SUD, IL CATALOGO DELLE BUONE INTENZIONi
DAL 2018 al 2022, BEN TRE MINISTRI, MA…

di ERCOLE INCALZA – Volendo essere obiettivi penso sia opportuno ricordare che dal 2018 al 2022, cioè in oltre quattro anni si sono alternati, nel Dicastero del Sud e della Coesione Territoriale, la ex ministra Barbara Lezzi, l’ex ministro Giuseppe Provenzano e la ex ministra Mara Carfagna e ritengo utile ricordare cosa siano riusciti a fare durante il limitato tempo in cui hanno ricoperto tale incarico.
Ho cercato quasi in modo capillare ed esaustivo di leggere gli atti e le scelte adottate da questi tre titolari del Dicastero; in particolare ho cercato di verificare il loro impegno a sollecitare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e gli Enti locali (Regioni e Comuni) a cantierare le opere, a sollecitare il Ministero dell’Economia e delle Finanze ad assegnare e a garantire la disponibilità di risorse inserite nelle varie Leggi di spesa, a cercare di far spendere le risorse contenute nei Piani Operativi Nazionali (Pon) e nei Piani Operativi Regionali (Por) supportati dal Fondo di Sviluppo e Coesione 2014 – 2020 (riporto sempre il solito dato: dal 2014 al 2020 si sono spesi forse solo 6 miliardi sui 54 miliardi assegnati), ebbene effettuando questa analisi inizialmente ho avuto un dubbio: forse per motivi di riservatezza i vari Ministri avevano ritenuto opportuno secretare tutto il loro operato.
Ho trovato, infatti, una ricchezza di interviste, una ricchezza di annunci, di convegni e di atti programmatici. Tutti questi atti, tutti questi “racconti” avevano un comune denominatore, o meglio, una serie di comuni denominatori che riporto di seguito e che ho avuto modo di conservare in un apposito dossier che ho definito; “come far crescere il Mezzogiorno solo con le buone intenzioni”. I comuni denominatori invocavano sempre i seguenti impegni:
Dobbiamo assegnare la Sud non il 30% delle risorse che lo Stato destina agli investimenti ma dobbiamo garantire almeno il 40% e se necessario il 50% e forse anche il 60%. (attualmente siamo appena al 14%); Dobbiamo portare al Sud le infrastrutture relative all’alta velocità ferroviaria (le uniche avviate parzialmente sono quelle della Legge Obiettivo: l’asse Napoli – Bari e Catania – Messina); Dobbiamo completare gli assi viari Palermo – Agrigento – Caltanissetta e realizzare l’autostrada Ragusa – Catania (tutte opere della Legge Obiettivo ferme da quattro anni); Dobbiamo affrontare e risolvere le criticità presenti nel Mezzogiorno legate ai Livelli Essenziali delle Prestazioni; Dobbiamo affrontare e risolvere le emergenze legate al centro siderurgico di Taranto e all’area industriale di Termini Imerese.
Sono tutti rimasti solo tanti “dobbiamo”; mai queste volontà, mai queste buone intenzioni sono diventate atti concreti e compiuti.
Addirittura, mentre la ex ministra Carfagna e l’ex ministro Provenzano avevano solo rincorso convegni e atti programmatici mai attuati, senza però creare danni, la ex  ministra Lezzi ha, nella sua esperienza prima politica e poi di Ministro, quanto meno due gravi responsabilità: aver bloccato l’avanzamento della realizzazione della Trans Adriatic Pipeline (TAP) e aver proposto ed ottenuto l’azzeramento dello scudo penale per i nuovi gestori dell’impianto siderurgico di Taranto dando vita ad un grave contenzioso con il gestore Arcelor Mittal, un contezioso che ha praticamente dato origine a quella che più volte ho definito una “gravissima bomba sociale”.
Invece proprio in questi giorni il nuovo Governo ha, quanto meno, dato segnali di attenzione concreta alle emergenze del Mezzogiorno e lo ha fatto o ricorrendo a strumenti normativi attraverso proprio la Legge di Stabilità o accettando subito un confronto sul tema legato ai Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep); un confronto che il ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli ha ritenuto di avviare subito ritenendolo propedeutico e, addirittura, vincolante la possibile proposta di “autonomia differenziata regionale”.
Sulla Legge di Stabilità sono infatti comparsi dei provvedimenti, quindi non più buone intenzioni, che ho già riportato in una mia nota di pochi giorni fa che penso testimonino un convinto e misurabile approccio nuovo alle criticità del Sud, almeno per il comparto delle infrastrutture; mi riferisco in particolare alla: Istituzione del Fondo per le Infrastrutture ad Alto Rischio (Ifar). In realtà con tale norma prende corpo non solo un atto pianificatorio delle infrastrutture ma, addirittura, un Piano organico dei servizi. Inserimento del collegamento stabile stradale e ferroviario tra la Sicilia e il continente ed opere connesse. Nel Disegno di Legge di Stabilità si ribadisce che trattasi di un’opera prioritaria e di preminente interesse nazionale ai sensi dell’articolo 4 della Legge 17.12.1971 n.1150, e ai fini della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera sono reiterati, ad ogni fine ed effetto di Legge, i vincoli già imposti con l’approvazione del progetto preliminare dell’opera e successivamente prorogati”.

