Giornata storica per il Porto di Gioia Tauro, Toninelli benedice la nuova gestione unica

Una giornata storica per il Porto di Gioia Tauro. Sembrava tutto perduto, cambierà tutto. Nuove gru, nuovi carrelli, obiettivo 4 milioni di Teu (container). Il nuovo gestore unico MSC del Gruppo Aponte ha voglia di investire e far tornare il Porto ad essere strategico e importante per tutti i traffici del Mediterraneo. Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli è stato, quindi, oggi a Gioia per “benedire” l’accordo di cessione siglato tra Contship Italia e MSC del Gruppo Aponte, che assegna a quest’ultima la futura gestione del transhipment del Porto. In tale occasione Toninelli ha anche annunciato, ufficialmente, che una delle prossime riunioni del Consiglio dei Ministri – come anticipato dal Presidente Giuseppe Conte che voleva tenere una seduta speciale in Calabria – si terrà proprio a Gioia Tauro.

«Da domani – ha detto Toninelli – questo porto può riprendere la china arrivando a movimentare quattro milioni di teu»: questi sono gli impegni del nuovo concessionario unico MSC. Il che significa – ha sottolineato il ministro – stabilità occupazionale per tutti i portuali di Gioia Tauro.

A proposito della cessione, Toninelli ha specificato di aver «dovuto avviare una mediazione non semplice perché le parti non si parlavano da tempo e noi non potevamo permettere che la crisi del porto si prolungasse ancora». Toninelli si è mostrato particolarmente felice: «È una grande emozione e una grande soddisfazione – ha detto – perché la notizia di oggi, non è del salvataggio ma del rilancio del Porto di Gioia Tauro».

Il ministro ha insistito  sul significato della giornata odierna: «Sono profondamente felice che oggi la Calabria non debba sopportare una tragedia sociale a cui si stava avvicinando, perché il decremento, il calo di questo porto se non veniva in fretta bloccato, non l’avremmo potuto riprendere. E oggi, con l’accordo firmato, abbiamo gli investitori che si impegnano a investire fin da subito, già da oggi, decine di milioni di euro in nuove gru che vedrete presto montate nelle prossime settimane, in nuovi carrelli. E la cosa più bella è che è un successo di tutti. Prima di tutti di voi lavoratori – ha detto rivolgendosi alle maestranze del Porto – perché quando vi ho ricevuto a Roma vi ho detto fidatevi di noi perché siamo dalla vostra parte».

Parlando con i giornalisti, il ministro Toninelli ha anche anticipato che il suo Ministero si occuperà, a partire dalla prossima settimana, dell’ammodernamento della rete ferroviaria tra San Ferdinando e Bari, che passa per Rosarno, Paola, Metaponto e Taranto per il definitivo avvio dell’intermodalità dal Porto di Gioia. «Mi auguro – ha detto Toninelli – che Regione e Corap si assumano anch’essi la responsabilità nel definire questo percorso. Per quello che mi riguarda, proporrò che RFI diventi proprietaria della tratta da ammodernare perché non c’è un attimo da perdere.

Andrea Agostinelli, Danilo Toninelli, Nicola di Bari e Nicola Morra
Andrea Agostinelli, Danilo Toninelli, Nicola di Bari e Nicola Morra

All’incontro che ha sancito la gestione unica da parte di MSC hanno presenziato il presidente della Commissione Antimafia sen. Nicola Morra,  il prefetto di Reggio Michele di Bari, il commissario straordinario dell’Autorità portuale di Gioia, contrammiraglio Andrea Agostinelli e numerosi rappresentanti sindacali. Toninelli ha ringraziato pubblicamente il prefetto di Reggio e il commissario Agostinelli «che hanno lavorato per mantenere la pace sociale, cosa che non era affatto facile».

Numerosi i commenti sull’accordo di oggi. Il deputato calabrese dell’USEI, Eugenio Sangregorio ha detto che «L’accordo tra Contship Italia e Terminal Investment Ltd sul porto di Gioia Tauro è una ottima notizia che permette di ridare sicurezza ai lavoratori calabresi e offrire una nuova prospettiva al rilancio dello scalo come hub commerciale primario del Mediterraneo. Interverrò sul Mit con altri parlamentari calabresi per accelerare al massimo l’iter del piano di investimenti che permetta di avviare i lavori sulla intermodalità a servizio dello scalo container di Gioia Tauro e sulla creazione di infrastrutture di supporto».
«L’accordo – ha osservato il parlamentare italo-argentino – offre una nuova chance al porto di Gioia Tauro per  riaprire i giochi sulla Via della Seta, facendo dello scalo lo snodo logistico primario dei traffici da e verso l’Estremo Oriente».

Secondo l’on. Domenico Furgiuele (Lega) «L’accordo tra Contship e Msc rappresenta un sicuro punto di svolta sulla strada del rilancio di una infrastruttura cruciale per la Calabria e per il Mediterraneo intero quale è il porto di Gioia Tauro. Tale operazione che, nei fatti, consentirà al Gruppo Aponte, proprietario della seconda flotta container più grande del mondo, di acquisire il controllo della società di gestione del porto non sarà priva di conseguenze oltremodo positive per la regione e per l’area della piana vittima negli ultimi anni di un doloroso processo di declino e anche di una inaccettabile esclusione dalle agende dei governi del passato.

