: il restauro del suo passato e il disegno del suo futuro”. Solo un’occhiata, un piccolo sforzo, tanto per chiarirsi le idee su cosa si intenda oggi per restauro in architettura e urbanistica».

«Altra cosa – conclude la nota – è il termine “riqualificazione”, che ha un significato strettamente funzionale e sul quale si può essere ampiamente d’accordo: l’apertura del Museo all’esterno e la pedonalizzazione dei luoghi attigui comportano degli interventi che, se ben fatti, possono essere rispettosi dell’impianto storico e riqualificanti l’ambiente, rendendolo più fruibile e adattabile ad altre esigenze che non siano solo di passeggio o transito ma di ordinata fruizione di beni museali (ingiustificabile dimenticanza dei progettisti)». (rrc)

La Fondazione Mediterranea condivide linee guida per il progetto di restyling di Piazza De Nava

La Fondazione Mediterranea ha condiviso, con il Comune e la Città Metropolitana di Reggio Calabria, le linee guida del progetto definitivo Piazza De Nava – Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra il museo archeologico nazionale e il contesto urbano, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Queste linee guida sono state sottoposte all’attenzione del sindaco Giuseppe Falcomatà, nel corso di una formale audizione a cui ha partecipato l’assessore alla Cultura, Rosanna Scopelliti.

«Raccordo – si legge – più integrato del Museo con l’esterno; ampliamento della piazza con la pedonalizzazione delle strade adiacenti; apertura della piazza agli spazi attigui, come il monumento Alvaro, con cui fare sistema. È in disaccordo con la realizzazione pratica delle idee sorgive del progetto che, collidendo con lo stesso titolo di “restauro e riqualificazione”, opera una distruzione di significative tracce urbanistiche, liberty e razionaliste, della ricostruzione reggina. All’uopo, c’è da segnalare che non ha senso il richiamo ad alcuni disegni originali del Piacentini che mostrano una piazza molto più grande e libera: è lo stesso Piacentini che abbandona l’idea iniziale (edificio asimmetrico con vetrate a nastro e continue circondato da spazi ben più ampi degli attuali) perché collide con la piazza già dedicata a De Nava nel 1926, nella quale nel 1936 si pone l’opera di Francesco Jerace, e con il progettato edificio dell’Ente Edilizio del 1933 curato da Camillo Autore».

«Le motivate proposte di modifica al progetto – si legge in una nota – si possono riassumere in alcuni sostanziali punti che, non stravolgendo l’impianto generale del progetto proposto dal Mibact, contemperano l’esigenza di una rivisitazione dei luoghi e l’opportunità di non perdere il finanziamento con la sentita necessità di non trasformare un luogo identitario reggino in un non-luogo alla Marc Augé senza storia né memoria».

«Mantenimento e restauro – si legge – della cintura di pilastrini e ringhiera tubolare, espressioni architettoniche tipiche del periodo della ricostruzione e del Ventennio oltre che caratteristiche della piazza fin dalla sua creazione; l’aspetto della piazza, quasi un elegante “hortus conclusus”, composta e coerente con l’impianto urbanistico cittadino (non fatto di larghe strade e ampie piazze ma di vie regolari e strette che si aprono in slarghi regolari) andrebbe assolutamente mantenuto come tipico della città; restauro della facciata del palazzo di Camillo Autore e sua riqualificazione; sostituzione dell’alberatura su via Tripepi con essenze arboree di basso fusto o arbustive, onde non precludere la vista del palazzo di Camillo Autore, piuttosto che il loro semplice abbattimento; rifacimento del pavimento della piazza, che non presenta particolare rilevanza storica ed architettonica, con i materiali e gli schemi previsti nel progetto».

«E ancora, mantenimento delle aiuole, aggiornate ai tempi come da progetto, lì dove oggi sono; mantenimento e restauro dei sedili in ferro tipici della piazza e della via Marina: come fatto con la ringhiera del lungomare, andrebbero rifatti in stile e moltiplicati; i sistemi di illuminotecnica della piazza andrebbero resi meno appariscenti e più discreti, evitando risultati ottici e d’effetto più consoni a un parco giochi che a una piazza signorile;  eliminazione del lungo palo di illuminazione previsto in un angolo della piazza e sua sostituzione con una lampionatura diffusa e in linea con lo stile d’epoca».