È davvero chiaro ed incontrovertibile la rilevanza strategica dell’opera anche a scala comunitaria. Realizzazione dei lotti funzionali del nuovo asse viario Sibari – Catanzaro della Strada Statale 106 Jonica. Dopo anni (dal 2014) di completa assenza dei vari Governo che si sono succeduti finalmente viene assegnato un cospicuo importo (3 miliardi di euro) per la realizzazione di un lotto chiave dell’intero tracciato; un tracciato che purtroppo oggi è tra i primi posti nella classifica degli incidenti stradali (nel 2021 16 morti); un tracciato che rende accessibile la fascia jonica della Calabria ricca di attrazioni turistiche e di attività commerciali determinanti per la crescita della intera Regione.
Senza dubbio una grande occasione per misurare un sostanziale cambiamento del Governo nei confronti del Sud sarà non solo quanto inserito nel Disegno di Legge di Stabilità ma quanto il Ministro Calderoli, come detto prima, proporrà per costruire davvero delle condizioni che portino in un arco temporale non lungo verso un assetto omogeneo tra Sud e resto del Paese. Lo so non è facile superare delle condizioni che da sempre caratterizzano le distanze socio economiche del Mezzogiorno dal resto del Paese.

È inutile ricordare che i cittadini del Sud hanno un reddito pro capite pari a 17.400 euro e quelli del Centro Nord hanno un reddito pro capite di 36.000 euro ed è inutile precisare le motivazioni che mantengono 7 Regioni del Paese, nel rispetto del Regolamento Ue, all’interno dell’Obiettivo 1; cioè le sette Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sicilia e Sardegna hanno un Pil pro capite inferiore al 75% della media comunitaria. Ricordo che fino al 2006 era rimasta in Obiettivo 1 solo la Regione Calabria. Pertanto spero che il Ministro Calderoli, nella proposta sui Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), non persegua un livello standard minimo ma, come ho segnalato pochi giorni fa, costruisca le condizioni perché possano essere omogenei a quelli del resto del Paese.

Per questo insisto utilizziamo le risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 per interventi che non hanno bisogno di essere programmati quali a titolo di esempio: Acquisto materiale rotabile per supporto offerta di trasporto pendolare; Acquisto materiale rotabile per supporto offerta di trasporto reti metropolitane; Acquisto autobus per supporto offerta di trasporto pubblico locale; Acquisto materiale per supporto attività scolastiche ed universitarie; Acquisto materiale per supporto attività sanitarie; Assegnazione risorse per riqualificazione aree urbane (verde, servizi raccolta rifiuti, riassetto funzionale dei servizi tra le città e gli impianti aeroportuali, ecc.)
Sono solo acquisti che non comportano tempi lunghi per la progettazione e l’ottenimento delle relative autorizzazioni e producono:  un immediato aumento del Pil; un incremento dei livelli occupazionali, un consistente abbattimento delle distanze attuali relative ai Lep,
e, anche se in modo non rilevante, un primo segnale di crescita dei redditi pro capite.
Se tutto questo caratterizzerà i primi cento giorni della nuova Legislatura allora vorrà dire che la politica degli annunci e delle buone intenzioni è solo un triste ricordo del passato. Speriamo, questa volta, di non essere smentiti. Il Mezzogiorno non lo meriterebbe. (ei)