«Esecutivi – ha detto l’on. leghista – che hanno sempre considerato Gioia come un problema e non invece come una risorsa straordinaria. Ora però le cose stanno cambiando: l’immobilismo che si trascinava da tempo è stato finalmente sbloccato da una intesa che, ovviamente, non dovrà rimanere un fatto isolato. Bisogna, infatti, ripensare lo sviluppo dell’intera area attraverso la valorizzazione del retro porto e l’attuazione di un piano di investimenti che permetta nel breve di incardinare il porto tra le principali rotte dello sviluppo». (rp)

 

Tra delusione e speranze ora decolla la ZES. Da Gioia Tauro riparte davvero la Calabria?

di SANTO STRATI – Con l’insediamento del Comitato d’indirizzo (che dovrà amministrarla) parte ufficialmente la Zona Economica Speciale (ZES) della Calabria. Un’area che da Gioia Tauro fino a Reggio offrirà incentivi e agevolazioni straordinarie per chi vorrà investire e creare insediamenti produttivi che si traducano in nuova occupazione e, soprattutto, sviluppo e crescita del territorio. La ZES rappresenta l’ultima spiaggia, l’ultimo treno da non perdere per la crescita e lo sviluppo di un territorio sottoutilizzato, pur ricchissimo di risorse umane e di opportunità industriali. C’è, purtroppo, il rischio che, come gran parte delle cose destinate a far crescere industrialmente questa regione, anche la ZES possa diventare un’ottima idea lasciata morire non oltre le buone intenzioni. E qui occorre che i calabresi tutti siano attenti e vigili che non finisca, come al solito, in farsa: buoni propositi e zero realizzazioni. Occorre una forte pressione su chi ci governa sia a livello nazionale che regionale, sui parlamentari, sui consiglieri comunali, persino sugli amministratori locali, perché questa grande, grandissima, opportunità abbia l’attenzione necessaria e l’impegno di tutti per diventare il volano della rinascita, della crescita, della ripartenza verso uno sviluppo non più rinviabile.

La mancata indicazione del Porto di Gioia Tauro come referente per la Via della Sera è una delusione che ancora brucia (anche se non è detta l’ultima parola), quindi è lecito immaginare che l’esecuzione di tutti gli adempimenti necessari perché tutto funzioni adeguatamente possa subire rallentamenti, rinvii, e lungaggini burocratiche che ne assicurerebbero il fallimento. Non si tratta di essere pessimisti, ma realisti, se è vero che anche i fondi europei destinati alla Calabria tornano indietro inutilizzati, se è vero che per dare il via ai progetti di qualsiasi attività industriale o manifatturiera in Calabria ci sono tempi di attesa in grado di scoraggiare il più volenteroso degli imprenditori.

Per chi non lo sapesse le Zone Economiche Speciali vengono individuate in aree depresse che devono attrarre investimenti, motivando le imprese attraverso uno speciale regime fiscale e con incentivi vari, tra cui la semplificazione amministrativa e sgravi contributivi. In poche parole, chi investe nella ZES paga meno tasse e gode di numerose agevolazioni se crea occupazione. La ZES calabrese dell’area di Gioia Tauro ha solo in parte le infrastrutture necessarie a garantire gli insediamenti produttivi (porti, aeroporti, logistica, ecc), quindi c’è anche l’opportunità di un grande progetto infrastrutturale che si tradurrebbe in occupazione e lavoro per la popolazione residente. Il Piano di Sviluppo Strategico della regione Calabria è stato approvato col il DGR 100 il 29 marzo dello scorso anno: c’è voluto, però, un anno per la prima riunione del Comitato di indirizzo che amministrerà la ZES.

Insediato il Comitato d'Indirizzo della Zes Calabria
Insediato il Comitato d’Indirizzo della ZES Calabria

Il Comitato di indirizzo insediatosi ieri (con l’attuale commissario dell’Autorità portuale di Gioia Andrea Agostinelli, la dott.ssa Bianca Maria Scalet, che rappresenta il Consiglio dei Ministri, il prof. Francesco Aiello dell’Unical, in rappresentanza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e il dott. Tommaso Calabrò dirigente generale della Struttura di coordinamento della programmazione nazionale della Regione Calabria) si è già dato una prima scadenza a metà aprile per mettere in atto le necessarie attività per il corretto funzionamento della Zes. È già un buon segnale che non si vuol perdere tempo prezioso: le aziende interessate devono capire subito quanto vale in termini fiscali il vantaggio di investire nella Zes, serve individuare le procedure per gli insediamenti produttivi, occorre che ci sia chiarezza sui diritti e i doveri derivanti dalla cosiddetta “fiscalità di vantaggio”.

Di fatto, il credito d’imposta che la ZES propone agli investitori non è ancora uno strumento funzionante e le risorse stanziate (già dal Governo Gentiloni) appaiono troppo scarse per permettere la creazione di aree industriali di grande respiro. «È anche auspicabile – sostiene a questo proposito il prof. Aiello – che il Governo Conte concretizzi il proprio impegno verso il Sud, aumentando i fondi nazionali per la fiscalità di vantaggio delle aree ZES: i 210 milioni di euro stanziati per il triennio 2018-2020 (e non ancora utilizzati) dal precedente governo Gentiloni sono poca cosa per consentire di creare nelle ZES del Mezzogiorno serie agglomerazioni spaziali di attività industriali. Se il Governo pensa che le ZES siano uno strumento adeguato per promuovere l’industrializzazione del Sud, è necessario aumentare significativamente i fondi per la fiscalità di vantaggio. La proposta al Governo non può che essere avanzata dal Ministro del Sud Barbara Lezzi».

