DONNE AL LAVORO, IN CALABRIA FORTE GAP
CON L’OCCUPAZIONE DEGLI UOMINI: È AL 18%

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «La strada verso la parità di genere, specialmente in Calabria, è ancora lunga»: Da queste  parole dell’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Calabrese, emerge un quadro allarmante dal Rapporto preliminare dell’Osservatorio/Laboratorio Economico-Territoriale delle Politiche del Lavoro, con focus sulla parità di genere nel mercato del lavoro in Calabria.

Un report resosi necessario, considerando che «i recenti dati dell’Istat evidenziano che, sebbene le donne abbiano un livello di istruzione più elevato rispetto agli uomini, la loro partecipazione al mercato del lavoro è inferiore e non viene adeguatamente compensata dal punto di vista economico, né in termini salariali né in termini di riconoscimento professionale», ha spiegato Calabrese nella nota introduttiva.

«I recenti dati dell’Istat evidenziano che, sebbene le donne abbiano un livello di istruzione più elevato rispetto agli uomini – ha continuato Calabrese – la loro partecipazione al mercato del lavoro è inferiore e non viene adeguatamente compensata dal punto di vista economico, né in termini salariali né in termini di riconoscimento professionale».

Nella nostra regione, infatti, «nella dinamica demografica della popolazione per genere ed età – hanno spiegato Roberto Cosentino, direttore generale del Dipartimento Lavoro e Cosimo Cuomo, dirigente dell’Uoa Programmazione e Monitoraggio Fse 21/27 e responsabile dell’Osservatorio Laboratorio Economico Territoriale delle Politiche del Lavoro – la prevalenza della componente femminile rappresenta il 51,0%, con maggiore evidenza nelle età più avanzate per la maggiore longevità femminile. Sempre, la componente femminile calabrese, prevale anche fra le persone con titolo universitario (56,9% dei laureati o con titolo superiore), in particolare per le donne di età compresa tra i 25 e 64 anni, ma anche tra quelle prive di un titolo di studio (60,1%) e in possesso della sola licenza elementare (56,6%), soprattutto nella classe d’età 65 anni e oltre».

«A livello provinciale, i tassi di assenza di istruzione – hanno detto ancora – presentano valori più alti per la componente femminile, mentre i tassi di conseguimento dei titoli di studio più bassi (fino alla licenza media), presentano valori simili tra la popolazione maschile e quella femminile. All’estremo opposto, l’insieme dei titoli accademici è ovunque più elevato per le donne, per le quali si registra il valore massimo a Catanzaro (17,1%) contro il corrispondente 13,7% degli uomini».

Quello che è emerso, dunque, è che in Calabria «permane comunque una situazione piuttosto sfavorevole all’occupazione femminile e allo squilibrio di genere, con valori anche superiori rispetto alla media nazionale. Nel 2021, il gap di genere del tasso di attività, è statisticamente di circa 18 punti (uomini 51,9%, donne 33,9%), la distanza tra il tasso di occupazione delle donne (28,6%) e quello degli uomini (45,6%) di 17 punti e, il tasso di disoccupazione delle donne (15,6%) è più di 3 punti percentuali superiore a quello degli uomini (12,2%)».

Guardando alla nostra regione, in Calabria «la popolazione residente al 2023, in base al genere, risulta essere pari a 1.846.610 unità, di cui 942.391 di sesso femminile e 904.219 maschile, rispettivamente, il 51,03% e il 48,97% sul totale».

Dopo il forte deterioramento registrato durante la fase più acuta della pandemia, anche nella regione Calabria è comunque proseguita la ripresa del mercato del lavoro. Sulla base dei dati Istat, elaborati dall’Osservatorio: Laboratorio Economico Territoriale e Politiche del Lavoro della Regione Calabria, la popolazione attiva femminile (15-64 anni), nel 2022, era pari a 591.269 unità (50,5% sul totale), a fronte di 580.332 unità di sesso maschile (49,5%).

Sempre secondo i dati rilevati dall’ Istat ed elaborati dall’Osservatorio  nel 2022 il numero di occupati nella regione è aumentato dell’1,5% rispetto all’anno precedente; A differenza di quanto rilevato nel 2021, l’incremento, però, è stato inferiore a quello medio registrato nell’intero Mezzogiorno e in Italia (rispettivamente del 2,5 e del 2,4 per cento).

In termini assoluti, comunque, il numero di occupati non ha ancora recuperato i livelli pre-pandemici (sono stati circa 529.000 nel 2022, contro i quasi 539.000 nel 2019), mentre il tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni, è salito al 43,5%, superando sensibilmente il dato del 2019. Su tale aumento, ha inciso la dinamica demografica caratterizzata dalla progressiva riduzione della popolazione in età da lavoro. Il divario negativo nel tasso di occupazione rispetto alla media nazionale, è rimasto comunque ampio (16,7 punti percentuali; era 17,1 nel 2019). Per “genere”, l’incremento dell’occupazione nel 2022, ha riguardato sia gli uomini che le donne mentre il divario di genere nei tassi di occupazione continua a rimanere costante ed elevato (23,5 punti percentuali in Calabria, 18,1 nella media nazionale).