«I fasci luminosi – continua la nota – previsti sulla facciata museale potrebbero essere generati da impianti, di fatto invisibili, posti sulla sommità degli edifici che circondano la piazza; sempre riguardo l’illuminotecnica, si dovrebbero eliminare i festoni luminosi che fanno bella mostra di loro fra le fronde del ficus dell’aiuola Alvaro: vera e imperdonabile offesa al buon gusto di una cittadinanza che non intende farsi colonizzare dal cattivo gusto e dalla pacchianeria; eliminazione dell’edicola e suo spostamento in area pedonale esterna al perimetro della piazza, non al suo interno; eliminazione della progettata fontana a zampilli prevista nell’angolo basso della piazza lato via Vollaro (zona che sarà inaccessibile nelle frequenti giornate ventose, sempre che la fontana sia funzionante – nessuna in città lo è – e non ridotta a un deposito di carte e lattine vuote di birra); inserimento, al posto della progettata fontana, di un luogo espositivo esterno del Museo, concretizzando così non a parole la sua apertura. L’esposizione potrebbe essere moltiplicata con teche in vetro corazzato in tutte le zone pedonali circostanti il museo; estensione del restauro dell’antico basolato in pietra lavica a tutte le vie di accesso alla piazza: si potrebbero utilizzare così tutti i fondi residuati dal ridimensionamento degli interventi sulla piazza».
«Mantenimento del basolato lavico sul corso, il cui selciato, come da progetto, andrebbe rialzato e portato ad altezza marciapiede; rifacimento dell’accesso al museo secondo il progetto, però addolcito con elementi architettonici di rimando al liberty o al razionalismo; verde pubblico della piazza dedicato a specie autoctone dei luoghi o facenti ormai parte del patrimonio arboreo tipico della città, piuttosto che a specie arboree importate (non ve ne è una sola nel progetto che sia di origine locale)».

«Tutte le modifiche proposte – conclude la nota – non cambiano l’impostazione di base del progetto (raccordo col museo e pedonalizzazione dell’area di intervento) e sono facilmente implementabili». (rrc)

Fondazione Mediterranea: impegno per sostenere la Fondazione Noel

Lo studio del moto ondoso nello Stretto ha suggerito una simulazione sperimentale dell’Università Mediterranea per la produzione energetica. Su questo tema la Fondazione Mediterranea ha organizzato un meeting informativo coordinato dal prof. Felice Arena che ha suscitato l’attenzione e l’interesse della senatrice Silvia Vono (Italia Viva)

Tutto è nato sul finire degli anni Ottanta del trascorso secolo da un’intuizione del prof. Paolo Boccotti, oggi professore emerito dell’Università Mediterranea, successivamente confermata sperimentalmente nei primi anni Novanta. In termini poco scientifici, ma utili dal punto di vista divulgativo, si può dire che sulla sponda reggina dello Stretto di Messina, per una serie di particolari caratteristiche (grande stabilità del vento locale, tipo di vento di canale, che spira da Messina verso Reggio; orientamento della costa su cui agisce il vento di canale e sua estensione limitata a 10 km), si crei un moto ondoso che simula in scala quello oceanico. Luogo ideale, quindi, per lo studio sperimentale su come questo moto ondoso possa essere sfruttato per la produzione energetica. Nasce così il laboratorio NOEL (Natural Ocean Engineering Laboratory), inaugurato nei primi anni di questo millennio dal rettore Alessandro Bianchi, e oggi diretto dal prof. Felice Arena del Dipartimento DICEAM dell’Università Mediterranea.

Oggi questo laboratorio, unico al mondo per le sue specifiche caratteristiche, in base ai cui studi si stanno realizzando in Italia (a Roccella, Salerno e Civitavecchia) strutture portuali in grado di generare energia elettrica con la particolare struttura dei loro moli foranei, si è lanciato in un’altra avventura sperimentale: la creazione di strutture galleggianti per itticoltura in grado di essere completamente autosufficienti e, inoltre, di produrre energia elettrica, tramite lo sfruttamento dell’energia eolica, con le classiche pale, e di quella ondosa, secondo il Modello Boncotti.
La ratio di questi esperimenti, in base ai quali grandi strutture fino a 2 ettari di superficie (il modello sperimentale reggino, visibile sul lungomare, è in scala 1/15) possono essere utilizzate in alto mare con opportuno ancoraggio al fondo marino, è che nei pressi delle coste ulteriori insediamenti di itticoltura non sono più sostenibili (inquinamento ambientale, eutrofizzazione costiera, concorrenza con le attività ricettive e turistiche, etc) pur essendo ormai indispensabili a soddisfare il fabbisogno alimentare di una popolazione mondiale che nel 2050 raggiungerà i 9 miliardi di unità.
La senatrice Vono, perplessa dalla scarsa attenzione attribuita dai politici reggini alle attività di ricerca dell’Università Mediterranea, si è dichiarata disponibile ad aiutare e sostenere con i mezzi a sua disposizione le attività del NOEL, soprattutto in previsione delle positive ricadute che l’implementazione sul territorio della ricerca scientifica può avere sull’emigrazione intellettuale e in generale sull’occupazione giovanile del Sud.
La senatrice Vono ha assicurato che riferirà in Senato su quanto osservato e annotato in riva allo Stretto ovvero sulla presenza di laboratori universitari che svolgono attività di ricerca che non hanno nulla da invidiare a quelle svolte da ben più antiche e blasonate e ricche Università. Sollecitata in tal senso dal dott. Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea, la senatrice si è dichiarata ampiamente disponibile ad appoggiare, per quanto di sua competenza, il percorso integrativo dell’Area dello Stretto, ritenendo che nel terzo millennio non si possa ormai più parlare di città vicine e con comuni interessi che non facciano anche sistema. (rrc)
Nella foto, da sinistra: il prof. Felice Arena; la senatrice Silvia Vono; il dott. Vincenzo Vitale. Sullo sfondo il prototipo sperimentale in scala 1/15