Soddisfatto il Presidente della Regione Mario Oliverio: «Si apre, finalmente, – ha dichiarato – la fase attuativa del piano, che saluto con particolare gioia poiché da oggi diventano concrete le prospettive di sviluppo in esso contenute. La ZES farà crescere l’economia globale della regione ed i suoi livelli occupazionali attraverso un incremento degli investimenti anche esteri ed un aumento delle esportazioni, grazie alla semplificazione amministrativa, alla disponibilità di infrastrutture messe nelle aree industriali, portuali e aeroportuali, agli incentivi fiscali previsti dal decreto istitutivo e agli ulteriori incentivi regionali per investimenti delle imprese che si vorranno allocare nelle aree di riferimento, ben 2400 ettari».

Secondo il prof. Aiello c’è l’esigenza immediata «di conoscere i modi e i tempi per l’avvio delle procedure insediative nella ZES. Il Decreto Semplificazioni ha fissato le regole generali sulla sburocratizzazione delle procedure, ma ora, su base regionale, è necessario declinarle in atti concreti prevedendo, come primo atto, l’istituzione di uno Sportello ZES. Esiste, inoltre, – sottolinea Aiello – una domanda di sicurezza e di protezione che dovrà necessariamente essere soddisfatta anch’essa in modo celere al fine di non vanificare tutti gli sforzi che si stanno facendo in questi mesi.  La questione è di competenza del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, i cui immediati provvedimenti potrebbero essere complementari alla progettualità prevista dalla Regione Calabria in tema di sicurezza».

Un altro aspetto da non sottostimare riguarda i collegamenti ferroviari (quasi inesistenti) tra il Porto di Gioia e il resto del Paese. La rete ferroviaria rappresenta non solo un elemento di valorizzazione delle attività portuali ma un’opportunità straordinaria per lo sviluppo della ZES mediante collegamenti che abbatterebbero i costi distribuitivi. La ZES può dunque diventare l’elemento trainante di tutta l’economia calabrese, anche di quella non legata all’intermodalità (auspicabile) del Porto di Gioia. I trasporti in Calabria sono in uno stato pietoso, la rete ferroviaria va completamente ripensata, e, se da un lato, l’Autostrada del Mediterraneo, l’A2, gestita dall’ANAS, mostra i segni di un adeguamento da troppo tempo atteso, rimane aperto il nodo della strada della morte, la Statale 106, di cui si parla sempre, contando ogni giorno nuove vittime, ma su cui non si vedono interventi risolutivi. C’è fin troppo lavoro per i ministri Danilo Toninelli (Infrastrutture) e Barbara Lezzi (Sud). Incrociamo le dita e auguriamoci che i titolari dei due dicasteri si sveglino dal loro improvvido torpore su tutto ciò che riguarda il Mezzogiorno. (s)

La Stampa e i bambini calabresi da terzo mondo tra Arghillà e la Ciambra

La Stampa di oggi dedica un impietoso reportage di Nadia Ferrigo ai bambini di Arghillà (periferia alta di Reggio) e della Ciambra, il quartiere di Gioia Tauro diventato famoso dopo il film di Jonas Carpignano candidato agli Oscar. Il servizio fa parte di un più ampio reportage sull’infanzia. La pagina dedicata alla Calabria sembra scritta oltre sessant’anni fa, quando la miseria e la disperazione erano ordinaria amministrazione nei paesini dell’Aspromonte e nelle periferie calabresi: oggi, amaramente, ci si chiede come sia possibile questo drammatico ritorno al passato.

«Ai bambini di Arghillà, – scrive la giornalista – quartiere popolare di Reggio Calabria, non è rimasta nemmeno la fantasia per sognare un futuro migliore. Mille alloggi popolari, più della metà occupati. I cumuli di immondizia, che ingombrano la fermata del bus, marciapiedi e giardinetti, non riescono a rovinare il meraviglioso panorama dello Stretto che si gode dalla parte più alta del quartiere»

«…a Ciambra, quartiere di Gioia Tauro. Negli Anni Ottanta – scrive la Ferrigo – sono state occupate una manciata di case popolari, ancora da finire. Le strade sono di terra e rifiuti, e solo in quetsi giorni sono iniziati i lavori per asfaltarne almeno una. Sono le dieci del mattino, i bimbi stanno a osservare, in braccio alle mamme, giocano con un cagnolino, uno ha una biciletta e continua a fare su e giù… »

Purtroppo, è così. E dobbiamo dire grazie a questi reportage amari che fotografano una realtà che è impossibile nascondere, ma che viene bellamente ignorata da chi dovrebbe quanto meno vergognarsi. E non basta l’impegno dei volontari e della chiesa che pure fanno tantissimo, servirebbe una decisa presa di posizione delle istituzioni, che ovviamente è sempre mancata.