La diminuzione della popolazione residente della Calabria, per l’Osservatorio «è frutto di un saldo naturale negativo (-9.413 unità), al quale si somma un saldo migratorio totale negativo (-6.111 unità), nonostante un saldo censuario positivo (+10.377) e un recupero dei movimenti demografici internazionali nel 2021 rispetto al 2020».

Quello che si registra, dunque, è la conferma di un trend negativo in corso. La mortalità aumenta: il tasso di mortalità passa dall’11,2 per mille del 2020 al 12,2 per mille del 2021, con un picco del 12,5 per mille della provincia di Cosenza. Tra il 2020 e il 2021 il tasso di natalità è leggermente diminuito, da 7,4 a 7,1 per mille. A livello provinciale il tasso resta quasi stabile nella provincia di Catanzaro, diminuisce in tutte le altre, principalmente a Vibo Valentia e Reggio Calabria. I movimenti tra Comuni sono rimasti costanti nel secondo anno pandemico: il tasso migratorio interno è passato dal -4,4 per mille del 2020 al -4,3 per mille del 2021, oscillando tra il -3,2 per mille della provincia di Cosenza e il -6,6 di Crotone.

I movimenti migratori internazionali sono in recupero: il tasso migratorio estero, positivo in tutte le province, aumenta rispetto al 2020 (dal 0,7 al 2,7 per mille), soprattutto nella provincia di Cosenza (da 0,9 nel 2020 a 3,2 per mille nel 2021) e Reggio Calabria (da 0,7 a 3,1). La prevalenza della componente femminile nella struttura per genere si conferma anche nel 2021. Le donne rappresentano il 51,0% del totale e superano gli uomini di 38mila unità. La prevalenza si evidenzia particolarmente nelle età più avanzate per la maggior longevità femminile.

Per quanto riguarda la scolarizzazione e il conseguimento dei titoli, nonostante nella nostra regione ci sia un innalzamento del livello di istruzione, continuano a persistere dei divari tra le province, correlati all’invecchiamento della popolazione e alle caratteristiche del mercato del lavoro. L’incidenza del livello di istruzione terziaria risulta più elevata nei territori con sede di ateneo. Quella più alta si osserva a Catanzaro (15,5 %), Cosenza (15,2%) e Reggio Calabria (15,0).

La componente femminile calabrese prevale fra le persone con titolo universitario (56,9% dei laureati o con titolo superiore), in particolare per le donne di età compresa tra i 25 e 64 anni, ma anche tra quelle prive di un titolo di studio (60,1%) e in possesso della sola licenza elementare (56,6%), soprattutto nella classe d’età 65 anni e oltre. A livello provinciale, i tassi di mancanza di istruzione presentano valori più alti per la componente femminile mentre i tassi di conseguimento dei titoli di studio più bassi (fino alla licenza media) presentano valori simili tra la popolazione maschile e quella femminile. All’estremo opposto, l’insieme dei titoli accademici è ovunque più elevato per le donne, per le quali si registra il valore massimo a Catanzaro (17,1%) contro il corrispondente 13,7% degli uomini.

In Calabria permane una situazione piuttosto sfavorevole all’occupazione femminile e uno squilibrio di genere, con valori superiori rispetto alla media nazionale. Nel 2021, il gap di genere del tasso di attività è di circa 18 punti (uomini 51,9%, donne 33,9%), la distanza tra il tasso di occupazione delle donne (28,6%) e quello degli uomini (45,6%) di 17 punti, il tasso di disoccupazione delle donne (15,6%) è più di 3 punti superiore a quello degli uomini (12,2%). Fra le province, i valori più alti del tasso di occupazione si osservano a Catanzaro (37,4%) e Reggio Calabria (37,1%), quelli più bassi a Crotone (35,3%) e Vibo Valentia (35,8%), mentre gli squilibri di genere più ampi (circa 18 punti) si riscontrano a Catanzaro e Crotone, i più bassi (circa 15 punti) a Vibo Valentia e Reggio Calabria.

Le incidenze maggiori del tasso di disoccupazione nel 2021 si osservano nelle province di Reggio Calabria, di Cosenza e di Crotone (rispettivamente 14,1%, 13,6% e 13,6%) mentre, all’opposto, Vibo Valentia e Catanzaro presentano i valori più bassi (12,9% e 13,0%). Il divario di genere è più marcato (quasi 4 punti) nei territori cosentino e catanzarese, minore (circa 2 punti) nel vibonese.

Dal punto di vista dello stock occupazionale e degli avviamenti, interrogando i dati del SIL Calabria, si evince una variazione importante nell’anno 2020, da relazionare al divieto di licenziamento in vigore da marzo 2020 come una misura emergenziale per fronteggiare gli effetti della pandemia, livellatasi poi negli anni successivi. Filtrando i dati al solo 2023 si evincono importanti indicazioni, in primis la distribuzione territoriale dei lavoratori proporzionalmente alla popolazione residente e la distribuzione per età e sesso dei lavoratori, che evidenzia una prevalenza maschile nelle fasce più giovanili e fino ai 45 anni. Da notare la prevalenza del genere femminile nel settore delle attività di cura e di assistenza in ambito familiare, nella sanità e assistenza e nell’istruzione (60,1%); anche dall’analisi delle mansioni si deduce una divaricazione di genere per molte delle attività professionali.