Il ministro Provenzano promette – su Repubblica – 100 miliardi nel Piano per il Sud

In un’intervista pubblicata oggi su Repubblica, a firma di Valentina Conte, il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, annuncia, alla vigilia della presentazione del suo Piano per il Sud che ci saranno «100 miliardi in 10 anni: sarà un’occasione anche per il Nord, l’Italia coesa è più forte». Provenzano, in effetti è anche ministro della Coesione e l’unica concessione che la manovra 2020 del Governo concede al Sud è il rispetto della clausola del 34% degli investimenti, ex ante e non più – co i disastrosi risultati registrati in quetsi anni – come controllo a posteriori. Secondo il ministro il vincolo del 34% porterà al Mezzogiorno «almeno 2 miliardi, visto che sin qui la norma si traduceva in un mero monitoraggio ex post e si arrivava a un 20% della spesa ordinaria per investimenti al Sud. I fondi Ue sono stati sostitutivi di mancate risorse nazionali».

“Non sempre in modo efficiente” – incalza la giornalista di Repubblica: «Appena insediato – replica il ministro – ho trovato un livello di investimenti pubblici tra i più bassi della storia d’Italia. Il Fondo di sviluppo e coesione – risorse nazionali – praticamente fermo: solo 1,2 miliardi spesi nel 2018. Ho chiesto di accelerare per arrivare a 4,5 miliardi nei prossimi anni, il livello pre-crisi. Rischiavamo di perdere altri due miliardi di fondi europei».

Valentina Conte chiede al ministro se il suo Piano per il Sud sarà un ennesimo annuncio: «Sarà un piano decennale – risponde il ministro Provenzano – oltre 100 miliardi coi fondi Ue. I primi tre anni realizzeremo le novità della legge di Bilancio. Negli altri sette attueremo meglio la programmazione europea. I soldi ci sono, ma bisogna metterli a terra e capire cosa farci».

“I giovani se ne vanno… – sottolinea la Conte – «La priorità del Paese – dice Provenzano – non è l’invasione degli immigrati che non esiste. Ma la fuga dei giovani. E il non lavoro. Questo governo ce l’ha ben chiaro. I giovani devono poter partire, ma c’è anche un diritto a restare. Nessuno ha la bacchetta magica. E l’emigrazione non si ferma per decreto. Spingeremo gli investimenti, renderemo attrattivo il Meridione. E al tempo stesso introdurremo uno sgravio per chi assume donne. Durerà dieci anni come il piano. Le donne sono il potenziale da liberare al Sud».

Bella intervista, belle dichiarazioni, che però sembrano ripetere un ritornello già ascoltato troppe volte. L’unica chance per il Mezzogiorno è che, stavolta, il ministro è competente (Provenzano ha lavorato per anni alla Svimez fino a diventarne componente della direzione) e sa di cosa parla. Attendiamo con trepida attesa di conoscere il Piano per il Sud nei dettagli. In Calabria, però, non servono fabbriche: ci sono risorse importanti – turismo e patrimonio culturale, agricoltura, università – che possono offrire impiego e formazione d’eccellenza ai nostri laureati e gli investimenti vanno obbligatoriamente indirizzati su questi settori. Crescita e sviluppo non sono un obiettivo impossibile, ma ai giovani occorre offrire opportunità di futuro, quelle che i governi, nazionali e regionali, hanno finora negato con ottusa cecità. (s)