L’indignazione resta, ma la vergogna – caso mai albergasse un sentimento simile – vola via il giorno dopo ogni pubblicazione. (rrm)

CANNIZZARO (FI): La risposta parziale del Governo su Gioia Tauro

Con una nota, l’on. azzurro Francesco Cannizzaro, dà conto delle risposte parziali del Governo alla sua interpellanza urgente su Gioia Tauro. «Il Governo – dice l’on. Cannizzaro – oggi ha risposto solo parzialmente in Aula alla mia interpellanza sulla paradossale vicenda del Porto di Gioia Tauro. Attraverso il Sottosegretario all’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, on. Salvatore Micillo, l’esecutivo nazionale ha dichiarato di prestare particolare attenzione alla vicenda e di aver fatto sue, almeno sulla carta, alcune delle rimostranze che nell’istanza parlamentare avevo ben chiarito e che stamane, durante la relazione espositiva, ho avuto modo di ribadire con ferma determinazione. Non si discute che l’intenzione generale è di preservare i livelli occupazionali attraverso un incremento dei volumi di traffico operativi del porto e che, chiaramente, devono essere consequenziali ad investimenti mirati e ad una politica di crescita commerciale lungimirante. Purtroppo, però, già dal tavolo ministeriale della scorsa settimana, l’elemento di maggiore preoccupazione che è emerso è il fattore tempo: non si può dare un solo giorno di più a chi non si presenta neanche ad un incontro fondamentale per la vita di cinquecento famiglie, evitando, di fatto, il confronto diretto e la ricerca di una soluzione.

«La mia interpellanza – si legge nella nota – ha chiaramente fornito un input importante al ministro Danilo Toninelli che, opportunamente, e come confermato in Aula dal on. Micillo, ha avviato nei confronti dei due azionisti del Terminal calabrese per il tramite dell’autorità portuale, il procedimento di decadenza della relativa concessione demaniale delle banchine del porto di Gioia Tauro. Un’azione che ho inteso precisare non sia solo formale, mi auguro, proprio per tutelare i lavoratori ma anche per garantire la continuità operativa della struttura che, per rimanere nella rete “core”, necessita del volume di traffico container previsti dalla normativa europea. Il Sottosegretario però, nella replica garbata e solo per pochi aspetti positiva, non ha chiarito come attivare una gestione strategica maggiormente supportata dal Governo proprio in virtù di quanto ho fatto notare più volte, e cioè che i porti stranieri del Mediterraneo di concorrenza diretta per grandezza e capacità di trasbordo, godono di attenzioni costanti dagli stati di appartenenza. Avevo anche chiesto di manifestare subito le caratteristiche di un eventuale “Piano B”, se la situazione dovesse volgere al peggio, ma anche su questo, tranne espressioni di buona volontà, di concreto nulla. Dunque, il Governo ha ascoltato ma non ha risposto completamente, ed il tempo non è sicuramente nostro alleato. Da parte mia posso solo ribadire quanto in Aula ho espresso, dando seguito alle mie richieste fino a quando non finirà la vergognosa consuetudine di anteporre gli interessi economici di società private alla vita reale dei calabresi». (rp)

Cannizzaro (FI): Sul porto di Gioia servono risposte del Governo

Il deputato azzurro Francesco Cannizzaro vuole impegni precisi del Governo per risolvere la gravissima situazione del Porto di Gioia Tauro. «Il Governo  – scrive l’on. Cannizzaro in una nota – risponderà in aula venerdi 1° marzo sull’assurda vicenda che drammaticamente ha investito i lavoratori del porto di Gioia Tauro, uno dei maggiori porti europei operanti nel Mediterraneo, ha mostrato le lacune di un sistema di assegnazione delle concessioni nazionali che necessita di una urgente rivisitazione. Chiaramente le condizioni di una gestione che sostanzialmente rimane nelle mani dello Stato, che governa attraverso l’azione dell’autorità portuale e da cui dipende per assetti finanziari e decisionali, devono essere risolute ed improcrastinabili nell’interesse dell’attività operativa del porto stesso e, di conseguenza, dei lavoratori impegnati. È bene ricordare che la rete “core” di cui il porto calabrese fa parte, come previsto dal regolamento europeo competente, monitora costantemente i parametri relativi al volume di traffico che il sito è in grado di sopportare e gestire e, una crisi del genere, potrebbe danneggiarlo irrimediabilmente sul piano competitivo internazionale. L’irresponsabile carenza d’intesa fra i due soci per l’attività di gestione delle banchine portuali, Mct ed Msc,  è alla base di questa sciagurata diatriba che si è inteso giocare sulla pelle dei lavoratori, prime papabili vittime di una crisi reale, mettendo in mostra tutti i  limiti progettuali e d’investimento a lungo termine che hanno innescato la miccia sociale. Da plauso l’intervento immediato del Prefetto di Reggio Calabria e la conseguente riunione tenutasi al Ministero dei Trasporti con il ministro competente impegnato in rassicurazioni verso i lavoratori in protesta e minacce, promesse, verso le società interessate. Risultato: due mesi di tempo per rinsavire tutti. A mio giudizio troppo poco, ed è per questo che, supportato come sempre dal mio partito e dai colleghi parlamentari, ho deciso di presentare una Interpellanza urgente sull’intera vicenda».