La ricerca e le elaborazioni statistiche effettuate – su base Istat – purtroppo delineano, un andamento quasi stabile del fenomeno, pur se con un lievissimo decremento nazionale riferito al 2022; Dato, peraltro confermato anche per le Regioni del Sud del Paese, ma non in Calabria. Laddove, i numeri, fotografano un fenomeno in aumento con un +46 di vittime di sesso femminile. Serve, comunque evidenziare che – in Calabria – i casi di violenza realmente accertata, passano dai 34 registrati del 2020, ai 17 del 2022, con un picco di ben 41 casi nel 2021. A questi, devono, però, aggiungersi, i casi di vittime di stalking e le richieste di aiuto di vittime di violenza, sempre registrate al numero nazionale antiviolenza e stalking (1522).

Quello che emerge, dunque, è come «il mercato del lavoro in Calabria assume aspetti contraddittori rispetto a quanto espresso a livello nazionale a riprova di come la condizione delle donne assuma ulteriori aspetti di problematicità. In Calabria, infatti, non è presente solo più bassa incidenza di donne occupate rispetto a quanto espresso a livello nazionale, ma anche una più ridotta presenza di donne in cerca di occupazione: questo è sicuramente sintomo di un maggiore effetto scoraggiamento tra la popolazione femminile rispetto alle aspettative di accesso alla sfera lavorativa».

Come detto dall’assessore Calabrese, «è innegabile che, ancora oggi, nonostante le numerose politiche intraprese per le pari opportunità, queste, non sembrano aver trovato una compiuta applicazione sociale ed economica, a partire dalla condizione femminile nel mercato del lavoro».

Eppure, «sostenere attivamente le donne nella loro carriera professionale non solo arricchisce le imprese con una maggiore diversità e competenze, ma stimola anche l’innovazione e porta a risultati di qualità superiore», ha detto ancora l’assessore, sembra non essere chiaro che «l’imprenditoria femminile ha un ruolo fondamentale nella costruzione del futuro del Paese, ma anche nella nostra regione che purtroppo continua però ad essere fanalino di coda di tutte le classifiche che raccontano una terra difficile da vivere e da far crescere dove però proprio il valore delle donne rappresenta un punto di forza per superare gli ostacoli atavici che generano ritardi e criticità», come ha detto Giuliana Furrer, presidente del Movimento Donne Imprese di Confartigianato Calabria(ams)

 

A Palazzo Campanella la Fidapa incontra il presidente Mancuso

Si è parlato delle problematiche legate al lavoro femminile e ai diritti nelle donne, nel corso dell’incontro avvenuto, a Palazzo Campanella, tra la Fidapa Distretto Sud-Ovest e il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso.

Un incontro in cui il presidente Mancuso ha evidenziato come «i progetti e le task force dell’Associazione sono in sintonia con l’impegno della Regione» e che è stato introdotto da Franca Dora Mannarino e Barbara Visco, rispettivamente presidente e vice del Distretto Sud-Ovest dell’associazione.

Presenti, anche, Lucia Brulino (presidente Fidapa Sez. di Botricello), Elena Santilli (referente nazionale task force Agricoltura), Maria Luisa Mascaro (referente distrettuale task force Cultura e Turismo), Stefania Basile (referente Nazionale task force Istruzione e formazione), Anna Pizzimenti (referente Distrettuale task force Parità di genere nel lavoro), Anna Cerrigone (referente sezione di Cosenza), Laura Gualtieri (presidente sezione di Paola) ed Enza Galati (referente sezione di Lamezia Terme).

Tanti i temi affrontati: La bassa percentuale di occupazione femminile in Italia – che la posizionano tra gli ultimi Paesi in Europa –, il divario tra Nord e Sud sempre sull’occupazione femminile, in cui nel primo caso è al 53% contro il 30% nel Mezzogiorno e la bassa natalità.

Quello che è emerso, ascoltando anche le parole del presidente Mancuso, è che «il percorso delle donne per una piena e stabile occupazione, nonostante tra le lavoratici si registrino percentuali di laureate e di altamente qualificate più che doppie rispetto agli uomini, è una vera e propria corsa a ostacoli che deve interessare, prescindendo dalle appartenenze politiche,  tutti indistintamente». (rrc)

 

L’OPINIONE/ Filippo Mancuso: Mancata partecipazione femminile al Lavoro un freno alla crescita economica nel Sud

di FILIPPO MANCUSO – I temi di cui si occupano le ‘task force’ della Fidapa (cultura e turismo, agricoltura, parità di genere nel lavoro, salute, diritti umani e istruzione e formazione) sono in piena sintonia con l’impegno che la Regione sta dispiegando dall’inizio della legislatura. Il Consiglio regionale –  che l’8 marzo del 2022 ha approvato una legge contro la discriminazione sui luoghi di lavoro e istituito un Osservatorio che (di recente) ha siglato con il Direttore dell’ ‘Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali’ un protocollo d’intesa – mette a disposizione le proprie prerogative legislative, per sostenere ogni iniziativa volta ad affermare i diritti della donna.

Concordo con chi sostiene che il lavoro è una delle grandi questioni femminili nel Paese.  Come ha evidenziato l’Istat, l’Italia è uno dei Paesi europei con la più bassa componente femminile nell’occupazione. In totale le donne occupate sono 10 milioni. Negli ultimi 10 anni il numero delle lavoratrici è aumentato di 1 milione e l’incidenza delle donne sugli occupati è salita dal 39,4 al 42,2%. Nonostante i progressi, però, il divario con la media Ue a 27, dove l’incidenza delle donne occupate sul totale dei lavoratori è del 46,3%, rimane ampio.