«Ho atteso – afferma Cannizzaro – che le riunioni portassero a risultati immediati e concreti ma, tranne la buona volontà manifestata dal Ministro Toninelli e dalla sola Msc, di certo non vi è nulla. L’interpellanza  chiede l’immediato avvio dell’iter di valutazione dell’esistenza dei presupposti al mantenimento della concessione senza attendere i sessanta giorni decisi che potrebbero risultare deleteri al mantenimento dei livelli occupazionali. Purtroppo, infatti, l’assenza immotivata di Mct al tavolo governativo, al di là di una comunicazione che lascia il tempo che trova, dimostra irresponsabilità verso il proprio mandato concessionario ed assoluto disinteresse sulla sorte dei cinquecento lavoratori minacciati di licenziamento. Sicuramente la presenza di Msc e dei suoi vertici ha offerto uno spunto su cui il governo può agire ed è per questo che l’interpellanza prosegue  nel chiedere di considerare esclusivamente gli impegni manifestati da Msc al tavolo ministeriale e di concretizzare immediatamente gli accordi di investimento prospettati nelle cifre indicate al fine di realizzare l’incremento necessario del volume di traffico per un’azione di rilancio nazionale ed internazionale del Porto di Gioia Tauro. Chiedo, inoltre, di predisporre puntuali esami di mercato sulle proiezioni possibili e realistiche dettate dalle conseguenze dell’approvazione della Legge 136/2018 e dalla modifica della L 84/94, in termini di utilità per l’attività di sviluppo e crescita di cui necessita il porto calabrese di Gioia Tauro. Infine, con il documento presentato all’Aula, chiedo al Governo di manifestare urgentemente le opportune conseguenze di un eventuale ritiro della concessione alla società di gestione del porto, (dotarsi cioè del piano “B”) predisporre una fase transitoria che consenta lo svincolo e l’utilizzo dei fondi del programma finanziario europeo classificati nel piano di investimenti delle aree logistiche integrate del Paese, e lo studio di una celere eventuale riassegnazione della concessione titolare ad altra societaria italiana. Un’azione decisa e tempestiva del Governo, memore delle crisi degli anni precedenti sempre causati da Mct, oggi risulta essere fondamentale per il superamento di una crisi che per la Calabria sarebbe un disastro sociale dalle conseguenze incalcolabili. Lo sa bene il Premier Conte che incontrando i sindaci della Piana, guidati dal primo cittadino di Rosarno Giuseppe Idà, ha manifestato la volontà di chiedere al più presto la costituzione di un tavolo interministeriale che operi fino al rientro della crisi. Come parlamentare espresso dal territorio non abbasserò la guardia per un solo istante. (rp)

Bruno Bossio (PD): Il governo deve sbloccare gli investimenti per Gioia Tauro

La deputata Enza Bruno Bossio (PD) ha presentato oggi un’interrogazione al Consiglio dei ministri e al ministro delle Infrastrutture: «Quali sono le reali intenzioni del Governo per sbloccare la grave crisi che ha investito l’area portuale di Gioia Tauro? Quali le soluzioni per scongiurare 500 potenziali licenziamenti? E quali le iniziative per imprimere piena operatività alla Zes, restituire vigore all’Autorità portuale e attivare i necessari investimenti di rilancio?

La deputata Bruno Bossio, già nei giorni scorsi aveva richiamato il Governo alle proprie responsabilità su presente e immediato futuro del più grande terminal del Mediterraneo. «A fronte di una forte ripresa internazionale di merci scambiate e di lavoro nei terminali portuali – si legge nell’interrogazione – al Porto di Gioia Tauro (RC) permane una situazione di palese criticità già sollevata dalla Regione Calabria. Da quanto riportato anche dagli organi di stampa la società che gestisce il terminal di Gioia Tauro è in una condizione di stallo a causa delle  divergenze strategiche sugli investimenti tra i due soci che detengono il 50% ciascuno – spiega la deputata Pd per poi aggiungere – il blocco di circa 150 milioni di euro  relativi a impianti ferroviari, potenziamento assi stradali, potenziamento banchine, rende ancora più critica la situazione di un terminal che necessita di infrastrutture per rafforzare la propria capacità di funzionamento. Il combinato disposto di tutte queste criticità rischia di pregiudicare l’esistenza di 500 posti di lavoro». Da qui la sollecitazione al Governo e ai ministri competenti di convocare al più presto un incontro fra tutte le parti in causa, a partire dalla Regione e di attivare tutti gli strumenti necessari per dare piena operatività e forza espansiva all’area portuale e industriale. (rp)
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Il sindaco di Reggio Falcomatà: Il Porto di Gioia Tauro priorità nazionale

Il Sindaco Metropolitano Giuseppe Falcomatà è intervenuto sulla grave crisi del Porto di Gioia Tauro e il rischio di perdita di numerosi posti di lavoro:  «Deve essere – ha detto Falcomatà – una priorità nazionale. Il Governo ascolti l’allarme dei lavoratori».

«La Calabria faccia sentire forte la sua voce al fianco dei lavoratori del porto di Gioia Tauro. Dobbiamo scongiurare l’ipotesi nefasta dei licenziamenti annunciati da Medcenter che sarebbe un colpo mortale per i piani di sviluppo dell’area portuale, sulla quale ora è operativa la Zone Economica Speciale». Il Sindaco metropolitano ha manifestato la sua vicinanza ai lavoratori che hanno proclamato lo stato di agitazione trasmettendo una lettera unitaria, firmata dalle segreterie nazionali e calabresi di Cgil, Cisl e Uil, al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai Ministri Danilo Toninelli e Barbara Lezzi.

«Il porto di Gioia Tauro è la più grande infrastruttura trasportistica del sud Italia, uno dei sistemi portuali più grandi del mondo. Il Governo ha il dovere di considerarlo come una priorità nell’agenda politica nazionale – ha aggiunto il sindaco – non si può continuare a trascinare in avanti una fase di crisi infinita che evidentemente sta generando una perdita di volumi accompagnata da continue minacce di tagli e riduzioni del personale. Riteniamo grave che gli accordi firmati con il precedente Governo siano stati disattesi, soprattutto rispetto al piano di investimenti già programmato e condiviso. Oggi non possono essere i lavoratori a pagare gli effetti di uno scontro irresponsabile tra i due colossi Mct e Msc che si contendono la governance del porto».