Inoltre, l’analisi territoriale sul tasso di occupazione femminile rivela un divario netto tra Nord e Sud, specchio di un’Italia divisa in due. Le regioni del Centro e del Nord sono infatti al di sopra del tasso medio italiano di occupazione femminile (53% a gennaio 2023). Rimane grave il fatto che nel Mezzogiorno e nella nostra Calabria, dove il divario di crescita con il resto del Paese è preoccupante, il tasso di occupazione femminile precipita al 30%. Lavora una donna su tre.

L’altro dato a cui prestare attenzione, è che l’Italia, oltre ad essere il Paese europeo con il tasso di occupazione femminile più basso, è anche quello con il più basso tasso di natalità. Superare i divari territoriali e di genere è una delle sfide cruciali della classe politica e delle Istituzioni di ogni livello, che debbono agire con una visione d’insieme e una strategia a medio – lungo termine”.

La mancata partecipazione femminile al lavoro rappresenta uno dei freni alla crescita economica del Paese, ancor di più nell’Italia del Sud. Il percorso delle donne per una piena e stabile occupazione, nonostante tra le lavoratici si registrino percentuali di laureate e di altamente qualificate più che doppie rispetto agli uomini, è una vera e propria corsa a ostacoli che deve interessare, prescindendo dalle appartenenze politiche,  tutti indistintamente. (fc)

[Filippo Mancuso è presidente del Consiglio regionale]

 

La Giunta regione prende atto dell’accordo per Sviluppo e Coesione Meloni-Occhiuto

La Giunta regionale, presieduta dal presidente Roberto Occhiuto, ha preso atto dell’Accordo per lo sviluppo e la coesione della Regione Calabria, sottoscritto lo scorso 16 febbraio a Gioia Tauro dalla presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, e dal presidente Occhiuto.

Nel corso della seduta inoltre, su indicazione dell’assessore regionale Emma Staine, sono state deliberate le modifiche all’allegato 1 alla Dgr n.503/2019 nel merito della riorganizzazione dell’assetto istituzione del sistema integrato in materia di servizi e politiche sociali. Lo scopo di quest’ultima modifica, voluta dall’assessore Staine in accordo con il Terzo settore, è quello di migliorare e favorire l’accesso ai servizi socio assistenziali ai soggetti disabili.

Le modifiche apportate, su cui si era già intervenuti in maniera più strutturale il 29 settembre 2023 con la deliberazione n. 512, aumentano in maniera considerevole la possibilità di accesso dei soggetti fragili non autosufficienti in considerazione che, attraverso l’Isee socio sanitario e la soglia di accesso per la compartecipazione alla retta dei servizi determinata in 9.360 euro, gli utenti, che rientrano in detti parametri, potranno fruire dei servizi di assistenza semi residenziale in forma gratuita, consentendo così alle fasce più deboli la possibilità di percorsi riabilitativi sociali a totale carico dell’Ente pubblico.

Congiuntamente, anche per i servizi domiciliari, da erogare a favore di soggetti disabili, è stata prevista la possibilità dell’utilizzo dell’Isee di riferimento per i fruitori dei servizi, quindi con la possibilità dell’utilizzo dell’Isee sociosanitario per i soggetti disabili che diversamente avrebbero dovuto accedere ai servizi tramite quello familiare.

Con queste modifiche la Regione Calabria continua a tracciare il percorso che vede l’utente/cittadino quale centro dei servizi e i servizi quale mezzo per raggiungere lo scopo di supporto, sostegno e accompagnamento alla vita quotidiana dei soggetti fragili.

Soddisfazione è stata espressa dall’assessore Staine, sottolineando come «diventa ulteriormente chiaro il modello di welfare a cui mi riferisco, e che prende in carico tutte le situazioni di crisi e fragilità».

«Per questo continuiamo a costruire un servizio sociale in continuo dialogo con il Terzo settore e tutti gli Ambiti – ha concluso – che sia attento ai bisogni del territorio e che, soprattutto, porta a compimento gli obiettivi».

Infine, su proposta congiunta dell’assessore al lavoro, Giovanni Calabrese, e dell’assessore all’organizzazione e alle risorse umane, Filippo Pietropaolo, la Giunta ha approvato l’atto d’indirizzo per il trasferimento delle risorse (quantificate dal dipartimento organizzazione e risorse umane previa acquisizione dei dati forniti dall’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro) non ancora utilizzate nel quadro dell’applicazione della Legge n. 15/2022 per finanziare il superamento del precariato, mediante la stabilizzazione con contratto di lavoro a tempo indeterminato e part time al 50%, del personale a tempo determinato in servizio presso la medesima Arpal Calabria e Azienda Calabria lavoro. (rcz)

L’OPINIONE / Umberto Calabrone: Serve un approccio diverso per dare un futuro produttivo a Calabria

di UMBERTO CALABRONE – L’assenza di politiche industriali in Calabria è lampante, gli investimenti ristagnano, aziende medio-piccole dove spesso il lavoro rimane precario e di scarsa qualità e solo piccole nicchie sono in grado di collocarsi in una dimensione nazionale o internazionale, anche perché le politiche industriali non si affidano solo a bandi che offrono incentivi automatici e generalizzati al sistema delle imprese, senza indicatori reali sulla occupazione che deve essere l’indice di riferimento per qualità, incremento e Ccnl applicati.