«Il Premier ascolti le richieste dei lavoratori e dimostri concretamente che questo Governo non è nemico del Sud. Le avvisaglie di questi primi mesi della compagine giallo-verde alla guida del Paese non lasciano ben sperare, ma Conte è ancora in tempo ad imprimere il necessario e dovuto cambio di rotta, a partire da un tema centrale come quello del rilancio del porto di Gioia Tauro. L’istituzione della Zes, recentemente entrata in funzione dopo anni di chiacchiere e tentativi malriusciti, può essere un’occasione di rilancio dell’area portuale, anche in virtù di un piano di sviluppo delle attività industriali che ruotano attorno ad esso. Ma è necessario che il Governo si faccia promotore di un’iniziativa forte e decisa, con l’obiettivo di attrarre su Gioia Tauro investitori in grado di implementare l’attività industriale ed aumentare i livelli occupazionali». (rrc)

Enza Bruno Bossio (PD): Per la crisi del Porto di Gioia Tauro dov’è il Governo?

La deputata Enza Bruno Bossio (PD) ha espresso la propria preoccupazione sull’assenza dell’azione di Governo sulla grave crisi che sta investendo il Porto di Gioia Tauro. «Il Governo – dice la deputata – batta un colpo sulla grave crisi del porto di Gioia Tauro, che in queste ore sta producendo drammatiche ricadute sul fronte occupazionale, con centinaia di lettere di licenziamento in partenza. Dopo aver lasciato l’Autorità portuale monca di un responsabile e sotto commissariamento, dopo aver tagliato fuori dalle decisioni le istituzioni regionali, dopo aver ideato lo spacchettamento dei terminal calabresi in una riforma dei porti insulsa e illegale tanto da costringere la Regione Calabria a far ricorso alla Corte costituzionale per affermare il proprio diritto a essere consultata in scelte così strategiche: oggi i vari ministri competenti (Toninelli, Di Maio e Lezzi), non senza inutili promesse e passerelle a Gioia Tauro, non sono in grado di pronunciare una parola sul futuro sempre più incerto del più importante terminal del Mediterraneo; non hanno neanche ipotizzato una trattativa con i due azionisti privati che, al di là della crisi economica, vanno indirizzati verso soluzioni che tutelino il futuro del porto e dell’intera area industriale e, soprattutto, mettano al riparo i lavoratori e le loro famiglie».

«La Calabria – sottolinea l’on. Bruno Bossio non può pagare il costo della completa insipienza e mancanza di autorevolezza del Governo: non lo permetteremo e non solo ci uniamo ai sindacati nella richiesta di un tavolo urgente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, quanto attiverò tutti gli strumenti possibili – a partire da un’interrogazione urgente – per chiamare il Governo alle proprie responsabilità». (rp)

Il successo dell’Orchestra Giovanile della Calabria. Ascoltateli!

6 gennaio 2019 – Continua il meritato successo dell’Orchestra Sinfonica Giovanile della Calabria diretta mirabilmente dal maestro Ferruccio Messinese. Più di 300 esibizioni in tutt’Italia, 10 vittorie in concorsi internazionali e nazionali, un orgoglio della Calabria.

Ieri l’Orchestra – che fa capo all’Associazione culturale Musica Insieme di Gioia Tauro ed è coordinata da Stefania Prota – ha suonato a Cortale (CZ) nella Chiesa di S. Maria Cattolica, riscuotendo un ulteriore consenso e un nuovo, trionfale, successo. (rs)

Ecco un piccolo video del concerto di ieri. Ascoltate questi ragazzi, sono davvero bravi:

https://www.youtube.com/watch?v=I9yEVC9-B_E&feature=youtu.be&fbclid=IwAR0C5EE45ll5EVf48FbVE1AerKSEXIhtYkea85IxyVSu6rC0cgVFpvHbuSE

PERSONE / Antonino De Masi, l’imprenditore che vuol liberare la Calabria

di SANTO STRATI

8 ottobre – È possibile fare impresa in Calabria, senza clientele e senza assistenzialismo? La risposta, concreta, viene da un imprenditore, Antonino De Masi, originario di Rizziconi, che da anni combatte senza esitazioni e convintamente la sua personale guerra contro la mafia e le consorterie mafiose che infestano il suo territorio, quello di Rosarno-Gioia Tauro e non solo. Davanti alla sua azienda, accanto al porto di Gioia Tauro sempre più intristito da un’attività che sembra ormai destinata a morire, stazionano perennemente i militari della scorta. Soldati in assetto di guerra, gli stessi che presidiano il suo ufficio. De Masi è un uomo sul cui capo la ‘ndrangheta ha emesso una sentenza di morte, tanti anni fa, peggio di una fatwa integralista. Colpire l’uomo per distruggere o almeno fermare le sue idee che rischiano di “turbare” i giovani e i meno giovani, troppo spesso tentati da sapide lusinghe della criminalità organizzata, eppure allo stesso modo certamente in grado di cogliere un messaggio che può colpire al cuore, e quindi, a mente fredda, ragionarci su, riflettere, reagire.

Così, nonostante le minacce, i colpi di kalashnikov contro i suoi capannoni, i continui “suggerimenti” alla cautela, De Masi è sempre al suo posto. Dirige un’azienda sana e continua a sfornare idee e progetti per riscattare il territorio, la Calabria, per offrire occasioni e opportunità di occupazione, di formazione, di specializzazione. Una missione da “eroi” – ma io non sono un eroe si schermisce De Masi – o da visionari di olivettiana memoria: De Masi è l’esempio migliore di imprenditore “illuminato”, di cui tanto ha bisogno questa terra. Non accetta però il termine: «non sono un imprenditore illuminato, sono un uomo che ama il lavoro e ama questa terra. Tutti mi suggeriscono di mollare questa non-vita e andare via. Una scelta che non mi può appartenere». Per lui parlano le sue battaglie contro le ‘ndrine, contro le banche, contro il malaffare. Ha vinto, a prezzo di rinunciare a una vita tranquilla, ma la Calabria ha estremo bisogno di personaggi come De Masi per cercare il suo riscatto. Deve essergli grata, anche se la storia calabrese è ricca di indifferenza e solitudine verso i suoi figli migliori. I calabresi, però, devono conoscere ed essere orgogliosi di questo imprenditore che è diventato un esempio da imitare. Un modello contro il malaffare e l’omertà, ma anche contro la rassegnazione. E contro tutti coloro – politici, affaristi, rapaci imprenditori – che ignorano cosa voglia dire bene comune e impediscono, per proprio tornaconto, benessere e sviluppo.
La conversazione con Antonino De Masi rivela, dunque, una figura di imprenditore che potrebbe davvero tracciare il solco su cui innestare i germogli di una crescita sempre vagheggiata ma non impossibile. Certo, prevalgono, allo stato attuale, l’insofferenza e l’amarezza che vengono dalla constatazione che la Calabria ha più problemi “spirituali” che materiali, provocati da una classe politica inetta e da un territorio sempre più scollato dalla realtà.
«Se si va ad analizzare – dice De Masi a Calabria.Live – l’evoluzione culturale o l’involuzione ci si rende conto che il tessuto calabrese ci è scappato dalle mani. Abbiamo perso l’orgoglio di essere calabresi. Questa cosa io la vedo guardandomi intorno e vedo l’assuefarsi alla normalità: normalmente siamo contenti come siamo. Siamo contenti di vedere la spazzatura in mezzo alla strada, siamo contenti di andare all’ospedale e non avere sanità, siamo contenti di avere le strade sgarrupate. Perché questi decenni passati ci hanno normalizzato, il brutto ormai ci appartiene. Non è un brutto solo oggettivo ma un brutto culturale. Questa cosa io non la sopporto. Non sopporto che una minoranza di calabresi abbiano ridotto questa terra a quello che è: una regione puzzolente, la chiamo io. Una terra bella, magnifica, fatta di persone magnifiche».
De Masi si lascia andare ai ricordi per spiegare il senso della sua “mission”. «Quando con mio papà giravamo per le campagne a vendere macchine agricole, andavamo nelle case della gente quando ancora non c’era l’energia elettrica, c’erano i lumi a illuminare le case nelle campagne. Si andava in quelle case dove c’era povertà, dove c’era disperazione, ma in quelle case appena qualcuno bussava a quelle porte trovava la gente che diceva una parola – in dialetto – “favuriti” – fa-vu-ri-ti -, favorite, venite con noi a dividere quello che abbiamo e quello che non abbiamo. Quindi un concetto di accoglienza spinto ai massimi livelli. Dov’è quella accoglienza? Dov’è quel sorriso? Dov’è quella gioia che i nostri concittadini, i nostri antenati, avevano? Ora c’è un “chi t’indi futti”, in maniera indecente e incredibile. Questa cosa a me non va bene, non va bene perché mi domando cosa posso fare io. Posso continuare a lamentarmi con me stesso di come ci siamo ridotti o chiedermi se ho un ruolo in una società civile. In questi anni io vengo descritto come un eroe, una cosa che mi dà fastidio più di tutti, questa cosa mi disturba molto… Non è creando dei miti, non è creando delle figure eccelse che si risolve il problema, il problema va risolto spiegando a tutti che abbiamo un dovere di essere cittadini. Il concetto dell’io, quello che “io” posso fare».
Già cosa possiamo fare, ognuno col proprio piccolo “io”, per cambiare la situazione, trasformare il territorio che “pensa”? «Io come imprenditore – dice De Masi – cosa posso fare? Posso “normalizzarmi” come mi dicono i miei colleghi “ma chi te la fa fare a vivere in queste condizioni, a vivere una vita non-vita”. “Ti conviene? Con quattro soldi risolvi il problema…”. Adeguarmi? Oppure… oppure girarmi le maniche e combattere. Quindi essere da sprone con quello che dico e quello che faccio, certo essere anche da esempio. Per dire “guardate, con tutto ciò che io vivo in queste condizioni, sono ancora qui”. L’importanza di dire “svegliatevi”, svegliamoci. Noi ci siamo assuefatti a una “normalità”, non lo so se è rassegnazione, ma è una brutta cosa».
De Masi imprenditore ha studiato una soluzione da public company con l’idea di coinvolgere e far partecipare i dipendenti. Un’idea di impresa che è un bene comune sul territorio: in questo modo la criminalità non può colpire un’azienda che appartiene anche al popolo. Un’idea che potrebbe essere vincente, soprattutto se abbinata al percorso di formazione che De Masi intende offrire ai giovani. Uno dei suoi brevetti più interessanti l’ha sviluppato un giovane ingegnere catanzarese (un forno industriale per pizza che non produce fumi tossici), tanti altri progetti industriali allo studio provengono da giovani calabresi. È un modo di guardare ai giovani e offrire opportunità, quelle che mancano in questa terra.