La Corte dei Conti, nella analisi annuale fotografa una situazione drammatica sull’utilizzo delle risorse, dichiarando in modo inequivocabile che le risorse del Pnrr in Calabria sono ferme, dichiarando di fatto il fallimento della Regione: nulla si è speso e di conseguenza, per come dichiarato sia dallo Svimez che da Bankitalia, la Calabria è la regione che soffre, la regione che dipende in maniera decisiva degli investimenti pubblici, tagliati dal governo nazionale con l’accordo del governo regionale, fondi che se non utilizzati o spesi male incrementano il divario con altre realtà del nostro Paese ampliando la povertà e la disoccupazione.

Le aziende informatiche presenti che vedono nelle nuove generazioni calabresi qualità e competenze necessitano di infrastrutture digitali adeguate che devono essere messe a disposizione del territorio attraverso un sistema di appalti adeguato e sicuro evitando spezzatini che mettono in discussione la sicurezza e i diritti previsti dai Ccnl dei lavoratori spesso senza prevedere la continuità occupazionale prevista nella piattaforma di rinnovo del Ccnl Industria Metalmeccanica.

Avviare la bonifica delle aree contaminate, spesso sovrapponibili a quelle industriali, deve essere una priorità insieme al riutilizzo delle stesse per nuovi insediamenti produttivi che permetterebbero di ridurre il consumo del suolo e di avviare percorsi virtuosi ecosostenibili.

In Calabria bisogna diffondere le comunità energetiche in modo da supportare un mondo di piccole e medie imprese spesso in difficoltà anche per i costi energetici e di pari passo va costruito un piano energetico regionale lungimirante che veda l’utilizzo di fondi rinnovabili come punto di riferimento incentivandone l’utilizzo e non sponsorizzando progetti che guardano al passato come fonte energetica di approvvigionamento.

La scelta del Governo nazionale sulla Zes di centralizzazione rischia di compromettere lo sviluppo delle aree più deboli di cui facciamo parte e gli investimenti programmati dalla Zes in Calabria come quello della Baker Hughes di non ripetersi.

Aldilà dei proclami, In Calabria manca una vera strategia di sviluppo che metta al centro il lavoro, quello sostenibile, sicuro, ed in questo contesto sarà fondamentale da parte della Fiom far partecipare alle assemblee per il rinnovo del Ccnl industria metalmeccanica il maggior numero di lavoratori anche perché la piattaforma presentata insieme a Fim e Uilm, oltre alla richiesta di aumenti salariali, ha una visione d’insieme che mette al centro la conciliazione di tempi vita – lavoro, l’ambiente, salute e sicurezza sul lavoro, regole per il mercato del lavoro spesso oggetto di frantumazione e di flessibilità a discapito dei lavoratori.

È evidente che per dare un futuro produttivo, capace di generare ricchezza e creare lavoro, oltre all’applicazione dei Ccnl serve un approccio radicalmente diverso, sia da parte delle istituzioni, a partire dalla Regione, sia da parte delle organizzazioni di rappresentanza, troppo prese da azioni lobbistiche più che di promozione sociale.

Problemi che riguardano tutti coloro che credono ad un’altra Calabria possibile. (uc)

[Umberto Calabrone è segretario generale di Fiom Cgil Calabria]

L’assessore Calabrese: Limitare gap tra domanda e offerta nel turismo

L’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Calabrese, ha reso noto come «un questionario creato dall’Osservatorio/laboratorio per le politiche del lavoro, è stato già condiviso con le associazioni di categoria per la somministrazione a tutte le aziende della filiera turistica e reti di imprese associate, al fine di rilevare i fabbisogni occupazionali espressi da questo comparto e soddisfare più prontamente le esigenze di professionalità nel quadro della nuova stagione turistica alle porte».

Per Calabrese, infatti, «dopo il recente lancio della rilevazione dei trend sul fabbisogno professionale, è in fase di partenza una nuova iniziativa volta a potenziare il servizio di incrocio domanda-offerta presso i Centri per l’impiego, con il coinvolgimento delle associazioni datoriali, per la promozione dell’occupazione nel settore turistico».

«L’assessorato al lavoro e alla formazione professionale e il Dipartimento lavoro della Regione Calabria diretto da Roberto Cosentino, tra le varie iniziative volte a ottimizzare l’incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro – ha aggiunto – è in procinto di realizzare un’azione specifica per supportare le esigenze occupazionali espresse dal comparto turistico calabrese di concerto con le associazioni datoriali, che in un recente incontro svoltosi in Cittadella regionale hanno accolto molto favorevolmente la proposta».