«Ho letto un dato recente: 26mila giovani sono andati via dalla Calabria. Quei 26mila ragazzi che hanno lasciato la Calabria io dico che li abbiamo messi noi cittadini come genitori su quei treni, su quegli aerei e spinti ad andar via. Io credo che attorno a quei ragazzi abbiamo fatto terra bruciata per non consentire loro di restare qui. Oggi questo deserto, queste condizioni di non vivibilità su questa terra non ce li ha dati il Padreterno. Questo intorno a noi non era un deserto né materiale né immateriale, eppure noi abbiamo reso arido questo sistema costringendo quei ragazzi ad andar via. Questa terra noi l’abbiamo ammazzata, ammazzata col nostro silenzio, la nostra apatia, io la chiamo omertà. L’ha ammazzata la nostra non-dignità, abbiamo perso la dignità di essere oggi persone libere».
Pessimismo, amarezza? «No – risponde De Masi – se il mio è un ragionamento pessimistico vuol dire che non ci sono 26mila giovani che sono andati via, vuol dire che le strade che ha trovato venendo qui sono belle… Io non sono uno che si piange addosso, io analizzo il fatto per cercare una soluzione. Il fatto è che 26mila ragazzi sono dovuti andare via. Chi li ha mandati via? Il mio comportamento, il nostro comportamento di calabresi. Se dovessimo fare un elenco degli alibi che noi abbiamo ne troviamo duemila per dire che siamo in queste condizioni. Abbiamo l’alibi che non abbiamo strade, non abbiamo infrastrutture, non abbiamo nulla… Ma l’alibi ci giustifica? Ci dà da mangiare? L’alibi dà lavoro ai nostri figli? La storia del nostro Paese si è fatta partendo dalle macerie di una guerra che ha azzerato tutto e da quelle condizioni qualcuno s’è girato le maniche e ha ricostruito il Paese. Io non posso accettare, quando sento le interviste che vengono fatte ai miei concittadini, che lo Stato ci ha abbandonato, che è ora che lo Stato faccia qualcosa per noi. Sto leggendo un libro su don Sturzo che affermava che “i meridionali devono salvare il Meridione”: i calabresi devono salvare la Calabria, altrimenti non c’è storia. Il mio non è pessimismo, è una chiamata alle armi: giratevi le maniche perché i vostri figli siete voi che li avete mandati via, tutti noi siamo responsabili».
Qual è la formula di De Masi per l’occupazione? «Io sto lanciando due cose che sono apparentemente folli… io parlo di un’equa distribuzione della ricchezza. Mi ha chiamato il sindaco di Polistena, Michelangelo Tripodi che è di Rifondazione per dirmi che è attratto dalle mie proposte. Per parlare di equa distribuzione della ricchezza bisogna essere comunisti? Bisogna essere idealisti nel dire che non si può creare ricchezza puntando allo sfruttamento, alla schiavitù? Due passaggi, due estremi che non possono stare insieme. La ricchezza non può essere figlia di una prevaricazione perché, altrimenti, che ricchezza è? Allora, io parto da un altro tipo di ragionamento, che io posso fare ricchezza puntando a un’equa distribuzione e puntando sulla condivisione di un percorso: E allora io sono un comunista, sono un socialista? Sì, se socialismo significa che non c’è lo schiavo e non c’è il padrone. Io non sono illuminato, sono una persona normale che cerca di analizzare con gli occhi di chi ha studiato un poco di economia che il futuro dell’azienda non passa da quel “film”, da quella storia».
C’è qualche rimedio? «Il nostro Paese ha bisogno di un nuovo rinascimento, un rinascimento di dignità, della dignità dei valori… Tempo addietro un professore di Milano, illustre cattedratico, mi suggerì “lasci tutto, venga al Nord”. Gli ho scritto una lettera “La ringrazio, ma sono testardo. Rimango giù”. Il professore non mi ha dato un consiglio sbagliato, mi ha dato un consiglio razionale “vada a fare impresa altrove”. Se io dovessi puntare ai soldi, al business, alla ricchezza materiale, io qui non dovrei starci un minuto di più. Ma io credo nella legalità, un elemento essenziale, senza la quale non si può costruire un futuro, perché si diventa barbari. Allora il cittadino deve cominciare a dire “io devo rispettare le regole”. Il calabrese non deve fare il civile quando va al Nord e fare la raccolta differenziata, che la faccia qui la raccolta differenziata. Che non dia calci alle porte, alle cose e che rispetti le regole del gioco sapendo che rispetta se stesso».
De Masi è il calabrese che sarebbe piaciuto a Corrado Alvaro: usa la testa, il cervello ma non dimentica di ascoltare il cuore, un cuore che batte, orgogliosamente per una terra che può cambiare. A chi manda provocazioni su presunte mire politiche, immaginandolo – per sminuirne l’impegno personale –  prossimo governatore della Calabria, De Masi non esita a rispondere: «Non sono interessato al gioco dei partiti. Ho una sola finalità, che purtroppo la gente ancora non capisce. Io sono uno di quelli, cresciuto illuso che ci siano dei valori per i quali durante la guerra c’è stato chi è andato sulle montagne per preparare la liberazione: io vorrei liberare questo territorio da coloro i quali lo hanno massacrato». (s)