«Gli esiti, gestiti dai Centri per l’impiego coordinati dal Dipartimento lavoro, serviranno – ha concluso l’assessore Calabrese – a supportare sin d’ora le imprese del settore turistico nell’individuazione delle figure professionali di cui necessitano e limitare quanto più possibile i gap tra domanda e offerta sempre più evidenti negli ultimi anni». (rcz)

L’EMIGRAZIONE, IL TRISTE FENOMENO CHE
ARRICCHISCE IL NORD AI DANNI DEL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Attualmente  la stragrande maggioranza degli interventi viene effettuata con tecniche chirurgiche d’avanguardia e mininvasive, grazie alla laparoscopia con visione tridimensionale ed alla chirurgia robotica. Queste  competenze hanno permesso di trattare moltissime patologie in maniera ottimale e secondo i più alti standard terapeutici nazionali ed internazionali». Lo afferma Alfredo Ercoli, professore ordinario di Ginecologia ed Ostetricia e direttore della Scuola di Specializzazione in Ginecologia ed Ostetricia e direttore dell’Uoc di Ginecologia ed Ostetricia del Policlinico ‘G. Martino’. Di Padova? Eh no. Non ci crederete ma parliamo di Messina. 

Contraddicendo tutti coloro, molti di questi meridionali, che se hanno un problema di salute pensano che il miglior modo di risolverlo sia quello di comprare un volo low cost per il Nord. 

In realtà tutti sanno che le eccellenze sanitarie  in termini individuali sono certamente presenti in tutto il Paese. Ma mentre al Nord il sistema sanitario ha una organizzazione complessiva, che garantisce il malato in tutti i momenti della sua degenza spesso, invece,  nelle strutture meridionali a fianco alle eccellenze professionali vi è una realtà complessiva che non è all’altezza delle individualità, anche eccellenti, che vi operano. Tale situazione  di mobilità comporta un costo per la regione che subisce il trasferimento ed un vantaggio per chi invece accoglie i pazienti. 

Infatti le amministrazioni, che fanno parte del sistema sanitario nazionale, rifondono a quelle che accolgono i costi sostenuti per prestare le cure richieste. Anzi le strutture di accoglienza si sono organizzate in maniera tale che non vi siano liste di attesa per chi arriva da fuori, che invece permangono per i residenti, in modo da incoraggiare i pazienti alla emigrazione sanitaria. 

Un sistema messo a punto non solo per quanto attiene alla sanità ma anche per la formazione, che le Università del Nord offrono agli studenti del Sud. Recentemente il politecnico di Torino si preoccupava della bassa natalità del Sud, perché tale fenomeno avrebbe comportato una minore richiesta di iscrizione da parte degli studenti meridionali. 

Anche in questo caso il prezzo che viene pagato dal sistema economico meridionale è estremamente alto. Perché non riguarda solamente il costo dell’iscrizione presso le università, ma anche il costo del soggiorno che aiuta i sistemi economici di Pisa, di Bergamo o di Brescia, con una richiesta di affitto da parte dei pendolari, per tutti gli anni della frequenza.

Non solo ma a chiusura del periodo formativo, quando gli emigranti troveranno quel lavoro per il quale hanno deciso la frequenza nelle università settentrionali, i genitori compreranno magari una casa, vendendo quella posseduta, diminuendo enormemente il valore del patrimonio immobiliare del Sud, come sta avvenendo, e aumentando quello del Nord. 

Insomma il conto complessivo è di quelli che sembra incredibile. Il primo importo è quello relativo al costo della formazione dei 100.000 che ogni anno si trasferiscono per lavorare al Nord.

La maggior parte di essi ha una formazione universitaria. In media possiamo dire, considerato che vi sono anche delle professionalità senza titolo di studio,  che la formazione è quella media  superiore. 

Il costo complessivo per far nascere, crescere e formare  un giovane in modo che possa cominciare a lavorare è di circa 200.000 €, che moltiplicati per i 100.000 che ogni anno se ne vanno fa una somma vicina ai 20 miliardi di euro, che le regioni meridionali regalano a quelle del Nord, in prevalenza. In realtà vi sono anche le migrazioni internazionali che andrebbero sottratte a questa cifra. 

In questi anni è cresciuta anche la migrazione sanitaria dalle regioni del Sud a quelle del Nord con 4,25 miliardi di euro che si spostano verso il Nord. 

A Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto il 93,3% del saldo attivo. Il 76,9% del saldo passivo grava sul Centro-Sud. Delle prestazioni ospedaliere e ambulatoriali erogate in mobilità oltre 1 euro su 2 va nelle casse del privato.

Il Miur ha annunciato che nell’anno accademico 2022-23 ci sono state 331 mila immatricolazioni (147 mila maschi, 184 mila femmine). È una cifra costante negli ultimi anni. Il 25 per cento di studenti meridionali fuori sede si traduce in oltre 82 mila partenze. Applicando il criterio di spesa prudenziale dei 30 mila euro l’anno per ogni studente, il prodotto della moltiplicazione è di 2,47 miliardi di euro in fondi privati trasferiti dal Sud al Centro-Nord. 

Facendo la somma di tutte queste risorse andiamo verso i 30 miliardi annui che vengono trasferiti che, sommati ai 60 di spesa pro capite differente, calcolata dal dipartimento per le politiche di coesione, fanno  una somma complessiva di circa 90 miliardi annui. 

Pensate che qualcuno voglia rinunciare alla mucca grassa che si trova a mungere senza opporre resistenza? Sarà difficile.       Ovviamente l’autonomia differenziata porterà ad una aggravamento di questa situazione. Poiché avendo a disposizione meno risorse la sanità meridionale non potrà che peggiorare, mentre quella settentrionale avrà un standard sempre più di livello. 

Stessa condizione subirà la formazione universitaria, mentre l’impossibilità di trovare livelli adeguati di occupazione nel Sud alimenterà il processo migratorio dei giovani formati meridionali.

É uno schema tipico delle colonie che sarà difficile ribaltare senza interventi decisi e continuati, che non si vedono all’orizzonte. Bisogna comunque sottolineare che in parte tali  spostamenti sono dovuti a una reale differenza di assistenza o di formazione.

Ma nella maggior parte dei casi dipendono da una cattiva reputazione che le  strutture sia mediche che formative, al di là della loro reale valenza, in alcuni casi per loro colpa effettiva,  in altri per una vulgata cavalcata dagli interessi di chi vuole alimentare i trasferimenti, si sono “guadagnate”. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Disponibile il questionario per rilevare il fabbisogno professionale delle aziende calabresi

«Uno strumento che ci permetterà di avere una fotografia sulle reali esigenze delle aziende, invitandole a rispondere al questionario per meglio analizzare il fabbisogno e attuare misure adeguate». Così l’assessore regionale al Lavoro, Giovanni calabrese, ha definito il questionario anonimo per rilevare il trend del fabbisogno professionale delle aziende calabresi e anche per promuovere occupazione di qualità e ottimizzare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro.

L’indagine, infatti, servirà ad individuare sia le figure professionali carenti all’interno delle imprese sia ad adeguare l’offerta formativa ai fabbisogni aziendali.

L’assessorato al lavoro e alla formazione professionale e il Dipartimento lavoro della Regione Calabria sono impegnati attivamente nell’incremento dell’occupazione di qualità attraverso l’introduzione di nuovi strumenti, focalizzati sul potenziamento delle politiche attive del lavoro e sull’utilizzo degli incentivi all’assunzione come leva strategica.

L’assessore al lavoro e formazione professionale, Giovanni Calabrese, e il dg del Dipartimento welfare e lavoro, Roberto Cosentino, hanno spiegato che, nell’ambito dello sviluppo di azioni integrate e complementari tra il programma GOL (Pnrr), il Pr Fesr-Fse+ 2021-2027 e del Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l’impiego, la Regione sta promuovendo un ventaglio di iniziative integrate per ottimizzare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro quali incentivi all’assunzione, aiuti ai costi salariali e alla formazione.

Per garantire consistenza a queste azioni, l’Osservatorio/laboratorio economico territoriale per le politiche del lavoro della Regione Calabria, che analizza i dati e gli impatti delle politiche del lavoro per supportare la programmazione, esecuzione e valutazione delle politiche settoriali di sviluppo, ha elaborato un breve questionario anonimo per rilevare il trend del fabbisogno professionale delle aziende calabresi su un arco temporale di 12 mesi.

Soddisfazione, per l’iniziativa, è stata espressa dal deputato di Fdi, Alfredo Antoniozzi, sottolineando come «bisogna percorrere la strada intrapresa dall’assessore Giovanni Calabrese che è quella di potenziare i centri per l’impiego e di incrociare domanda e offerta».

«Altrettanto importante è scoprire le vocazioni che spesso non vengono valorizzate perdendo importanti figure professionali – ha proseguito –. Anche la formazione in questo contesto ha una sua importanza perché coglie le opportunità individuali e le mette al servizio della comunità». (rcz)

 

 

In Cittadella regionale il Coordinamento dei Centri per l’impiego

Si è riunito, in Cittadella regionale, il Coordinamento dei Centri per l’impiego e il tavolo regionale per i servizi e le politiche del lavoro, presieduti dall’assessore regionale politiche per il lavoro e per la formazione professionale, Giovanni Calabrese.

«Un momento di confronto – ha affermato l’assessore Calabrese introducendo i lavori – tra il Dipartimento e i direttori per una disamina sull’andamento dei Centri per l’impiego in relazione a tutti i nuovi strumenti e alle politiche attive del lavoro messi in atto dal Governo e dalla Regione Calabria».

Insieme al direttore generale del Dipartimento lavoro e welfare, Roberto Cosentino, Calabrese ha incontrato i responsabili dei Centri per l’impiego della Calabria.

«Il comparto dei Centri per l’impiego sta vivendo una fase di trasformazione e innovazione, sia in termini strutturali che nell’erogazione dei servizi, che ci induce a stare al passo coi tempi, spingendoci verso nuovi approcci e metodologie – ha detto Calabrese – anche sviluppando e giovando dell’era tecnologica. Gli investimenti sulle competenze del personale, sulle infrastrutture e sull’aggiornamento degli strumenti tecnologici di lavoro, i nuovi servizi e la qualificazione professionale degli operatori, rientrano nel piano straordinario di potenziamento messo in atto ed avviato dalla Regione Calabria e che il presidente Roberto Occhiuto con la sua Giunta sta seguendo con misure d’intervento specifiche».

«L’obiettivo principale – ha rimarcato Calabrese – è quello di uniformare e mettere in rete tra loro tutte le sedi, mantenendo un continuo e proficuo contatto con i funzionari di ogni territorio, permettendo l’interoperabilità tra i diversi centri, dando maggiore attuazione alla piattaforma del Sistema Informativo Lavoro (SIL), punto di incontro di matching domanda/offerta di lavoro. Tra le priorità, dunque, c’è la programmazione all’orientamento, sostenendo il programma GOL, avvicinando sempre più il centro per l’impiego ai cittadini e alle imprese per una nuova concezione delle politiche del mercato del lavoro e della formazione professionale».

Di opportunità e nuove strategie per il mercato del lavoro se ne è parlato anche al Tavolo regionale dove l’assessore Calabrese, incontrando le parti coinvolte, ha espresso il suo parere sul nuovo modo di concepire e agire sulle politiche attive. Avviato anche un confronto per ragionare sul regolamento e le azioni propedeutiche per orientare la definizione delle misure attuate.

Hanno preso parte al Tavolo il dirigente di Inps Calabria, Alessandro Docimo, il dirigente di Inail Calabria, Vincenzo Amaddeo, per Anpal servizi Calabria, Michele Raccuglia, il funzionario Lorenzo Procopio per la Camera di Commercio di Catanzaro, Crotone e Vibo, la direttrice generale dell’Ufficio scolastico regionale, Antonella Iunti, il presidente della Consulta dei Consigli provinciali dei consulenti del lavoro Calabria, Flaviana Tuzzo, la Consigliera regionale di Parità, Antonietta Stumpo, in collegamentoper la Camera di Commercio di Reggio Calabria la delegata dal presidente Tramontana, Marina Crea, il direttore generale di Unindustria Calabria, Dario Lamanna.

All’ordine del giorno la condivisione della struttura del Pr 21-27 (in riferimento alle politiche del lavoro) e più nello specifico del “Piano regionale delle politiche attive del lavoro, delle competenze e dell’Inclusione” e la presentazione delle linee strategiche.

Definendo e condividendo un Piano regionale delle politiche attive del Lavoro e delle competenze, il tavolo si prefigge di fornire un quadro sistematico e coerente di iniziative dedicate al lavoro che la Regione intende realizzare per favorire l’occupazione di qualità, di giovani e donne in particolare.

«È lo strumento – ha specificato Calabrese – per definire gli obiettivi strategici verso cui orientare le risorse disponibili e per realizzare gli interventi urgenti e quelli strutturali necessari per ridare slancio al lavoro e all’economia della Regione».

I Partecipanti, oltre a contribuire a validare le linee di intervento, si sono confrontati di misure sulla sicurezza sul lavoro, di formazione, apprendistato e delle politiche sulle pari opportunità. (rcz)

Dalla Calabria alla Lituania per acquisire nuove competenze di lavoro

Un viaggio nell’Europa dell’Est per acquisire nuove competenze di lavoro. Una esperienza possibile grazie al Csv di Cosenza.

Cinzia Cersosimo e Tonya Santagata sono partite da Villapiana ed hanno raggiunto Vilnius nell’ambito del progetto Erasmus + “A bridge for Neetwork” coordinato dall’Ancl – Associazione nazionale consulenti del lavoro con partner il Csv Cosenza.

Cinzia e Tonya sono due ragazze che stanno svolgendo attività di servizio civile nella sede dell’associazione Maria Stella del mattino grazie al programma “Restanti” del Centro servizi bruzio.

Dopo aver frequentato dieci lezioni, di cui sette online e tre in presenza a Cosenza, nella sede della Cittadella del volontariato di via degli Stadi, sono partite alla volta della Lituania per una due giorni di scambio e conoscenze.

Quattro in totale i ragazzi italiani che hanno vissuto questa esperienza, più una persona proveniente dalla Russia e un’altra dal Bangladesh.

Al centro della formazione le competenze digitali, di leadership e lavoro di gruppo e le competenze trasversali e linguistiche (per esempio come scrivere un curriculum vitae in lingua inglese). A Vilnius i ragazzi hanno visitato un centro regionale per l’impiego e conosciuto i programmi locali di politiche attive del lavoro. Inoltre, hanno avuto modo di toccare con mano l’esperienza di un’agenzia per la promozione dell’innovazione e della digitalizzazione delle imprese.

«È stata un’esperienza molto intensa e bella perché siamo venuti a contatto con una realtà completamente diversa dalla nostra – ha raccontato Cinzia Cersosimo – c’è una differenza sostanziale tra il sistema lituano e quello italiano e partecipare mi ha permesso di interagire con altre persone e vedere le cose da un diverso punto di vista».

Il 31 gennaio, a Roma, si terrà l’evento conclusivo del progetto nato con l’obiettivo di sviluppare un “hub dell’innovazione” all’interno dell’Ancl che possa divenire un osservatorio stabile e un incubatore di nuove e buone pratiche, basato sul “triangolo della conoscenza” che riunisce e migliora la connessione tra il mondo del lavoro, il mondo accademico e i Neet (Not in education, employment or training).

«Siamo sempre più convinti che il servizio civile rappresenti veramente un’occasione per i giovani – commenta Gianni Romeo, presidente del Csv Cosenza – non solo acquisiscono nuove competenze mentre lo svolgono, ma hanno anche l’opportunità di aderire a percorsi come questo che gli consentono di migliorare la propria preparazione e andare incontro al mondo del lavoro».

Il nuovo bando del servizio civile è aperto. È possibile presentare domanda di partecipazione fino alle ore 14.00 del 15 febbraio 2024. Per partecipare è necessario avere un‘età compresa tra i 18 e i 28 anni. Gli operatori volontari selezionati riceveranno un assegno mensile di 500 euro. Sul sito del Csv www.csvcosenza.it è possibile trovare tutte le informazioni per partecipare al programma “Attivaneet”. (rcs)